Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: clod    10/12/2005    2 recensioni
Una foresta, di notte, qualcuno si aggira tra gli alberi, sembra l’inizio di un racconto dell’orrore, ma non è così…perchè questa storia si tramuterà in sogno. Tutti vorremmo che la nostra storia si tramutasse in sogno, tutti vorremmo trovare il vero scopo della nostra vita e per una volta, solo per una volta, sarà così.
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’altra notte stavo correndo, nella mia casa, dopo una lunga giornata. Le fronde degli alberi mi oscuravano la via, coprendo come un’enorme e strana nuvola il cielo. Mi appostai a bordo di una delle tante radure, mi era sempre piaciuto quel posto, le fronde si scostavano proprio sopra lo spiazzo tra gli alberi, facendo passare luce e un piacevole rivolo di vento. La brezza era fresca e faceva frusciare le fronde, copriva il mio respiro e il mio odore, era la notte giusta per cacciare. Attesi in silenzio. Un daino raggiunse il centro della radura, scattai, le mie zampe facevano attrito sul terreno secco, il mio cuore batteva a tempo con quello della creatura. La mia preda ebbe solo il tempo di vedere, per un secondo, i miei occhi nel buio e il lampo delle mie zanne e poi le mie fauci gli si chiusero addosso. Sentii tra i miei denti il corpo morbido dell’anomale, che si dibatté per un secondo, prima di rimanere immobile per sempre. Una lacrima scese lungo il mio muso, “mi dispiace”, pensai, “questa è la legge della sopravvivenza, domani potrebbe toccare a me”. Iniziai a mangiare, ringraziando Dio della fortuna che avevo avuto e il Daino perché per quella notte mi avrebbe sfamato. Poi all’improvviso, sentii una voce, la più bella che avessi mai sentito, un canto melodioso che mi chiamava, alzai il muso dalla mia preda e cominciai a correre. Passai una radura, poi un’altra e un’altra e un’altra ancora, senza smettere di correre, incurante della fatica, incantata da quel canto, melodioso che mi aveva rapito l’anima, io stavo solo andando a riprendermela. Le zampe mi dolevano ma non mi importava più di tanto; era una pazzia correre nella foresta di notte, anche se la conoscevo bene, belve ben più forti di me si aggiravano tra quegl’alberi. Ma ancora più assurdo e più folle era abbandonare del cibo fresco in una radura, senza metterlo neanche al sicuro. In quel periodo più che in altri, era da molto che non pioveva e il cibo scarseggiava. Ma quel canto aveva rapito la mia mente impedendomi qualsiasi tipo di ragionamento, avevo solo un obbiettivo arrivare alla fonte. Così, continuai a correre. Una fiera sbucò da una radura, balzando su di me; ne percepii la presenza in tempo e riuscii a scartare in tempo per evitarla. Era un grosso leone di montagna che, affamato, si era spinto fino alla mia foresta, scendendo dal suo territorio, che si trovava molto più a nord. Ne avevo visti pochi di animali così, era molto più grosso di me, le zanne snudate e gli occhi ridotti a due fessure gialle, che mi guardavano. Avevo invaso la sua radura di caccia; a giudicare dall’espressione erano settimane che non mangiava e io, oltre ad avere invaso il suo territorio, puzzavo ancora del sangue del Daino. Di solito avrei evitato di combattere con un animale così grosso, soprattutto se reso folle dalla fame. Non che ne avessi paura, ma in un caso come quello, non avrei mai rischiato per un motivo così sciocco, avevo imparato da tempo a scegliere le mie battaglie, di solito me ne sarei andata e avrei fatto il giro da un’altra strada. Ma adesso, quello straniero, era tra me e la voce e io dovevo far presto e raggiungere la mia anima. Sguainai le mie zanne e i miei artigli ed emisi un basso ringhio di avvertimento, “fammi passare” sussurrai. Il leone non si mosse, “questa è la mia radura” mi ringhiò, con l’accento tipico della vetta della montagna, “girati e vattene”. Scattai ero più veloce della belva, lui poteva essere più grosso di me, ma quella foresta era la mia casa e il leone non era abituato a muoversi tra quegli alberi. Tentò di colpirmi con un’artigliata, ma io scattai di lato, presi lo slancio e, usando un tronco come sponda, mi gettai su di lui, sferrandogli una zampata sul muso. Il mio sfidante emise un gemito di dolore, il sangue cominciò a gocciolargli sugli occhi, il mio colpo era stato preciso, avevo scelto di ferirlo sopra l’occhio destro, se avessi voluto avrei potuto cavargli un occhio. Il giaguaro sembrò capire che l’avevo risparmiato e si fece da parte, scomparendo dietro un cespuglio, lasciandomi passare. Ripresi a correre, attraversai la foresta, seccata dal contrattempo e raggiunsi un’altura. La mia foresta era accoccolata su un fianco della montagna e ora ero giunta al suo limite. Ero su una grande pietra, che si affacciava su uno strapiombo, sotto di me si apriva la valle, con le altre foreste e le luci di un paesino che si ergeva sul fondo, incastrato tra due montagne. Ormai la notte era nella sua parte più profonda, guardai il cielo e seppi all’istante di essere arrivata. La Luna mi guardava e mi sorrideva e continuava il suo canto: l’avevo vista altre volte, attraverso le fronde degli alberi, ma non era mai stata così luminosa e così intera e soprattutto non mi aveva mai chiamato. Avevo raggiunto la mia anima, o quasi, lei era lassù che volteggiava sopra di me, era la Luna che me l’aveva portata via, l’aveva cacciata e adesso era sua. Avevo solo una cosa in mente, solo un desiderio: raggiungerla. Arretrai di qualche passo dalla sommità della roccia e con una rincorsa mi lanciai nel vuoto. Le ali spuntarono all’improvviso dalla mia schiena, strappandomi un ruggito di dolore. Volai quella notte, visitai luoghi lontani, posti magici, incontrai diverse persone e mi battei contro nemici fatati e immaginari. Al mattino, quando tornai nella radura, altri animali avevano rubato la mia preda, ma ne era valsa la pena. Molto tempo è passato da quella notte e la Luna non mi ha più chiamato, tanto che, a volte, mi pare di aver solo sognato. Ma non è stato un sogno, perché le ferite sulla mia schiena, dove una volta c’erano le ali, mi fanno ancora male. Forse non mi chiamerà più, ma quella notte non la dimenticherò. Da quella notte sono tornata con le zampe ben piantate a terra, qui fra i miei alberi la vita va avanti come al solito, ho patito la fame, ho combattuto, ho corso, ho sofferto, ho odiato e sono stata felice. Sono anche andata a trovare il mio branco e abbiamo cacciato insieme; mi capita a volte di andare da loro e di rimanere con loro per un po’, per poi ritornare a stare da sola quando mi stufo. Tutte le notti però sto all’erta, casomai la Luna avesse bisogno di me. Non so perché ha smesso di chiamarmi, ma io in fondo, sono solo una giovane lupa che sa solo ciò che le occorre per vivere, e queste cose non sono poi molte. So che il cibo ti sfama e che l’acqua ti disseta, so che mi è stata data la capacità di cacciare e di fiutare l’acqua, so che gli alberi ala terra sono amici e che sono qui per me. Questo è quello che so del mondo e mi basta. Mi piace la mia vita qui, sono nata per vivere così, in questa foresta, mi piace il suo odore e le voci dei suoi alberi e non penso che potrei vivere in un altro posto. Ma solo in quel momento, quando mia madre mi ha chiamato e mi ha permesso di volare, mi sono sentita veramente libera e felice. Starò pronta, in caso la Luna caccia ancora la mia anima e, intanto, continuerò con la mia vita. Adesso ho iniziato ad ululare anch’io alla Luna, come ho visto fare molte altre volte ad altri lupi, fino ad ora non avevo mai capito perché lo facessero, adesso so, lo facciamo per far sapere alla Luna che abbiamo capito. Tutti i lupi prima o poi lo capiscono, capiscono che la Luna è la madre che ci ha insegnato a cacciare, perché è cacciatrice di anime, perché anche lei è nata per questo. By Argail
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: clod