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Autore: yesterday    24/12/2010    17 recensioni
"But the Bible didn't mention us... Not even once"
Caspian sorrise fugace e triste. Perché avevano milletrecento anni di differenza, era fuori dubbio, ma lei li portava bene. E per lui non contavano niente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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M illetrecento.
“But the Bible didn’t mention us… Not even once”.






And my own two hands will comfort you tonight, tonight
Say when
And my own two arms will carry you tonight, tonight…
(The Fray - Say when)







Susan si sedette sul suo letto, sbuffando.
Era stata una giornata intensa: il ritorno da Narnia e la scuola, entrambe in ventiquattr'ore nemmeno, l’avevano scombussolata.
Si liberò i capelli dal cerchietto molesto, che lanciò sul comò che separava il suo letto da quello di Lucy.
« Sue, come stai? » la voce di Lucy tremava tanto che si costrinse a piantare gli occhi nei suoi.
La sorellina aveva la faccia di chi si trova in condizioni di fare domande più grandi di quanto possano reggere le sue spalle — perché Lucy era ancora troppo piccola per capire certe cose. Forse.
Brucio, avrebbe voluto dirle. Guardami, Lu, sto bruciando.
« Sono stanca » mentì stringendosi nelle spalle « è stato faticoso, oggi ».
Sfuggì allo sguardo indagatore della sorella abbassando gli occhi. Fissò la trama semplice del tappeto ai suoi piedi.
« Lo sai che non ci credo, vero? »
Susan sorrise istintivamente — il tono di Lucy era stato tanto sincero da sembrare persino eloquente.
« Lo so. Ma… Cosa vuoi sentirti dire? Non è stato facile attraversare l’arco sapendo che non ci sarà un'altra volta. Dire addio non è mai facile. »
Sentì il bisogno di un sostegno qualsiasi, e si abbracciò il busto con le sue stesse braccia, quasi avesse freddo, quasi fosse fragile.
E Susan non era fragile, o meglio doveva imparare a non esserlo più.
Le rimbombarono in testa le stesse parole che aveva appena pronunciato: dire addio non è mai facile.
Dire addio a Narnia significava iniziare a sentirsi inadeguati, sensazione pressoché costante nella vita di un individuo che abbandona il torpore dell’infanzia ma ancora non riesce a raggiungere la stabilità dell’adulto.
Dire addio a Narnia significava crescere — per questo non poteva essere una scelta ponderata, una scelta voluta. Uno cresce e basta, ne è costretto.
« E dire addio due volte, com’è? »
Susan capì in quel preciso istante che Lucy era cresciuta più di quanto desse a vedere. Lucy, la sua piccola Lucy, aveva capito tutto.
« E’ ancora peggio, ma è inevitabile. Non c’è più posto per me a Narnia. »
Lei avrebbe vissuto in Inghilterra. Era così giovane per perdere il sonno a ricordare il sapore delle sue labbra, o le sfumature delle sue iridi. Era troppo giovane, quel che albergava nel suo cuore era un sentimento acerbo che presto avrebbe dimenticato. L’amore era un’altra cosa. Sperò con tutto il cuore di avere ragione.
« Ma… Sue. Per te c’era posto. Con Ca- » Lucy si tappò la bocca con le dita, intimorita dall’idea di pronunciare il suo nome ad alta voce. « Con lui. Perché non hai chiesto ad Aslan di restare? »
« Abbiamo milletrecento anni di differenza, non sarebbe mai potuta funzionare », rispose meccanicamente, imprimendo al tono di voce  il timbro di chi recita una risposta imparata a memoria.
« Tu non hai lottato »
Susan si sentì ancor più colpevole. Non aveva lottato, Lucy aveva perfettamente ragione.
Un rimpianto meritato, ecco cos’era, e se lo sarebbe trascinato dietro per sempre.
« Non ha senso parlarne. Andiamo a dormire ».
Era arrivato il momento di diventare grandi, per doloroso che fosse.

***

Il sole stava ormai tramontando. Caspian l’osservò di sfuggita, lì sulla linea dritta dell’orizzonte.
I suo primo giorno da Re stava per terminare.
Forse sarebbe dovuto tornare a Cair Paravel, a casa, invece che starsene appostato accanto all’albero che, qualche ora prima, era stato il portale che aveva consentito ai Telmarini di iniziare una nuova vita lontano da lì. E che aveva riportato a casa, la loro vera casa, i quattro grandi Re di Narnia.
Si sentiva un po’ sciocco, Caspian, impalato da ore ad aspettare cosa, poi? Che tornassero? Non l’avrebbero fatto.
Tantomeno Susan.
Ed era un sentimento puramente egoistico — il Re se ne pentì subito dopo, infatti —, ma aveva sperato che lei non oltrepassasse l’arco, quel giorno.
Andiamo, si era detto poi, è giusto che lei viva la sua vita. Lui non era nessuno, non era abbastanza per farle rinunciare a tutto questo. Ai suoi fratelli. Alla sua famiglia. Ai suoi amici.
Si sfiorò le labbra con un polpastrello, sperando che il sapore di quelle di lei gli si imprimesse addosso per sempre — perché, e Caspian ne era praticamente certo, quel sapore non l’avrebbe trovato sulle labbra di nessun’altra.
E scottava, scottava da morire sapere che era un addio senza ritorno, un qualcosa che avrebbe finito per stivare nella sua mente, qualcosa che avrebbe accompagnato i suoi sogni ed intristito le sue notti in un letto vuoto.
Caspian sorrise fugace e triste. Perché avevano milletrecento anni di differenza, era fuori dubbio, ma lei li portava bene. E per lui non contavano niente.
Quando l’aveva abbracciata, subito dopo aver interrotto il meraviglioso contatto tra le loro labbra, aveva pensato di seguirla. Non poteva lasciarla andar via così.
Si era torturato le mani, in quei momenti, mentre osservava i boccoli scuri di lei muoversi leggermente ad ogni passo, verso l’arco dell’albero magico.
Un passo dopo l’altro se ne stava andando, e lui non era nessuno per fermarla.
Poi Susan, appoggiandosi alla corteccia, aveva osservato Narnia per l’ultima volta. E poi aveva osservato lui. In quel preciso istante Caspian era sul punto di correrle incontro, e varcare con lei il portale.
Avrebbe detto addio a tutto, e non se ne sarebbe dispiaciuto nemmeno tanto.
Avrebbe potuto sfiorare la pelle candida e saggiare le labbra piene ancora, ancora, ancora. Avrebbe potuto godere dei suoi abbracci teneri, dei suoi sorrisi imbarazzati.
Avrebbero litigato moltissimo — Susan non accettava l’aiuto di nessuno, Caspian l’aveva capito da subito: lei bastava a se stessa, se la sarebbe sbrigata da sola anche a costo di mettersi in pericolo. Ed era esattamente ciò che lui non le avrebbe mai permesso di fare.
Lei gli avrebbe insegnato tutto del suo mondo e lui avrebbe imparato a viverci.
Ed insieme, magari, avrebbero imparato ad amare.
Il discorso s’era fatto evanescente, complicato, ingiusto quando Caspian aveva udito l’applauso che il popolo di Narnia, finalmente riunito, regalava per l’ultima volta ai suoi sovrani.
Diventare Re significava crescere. Sacrificarsi. Assumersi le proprie responsabilità.
Per questo, seppur combattuto, Re Caspian aveva assistito inerme al passaggio di lei sotto l’arco.
E poi era sparita.
Era rimasto al suo posto, per il suo popolo, per quei milletrecento anni che avevano il sapore amarognolo delle giustificazioni destinate a radicarsi nell’animo delle persone.
« Vostra Maestà, forse dovreste tornare a palazzo ».
La voce nitida del dottor Cornelius lo destò dai suoi pensieri.
Salutò con lo sguardo l’albero, testimone silente dell’ingiustizia del suo destino, e raggiunse il fido precettore. Lo sguardo fisso a terra.
« Sono molto orgoglioso di voi. Narnia ha un buon Re. E sapete che non mi riferisco solo alla battaglia. »
Caspian osservò nuovamente il cielo: il sole era ormai sparito dalla cappa celeste, che aveva però tinto di rosso. Rosso, come le labbra di Susan.
Sperò che essere un buon Re potesse bastare.







_______________




Writer’s note:
Salve (: come ben vedete sono nuova del fandom.
Questa shot è stata frutto di un parto notturno (!) condito con deliri, febbre e, ovviamente, insonnia.
Perché, da povera inetta quale sono, di libri io ho letto solo il primo, so bene poi non c’è alcun accenno a Caspian/Susan ma, diciamocelo, animo romantico chiama. Quand’ho visto l’ultima scena del secondo film mi sono troppo intenerita. E alla frase pronunciata da Caspian a Lucy nella terza pellicola, “No, nessuna è paragonabile a vostra sorella”, ho iniziato a scrivere.
Vorrei tanto aver potuto dare un happy ending a questi due, ma crescere, nel loro caso, significa senza dubbio accettare la separazione.
Oh, la frase che funge da sottotitolo, "but the Bible didn't mention us... Not even once" non è mia, bensì di Regina Spektor. La canzone in cui la canta è "Samson", e ad oggi credo sia la frase che meglio si adatta a Caspian e Susan, considerate anche le allusioni alla religione cristiana di cui è intrisa l'intera opera (inetta ma un pochino informata, già xD): loro non sono menzionati, come coppia, quindi non hanno un futuro. (Purtroppo).
Spero che qualcuno mi dica la sua, ora tolgo le tende, e vi auguro una felice Vigilia ed un buon Natale (:


Ye’.
   
 
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