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Autore: _Seppia    28/12/2010    2 recensioni
Forse avrebbe dovuto spegnere quel falò, decidere che quel calore oppressivo che si obbligava a sentire non era la cosa giusta. Che la luce tremula di una candela illumina più il cuore, da a ciò che ti sta intorno quell’aria intima che un grande fuoco, impietoso com’è, non da.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Canada/Matthew Williams, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fables

 

 

 

Nonostante Arthur Kirkland si fosse giurato che no, non lo avrebbe mai ammesso né a sé stesso, né ad anima viva, non poteva non constatare che, quasi, si era affezionato al vociare, alla confusione, alle risate che si sentivano in casa sua quando no, quella non era così vuota da produrre eco ai suoi passi.

   Non erano mai pensieri allegri, e in qualche modo “da lui” quelli che affollavano al testa nelle giornate di pioggia. Non gli piaceva ricordare tanti momenti, piacevoli e non, legati a quel dannato fenomeno atmosferico tanto frequente in quell’Inghilterra  che, in momenti del genere, sembrava davvero grigia come molti la descrivono.

  Possibile che un semplice libro di favole potesse far viaggiare i ricordi in quella maniera? A quei giorni di pioggia di secoli pria in cui teneva sulle ginocchia due piccoli fagottini biondi e un orso di peluche, in mano un libro tanto simile a quello che stringe ora.

  Lo stesso libro che teneva tra le mani quando, sdraiato tra gli stessi due bambini, asciugava le loro lacrime e calmava i loro cuoricini impazziti durante le notti di temporale.

  Le stesse strie.

  Le ricordava davvero tutte?

 

 

 “-C’era una volta, non molto tempo fa ma nemmeno un giorno vicino ad oggi, una casa in mezzo alla foresta, e due uccellini, che vivevano soli in quella casa che era enorme. Enorme per loro che erano piccoli e vedevano il mondo ancora più grande di com’era in realtà ed enorme per chiunque si addentrasse nella foresta e con molto coraggio arrivasse fino al suo cuore.

  Ed era strano che due uccellini vivessero in una casa. Ma da quando i loro padroni erano spariti erano rimasti soli, a dover badare a loro stessi, senza saper ancora volare, visto che nessuno l’aveva insegnato loro, aspettando un nuovo padrone che avrebbe saputo prendersi cura di loro prima che le loro ali riuscissero  fargli spiccare l’agognato volo.

  Il padrone arrivò, ma non era uno come i due uccellini speravano. Erano due, e li divisero senza quasi pensarci due volte. Eppure, poi, quasi come in preda ai sensi di colpa, l’altro padrone decise di donare all’amico e rivale anche l’altro uccellino, in modo che potessero di nuovo essere insieme.. -

   Arthùr, puoi anche smettere, Alfred dorme di nuovo … -

Ed era sempre così, cominciava a leggere e l’americano crollava addormentato. Non sapeva se la colpa era del suo modo di parlare, o del fatto che era notte fonda e forse era normale che l’altro dormisse, fatto sta che, come ogni volta, si ritrovava a fissare gli occhi del piccolo canadese, steso accanto a lui, dalla parte apposta, che lo fissava da dietro quell’enorme orso di peluche che si portava sempre dietro.

 -  Arthùr … ? –

 - Mh?

 - La storia finisce con gli uccellini che … che spiccano il volo entrambi, vero? Anche il più grande che non voleva …

   Esatto, Matthew, ora però dai, chiudi gli occhi, non credi sia ora di dormire?

  -  S-sì ma … Arthùr, hai davvero..hai davvero paura che..che possiamo andarcene entrambi? Io .. io non voglio fare come l’uccellino più grande che è rimasto a consolare il padrone, dopo che l’altro se n’era andato per poi..per poi spiccare il volo anche lui …

  Una mano, che si posa lenta su quella testolina.

 -  Matthew, prova a dormire.

  L’altro annuisce, si tuffa di nuovo tra le coperte, lo stesso faccino triste di quando cade, o si fa male.

 -  Oui … bonne nuit Arthùr - “

 

 

  E ancora una volta, come molte, troppe volte in quei secoli, si ritrova a darsi dello stupido. A chiedersi di nuovo per quale motivo aveva sempre, in qualche modo, ignorato la fiamma di quella piccola candela che era Matthew. Sempre accecato da quel falò che era suo fratello era finito per scottarsi, per rimanerci ustionato fin nel cuore.

  Le dita e gli occhi che corrono ancora sul pagine, quasi la voglia di chiudere quel libro ed archiviarlo per sempre su qualche scaffale polveroso, insieme a tanti suoi ricordi, nel vedere quei disegni che quelli che erano stati i suo bambini avevano scarabocchiato.

  Un sospiro, le storie sono ancora lì, le ricorda tutte, con la stessa perfezione con cui ricorda i sorrisi dei due bambini, le loro espressioni tese, nell’eventuale suspance, le lacrime che riusciva a versare Matthew per la morte di qualche strano animaletto, e gli eroici tentativi di Alfred di consolarlo nell’unico modo in cui poteva farlo piangere di più.

  Sì ritrovava a pensare con nostalgia a quei due uccellini che aveva tenuto nella sue enorme gabbia. Forse comunque troppo stretta per entrambi, o così larga da sentirsi spaesati. Il primo era volato via lasciando quasi un buco nel cuore; il secondo era restato accanto a lui, lo aveva consolato, ricevendo in cambio solo le sue frustrazioni, la sua indifferenza, quasi, nonostante cantasse per lui, cercasse di alleviare quella solitudine tanto nera, cercasse di curare quelle ferite incise nell’anima.

  Gli occhi corrono alle frasi sull’ultima pagina del libro, una scrittura inclinata e sottile che aveva scritto poche parole. Un sorriso amaro, ancora.

  Forse avrebbe dovuto spegnere quel falò, decidere che quel calore oppressivo che si obbligava a sentire non era la cosa giusta. Che la luce tremula di una candela illumina più il cuore, da a ciò che ti sta intorno quell’aria intima che un grande fuoco, impietoso com’è, non da. Perché il fuoco butta fin troppa luce, anche su quello che non vorresti vedere, quando è troppo alto una candela non può farlo.

 

 

 

 So che forse non è il regalo più giusto che potevo farti, questo Natale, ma il ritrovare quei disegni mi ha fatto pensare che forse servono più a te che a me …

  Ho detto una bugia, alla fine sono scappato anche io, ma ricordo bene dov’è il mio nido.

  Spero solo tu abbia gradito. Merry Christmas, daddy.

                                                        Matthew”

 

Eppure qualcosa gli diceva che, no, non era poi così tardi …

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Se siete arrivati fin qui vi stimo in maniera immonda.

Mi scuso se tutto ciò non è poi così bello come avrei voluto. Ma è al seconda volta che scrivo su Hetalia, e non credo di aver inquadrato poi così bene entrambi i personaggi. Se sono andata molto fuori prego di farlo sapere, merci~

Ringrazio la mia bella Est per l’idea, e sì, anche perché quel bel libro è solo per il /tuo/ Arthur. E questa è in qualche modo per te, credo tu l’abbia capito.

E grazie a Nanà, che l’ha letta e betata.

  
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