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Autore: Harriet    27/12/2010    2 recensioni
Le ragazze del Nord si sposano giovani, e il loro unico sogno è avere una casa da mandare avanti, per essere rispettabili agli occhi di tutti. Perché la gente del Nord, se non sei rispettabile, smette di considerarti, di vederti.
Lora Arvess è una ragazza come tutte le altre, e aspetta il suo futuro, come tutte le altre. Ma un gruppo di stranieri non particolarmente rispettabili sta per cambiare le cose.
L'Autunno è in arrivo.
[Storia completa in 2 parti. L'ambientazione è affine al fantasy ma non c'è presenza di magia.]
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Temi del concorso:
- Il giorno che mi cambiò la vita
- Ambientazione in autunno o in inverno
- Grandine
- Ombrello
- "Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza... ma non è questo il giorno." (Il signore degli anelli, il film)
- "When I'm gone" (3 doors down) - le citazioni all'inizio di ogni capitoletto provengono da questa canzone.





Il giorno in cui Lora Arvess divenne invisibile



I – Le ragazze del Nord


Everything I am and everything in me
Wants to be the one you wanted me to be



La prima volta in cui lo vidi parlava di maghi.
- I maghi stanno nelle storie per bambini.- Dissi, fermandomi per un istante vicino al suo tavolo. Avevo le braccia cariche di rami dalle foglie dorate e altre decorazioni. Avevo molte cose da fare. Ma quel discorrere di maghi mi infastidiva.
- Ah sì?- Chiese lui, rivolgendomi un sorriso gentile.
- Forse ne esiste davvero qualcuno, a Sud, ma per la maggior parte la magia è roba da poco che la gente ingrandisce raccontando. Così qualche macchinario bizzarro fa notizia a Sud, e quando arriva a Nord è già diventata una nave da guerra volante che si illumina di notte.
Quel discorso lo sapevo a memoria, solo che non ne ero consapevole. La mia mente lo aveva immagazzinato a forza di sentirlo. Noi gente del Nord, chiusa tra pochi incroci e una manciata di case, con le quattro fiere stagionali come principale fonte di meraviglia, abbiamo sempre avuto opinioni sprezzanti sulla magia e l'alchimia. La fama dei grandi sapienti del Sud ci fa scuotere la testa e sputare sentenze cariche della nostra saggezza mediocre.
Così, quando lo straniero si era messo a raccontare di una porta che esisteva soltanto in alcuni giorni all'anno, per opera dei maghi, non avevo potuto fare a meno di fermarmi a ribattere.
- Grazie di questo punto di vista.- Mi rispose, senza prendersela. Poi riprese a parlare a Kedra della porta magica e di altre panzane. Kedra, seduta di fronte a lui, era così felice che le brillavano gli occhi. Beh, per quel poco che le si potevano vedere gli occhi sotto gli strati di sporco, i ricci incolori sparsi sulla faccia e il cappuccio rattoppato. Nessuno parlava mai con la cantante vagabonda. A dire il vero, che fosse una cantante lo diceva lei. Nessuno le aveva mai permesso di cantare, in paese. Kedra passava di qui due volte l'anno. Diceva di avere una via da percorrere, un tracciato preciso, e che il nostro paese era per forza sul cammino. Ogni anno era sempre più sporca e maleodorante, tanto che ormai avevamo rinunciato a capire quanti anni avesse veramente. Gliene davano dai venti ai sessanta, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi abbastanza e chiederglielo.
E quello straniero dal sorriso sfacciato non solo parlava di maghi, ma parlava addirittura con lei!
Li dimenticai e proseguii oltre la sala già affollata all'ora di pranzo. La Fiera d'Autunno portava gente fin dall'inizio del mese e riempiva taverne e locande. Raggiunsi la sala del camino, dove Elrina e Milit intrecciavano nastri d'oro e rossi ai rami che avevamo raccolto quella mattina.
- Ecco gli ultimi rami e le altre decorazioni.- Dissi, posando ciò che avevo tra le braccia sul canto del focolare spento. L'autunno era in arrivo solo di nome: c'era un caldo innaturale che permaneva nell'aria e un'umidità asfissiante che non ne voleva sapere di svanire.
- Grazie, Lora.- Milit prese una manciata dei nastri verdi che avevo portato e li aggiunse alla sua composizione. - Puoi andare a cercare la corda per appendere questi? In cucina dovresti trovarla.
Corsi fuori, fiera del fatto che quell'anno partecipavo attivamente alla preparazione della festa nella locanda dei genitori di Milit Rel. C'erano tre luoghi in tutto il paese, nei quali valeva la pena di essere, per la Fiera d'Autunno, e di sicuro la locanda dei Rel era il migliore. Per noi ragazze era la festa più divertente e piena di opportunità.
Mentre mi dirigevo in cerca di corda passai di nuovo davanti al tavolo dello straniero e Kedra, e vidi che si era aggiunto un altro tipo, un giovane alto e magro, biondo, con la faccia più bianca e seria che avessi mai visto. Feci per passare oltre e lo straniero afferrò il lembo del mio scialle violetto e mi costrinse a fermarmi.
- Perdona il modo poco gentile di chiamarti. Posso domandarti una cosa?
Mi voltai di scatto, stizzita, strappandogli lo scialle dalle mani. Per un attimo mi fermai a guardarlo, e per la prima volta mi accorsi che aveva un bel viso, dai lineamenti regolari e rassicuranti: quei volti che ti ispirano tranquillità. Volti da padre o da fratello maggiore. Però portava i capelli neri molto, troppo lunghi: gli arrivavano fino a metà schiena, e dalle mie parti quella era una cosa da briganti o da uomini poco seri.
- Che c'è?- Chiesi, sospettosa. Notai le mani grandi e segnate dal lavoro, anche se non avrei saputo dire quale. Mi stava decisamente interessando troppo.
- Potrei sapere se ci sono stanze libere, nella locanda? Una con due letti per noi.- Indicò se stesso e il tipo biondo. - E una per la signora.
- Kedra?- Sbottai, incredula. - Una stanza? E con che soldi pensa di pagarsela?
- Con i suoi.- Rispose Kedra, accennando allo straniero seduto davanti a lei. Incredibile, come si vantasse di essere una cantante: aveva un vocione sgradevole, sembrava quello di un uomo.
- Tu sei proprio uno sciocco.- Dissi, scuotendo la testa. - Non farti ingannare dalle sue storie lacrimevoli.
- Non mi ha raccontato alcuna storia lacrimevole.- Rispose lui. - Ci sono, queste camere?
- Ah, non lo so. Dì un po', mi hai presa per una cameriera?
- Non lo sei?
- Certo che no!
- Oh.- Si fermò a guardarmi, perplesso. - Non c'è nulla di male nell'essere una cameriera. Noi abbiamo fatto i camerieri per due splendide stagioni della nostra vita. E' un nobilissimo mestiere. Non è vero, Eyven?
- Sì, è la stessa cosa che hai detto anche a tre prostitute, un becchino e uno spalatore di merda di cavalli, però concordo sul fatto che non c'è niente di male.- Rispose l'altro, accennando finalmente un sorriso. Aveva un terribile accento del centro. Doveva essere originario delle parti di Nimis.
- Penso che ci siano delle camere.- Risposi. - Puoi parlare con quella laggiù, con la cuffietta rosa in testa. Quelle con la cuffia sono le cameriere.
- Bene. Grazie. Un'ultima domanda, mia paziente amica. Conosci un posto piacevole dove trascorrere la Fiera d'Autunno?
- Non sono amica di nessuno, e qui alla locanda c'è una festa.
- Ehi, potremmo partecipare alla gara, quest'anno!- Esclamò Kedra, battendo le mani.
- Gara?- Lo straniero sorrise come un bambino di fronte al mercatino dei dolci. - Che gara?
- La rievocazione delle storie.- Rispose Kedra. - Ogni squadra sceglie una storia e prepara costumi, canzoni e scene. La migliore rievocazione viene premiata con... della roba. Chi se ne frega. E' la gloria, che conta. E' una gara bellissima e io non ho mai potuto partecipare, nessuno mi ha mai voluta in squadra.
- Chissà perché...- Borbottai. - E' una tradizione secolare, non se ne può fare a meno. Poi però si mangia, si beve e si balla. Fino all'alba.
- A me l'idea piace.- Disse lo straniero. - Cosa si deve fare, per partecipare?
- Formare una squadra di almeno quattro persone e conoscere le storie.- Rispose Kedra. - Siamo già in tre. Lora, ti unisci a noi?
- Ma neanche per sogno!- Esclamai, spostandomi bruscamente.
- Chi vi ha detto che io sono d'accordo?- Sospirò il tipo serio.
- Nessuno. Anzi, ero sicuro che non saresti stato d'accordo.- Rispose lo straniero sfacciato. - Sappi che la cosa non mi crea alcuno scrupolo. E sono pronto a realizzare di persona il tuo costume.
- No, ti prego, no! Se devo perdere la dignità... di nuovo... voglio scegliere da solo la maniera.
- Ehi, guarda che ho fatto il sarto per un sacco di tempo! So cucire, ricamare, attaccare passamaneria e anche...
Non rimasi ad ascoltare oltre quella sciocca disputa. Mi allontanai in fretta da quel patetico raduno.
Ignoravo che avrei dovuto avere a che fare con loro di nuovo. Molto presto.

- Lora, abbiamo un problema: le cameriere sono tutte occupate e ci sono due clienti senza camere. Puoi indicare loro un'altra locanda?
Abbandonai le decorazioni e raggiunsi Milit davanti al focolare.
- Dove sono?
- All'ingresso. Li conosci anche tu. Sono quella mercante di colori da stoffa e suo fratello demente.
- Ah, ho capito. Almeno quest'anno quello scemo non farà confusione alla festa.
La madre di Milit arrivò di corsa dalla sala da pranzo, rotonda e tutta fasciata nelle gale e nelle trine rosa del suo abito.
- Eh, no! Non si mandano via i clienti! Semmai si cercano soluzioni alternative, Milit. Possiamo aggiungere dei giacigli nelle stanze degli ultimi due piani. Non c'è qualche ospite a cui si potrebbero rifilare la mercante e lo scemo?
- La mercante puoi metterla in stanza con Kedra.- Dissi. - E per il fratello ci sono due tizi strani, uno con i capelli lunghi e uno biondo. Sembrano abbastanza tonti da non protestare per un ospite in più in camera loro.
Ero andata a colpo sicuro perché ero abbastanza brava a classificare le persone a primo sguardo. E quei tre facevano parte della categoria dei tonti. Nessuno era troppo felice di averli intorno, ma non facevano troppe storie quando si trovavano tra di sé.
- Quel tipo con i capelli lunghi.- Osservò Milit. - Non è brutto per niente.
- Sì, peccato che si sia fatto fregare e impietosire da Kedra e le abbia pagato la stanza.
- Davvero? Che idiota. Speriamo che non si mettano in testa di partecipare alla gara insieme. Te lo immagini? Kedra in costume, al centro della stanza. Ammorberebbe tutti quanti con la sua puzza.
- Magari con un costume indosso è costretta a lavarsi.
- Non ci sperare!
Risi, poi la lasciai e andai a raggiungere i due clienti in attesa sulla soglia della locanda. Li avevo già visti: la donna, sui quarant'anni, si chiamava Arkayn (un nome che secondo me era da uomo, e secondo Milit da cane), aveva un cespuglio rossiccio in testa e i muscoli da zappatore. Vendeva tinture per stoffe e altre cose del genere. Una volta forse me lo aveva anche spiegato, ma non me lo ricordavo. E poi c'era suo fratello minore, Caden, con gli stessi capelli di lei, gli occhi storti e un sorriso storto che mostrava quanto quel tipo fosse completamente da un'altra parte.
- Ciao Lora!- Mi salutò lui, saltellando, non appena mi vide. Mi offrì qualcosa che finsi di prendere e lasciai cadere senza toccare. Feci bene: era un insetto morto. Non ero nuova a simili regali da parte di Caden.
- Sei ingrassata. Sei bellissima. I tuoi capelli sono sempre più arancioni.- Mi disse, allargando quel suo sorriso inquietante.
- Certo.- Borbottai, seccata. Ingrassata? Arancioni? Che razza di complimenti erano?
- Mi hanno detto che forse non ci sono stanze.- Disse sua sorella. Il cespuglio rosso sulla sua testa si era in parte ingrigito, durante l'ultimo anno.
- Ci sono, se vi accontentate di condividerle con altri ospiti.
- Se per loro va bene, noi ci arrangiamo.
- Io voglio vedere la festa!- Esclamò Caden. - Facciamo la gara, quest'anno, Arkayn?
La donna gli posò un braccio sulle spalle e lo spinse dentro. Arkayn era massiccia, ma suo fratello la sorpassava in grossezza e altezza. Però si mosse docilmente, sotto la guida della mercante, e io li accompagnai al piano superiore.
Sì, non ero male, a capire la gente. Kedra fu entusiasta di avere una compagna di camera. E i due tipi strani addirittura non vollero che le cameriere preparassero il giaciglio per Caden: lo fecero loro stessi.
- Una volta ho lavorato presso un medico. Mi ha insegnato a sistemare i giacigli improvvisati in un modo assolutamente comodissimo!- Prese a ciarlare il tipo con i capelli lunghi, affrettandosi a spostare la sua roba per far spazio al demente.
- Quante cose hai fatto?- Gli domandai.
- Oh, no. Ora parlerà fino a domani di quel che ha fatto.- Sospirò il suo compagno di stanza.
- Eyven, non prendermi per uno sciocco. Ho capito da solo che la domanda era ironica e che la signora Lora non ha alcun desiderio di sapere che ho fatto il sarto, il mercante, l'infermiere, il cantore girovago, il maestro di musica, il...
- Piantala.- Lo fulminai con un'occhiata e lui si zittì. - Mi hai chiamata signora? Ma mi hai vista? Sono una ragazza, non una vecchia decrepita!
- Perché, c'è forse qualcosa di male nell'essere una vecchia decrepita?- Mi domandò. Non pareva aver capito per niente il punto della mia osservazione.
- Lasciamo perdere. Me ne vado.- Poi mi fermai sulla porta e gli rivolsi un'ultima occhiata. - Ehi, come ti chiami? E da dove vieni?
- Darit. Ed è un po' difficile dire da dove vengo.
Me ne andai pensando che finalmente quel tipo di persone si erano riunite tra sé e quindi mi avrebbero lasciata in pace.
Non avevo idea di quello che sarebbe successo poche ore dopo.

Milit Rel e i suoi mi offrivano di dormire nella stanza della mia amica, e con noi c'erano anche Elrina e Dalytha: da anni ormai passavamo insieme la settimana prima della festa, preparando e trascorrendo del tempo insieme. Quell'anno era particolarmente importante, per noi. Sapevamo che era l'ultimo, anche se non l'avevamo mai detto a voce alta, come per tenere lontano quel pensiero.
Dalle mie parti, al Nord, una ragazza di solito si sposa tra i venti e i venticinque anni. Il fidanzato la corteggia e la sceglie, si resta insieme per un anno al massimo e poi si celebrano le nozze. E' sempre stato così e credo che sarà così per sempre, perché ben poche cose sembrano in grado di smuovere e far mutare i costumi del Nord. E noi ci sforzavamo di adattarci, come si conveniva.
I ragazzi del mio paese hanno l'abitudine di proporsi alle ragazze durante le feste stagionali, e girava voce che qualcuna tra noi quattro quell'anno avrebbe ricevuto una richiesta. Io ero la più grande: avevo compiuto ventidue anni in primavera. La più piccola era Dalytha, che ne avrebbe fatti diciotto nei primi giorni d'inverno. Le altre due avevano vent'anni. Era il momento giusto per un fidanzato, insomma.
Ci sono zone di questa nostra terra bizzarra nelle quali ci si sposa da vecchi, altre in cui ci si unisce giovanissimi. In alcune terre ci si sposa solo se ci si ama, in altre non ci si vede mai prima del matrimonio. Al Nord, per lo più, ci si sposa per non rimanere da soli. Basta piacersi un poco e le nozze vanno bene. Meglio un marito non proprio perfetto che una vita solitaria. Un uomo può permettersi il lusso di fare l'avventuriero o il viaggiatore, una donna no. Una donna sola è quasi invisibile: messa da parte come sposa, sarà messa da parte anche in tutti gli altri aspetti della sua vita. E' sempre così e sarà sempre così, dalle mie parti.
A ventidue anni, se nessuno ancora ti ha fatto una proposta di fidanzamento, puoi cominciare a preoccuparti. Ma io non mi preoccupavo: c'erano Yvel e Kaln che non mi avevano mai fatto mancare complimenti, danze, doni e anche qualche notte di cui era meglio tacere: sono cose che tutti fanno, ma non sta bene parlarne. Di nuovo, qui siamo al Nord. Qui sono vere solo le cose che la gente dice. Tutte le altre non sono importanti.
Insomma, mi aspettavo una proposta, e anche le mie tre amiche se l'aspettavano. Per quanto la gara delle storie non mi piacesse, l'avrei fatta perché i ragazzi apprezzavano le ragazze in costume, e perché era tradizione che le future fidanzate ricevessero la domanda mentre avevano indosso i panni delle eroine di leggende di cui non importava più quasi niente a nessuno.
Non c'era molto spazio per grandi cose fuori dal comune, per noi, e a dire il vero nessuna desiderava poi cose tanto diverse da quelle che la vita dava solitamente alle ragazze del Nord. Eravamo così come dovevamo essere. La nostra tradizione voleva che fossimo in un certo modo: ogni cosa in noi si adattava a ciò che era considerato opportuno per noi.
Io e le mie amiche sapevamo che quell'anno avrebbe portato il nostro ultimo momento speciale insieme: una volta ricevuta la proposta di fidanzamento, bisogna prepararsi alla vita da donna di casa e non c'è più tempo per altre sciocchezze.
Era l'ora di cena e io aiutavo Milit a portare da bere ai primi clienti seduti ai tavoli per la cena. Passando da un lato all'altro della stanza coglievo discorsi sulla festa, idee per la gara e per i costumi, commenti al nuovo regolamento della competizione e pronostici sui fidanzamenti. Io sorridevo, felice di trovarmi al centro dei loro discorsi, anche se nessuno di loro lo sapeva. E pensavo alla gara: io e le altre ragazze dovevamo ancora pensare a qualcosa. C'era la storia da scegliere, almeno un paio di canzoni da provare, e poi da quest'anno c'era la stupida novità dell'oggetto: era obbligatorio costruire qualcosa, un accessorio che avremmo dovuto presentare alla giuria. Questa era composta da una decina dei più eccentrici personaggi del paese. Quelli che durante tutto l'anno sono guardati con un misto di simpatia e pena, e solo nelle occasioni speciali delle feste riescono a dare un senso a quel po' di follia da cui sono macchiati.
Presa da quei pensieri, non mi accorsi del pericolo, finché non avvertii che qualcuno mi stava tirando un ricciolo. Mi voltai, con un piccolo grido di fastidio e sorpresa, e mi trovai di fronte la faccia stupida e smarrita di Caden. Il ragazzo sedeva al tavolo con sua sorella Arkayn, Kedra, Darit, Eyven e altri due grandi acquisti della loro squadra: una coppia che passava tutti gli anni dal paese per la Festa d'Autunno. Li conoscevo di vista e di fama. Venivano da lontanissimo, da un'isola di cui non avrei saputo ridire il nome, erano medici e viaggiavano continuamente, per portare il loro servizio dove c'era bisogno, soprattutto nei posti più poveri, spesso senza farsi pagare. Lui era alto e robusto, lei era piccola e graziosa. Avevano occhi e capelli nerissimi, e la pelle molto scura. Non se ne vedeva, di gente come loro, e i paesani preferivano guardarli da lontano.
- Ciao, Lora.- Mi salutò Caden, sorridendo. - Puoi essere la nostra cameriera?
- Ho da fare.- Risposi, e feci per proseguire, ma Darit mi fece cenno di rimanere.
- Ti prego, mia signora, concedici un attimo. Un solo istante, il tempo di farti una proposta.
Si alzò e mi offrì la sua sedia. Feci per rifiutare, ma lui mi prese per mano e mi guidò a sedere.
- Che volete?- Sospirai, a disagio. Non mi piaceva l'idea di essere vista con quelle persone. Non volevo che mi confondessero con una di loro.
- Prima permettimi di presentarti i nuovi membri della nostra squadra: lei è Mrild, lui è Enveja, sono marito e moglie e vengono da Yselkagaarda.
Salutai la coppia con un cenno della testa. Lui mi sorrise e mi imitò, lei masticò qualcosa a metà tra la sua lingua, la mia e il dialetto del centro, e venne fuori qualcosa che per me suonò come dieta di cicogne, ma che probabilmente doveva essere un più rassicurante lieta di conoscerti. Almeno lo speravo.
- Abbiamo scelto la nostra storia da mettere in scena per la festa.- Spiegò Darit. - Kedra ci ha raccontato le sue leggende preferite di queste terre e noi abbiamo eletto all'unanimità la migliore per noi.
- All'unanimità?- Protestò Eyven. Notai per la prima volta che aveva un modo buffo di piegare le sopracciglia e spalancare gli occhi azzurri, quando il suo compagno di viaggio diceva qualcosa di incomprensibile o curioso. - Io non c'ero. Non era l'unanimità!
- C'eri. Dormivi.- Rispose Darit.
- Non è l'unanimità lo stesso!
- Abbiamo anche un ruolo meraviglioso per te. Non protestare.- Darit si appoggiò allo schienale alto della sedia dell'altro. - La dignità non ce l'abbiamo più da un pezzo, io e te, no? Comunque, torniamo alla storia. Kedra ci ha raccontato la leggenda dei quattro servi.
- Quella dove quattro tizi di terre diverse devono salvare la loro principessa dalla prigionia del Sonno e affrontare la strega che l'ha maledetta?- Chiesi, ricordando la fiaba che avevo sentito da piccola, come tutti.
- Volete raccontarmela o no?- Protestò Eyven.
- E' semplice. E' la classica fiaba con una principessa addormentata, prigioniera, maledetta e così via.- Cominciò Kedra. Vidi che era vestita più dignitosamente, e soprattutto mi accorsi che l'avevano lavata e pettinata. Era possibile starle accanto. Ed era bionda.
- E i quattri servi chi sono?- Chiese Eyven.
- Gente del palazzo.- Riprese Kedra. - Un cuoco, una sguattera, uno stalliere e una giardiniera. Uno dell'Ovest, una dell'Est, uno del Centro e l'ultima del Sud. Naturalmente la storia è ambientata qui a Nord. Un giorno una strega arriva al palazzo, sotto il falso nome di una dama straniera, e lì si rivela come una sorella perduta della regina, cacciata molti anni prima per la sua condotta riprovevole. E' ancora giovanissima perché con la sua magia ha creato un incantesimo malvagio: imprigionando una fanciulla e facendola dormire, può rubarle la gioventù. Ed è proprio questa la sorte che tocca alla principessa. Solo che la strega è temutissima, quindi in tutto il regno nessuno vuole andare a salvare la principessa. Gli unici che si fanno avanti sono i quattro poveracci stranieri. I quattro devono affrontare il Sonno, che tiene in ostaggio la principessa, e poi la strega, per strapparle i poteri malvagi e la giovinezza ottenuta con l'inganno. Grazie al loro buon cuore riescono nell'impresa, e alla fine la principessa risvegliata offre grandi ricompense a tutti quanti, tranne allo stalliere: quello se lo sposa. Una storia molto antiquata: nessuno al Nord di questi tempi prenderebbe più sul serio quattro stranieri. Comunque il fatto che il Nord discenda da un re stalliere spiegherebbe come mai questo posto è così puzzolente.
- Ma come ti permetti, proprio tu!- Esclamai, scattando in piedi.
- Il mio è lezzo è onorevolissimo. E' lezzo raccolto per strada. Questo paese invece puzza sempre. Di chiuso, di muffa e di morto.
- Cosa vorresti dire?
- Che siete brave persone, qui, ma non cambiate mai. Ve ne state chiusi e chiudete anche le vostre porte a chi arriva. Guardate le novità con sospetto. I popoli che fanno così sono destinati a sfiorire.
La ignorai. Non ero sicura di aver ben capito dove volesse arrivare, e comunque era Kedra: non c'era da darle troppa importanza. Tornai a sedermi e mi rivolsi a Darit.
- Insomma, cosa volete dirmi? La storia la conoscevo. Perché farmi perdere tempo?
- Semplice. Ci manca un personaggio e tu saresti perfetta. Vuoi unirti alla nostra squadra?
Scoppiai a ridere. Ci mancava solo quello!
- Neanche per sogno. Ho già la mia squadra, sapete? E se non c'è nessuno tra voi che può fare la principessa, cambiare storia.
- No, aspetta.- Darit fece un sorriso divertito. - In realtà volevamo proporti di fare la strega.
- Che cosa? E la principessa chi dovrebbe farla?
Darit indicò Kedra e lei fece un'insopportabile faccia tronfia.
- E'... vecchia!- Esclamai.
- Sa cantare.- Rispose Darit. - La principessa canta, quando si risveglia. Kedra è perfetta.
Scossi la testa senza aggiungere altro. Erano già abbastanza ridicoli.
- E voi, chi sarete?
- Ovviamente Caden sarà lo stalliere che diventa re.- Spiegò Darit.
Ovviamente. Certo. La principessa stracciona e il principe demente. Perfetto.
- Io, Enveja e Mrild saremo gli altri tre servi.- Continuò lui, entusiasta. - Arkayn farà la regina e il nostro amico così vitale e dotato di un sanissimo colorito biancastro... Chi meglio di lui per interpretare il Sonno?
Posò le mani sulle spalle di Eyven, che fece di nuovo quell'espressione buffa di protesta e sconcerto.
- Oh, ma per favore! Il Sonno? Che dovrei fare?
- Niente. Essere te stesso.
Eyven sospirò e fece cenno di sì con la testa. Io pensai che quel tipo non doveva avere un briciolo di forza di volontà. Chissà cosa lo aveva convinto a mettersi in viaggio con Darit.
- Io qui ho finito.- Dissi, alzandomi. - Ho già la mia squadra.- Mi allontanai, e poi mi accorsi che c'era qualcosa che non andava. Erano gente strana, d'accordo, però...
Però mi avevano pur sempre offerto qualcosa.
Sì, certo, quel qualcosa era un ruolo da strega. Ma una strega bella e giovane, se non altro.
Mi voltai e per la prima volta, credo, feci loro un sorriso.
- Grazie per la proposta.
Mi rispose un coro di sette sorrisi. Darit mi fece un inchino. Tutto sommato, fu una manciata di istanti piacevoli.



Continua presto con la II parte + l'Epilogo. Grazie di essere qui. Venite a vedere il Worlds Hotel? <3

   
 
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