No
goodbyes
Don't
you know it's time for me to go, even though it hurts to see you
cry.
Avevi
strappato il secondo foglio di carta e ti eri appoggiato allo schienale
della
sedia stiracchiandoti le braccia.
Avevi
detto addio a tanta gente, prima di lei, eppure non eri riuscito a
fartene una
ragione, con lei.
Un
libro di neurologia ancora nuovo ti aveva
indicato che avresti dovuto studiare.
Invece
non avevi fatto altro che addormentarti ad occhi aperti
sull’immagine di Lisa,
che non avresti mai più rivisto se non nella consistenza del
ricordo.
“Mai
più addii” avevi farneticato tra te e te.
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“Hai
presente il Plainsboro Teaching Hospital?”
Annuisti
all’oncologo.
“Credo
sia quella, la Lisa di cui vai parlando da dieci anni.”
Wilson
ti gettò addosso un quotidiano stropicciato, dove un titolo
a caratteri
cubitali annunciava la sostituzione del direttore amministrativo da
parte di
una giovane promessa. Cuddy.
Scorresti
incantato l’articolo di giornale a labbra socchiuse: avevi i
brividi ogni volta
che il giornalista riportava il suo nome.
Afferrasti
il cellulare che tenesti stretto tra le dita per qualche secondo.
“Che
intenzioni hai?”
“Oh,
niente, mi presenterò solo nel suo ufficio e la
costringerò ad assumermi.”
“Ma
non puoi farlo! Credi davvero che possa prenderti a lavorare solo
perché… in
passato…” stava gesticolando.
Digitasti
sul cellulare un numero, senza degnare Wilson di qualcosa che
somigliasse ad
una risposta.
“Sai
a memoria il numero del Plainsboro?”
“No,
so a memoria il suo, di numero.”
Sperando
che non lo avesse cambiato.
---
“Stavo
pensando… l’articolo di giornale che tanto
l’ha adulata diceva che sta cercando
ottimi medici con grande volontà. Contando il fatto che io
ho queste e ben
altre qualità, non mi capacito del perché non mi
abbia ancora assunto.”
“Scusi
se la interrompo, ma gradirei sapere con chi ho il piacere di
parlare.”
“Solo se
potrò avere un colloquio con il mio futuro capo. Colloquio
che si tratterà
solamente di pura formalità.”
“La sua
maleducazione mi avvertirebbe di fare avventatamente cadere la
linea.”
“Lo
faccia.”
“Domani
alle dieci.”
“Sarò
lì
tra un’ora.”
“Mi dica
almeno il suo nome!”
Tu. Tu. Tu. Tu.
---
Spingi
la porta davanti a te senza bussare.
Un
futuro dipendente che si rispetti non bussa mai alla porta del capo.
“Sono
impegnata” dichiara la donna, seduta a testa china su una
scrivania piena di
carte.
“Credo
di avere un appuntamento con la dottoressa Cuddy, ma non la vedo in
giro.”
Lisa
alza gli occhi, la bocca socchiusa sul limite dello sconvolto.
Ti
analizza dai capelli spettinati alle scarpe da ginnastica e si alza in
piedi
lentamente.
Porta
una gonna bordeaux, stretta sui fianchi che risaltano nella sua linea
snella.
La
posizione delle sue labbra induce a credere che stia per pronunciare il
tuo
nome.
“Sono
assunto, vero?”
S’immobilizza,
deglutendo più volte.
La
coltre sottile di commozione sui suoi occhi ti fa sorridere: le sei
mancato
anche tu.
E, se mai ti
rincontrerò, non
ti dirò più addio.
Così finiva l’ultima lettera che avevi gettato nel cestino ridotta in mille pezzi.
La fanfiction è giunta quarta (e ultima xD) al contest "Please don't Stop The Music" indetto da Pocahontas@Effie (QUI)
La canzone a cui si ispira è "No goodbyes" dei Blue, e la vicenda è ambientata inizialmente ai tempi dell'università, quando House è stato cacciato e tenta di scrivere una lettera a Cuddy.
Successivamente si sposta in un punto indefinito dopo la laurea, infine durante un ipotetico primo incontro da "adulti".