A voi,
Che mi seguite sempre,
Questo è il mio augurio per un Felice Anno Nuovo.
Un passo indietro
Un passo indietro ed io già so
di avere torto e non ho più le parole
che muovano il sole
Ron si rigirò nel letto. Di nuovo.
Ormai si era rassegnato al
pensiero di non riuscire a prendere sonno.
Temeva la notte, lo
spaventava.
Era nelle ore di buio che
tutto il panico, tutta l’angoscia, tutta la frustrazione che provava,
riemergevano più forti e insistenti, pronti a stringergli lo stomaco in una
morsa insopportabile, a riempigli i polmoni, ad occupare ogni singolo spazio
nella sua testa.
Il pensiero di ciò che era
accaduto, di ciò che aveva fatto tornava ogni notte a fargli visita,
trasportando dietro di sé l’amaro e disgustoso sapore del senso di colpa.
- Lumos.
Bastò un piccolo movimento di
bacchetta per scacciare via parte di quei mostri notturni dalla sua mente. Una
piccola luce, per una piccola tregua.
Si mise a sedere sul letto, passandosi una mano tra i capelli, esasperato.
Il materasso morbido cigolò sotto il suo peso.
Quel lieve suono su sufficiente a fargli salire un brivido lungo la
schiena.
Gettò uno sguardo al letto, passando un dito sulle lenzuola candide e lisce
che Fleur aveva preparato per lui.
Ritirò in fretta la mano e con uno scatto si alzò in piedi, scottato,
guardando il giaciglio con orripilato disgusto.
Fino a qualche settimana prima non lo aveva neanche un letto.
“Ed Harry e Hermione non ce l’hanno neanche adesso…”
Di nuovo un senso di vertigine misto a panico vorticò febbrilmente nel suo
petto, esplodendo all’esterno in un gesto di incontenibile rabbia.
Rabbia verso se stesso.
Rabbia per ciò che aveva fatto.
Rabbia per ciò che aveva fatto a lei.
Si morse le labbra, scagliando un pugno contro il soffice materasso della
stanza degli ospiti di Villa Conchiglia. Il colpo fu forte, le reti del letto
vibrarono.
Ma a parte questo nulla.
Nessun dolore, nessun indolenzimento, nulla.
Ron avrebbe preferito farsi male, almeno il dolore avrebbe distolto la sua
mente da quell’immagine; persino il dolore avrebbe alleviato lo strazio che ciò
che quel ricordo creava in lui.
Con un ringhio disperato afferrò il cuscino soffice, rigirandoselo tra le
mani.
Neanche il cuscino aveva nulla di quei guanciali che avevano loro nella
tenda… quella specie di sacchetti bitorzoluti che sembravano contenere zolle di
terra piuttosto che piume.
Ron chiuse gli occhi; strinse le labbra talmente forte che, poco dopo,
percepì il sapore del sangue in bocca…
Con un sospiro lanciò il cuscino dall’altra parte della stanza, senza
curarsi di aver colpito una stampa dai colori chiari che oscillò lentamente, ma
rimase salda al suo posto.
“Persino lei è riuscita a resistere. Persino uno stupido foglio”.
Fece qualche passo verso la finestra e svogliatamente, spostò la tendina a
fiori.
Fuori si estendeva il buio in tutta la sua maestosità. Il mare era
indistinguibile… una macchia nera che avvolgeva tutto il resto.
Questo era diventata la sua vita: un’ incolmabile macchia nera… e lui ogni
giorno doveva combattere contro sé stesso per rimanere a galla e continuare a
respirare.
Spostò lo sguardo dal mare, per evitare di sprofondare nuovamente nell’angoscia
che gli attanagliava ogni pensiero, e si concentrò sul cielo.
Anche lui era scuro e nero… ma la luce delle stelle sembrava alleviarlo,
dando la sensazione che, dopotutto, ci fosse una via d’uscita dall’oscurità.
C’era una stella che brillava più delle altre.
Ron si soffermò a guardarla e per un momento, un misero momento, riuscì a
crogiolarsi nel pensiero che, magari, anche per lui c’era un modo per uscire da
quel buio…
Una luce che lo guidasse fuori dall’oscurità.
- Aiutami - disse serio, mentre gli occhi cominciavano a prudergli -
Aiutami.
Ma durò pochi secondi: in breve si ritrovò lì, in quella stanza.
Senza i suoi amici.
Senza di lei.
Lasciò ricadere la tendina, che svolazzò lentamente al suo posto.
Scoraggiato, si sedette ai piedi del letto, prendendo a giocherellare con
la bacchetta ancora illuminata.
Con il fascio di luce colpì la radiolina posata accanto al comodino e senza
pensarci troppo, allungò una mano per accenderla.
In un attimo, la stanzetta fu animata da voci allegre e gioviali che
auguravano a tutti un fortunato e felice anno nuovo, cantando e facendo battute
simpatiche.
Ron rimase sintonizzato su quella stazione per qualche minuto, accucciato
sul tappeto ispido della sua stanza, ascoltando le frasi spiritose di quegli
sconosciuti, senza trarne alcun piacere.
Rimase lì, adagiato su quel tappeto; l’unico movimento lo fece allungando
la mano per spegnere la radio.
Non meritava di festeggiare il nuovo anno.
Non meritava di dormire su un letto
Meritava solo il buio.
Un passo avanti e il cielo è
blu
e tutto il resto non pesa più
come queste tue parole che si muovono sole
Avvolta nella sua sciarpona scura, Hermione avvicinò le mani al fuoco per
scaldarle.
Harry era seduto accanto a lei e teneva stretta la sua tazza di thè,
catturando il tenue vapore sulle labbra.
Era il suo turno di controllo fuori dalla tenda, ma Harry aveva insisto per
rimanere fuori con lei, per farle compagnia.
Hermione aveva accettato, sorridendo arrendevole: l’aveva fatto più per
Harry che per sé stessa; sapeva che l’amico soffriva per la lontananza di… di
lui, e che vederla così afflitta lo faceva sentire più colpevole.
Sì, perché Hermione sapeva anche questo.
Sapeva che Harry si considerava il responsabile di ciò che era accaduto; di
tutte le lacrime che lei aveva versato nelle ultime settimane; del fatto che
Ron se ne fosse andato.
Hermione volse lo sguardo in alto, oltre le chiome degli alberi, per
evitare che altre lacrime superassero il confine. Tirò su con il naso, mentre
un sospiro si trasformava in una sfumata nuvoletta bianca.
Si guardò le mani, arrossate e intorpidite dal freddo; le mise in tasca,
sperando di alleviare quella sensazione spiacevole.
L’unico rumore era lo scoppiettio del fuoco ai suoi piedi, misto a quello
dei suoi pensieri.
Del suo pensiero; quell’unico pensiero che da giorni aveva una sola
direzione.
Una folata di vento la fece rabbrividire; Hermione non tentò neanche di dire a Harry di tornare
dentro, al caldo, perché sapeva che sarebbe stato inutile; aveva già tentato più
volte.
Volse lo sguardo verso di lui: Harry era seduto poco distante da lei,
completamente imbacuccato. I capelli erano più spettinati del solito e l’unica
parte visibile del suo corpo, oltre agli occhi verdi, era il naso ormai
arrossito dal freddo.
Provò un moto di affetto verso il suo miglior amico, che negli ultimi
giorni sembrava prodigarsi in tutti i modi per redimersi da una colpa
inesistente. Hermione avrebbe voluto fare qualcosa; avrebbe voluto liberarsi da
quell’aurea di apatia che aveva sostituito la disperazione iniziale, avrebbe
voluto trovare la forza per dire ad Harry che lui, in tutta quella storia, non
aveva alcuna colpa.
L’unica colpevole era lei.
Aveva sbagliato lei.
Aveva sbagliato, perché questa volta ci aveva creduto davvero.
Percepì una lacrima sfuggire al suo controllo, ma subito la sua mano scattò
a cancellarla, prima che Harry potesse vederla. Non voleva dargli ancora un
dispiacere.
Ma a distrarli entrambi fu un piccolo boato, proveniente da poco lontano…
entrambi, preoccupati volsero lo sguardo verso gli alberi scuri, immobili.
Harry aveva già impugnato la bacchetta di Hermione.
Ma prima che potessero preoccuparsi ulteriormente, sprazzi di luci colorate
fecero capolino tra le fronde semi spoglie.
Dopo un momento di iniziale spavento, Hermione sorrise: era bello vedere
che i Babbari, ignari di ciò che stava accadendo in un mondo a loro parallelo,
si dedicassero ancora a cose semplici e meravigliose come i fuochi pirotecnici.
- Deve essere l’anno nuovo - osservò Harry rilassandosi, la voce attenuata
dalla sciarpa che gli copriva la bocca.
- Già - rispose Hermione, continuando a guardare quei ghirigori di luce che
si stagliavano in lontananza.
A Hermione piacevano tanto i fuoco d’artificio, fin da quando era bambina.
Sapeva che anche Ron li adorava; si stupiva sempre di come i Babbani
fossero riusciti a creare dei “giochi” simili senza usare la magia…
Ma Ron non c’era, perché se ne era andato.
Non poteva sapere dove fosse… se stava bene.
Stavolta, Hermione lasciò le lacrime scivolargli sulle guance.
Sarebbe stato più facile fare finta di nulla che tentare di coprirle.
Tirò su con il naso, di nuovo, infilando il viso ancora di più nella
sciarpa. Percepì un movimento alla sua destra, segno che Harry si stava alzando
E infatti, poco dopo, lo sentì chinarsi su di lei e lasciarle un bacio
sulla fronte, un gesto che trasmetteva l’immenso affetto di un fratello.
- Non piangere - le disse, senza guardarla - E’ appena iniziato un nuovo
anno. Questo è il momento di esprimere un desiderio.
Hermione scrollò le spalle, ingoiando il magone che le si era bloccato in
gola - Buon anno nuovo, Harry - gli disse mentre lui, dopo averle stretto il
braccio, si dirigeva verso l’interno della tenda.
Un desiderio…
Un desiderio.
Hermione corrugò la fronte, sentendo un moto di stizza e rabbia farsi
strada dentro di lei.
Un desiderio.
C’erano tanti desideri utili che avrebbe potuto esprimere.
Erano nel bel mezzo di una guerra, santo cielo!
Avrebbe potuto utilizzare il suo desiderio per uno scopo più nobile, per
qualcosa che fosse importante per tutti.
E invece no.
Era costretta ad utilizzarlo per un motivo tutto suo.
Osservò il fuoco che continuava a scoppiettare, l’unica luce in quell’angolo
di buio, e si sentì un’egoista.
Un’egoista che stava per esprimere un desiderio che, se si fosse avverato,
avrebbe fatto felice lei e solo lei.
E questa cosa la faceva… incazzare, ecco, perché ancora una volta
era colpa di Ron.
Era sempre colpa di Ron.
Scosse la testa, distogliendo lo sguardo e puntandolo in alto, verso il
cielo, tentando di estraniarsi per un momento da quei pensieri, da quei
tormenti. Senza rendersene conto, si ritrovò a fissare una stella, una tra le
tante, più bella e luminosa.
Forse, tanto valeva esprimerlo quel desiderio.
Con un po’ d’impegno, sarebbe riuscita a sopportare anche il fardello dell’egoismo.
Un passo indietro ed ora tu,
tu non ridi più
e tra le mani aria stringi
e non trovi le parole
e ci riprovi ancora a muovermi il sole
Ancora un passo un altro ancora
- Dimmelo, Hermione! - sussurrò
quasi Ron, al limite dell’esasperazione - Dimmi cosa devo fare, qualsiasi cosa!
Hermione, dal basso della sua
postazione, continuò a non degnarlo della minima attenzione mentre, seria e
concentrata, sfogliava il dizionario di rune antiche alla ricerca del
significato di uno strano simbolo che aveva trovato sul libro lasciatole da
Silente.
- Hermione… - tentò
di nuovo Ron. Ma niente. Era la prima volta da quando era tornato, un paio di
giorni prima, che tentava di parlare davvero.
Harry era fuori a cercare
qualcosa di commestibile da mangiare, quindi era l’occasione migliore per
implorare pietà senza sembrare patetico agli occhi di troppa gente - Hermione
non credi che sia il caso di parlarne… ehm… civilmente?
Lo scatto repentino con cui
Hermione chiuse il dizionario gli fece comprendere che, nonostante l’impegnata
ricerca di parole che aveva messo in atto, probabilmente era andato a beccare l’unico
termine che non avrebbe mai dovuto pronunciare.
- E’ strano che tu voglia
parlare civilmente proprio ora, Ronald - disse ostile, continuando a non
guardarlo minimamente - Ci sono stati tanti altri momenti in cui avremmo dovuto
parlare civilmente - pronunciò di nuovo quell’espressione con isterico nervosismo - ma tu te ne sei fregato
altamente e… - si bloccò, alzando per la prima volta lo sguardo.
I suoi occhi incontrarono lo
sguardo colpevole e mortificato di Ron.
Sentiva che avrebbe dovuto
fare qualcosa, altrimenti… altrimenti avrebbe ceduto.
Velocemente, afferrò il
cappotto gettato su una poltrona poco distante e fece per infilarselo, sotto lo
sguardo confuso di Ron. Lo indossò alla meno peggio: si affrettò a chiudere i
bottoni, incurante del collo della giacca, mezzo alzato e mezzo abbassato.
- Che stai facendo? - le disse
Ron, andandole accanto, mentre si torturava le mani.
Hermione lo fulminò, ma non
disse nulla.
- Esci? - insistette lui.
Lei alzò gli occhi al cielo,
dandogli le spalle - Sto andando a fare il mio turno di ronda, Ron - si decise
a rispondere infine, mentre si avvolgeva malamente la sciarpa attorno al collo.
Doveva uscire di lì, subito.
A quelle parole Ron parve
illuminarsi - Ci… ci vado io! - disse all‘istante, guardandosi attorno nella
tenda alla ricerca del suo giaccone - Tu resta qui. Fuori è… è… freddo! Ti
sostituisco io.
Era già partito alla carica,
schizzando da una parte all’altra per recuperare i vari pezzi, ma Hermione,
dopo un secondo di piacevole sorpresa, lo bloccò con un gesto della mano - No,
Ron. La mia ronda la faccio io. L’ho sempre fatto e continuerò a farla - disse
con un tono che non ammetteva repliche, scostando il telo della tenda per
uscire.
Con un sospiro, Ron parve
espellere tutto l’entusiasmo che lo aveva risollevato fino a poco prima.
- Non vedo perché ora dovrebbe
essere diverso - concluse lei uscendo, un attimo prima che la voce le si
spezzasse completamente.
Si sedette sotto un albero,
facendo attenzione per evitare la rada neve che a sprazzi colorava la radura in
cui si erano fermati.
Era già buio, per cui la prima
cosa che fece fu accendere un fuoco, in modo che le fiamme azzurrine le
facessero compagnia.
- Per quanto hai intenzione di…
di trattarlo così? - disse una voce, improvvisamente.
Hermione si morse le labbra,
non avendo neanche bisogno di vedere chi fosse a parlare. Raccolse una
pietrolina da terra e cominciò a rigirarsela fra le dita.
- Non so di cosa parli e non
voglio neanche saperlo - si limitò a rispondere, lanciando uno sguardo tra gli
alberi, per controllare che fosse tutto tranquillo.
Per fingersi indifferente.
Hermione sentì l’altro
ridacchiare e un po’ della tensione si sciolse.
- Tanto lo perdonerai.
Sappiamo che lo perdonerai, Herm - disse lui, sorridendo, accompagnando le
parole allo scalpiccio dei suoi passi, diretti verso la tenda.
- Oh, sta’ zitto, Harry -
protestò lei.
Stava combattendo una guerra
con sé stessa… una guerra che avrebbe portato ad un esito che, in fondo, era già
scritto.
Era scritto da sempre.
Sospirò, alzando gli occhi
verso il cielo scuro.
Sorrise.
Aveva un debito con una stella.
Un
passo indietro ed io
Un passo avanti e tu
Un passo avanti e noi, noi, noi
Salve a tutti!
Ebbene gente, questa è
ufficialmente l’ultima storia del 2010.
Spero di essere riuscita a
chiudere quest’anno in modo soddisfacente!!
La canzone, che probabilmente
avrete riconosciuto è “Un passo indietro” dei Negramaro.
I personaggi, al solito, sono
di J.K. Rowling.
In questa storia ho cercato di
riportare i pensieri di Ron ed Hermione la notte di Capodanno, periodo durante
il quale lui era a Villa Conchiglia e lei nella tenda con Harry.
Ho giocato molto sul concetto
di luce- buio- stelle per riprendere il libro, considerando che Ron riesce a
trovare Hermione ed Harry proprio seguendo una luce.
L’ultima parte, quella in cui
i due si “ritrovano” è stata volutamente breve; questo perché mi piace essere
coerente con me stessa e con le mie storie: ho già scritto del loro chiarimento
vero e proprio (“Thè alla vaniglia” è la storia in questione); questo non è
altro che un primo tentativo di Ron di parlare, con scarsi risultati. Non era
mia intenzione riportare un vero e proprio chiarimento fra i due: sia perché di
quello ho già parlato, sia perché in questo caso ho immaginato una reazione più
a freddo.
Con questo credo di avervi
detto tutto… Non mi resta altro che farvi i miei migliori auguri per un felice
anno nuovo!
Che questo 2011
realizzi tutti i vostri desideri.
Love <3,
Titti