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Autore: Mo in Wonderland    29/12/2010    4 recensioni
Non so se riuscirò a sopportare, non so se sopravvivrò un secondo di più. Il mio migliore amico, il mio uomo, la mia ancora di salvezza è morto il giorno prima del mio compleanno. Non ci posso credere, eppure è l’unica verità.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Got away.
  “Oggi, alle ore 15.37 è stato trovato morto nel suo appartamento di New York il famoso attore hollywoodiano Robert Downey Jr. Le cause del decesso sono ancora da accertare. Al più presto potremo offrirvi un collegamento diretto con un nostro inviato sul posto. Ma passiamo alla prossima notizia. Ancora attacchi in Afghanistan sul fronte…” La voce della giornalista scema fino a ridursi ad un rumorino grigio e borbottante in fondo alla mia testa.
  Morto.
  Morto.
  Morto.
  Rimbomba come lo scoppio di una granata nelle mie orecchie. Deglutisco, mentre sento la testa accasciarsi sul divano, senza avere la forza di ricompormi.
  Morto.
  Morto.
  Morto.
  La ripeto così tante volte, con un sospiro a fior di labbra, che non ha più significato. Solo un involucro vuoto, un ammasso di lettere attorno a un qualcosa che non riesco ancora a concepire. Un cratere si apre con una lentezza inesorabile e dolorosa nel mio petto, sotto lo sterno. La bocca è impastata e ha il sapore amaro della bile. Gli occhi mi bruciano e li socchiudo, mentre una lacrima calda scivola fuori dalle mie ciglia.
  Registro tutto questo, seziono la mia reazione in tante parti. Solo per non pensarci. Solo per togliermi dalla testa quell’immagine orrenda del suo corpo - quel corpo che avevo accarezzato così tante volte che ne avevo perso il conto - riverso sul suo letto. Freddo.
  Sento le ossa andarmi in frantumi, mentre i ricordi salgono a galla, sovrastandosi l’uno con l’altro. Ma uno, uno più di tutti occupa i miei occhi che fissano il vuoto.
  Faceva davvero freddo quella volta, quando stavamo tornando in hotel dopo le ultime riprese notturne. Faceva freddo come solo Londra di notte poteva esserlo, e stavo tremando nel mio cappotto da Watson, con la testa dolorante e l’immediato bisogno di una doccia calda.
  “Jude.” Riconobbi all’istante la sua voce. Era felice, e questo mi fece sorridere. “Ehi, Jude, stai tremando come una foglia.” Con un saltello mi raggiunse e camminammo vicini, sul selciato bagnato e scuro.
  “Bene, ora abbiamo una chiara visione dell’ovvio.” Gli sorrisi e lui fece lo stesso, riconoscendo la battuta.
  “No, sul serio, stai tremando.” Non riusciva a smettere di ridere, e  per un momento lo detestai per questo. Sembrava l’uomo più felice della terra, cazzo.
  “Ma dai?” Mi uscì forse un po’ troppo acida e infatti lui ammutolì. “Cioè… sì.” Non sapevo bene come fare. Ma Robert ci pensò al mio posto. Nel tempo di un battito di ciglia, si era sfilato la manica destra del suo giubbotto e, senza nemmeno che me ne accorgessi, mi ritrovai a fare a metà della giacca con lui. Dovevamo sembrare davvero ridicoli, visti da fuori, ma io ero perfettamente in paradiso. Poggiò la mano libera sul mio fianco, mentre io infilavo la manica. Potevo sentire il suo calore avvolgente, potevo sentirmi bene.
  “Jude!” Toglietevi dai coglioni. Il suo petto che premeva contro la mia schiena mi sembrava la cosa più naturale del mondo, non riuscivo nemmeno a preoccuparmi, non riuscivo nemmeno a sentire il mio cuore battere forte. Ma forse lui lo sentiva.
  “Jude, guardami!” Lasciatemi in pace. Sentivo il suo viso così vicino - probabilmente se mi fossi voltato sarei finito col naso sulla sua guancia. “Grazie.” Mormorai e lo sentii sorridere. Mi si riempì il cuore.
  “Jude, svegliati!” E’ un… sogno? Ora apro gli occhi e tutto è come prima. E lui sarà con me.
  Schiudo gli occhi, abituandomi piano alla luce. Ma la prima cosa che vedo è la tivù accesa, l’anchorman in tailleur della BBC e in alto a destra, in una piccola finestra, un signore in completo con microfono davanti a… la sua casa. Non è un sogno, è la realtà. Non faccio in tempo a realizzarlo che sento delle dita prendermi la testa e pochi secondi dopo il mio campo visivo è occupato interamente dal viso allarmato di Sienna.
  “Amore, oddio, mi hai fatto prendere uno spavento enorme.” Mi butta le braccia al collo e il suo profumo Chanel mi fa storcere il naso. Poi mi si siede sulle gambe e la sento prendere un respiro profondo. Lo fa sempre prima di iniziare a parlare a raffica. “Ero di là che preparavo e a un certo punto sento un tonfo e poi silenzio e poi sento dei rumori strani e vengo qui e tu eri disteso sul divano a occhi chiusi e stavi singhiozzando, oddio, ma che è successo? Non farlo mai più, mai più, ti prego. Ho preso un colpo davvero. E poi ti ho tirato a sedere e ti chiamavo ma tu non rispondevi, oddio, è stato un incubo.” Le sue parole svaniscono nell’aria senza arrivare alle mie orecchie, mentre io fisso lo schermo del televisore. Polizia, infermieri e curiosi affollano il marciapiede davanti al portone del condominio. Attico, decimo piano. Dove abita lui.
  “…i legali per ora non vogliono rivelare le cause della morte, ma alcuni già ipotizzano l’overdose. I trascorsi dell’attore sono infelicemente noti e…”
  Un gemito mi si blocca in gola. “Come osano come si permettono cazzo.” Con poca gentilezza spingo di lato Sienna che finisce sul divano. Mi alzo e mi avvicino al televisore. Non sento, non riesco a sentire, mi sembra così ingiusto. Io devo sapere, come è successo, dove, perché, ditemi qualcosa, vi prego. Ma il giornalista muove la bocca senza che io riesca sentire nulla. Mi cedono le gambe e mi ritrovo seduto in mezzo al salotto, davanti alla televisione. Non c’è più. Lui. E’. Morto. Senza che riesca a fermarle, sento le lacrime rotolarmi lungo le guance, infilandosi nel colletto della camicia.
  Sienna si siede sui talloni, vicino a me, e inizia ad accarezzarmi i capelli. “Cosa c’è, Jude? Dimmi tutto…” La sua voce è dolce e appiccicosa. E io non stacco gli occhi dallo schermo. Guarda nella mia stessa direzione e pochi secondi dopo la vedo portarsi una mano alla bocca. “Mi dispiace.” Sussurra. Stupida. Il mio Robert è morto e tu dici mi dispiace? Mi circonda le spalle con le braccia e io piango. Piango sul suo petto finché non ne ho più la forza, finché non fa male. E lei mi accarezza i capelli e mi sussurra all’orecchio e io vorrei dirle di smetterla, perché non fa che peggiorare le cose.
  Perché non fa che ricordarmi Robert.

***

  La consapevolezza mi attanaglia prima ancora che io riesca a scivolare oltre il leggero velo del dormiveglia. Con gli occhi chiusi e i muscoli paralizzati, so. So che sarà la prima giornata senza lui. La prima di millemila, senza lui. Piangerei, forse, se avessi ancora lacrime.
  In uno scatto mi alzò a sedere sul letto, sentendo che mi manca l’ossigeno.
  “’More, torna a ‘etto.” Il mugugno di Sienna arriva da sotto le lenzuola.
  “Torno a letto un cazzo!” Urlo. Mi sento improvvisamente rabbioso, vorrei scoppiare, se potessi.
  Sienna si mette a sedere, tenendosi con una mano la testa. “Che è successo?” Chiede, con tono piatto.
  “Cos‘è successo? E morto il mio - migliore amico e tu mi chiedi cos‘è successo?” La mia voce riempie la stanza. Affondo la testa tra le mani. Respiro profondamente, per trattenermi dallo sfasciare il mondo.
  “Jude… non è morto nessuno.”
  Mi sta… prendendo in giro? “Ma che cazzo dici? L‘abbiamo visto ieri, al tiggì…!” Ieri era così amorevole e adesso fa la stronza?
  “Jude, io te lo dico di non bere la sera. Ma tu insisti e poi ti immagini le cose.” Mi guarda e posso vedere i suoi occhi stanchi nella penombra della stanza.
  “Sienna io… ma come ti permetti. E‘ morto, cazzo, è morto e tu mi vieni a dire queste cazzate!” Ma lei borbotta un “fa quel che vuoi” e si rimette a dormire. Scendo dal letto e accendo la luce sul mio comodino.
  La sveglia segna le 7:03 del ventinove dicembre. Cazzo. E’ il mio compleanno. Non so se riuscirò a sopportare, non so se sopravvivrò un secondo di più.
  Il mio migliore amico, il mio uomo, la mia ancora di salvezza è morto il giorno prima del mio compleanno.
  Non ci posso credere, eppure è l’unica verità. Il peggio regalo di compleanno del secolo, penso, abbozzando un sorriso stanco.
  La sua morte galleggia nel mio subconscio. E lì e io non riesco a rendermene conto.
  Dovevo fare un sacco di cose, dovevo chiamare un sacco di persone, poi devo mettermi il mio vestito migliore e andare a dargli l’ultimo saluto.
  Apro la porta della camera ed esco, meccanicamente.
  Un piede davanti all’altro, raggiungo il salotto. Urto una bottiglia di birra vuota lasciata sul tappeto ma non mi importa. Ci penserò dopo. Afferro il telefono e mi siedo, lentamente, sul divano. Stesso posto di ieri. La tivù è spenta. A chi telefonare prima? Susan per le condoglianze… dovrei telefonare anche a Deborah? O anche ai genitori. Saranno tutti sconvolti. O forse è meglio iniziare con Guy. Per regolarsi con le riprese e tutto. Chissà.
  Cerco nella memoria il numero di Susan e sto per premere il verde, quando il mio cellulare inizia a vibrare sul tavolino vicino.
  Prendo un respiro. Vorranno sapere di Robert. Avvio la chiamata.
  “Happy birthday to you! Happy birthday to you! Happy birthday, my Judsie, happy birthday to you!”
  Sento il mio cuore perdere un battito.
  “Judsieee? Ci sei?”
  Non respiro. I miei polmoni si rifiutano di respirare.
  “Beh - oh cazzo ma guarda dove vai! Cristo, pirati della strada alle sette di mattina! E siamo a Londra! Ma dimmi te! Beh, dicevo… oh, ci sei?”
  Non. E’. Possibile. Ma come-? “R-Rob?” Non riconosco nemmeno la mia voce, quando mi esce in un sussurro.
  “E chi altri sfiderebbe il selvaggio traffico londinese di prima mattina per venire da te?”
  Dev’essere un sogno. Ora mi sveglio e sono sul divano, col telefono in mano.
  “Ma, Jude ti senti bene?” La sua voce - cristo, la sua voce, credevo che non avrei più potuta sentirla - è incrinata dalla preoccupazione.
  Questo è un sogno. E’ una visione. Sto diventando schizofrenico e mi immagino le cose. Succede, no? E’ tutto frutto della mia immaginazione. Fra un po’ lo vedrò varcare la porta d’ingresso vestito d’azzurro, su un bianco destriero.
  “Jude, ti prego, rispondimi.” La sua è quasi un’implorazione.
  “Sì. Sì, scusa Rob. Sono qui. Promettimi che questa non sarà l‘ultima volta.”
  “L‘ultima volta cosa?” La sua voce sembra un briciolo meno preoccupata, mentre abbozza una risata.
  “L‘ultima volta che ti sento. Dimmi che tornerai. Che ti sentirò ancora.” Mi sento stupido, dio, come mi sento stupido. Sto parlando con una parte del mio cervello. Sono completamente pazzo.
  “Jude ma… cos’hai bevuto?” Ride. Mi sento al settimo cielo. “Ci vediamo oggi. Ci vedremo anche domani. Non so se ti sei dimenticato che lavoriamo insieme!”
  “Ci vedremo?” Sento gli occhi bruciare come ieri.
  “Dai, Jude sii serio. Cos‘hai bevuto?”
  “Nulla sono solo… felice.” Sorrido, mentre una lacrima scende lungo lo zigomo. Lo vedrò. Non mi ha lasciato. Lo vedrò. Starà con me.
  “E ti credo, ho una mega-sorpresa per te!” Sento un rumore forte, forse la portiera che sbatte. Nel buio del mio salotto, sorrido. Sta venendo. E non importa se è solo la mia immaginazione. “Ora alzati e vieni alla porta principale. E non fare rumore che se no svegli Sienna e siamo fottuti.”
  Non fa nemmeno in tempo a finire la frase che sono già nell’ingresso e spalanco la porta.
  Portato dal vento gelido della mattina, Robert mi sorride dal vialetto.
  E’ radioso e bello, come nei miei ricordi migliori. Il mio cervello sta facendo un ottimo lavoro, devo riconoscerlo.  
  Senza dire una parola, sale i pochi gradini che ci separano e mi posa un leggero bacio sulle labbra. “Posso?” Senza aspettare risposta entra in casa.
  “Io- tu- posso toccarti?” Accidenti. Queste sono allucinazioni sensoriali complete. Meglio di quanto sperassi.
  Robert si gira verso di me, non sapendo se ridere o no. “Perché non dovresti?”
  “Perché… beh, credevo di poterti solo vedere. E invece, wow.” Lo precedo in salotto e apro la luce principale, il grande lampadario sopra il tappeto.
  “Ma ti sei svegliato o no sta mattina?” Scherza, mentre lascia la giacca sull’appendino dell’ingresso.
  “Non ne sono sicuro.” Sorrido amaramente. E se è tutto un sogno? Ma a che punto ha smesso di essere la realtà ed è diventato sogno?
  “Sienna dov‘è?” Mi chiede avvicinandosi.
  “E‘ di sopra, sta dorm-” Non finisco la frase, perché lui mi prende il viso e mi dà un bacio quasi disperato. Rispondo, buttandomi tra le sue braccia.
  Sono pazzo. Non so cosa sto facendo, non so più distinguere cosa è vero da cosa è frutto della mia mente stravolta, non so se è un sogno, non so se Sienna da un momento all’altro scenderà e ci vedrà. O no, perché in realtà lui non esiste, e se non esiste chi sto baciando?
  Disperato e terrorizzato stringo le braccia attorno al suo collo.
  “Piccolo, perché stai… piangendo?” Robert si stacca da me e mi asciuga una lacrima, l’ultima di un milione.
  “Perché mi sembra di impazzire.” Dirlo a lui che differenza fa? Lo sto dicendo a me stesso.
  “Vieni qui.” Mi abbraccia e io affondo il viso nel suo maglione, ne suo petto, nel suo odore. “Cosa c‘è che non va? Ti dispiace che sia venuto?” Mi sussurra tra i capelli.
  “No!” Sbotto e alzo la testa per guardarlo negli occhi. “No. Ti prego non andartene. Stammi vicino.” Lo sto implorando. Sto implorando una visione. Sono così pazzo e disperato che mi faccio pena da solo.
  “No, Judie, non me ne vado. Ma tu dimmi cosa c‘è che ti preoccupa così tanto.” Si siede sul divano, tenendomi sempre tra le sue braccia.
  Sto in silenzio a sentire il suo cuore battere sotto di me. “Posso farti una domanda?”
  “Tutto quello che vuoi.” La sua voce rimbomba nella cassa toracica.
  “Vorrei sapere… come è successo? Cioè, come sei… morto?” Domanda stupida, dato che se io non lo so, non lo sa neanche lui, ma tanto, che differenza può fare? Voglio solo vedere cosa penserà questa volta la mia immaginazione.
  “Ma che cazzo stai dicendo?” La sua voce è realmente sconvolta. Mi solleva il mento per guardarmi negli occhi. “Ti pare che sono morto?” I suoi occhi scuri sembrano ancora più profondi e io mi ci lascio cadere.
  “No, non tu. Cioè sì, tu. Nella realtà. Tu sei morto nella realtà.”
  “Jude, questa è la realtà. La realtà in cui è il tuo compleanno e io mi sono alzato alle sei, con il rischio che Suzie mi faccia il culo quando lo scopre, per venire a farti una sorpresa, non a farmi dire che in realtà sono morto.” La sua voce è ferma e tagliente.
  “Ma se ieri alla tivù ho sentito che eri morto!” Mi tiro a sedere e lo guardo. Il mio subconscio sa che lui è morto. Perchè mi dice queste cose?
  “E perché avrebbe dovuto dirlo?” Robert storce la bocca.
  “Oggi, alle ore 15.37 è stato trovato morto nel suo appartamento di New York il famoso attore hollywoodiano Robert Downey Jr…” Ripeto, come se questo valesse come risposta.
  “Ieri. Nel mio appartamento di New York. Sì.” Robert arriccia le labbra. “Non ho un appartamento a New York, punto primo. E ieri abbiamo passato tutta la giornata sul set. Non so se ti ricordi, sai, Sherlock Holmes due, hai presente?” Scuote la testa leggermente e io lo fisso allibito. Nessun appartamento a New York?
  Mi legge nella mente. “Io sto al Grand Hotel, come quasi tutta la troupe. Stanza 35, al terzo piano.” Lo fisso sbigottito.
  Poi tutto cade, come il sipario di un palco, lasciando vedere quello che c’è dietro. Nessuna morte. Era tutto… un sogno. Mai il telegiornale aveva annunciato la sua morte, mai io ero crollato sul divano né avevo pianto tra le braccia di Sienna.
  “Cazzo, Jude, ci abbiamo scopato quel weekend che Sue non c’era!” Sbotta Robert e io gli tappo la bocca con la mano.
  “Shh. O svegli Sienna.” Sussurro. Gli lascio la bocca, accarezzandogli il labbro inferire.
  E’ tutto così semplice, così ovvio. Ora riesco a vedere ben distinti il piano della realtà e quello del sogno.
  Lo abbraccio, stringendomi forte al suo collo. La mia ancora di salvezza dalla pazzia. E’ qui, è ancora qui.
  “E‘ stato un incubo. Alle volte fatico a rendermi conto che il sogno non sia successo davvero. Ma sta volta è stato veramente orribile. Pensavo fossi morto ieri e che io fossi tipo schizofrenico, e sentivo la tua voce e ti vedevo. Ma era tutto troppo realistico. Mio dio, stavo impazzendo.”
  “Mi pare, sì…” Ride. Rido.
  “Dio, mi sento in paradiso adesso.” Gli lascio un bacio sul collo.
  “Ben tornato.” Sento la sua mano sulla schiena, mi stringe. “Buon compleanno, cucciolo.”
  Amo quando mi chiama cucciolo. “Grazie. Mi sento vecchio.” Scherzo. Potrei stare tra le sue braccia per sempre.
  “Ma non dirlo neanche per scherzo. Voglio vedere quando hai la mia età!” Ride.
  “Ma tu sei perfetto così come sei.” Mi scosto solo per vedere i suoi occhi. Sorrido, incantato.
  “Il vecchio ha una sorpresa per il tuo compleanno.” Mi sorride dolcemente.
  “Già saperti vivo mi basta.” Ed è vero. Mi basta per i prossimi dodici secoli.
  “Beh, se hai sognato la mia morte, mi hai allungato la vita. Devo ringraziarti. Indovina chi è andato da Guy chiedendogli di saltare le riprese per oggi?” Sfodera il suo miglior sorriso da bastardo.
  Ho già detto che lo amo? In effetti no. Lo amo. Salterei in piedi dalla felicità, se non stessi troppo bene nel calduccio del suo abbraccio. “Io non so come farei senza te. Davvero io- sei meraviglioso.”
  “Lo so.” Sorride e mi bacia.



  NdA^^
  Tanti auguri alla nostra piccola Judsie per i suoi trentotto anni! *saltella lanciando petali di rosa da una cesta*
  Avevo pensato di metterla come fiction di Natale, ma poi non ho più avuto il tempo di scriverla, e quindi siamo arrivati ad oggi.
  Spero che vi piaccia, cercare di immaginare i sentimenti di Jude alla notizia della morte del suo Robert - con successiva schizofrenia complusiva - è stato un calvario xD
  Ma devo dire che mi è piaciuto un sacco scriverla.
  Bene, adesso la smetto, vado a leggiucchiare qualcosa :P

  *pirulì pirulà*


   
 
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