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Autore: IsaMarie    27/12/2010    21 recensioni
Bella e Jasper sono i gemelli Swan che vivono con il padre Charlie e la cugina Rosalie a Forks. Le loro vite si intrecceranno con i ragazzi Cullen: Edward, Alice e Emmett.
(Scritta con sara_cullen)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie, Jacob/Leah
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Cap. 57 Buongiorno a tutte!
Allora, come avete passato Natale e Santo Stefano?
Noi  bene... ci siamo ingozzate  e ora  praticamente rotoliamo per i chili che sicuramente abbiamo preso... e le feste non sono nemmeno ancora finite!!!
Babbo Natale con noi è stato molto buono e speriamo che anche voi siate soddisfatte di ciò che avete ricevuto!
Grazie mille per tutti gli auguri che abbiamo ricevuto!  Sinceramente  pensavamo che molte di voi fossero assenti, invece non ci avete abbandonato nemmeno in questi giorni di festa, in cui di solito ci si dedica completamente alla famiglia... quindi un GRAZIE ancora più speciale del solito!
Ora tornando al capitolo, volevamo solo dirvi di stare tranquille! Molte di voi si sono arrabbiate con Jasper per come ha trattato Alice... in questo chappy, ci sarà il suo pov, così potrete capire con chiarezza perchè si è comportato in quel modo arrogante, spocchioso e iroso...
Siamo sicure che cambierete idea su di lui!
Volevamo rassicurarvi, dato che molte ce l'hanno chiesto, sul fatto che la prossima settimana gli aggiornamenti saranno regolari.
BUONA LETTURA da Manu e Sara!

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Segreti e Inganni





CAPITOLO 57

Ansia


Pov Jasper

Ero abbastanza contento di starmene lì con i ragazzi… mi era mancato un sacco in quegli ultimi giorni interagire con loro, sia a scuola che in casa… avevo bisogno di sfuggire all’opprimente soffocamento causatomi dalla fredda indifferenza che mi aveva riservato Alice… era più che meritata, certo; ma, mio dio, quanto faceva male! E i ragazzi avevano compreso questo mio strazio, e insieme a loro stavo cominciando pian piano a respirare…
Quando ero uscito dalla doccia, dopo il chiassoso e ‘simpatico’ risveglio dei ragazzi e dopo quella principesca colazione che mi aveva in qualche modo addolcito la giornata, mi ero sentito piuttosto sollevato, e avevo rinchiuso il mio dolore in un cassetto nascosto; poi, quando avevo deciso di raggiungere gli altri di sotto, avevo cercato di aprire la porta di camera mia, ma mi ero ritrovato rinchiuso… che stupidi idioti!, li avevo insultati; che scherzi da dementi!
Mi ero rassegnato al loro elevato livello di infantilismo patologico (era stata certamente colpa di quel pazzoide rincoglionito di Jake, magari coadiuvato da quell’orso di Emmett!), e avevo iniziato a richiamare la loro attenzione, sbattendo con i palmi aperti sulla porta e chiamandoli a squarciagola perché venissero a liberarmi al più presto. Ma con mio estremo ‘divertimento’ quegli idioti senza cervello mi avevano lasciato rinchiuso lì, in camera mia, come un imbecille… forse erano usciti perché non sentivo nessun rumore, nessuna voce… ma dove potevano essere andati, con questo tempaccio?!
In più mi ero accorto che il mio cellulare non si trovava più sul comodino… certamente me lo avevano preso loro, per lasciarmi isolato in una sorta di castigo; se si fosse trattato, come avevo ritenuto, di una piccola vendetta dei fratelli Cullen per il modo schifoso in cui mi ero comportato con la loro sorellina, bè, non avrei potuto dar loro tutti i torti…
Perciò me ne ero stato buono buono a scontare la mia meritata punizione, seduto accanto alla porta con le gambe accavallate e le braccia incrociate al petto. Mi stavo annoiando da morire, a dire la verità, ma non avevo voglia di fare nulla: né di distrarmi con dei libri né con la mia amatissima chitarra… era lì, in un angolino della mia stanza… sembrava quasi mi chiamasse a sé… ma non mi sentivo dell’umore adatto per suonarla… a dire il vero era da quella maledetta festa di Rose che non mi sentivo più io… ero perennemente incazzato con me stesso, deluso dal mio comportamento egoista, dalle mie reazioni stupide ed infantili, chiuso e ostinato nel mio dannato orgoglio e nella mia maledetta e insensata gelosia che mi stavano divorando l’anima, minuto dopo minuto…
Mi sentivo scollegato, sconnesso, a pezzi… il mio cuore e la mia mente andavano in direzioni completamente diverse, opposte. La mia parte più emotiva esigeva di liberare tutta la mia passionalità: avrei desiderato immensamente, con ogni fibra del mio essere, andare da lei e supplicarla in ginocchio di perdonarmi e di parlarmi di nuovo, implorandola di non trattarmi più da reietto… ma la mia coscienza mi schiaffeggiava di continuo, riportandomi alla mente con lucida freddezza e oggettiva determinazione tutto il male che avevo provocato a quella splendida creatura… non ero degno nemmeno di guardarla, figurarsi poter parlare con lei!!
All’improvviso però il rumore del portone d’ingresso che sbatteva al piano di sotto mi riscosse dai miei cupi pensieri, riportandomi al presente. Ah, finalmente quei pazzi erano tornati!
Perciò ripresi a battere i pugni sulla porta di camera mia, per farmi liberare da quei simpaticoni… che palle, ancora niente! Provai a muovere la maniglia, perché mi ero accorto già da un po’ che la mia chiave l’avevano sistemata all’esterno…
Quando finalmente percepii un leggero movimento sulla serratura, capii che alla fin fine si erano decisi di degnarmi della loro attenzione…  ghignai, pensando alla loro possibile strategia: sicuramente, appena girata la chiave nella serratura, se la sarebbero data a gambe levate, per evitare l’ira furibonda del sottoscritto… mi posizionai accanto alla porta, pronto a balzare contro di loro appena la serratura fosse scattata… invece, contro ogni mia previsione, mi arrivò sul naso una botta tremenda!
Ahia! Maledetti!
-Questa me la pagate, brutti stronzi! Fossi in voi, inizierei a correre perché appena mi ripr…- urlai arrabbiato; ero veramente incazzato nero, ma appena mi sollevai in posizione eretta, mi trovai di fronte… ALICE!
Ero sconvolto, impietrito, ammutolito, allibito: lei, proprio lei, in carne ed ossa, era di fronte a me, con un vaso per aria... non ci stavo capendo niente…
-E… tu… che cazzo ci fai qui?!- le chiesi al colmo dello stupore, cercando di trattenere la mia ira: ero ancora furente con i ragazzi.
-Non devo di certo dare spiegazioni a te! Non sei mio padre!- esclamò lei in tono veramente incollerito. Suo padre?! Oddio, che schifo, no! Io… io volevo essere il suo uomo, altro che suo padre!!
Lo so, ero impazzito… stavo litigando di brutto con lei ed ero… raggiante e felice… sì, felice perché dopo una settimana di gelida indifferenza lei mi stava parlando ancora… solo per insultarmi, certo, ma mi stava parlando! Ero euforico, gasato, quasi allegro… mi sentivo leggero, capace di ridere e scherzare… ero ammattito di brutto: lei era incavolata con me e mi stava urlando contro… ma io ero gongolante, avrei desiderato saltare ed esultare…
-Sei matta?! E chi vuole esserlo!- ribattei metà disgustato dall’idea, metà ironico. Alle mie parole sarcastiche, lei però si voltò più seccata che divertita e iniziò a scendere al piano di sotto, chiamando Bella e Rose. Come?! C’erano anche loro?! Che strano…
-Perché le chiami, Alice? Ci sono anche loro?!- mi meravigliai; cercai di usare un tono freddo, ma il suo dolcissimo nome mi era uscito come una delicata carezza... che meraviglia, poterlo pronunciare di fronte a lei! Era meraviglioso starle accanto, e la seguii come un automa: d’altronde lei era la mia stella polare, il mio nord… al centro del mio cuore c’era solo lei… non potevo far altro che seguirla…
Era da un bel po’ che ce ne stavamo in silenzio e avevo una voglia matta di risentire la sua voce melodiosa e un imperioso desiderio di riottenere la sua attenzione… avevo bisogno di quel dolce balsamo, l’unico, per il momento, in grado di lenire le sanguinanti ferite del mio cuore… certo, non avrei potuto pregarla di parlarmi di nuovo, ma avrei sempre potuto fomentarla un po’, giusto per conquistarmi un minimo di reazione…
-Allora, piccoletta? Ti hanno mollata qui?- la provocai, calcando leggermente su quell’affettuoso aggettivo. Certo… per me era un tenero appellativo, ma lei non gradì il mio nomignolo… i suoi occhi in quel momento mandavano inequivocabili lampi incendiari… vi leggevo di tutto… rabbia, certo… ma anche fuoco e passionalità… mio dio, che ragazza! In quell’istante sembrava un’antica divinità guerriera… gli occhi splendenti dall’ardore infuocato che stava ribollendo nelle sue vene, le labbra carnose e turgide, le gote in fiamme… era bellissima! Per puro miracolo riuscii a dominare il mio impellente istinto di baciarla…
Un luccichio mi ridestò da quei pensieri pericolosi… e d’un tratto feci caso a ciò che teneva ancora in mano: un antico vaso di cristallo, caro ricordo e cimelio di famiglia, del nonno Richard… e lei in quell’istante si stava di certo trattenendo dal lanciarmelo addosso, pervasa com’era dalla collera che provava nei miei confronti… aveva i nervi a fior di pelle, era talmente evidente! Ma, nonostante tutto, ero gongolante… avevo ottenuto il suo interesse, lei si stava di nuovo rivolgendo a me!
Ma quando Alice iniziò a spiegarmi la vera ragione di quel vaso tra le sue piccole e delicate manine, tutto il mio buonumore si dissolse in un lampo e inorridii all’istante… non potevo credere che lei avesse potuto commettere una tale sciocchezza, una così enorme imprudenza… affrontare tutta sola quello che sarebbe potuto risultare un malintenzionato! Un mascalzone che avrebbe potuto farle del male…
Un terrore tremendo mi attraversò l’intera spina dorsale, al pensiero di ciò che avrebbe potuto rischiare quel piccolo angelo… ero teso, irritato, spaventato per ciò che sarebbe potuto accaderle…
-Cazzo, Alice! Ma come fai a essere così sciocca?!- gridai terrorizzato dalle sue intenzioni quasi suicide. E se al mio posto avesse trovato un ladro, un furfante? O, peggio ancora, un criminale violento? Ma si rendeva conto di ciò che avrebbe potuto rischiare?!
-Come diavolo ti permetti?!- si inviperì. Per il panico di saperla in un eventuale pericolo, l’avevo aggredita verbalmente, in maniera molto pesante… Che coglione ero stato! Stupido idiota! Non ero riuscito a dosare la portata dei miei sentimenti verso di lei, e avevo inveito contro quella creatura indifesa… cercai di calmarmi, e, estremamente pentito e rammaricato per il mio sfogo impulsivo e stizzito, feci per avvicinarmi a lei; ma mi bloccai all’istante, terrorizzato dallo sguardo di puro odio che mi stava rivolgendo… oh no! Che cazzo avevo combinato?! Come diavolo facevo a farmi odiare sempre più da lei? Le parole che mi sputò addosso subito dopo ebbero l’effetto di mille pugnalate al petto, inferte in un colpo solo…
-Basta, stronzo! Mi sono rotta di farmi insultare da te, senza motivo! Sono stanca! Chiaro?! Non resterò neanche un minuto di più sotto il tuo stesso tetto! Almeno questo weekend, in cui speravo di non vederti, non mi costringerai a sopportare la tua nauseante presenza! Mi fai schifo!- sibilò, ostile ed infuriata come non mai. Aveva ragione, ero un dannato farabutto, e mi meritavo tutte le sue accuse… ma se avevo compreso bene le sue bellicose intenzioni, lei avrebbe voluto andarsene da lì, andarsene via, lontano da me, sotto un diluvio universale che in breve tempo si sarebbe trasformato in una colossale tempesta di neve e gelo… no, non glielo avrei permesso! Si sarebbe trovata in pericolo, avrebbe messo a repentaglio la sua salute, la sua sicurezza! Decisi di spiegarle la situazione, ma purtroppo, agitato e nervoso com’ero, lo feci in modo brusco e scortese, al limite della villania…
Non volevo certo essere così incivile, ma le parole partirono dalla mia bocca senza riflettere, in un modo contemporaneamente spontaneo ma irruento…
-E dove pensi di andare? Non l’hai ancora capito? Ci hanno incastrati! Ci hanno mollati qui entrambi! E con questo tempo non possiamo di certo andarcene via di qui a piedi!- sbottai sgarbatamente, cercando di chiarirle le nostre attuali circostanze.
-Ah, tu credi?! Non mi farò di certo fermare da un po’ d’acqua che cade dal cielo!- ribatté testarda, avviandosi a passi di marcia verso l’ingresso. No, maledizione, no! Non l’avrei permesso! Si stava comportando da bimba capricciosa e irragionevole, stupidamente inconsapevole dei rischi che avrebbe potuto correre là fuori…
-Ma sei impazzita?! Cosa pensi di fare? Di uscire con questo tempo?! Ma se sta iniziando anche a nevicare! Qui intorno c’è il nulla!- la sgridai severamente, per evitare che corresse inutili pericoli, che se ne andasse via da me… ma lei, testarda e caparbia, insistette nei suoi folli propositi. Ah, era impossibile! Ma aveva trovato pane per i suoi denti: non gliela avrei data vinta tanto facilmente, per nessun motivo! Piuttosto, se trovava la mia vicinanza così sgradevole e insopportabile, me ne sarei andato io, lasciandola in quella casa, al caldo e al sicuro… non ricordo nemmeno cosa le dissi, mi rendevo conto solo di una cosa: non le avrei permesso di affrontare quel grave pericolo, a nessun costo…
Non sapevo ciò che aveva visto sul mio volto, ma ad un tratto spalancò la porta, chiaro tentativo delle sue ostinate intenzioni…
Istintivamente la afferrai per un braccio, e quel tocco precipitoso, quasi involontario, mi bloccò lì sul posto: il mio corpo in quell’istante fu attraversato da una scarica elettrica dalla potenza inaudita… perché proprio quella ragazza doveva provocarmi quell’effetto devastante? Mi sentii travolto e sopraffatto da quella creatura forte, coraggiosa, risoluta che mi odiava così tenacemente… almeno tanto quanto l’amavo io, riflettei miseramente…
-Tu non vai proprio da nessuna parte! Scordatelo! Non lascerò che la tua stupidità ti metta in pericolo! Io non…- oh, cazzo… no! Le stavo dicendo che io non avrei potuto sopportarlo… le stavo rivelando che io non avrei potuto non odiarmi a vita, se l’avessi lasciata andare via da me in quel momento… cercai in qualche modo di rimediare la mia gaffe…
-…Esme non me lo perdonerebbe mai!- mentii spudoratamente, mortificandola.
Dannazione! Com’era possibile per me, che sostenevo di amarla più di me stesso, trattarla in quel modo così indegno? L’avevo visto dal suo sguardo ferito: io, le mie parole… l’avevano pugnalata, umiliata, straziata… ancora una volta! Oddio, oddio, no! Mi accorsi immediatamente dei suoi occhi umidi per le lacrime… no, Alice, non piangere… ti prego… angelo mio… non piangere!, avrei desiderato più della mia vita far uscire quelle parole dal mio corpo, avrei voluto stringerla tra le mie braccia, bramando un contatto con lei…
-Ancora per una volta… mi hai confermato quanto… poco ti importi di me! Bé… non ti preoccupare… mia madre non te ne farebbe mai una colpa, se mi dovesse succedere qualcosa… tanto tu dovresti trovarti a La Push con gli altri in questo istante, no? Perciò la tua coscienza è salva! Puoi rientrare in casa… e sappi che preferisco affrontare questo spaventoso diluvio che stare ancora un secondo qui a darti così tanto fastidio!- la sua voce era irriconoscibile, spezzata dal pianto… ero talmente allibito dalle sue parole… mi sentivo lacerato, angosciato, straziato, incapace di qualsiasi reazione sensata… il mio cuore pulsava rabbioso, lo sentivo rimbombare fin dentro il mio cervello… ero torturato, dilaniato, impietrito…
Poi, all’improvviso, iniziò a correre sotto la pioggia, allontanandosi da me… immediatamente un vuoto immenso mi squarciò il petto e quella dolorosa sferzata mi riportò le mie facoltà mentali…
Ma era mai possibile che riuscisse sempre a fraintendere quello che volevo dire?! O forse ero io che, davanti a lei, non riuscivo a esprimere al meglio ciò che provavo per lei…
Ero ancora imbambolato davanti alla porta di casa, spalancata su quello scenario sconvolgente… fissavo il mio angelo che stava correndo via da me, sotto quel tremendo acquazzone…
Ah, maledizione alla sua testaccia dura! Ora avrei dovuto rincorrerla sotto quel diluvio per riportarla indietro, e avrei usato anche la forza! Sì, dannazione! Me la sarei caricata in braccio o sulle spalle, e le avrei inculcato un po’ di sale in quella zucca vuota! Stavo per andare a prendere un giubbotto per coprirla, quando uno spavento improvviso mi bloccò lì, sulla porta…
Dopo pochi metri della sua folle corsa, la vidi cadere rovinosamente a terra e tenersi una mano sulla caviglia. Senza neanche pensarci su, atterrito e angosciato dalla sua brusca caduta, mi precipitai verso di lei, verso quell’angelo esanime,  mentre i miei lunghi capelli, completamente fradici dalla pioggia ormai mista a neve, mi sferzavano il viso.
Man mano che mi avvicinavo a quella meravigliosa, ostinata ragazza, la mia ansia cresceva in modo esponenziale, perché avevo chiaramente visto che si era accasciata di botto e aveva perso i sensi…
Signore, ti prego! Fa che stia bene! Ti scongiuro!, pensai tra me, angosciato che avesse riportato una ferita alla testa, dopo aver sbattuto il capo sul freddo e umido terreno.
Mi gettai in ginocchio accanto al suo corpo, che rimaneva impassibile e senza apparente segno di risposta, colpito con veemenza dalla pioggia battente.
-Alice! Alice!- provai a chiamarla, scuotendola un po’, ma il suo corpo non rispondeva né alla mia voce né ai miei tentativi di scrollarla lievemente. Una scossa di autentico terrore mi attraversò l’intera spina dorsale… dovevo fare qualcosa! Trattenendo il respiro a causa dell’ansia, con un tocco leggero come farfalle, le mie dita percorsero in modo completo e il più accuratamente possibile, le ossa del suo cranio… sospirai sollevato: bernoccoli o ferite sanguinanti alla testa non ne aveva, e mi rilassai un minimo; ma dovevo assolutamente portarla al riparo, subito!
La presi in braccio di slancio: era un piccolo e tenero uccellino freddo e bagnato, così leggero e fragile… dovevo cercare di fare il più velocemente possibile! Mi recai in casa di corsa, con il cuore che batteva furiosamente nel mio petto per l’ansia. Povera piccola! Era completamente zuppa… sembrava un piccolo pulcino indifeso e intriso d’acqua gelida… ma soprattutto era completamente ghiacciata: il viso aveva assunto un allarmante colorito cereo, molto pallido e le labbra stavano diventando di un preoccupante color bluastro.
La temperatura fuori era scesa parecchio e se non l’avessi riscaldata e asciugata nel giro di pochi minuti, avrebbe rischiato un serio assideramento! Ormai la mia attenzione era tutta rivolta a lei, alla mia piccoletta… come si era infuriata, poco prima, quando l’avevo chiamata in quel modo… se avesse saputo che per me era un appellativo così tenero e pieno d’amore… basta Jazz, concentrati su lei! Ha bisogno di te!, mi imposi.
Con il respiro affannoso e il cuore che mi pulsava nel cervello, entrai in uno dei bagni del pianterreno e aprii l’acqua calda della doccia… in modo istintivo e automatico, quasi inconscio, iniziai a spogliarla, ma i vestiti gelidi e impregnati di pioggia le si erano appiccicati addosso… avevo difficoltà a sfilarglieli, anche perché mi ero appena accorto che le mie mani avevano iniziato a tremare convulsamente... ero infreddolito e zuppo anche io, e il mio tremore era tutto dovuto all’ansia e alla preoccupazione per quella piccola creatura indifesa, che in poco tempo era diventata il centro esatto del mio mondo, la mia stella polare…
Quante volte nei miei sogni di ragazzo innamorato, nei miei desideri colmi di passione avevo fantasticato e sognato di poterla spogliare… ma, di certo, quel tipo di pensieri in quegli istanti di angoscia erano completamente assenti… non avrei mai potuto farlo, in una situazione del genere… mai avrei potuto immaginare di ritrovarmi con lei in un frangente simile, e che lei potesse odiarmi con tutta se stessa…
“Sappi che preferisco affrontare questo spaventoso diluvio che stare ancora un secondo qui a darti così tanto fastidio!” aveva mormorato con voce disperata, spezzata dal pianto.
Come aveva potuto credere di darmi fastidio? Come?
Certo, a causa della mia enorme preoccupazione per il suo gesto di affrontare da sola uno sconosciuto, magari pure malintenzionato, ero stato accecato dall’ira, che mi aveva fatto incazzare talmente tanto che me l’ero presa con lei… ma per il terribile spavento di saperla in pericolo! E lei non se n’era nemmeno resa conto!
Ero consapevole di essermi meritato ogni sua accusa, ma cavoli, se faceva male! Molto male! Eppure, ormai, da quella maledetta festa, ogni volta che io e lei ci parlavamo… o meglio, ci azzuffavamo, ci accusavamo a vicenda oppure ci fraintendevamo… e la cosa più frustrante, era che preferivo che andassimo avanti così, piuttosto che lei continuasse a ignorarmi come aveva fatto negli ultimi giorni!
La sua totale indifferenza nei miei confronti mi faceva mancare l’aria, mancare la terra sotto i piedi ed era troppo dolorosa da sopportare.
Nel momento in cui, però le tolsi i pantaloni, i miei pensieri si interruppero, perché i miei occhi furono attirati dalla caviglia rossa e gonfia. Cazzo! Era messa male!
Probabilmente era svenuta per il dolore, anche perché le avevo appena controllato il capo ed ero sicuro che cadendo non avesse sbattuto la testa; quindi quello poteva essere l’unico motivo.
Per fortuna l’intimo non si era inumidito e quindi glielo lasciai… ero già abbastanza nel panico così, davanti al suo corpo, praticamente nudo… ma la mia apprensione per la sua salute, per fortuna, mi occupava la mente, non dando spazio a pensieri maniacali… perlomeno non tanto spazio!
Finiscila, brutto pervertito!, mi insultai.
Mi liberai anch’io dei miei abiti bagnati e mi infilai un comodo e ampio accappatoio: non volevo lasciarla sola in quelle precarie condizioni, per salire in camera a cambiarmi.
Poi tornai a dedicarmi a lei: l’asciugai molto delicatamente, attento a non farle male, mentre il vapore della doccia bollente riempiva la stanza di un calore piacevole, che pian piano iniziava a intiepidirci le ossa…
Per fortuna, lentamente ma in modo costante, il suo corpo si riscaldò, le guance ripresero un po’ di colorito e le sue labbra si dipinsero di un pallido rosa. La avvolsi in un accappatoio, che avevo messo a scaldare sul calorifero appena entrato in bagno, e la presi in braccio, portandola in salone e adagiandola sul divano di fronte al caminetto. Meno male che i ragazzi, prima di andarsene, l’avevano acceso: così ora emanava un calore che riscaldava tutto l’ampio salone, mentre dalle vetrate si notava ormai che la pioggia aveva ceduto il posto completamente alla neve, che, cadendo copiosa e abbondante, stava già lasciando una sottile coltre che ricopriva il giardino e la spiaggia. Era uno spettacolo magnifico, ma mai quanto la creatura che in quel momento riposava tranquilla e rilassata sul divano. Come un ago magnetico che punta sempre verso nord, mi voltai verso di lei, ad ammirarla.
Era bellissima, un sogno mozzafiato… il suo viso, illuminato dai bagliori del fuoco che scoppiettava allegramente nel camino e il suo piccolo e perfetto corpo erano completamente distesi, come se stesse semplicemente dormendo calma e serena. Nonostante gli attimi di intensa tensione che avevo appena vissuto, mi ero tranquillizzato anch’io… un sorriso ebete spuntò sul mio viso quieto, a quella serafica visione…
I miei occhi la percorsero da capo a piedi, incantati… ma di colpo mi tornò in mente la sua caviglia… dovevo assolutamente metterle del ghiaccio per cercare di farla sgonfiare… e poi massaggiarla con una crema per le distorsioni e fasciargliela.
Tornai in bagno e trovai tutto l’occorrente nell’armadietto dei medicinali… sorrisi al pensiero dell’efficienza di mia sorella, che in quegli anni aveva perfettamente sostituito la mamma, nell’occuparsi di quel lato del ménage familiare. Ero felice che ora ci fosse Esme a occuparsi di tutti noi, ma specialmente di Bella: aveva bisogno ancora molto delle attenzioni di una mamma.
Tornai da Alice e mi sedetti sul tappeto, per terra, accanto a lei. Le appoggiai il ghiaccio sintetico sulla caviglia, dopo averlo avvolto in un panno per non farla raffreddare di nuovo. Alice si mosse un po’ mugugnando… forse si stava risvegliando… provai a chiamarla, ma non rispondeva… probabilmente era stato un riflesso involontario per il freddo.
Nel frattempo, come un emerito idiota, inginocchiato accanto a lei, mi incantai a guardare il suo viso perfetto e meraviglioso… sembravo un assetato in mezzo al deserto che aveva appena scoperto la sua oasi e ammirava quello spettacolo, quella visione celestiale, che gli avrebbe potuto salvare l’esistenza… non mi sarei mai stancato di osservare ogni suo più piccolo dettaglio… il cuore mi batteva furiosamente nel petto, per la tempesta che stava scombussolando ogni fibra del mio essere… ero pazzo di lei… e come una diga che non riesce più a contenere l’assalto dell’acqua impetuosa, incapace di trattenermi oltre, le mie veementi parole uscirono dalla mia bocca con irruenza…
-Dio, Alice… quanto sei bella… come ho potuto fare del male ad uno splendido angelo come te? So che non mi potrai mai perdonare… d’altronde anch’io non riesco a scusare me stesso! Oh, piccola… se ripenso a tutto quello che hai subito nel tuo difficile passato… la morte di tuo padre, il tradimento del tuo ex e della tua migliore amica, la tentata violenza, il trasferimento in una casa non tua con persone che non conoscevi… e poi… purtroppo per te… poi sono arrivato io… sono piombato nella tua vita come un uragano… distruggendo e calpestando tutto quello che di buono hai sempre offerto agli altri… con il mio cieco egoismo e il mio stupido orgoglio ho perso per sempre la tua amicizia ma soprattutto… il tuo amore… come ho fatto a combinare tutto questo enorme, disastroso casino? Ora non so più come uscirne… non so… come risolverlo… o come tornare indietro! Vorrei che almeno non mi guardassi più con odio e indifferenza! Sarebbe un sogno per me… arrabbiati pure con me, ne hai tutto il diritto… ma ti supplico… ti scongiuro… non fare come se io non esistessi… è… è insopportabile!- mormorai ad alta voce, senza rendermi pienamente conto del significato delle mie parole. Calde lacrime avevano iniziato a rigarmi le guance ispide per la leggera barba; e nel momento in cui una goccia salata sfuggì al controllo della mia mano che tentava di arginare quella mia reazione e colpì il suo piede, quella bellissima ragazza aprì gli occhi, fissandomi attonita…
-A… Alice!- urlai, inconsapevole di aver alzato la voce; -Come stai?! Oddio, ero così in ansia… ti senti meglio, piccola?- le chiesi, euforico per il fatto che fosse di nuovo cosciente… e dopo essermi inginocchiato accanto al suo viso, presi ad accarezzarla dolcemente.
Si sollevò con i gomiti, non distogliendo i suoi intensi occhi dai miei. Anche il mio sguardo era incatenato al suo, mentre mi sentivo incapace anche di respirare…
-Dio, Jazz! I tuoi sbalzi d’umore mi fanno girare la testa!- mormorò a mezza voce, e si lasciò andare di nuovo sul divano, lamentandosi un po’ per il dolore.
Il mio cuore, se avesse potuto, avrebbe fatto i salti di gioia… mi aveva chiamato di nuovo Jazz… non aveva utilizzato il freddo e distaccato ‘Jasper’… solo Jazz… era dalla festa che non lo faceva più, e il sentirlo pronunciare dalla sua voce non aveva prezzo!
Sorrisi felice che stesse bene e consapevole che avesse perfettamente ragione. Prima le avevo inveito contro e ora ero in apprensione e mi rivolgevo a lei gentile e pieno di preoccupazione, come il più affabile dei fidanzati…
Stavo per chiederle scusa, quando la sua voce mi fermò.
-Allora… posso sapere perché siamo entrambi praticamente nudi con indosso solo l’intimo e un accappatoio?- domandò perplessa, inarcando un sopracciglio con fare indagatorio. Arrossii, imbarazzato. Ecco, ora mi avrebbe preso pure per uno stronzo, pervertito e maniaco, che mentre lei era incosciente aveva biecamente approfittato della situazione…
-Bè.. è che… sì, insomma… tu prima… sai quando…- balbettai pieno di vergogna; mi interruppe, ridendo della mia evidente esitazione. La sua risata cristallina mi scaldò il cuore, inondandolo d’amore.
-Jasper Swan che balbetta e arrossisce? Bè… questa proprio non me l’aspettavo… allora devi averla combinata grossa!- mi schernì, divertita. Quando sorrideva in quel modo, era di una bellezza indescrivibile… ed io mi imbambolai a fissarla… stava sorridendo a me!
-Alice… potrai mai… perdonarmi?- sussurrai appena, incapace di trattenermi.
-Jazz… io proprio non riesco a comprenderti… sono confusa… e le parole che hai pronunciato prima mi hanno scosso e scombussolato ancora di più!- mormorò, lasciandomi basito.
Cosa?! Era sveglia?! Era sveglia e aveva sentito tutti i miei pensieri che involontariamente avevo esternato ad alta voce? Oddio! Cosa potevo dirle ora? Avrebbe voluto ascoltare i miei veri sentimenti, dopo il modo orribile in cui l’avevo trattata? Ma soprattutto… mi avrebbe creduto?
Non potevo saperlo… non potevo averne l’assoluta certezza… e non potevo evitare di soffrire ancora di più se lei mi avesse di nuovo rifiutato e allontanato… ma non potevo nemmeno vivere nella paura e nell’incertezza… non ero mai stato un vigliacco, avevo sempre parlato chiaro nella vita! Dovevo provarci… non potevo farmi scappare quell’occasione: nessuno ci avrebbe interrotti stavolta! E lei con quella caviglia dolorante, non avrebbe potuto scappare via da me…  avrebbe dovuto ascoltarmi fino in fondo… e soprattutto darmi una risposta sincera, una volta per tutte! Era la mia occasione e non potevo farmela sfuggire assolutamente, se volevo avere una possibilità di essere finalmente felice! Dopo tantissimo tempo, sentii nel mio cuore uno smisurato fervore… un calore che sapeva di benessere, di eccitazione, di speranza…
Due dita lunghe, sottili e molto delicate si posarono sotto il mio mento e mi fecero alzare la testa, che inconsapevolmente avevo abbassato per la vergogna, portando i miei occhi a perdersi in quel cielo sconfinato che erano i suoi: mi scrutavano silenziosi, mentre un lieve sorriso risplendeva sul suo volto minuto, come ad incoraggiarmi a parlare… sì! Le avrei detto tutto, le avrei rivelato ogni mio sentimento, ogni mia emozione, ogni mia paura… decisi di aprire il mio cuore sanguinante; e lei, con un’unica parola, avrebbe potuto fermarlo o guarirlo per sempre…
Feci un respiro profondo e iniziai il discorso più importante della mia vita.


ANTEPRIMA CAPITOLO 58


-Ecco Alice… ora che sai tutto, vorrei chiederti solo una cosa… se vorrai… ti scongiuro, ti imploro: non trattarmi più con indifferenza, non evitarmi più, parlami nuovamente… e col tempo, se inizierai a sentire un po’ meno odio nei miei confronti e riuscirai a perdonarmi almeno un minimo per tutta la sofferenza che ho aggiunto alla tua vita, già così duramente provata, allora e solo allora, magari… bè, potrai prendere in considerazione di nuovo di provare a essere mia amica… mi basterà che tu in qualche maniera rimanga nella mia vita… ti prego, Alice… concedimi almeno questo… anche se so benissimo di non avere il diritto di chiederti niente! Io non mi merito nulla, ma per la tua infinita bontà, ti supplico… fammi dono di poterti stare vicino!- esclamò, buttando la testa sul mio petto e stringendomi forte, mentre i singhiozzi ormai scuotevano il suo corpo, facendo sussultare anche me.


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