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Autore: GiuUnderground    30/12/2010    1 recensioni
Buio. Aria consumata. Freddo.
Elizabeth è in una situazione di impotenza totale.
E' sovrastata da chi è più forte di lei, anche se questo non la demoralizzerà e non la distoglierà dal suo obiettivo: quello di ottenere la libertà.
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Buio. Aria consumata. Freddo.

La stanza in cui si trovava Elizabeth era in questo stato pietoso da 7 anni.

La notte era già scesa da un pezzo quando lei si svegliò di colpo, reduce da un brutto incubo, quello che tormentava i suoi sogni da molti anni a questa parte. 

Si alzò, appoggiando la schiena a quello che doveva fungere da ringhiera del letto e cominciò ad osservare il luogo circostante. I suoi occhi erano abituati a scrutare ciò che la circondava senza neanche uno spiraglio di luce, perciò la sua vista si abituò in men che non si dica a quell’ambiente privo di luminosità.

Poteva vedere nitidamente l’armadio alla sua sinistra addossato al muro e i fogli che sopra vi sono attaccati. Accanto c’era una cesta per i panni sporchi e più in giù dei fogli di carta di giornali stesi per terra accuratamente. Nella parete opposta invece, c’era un secchio contenente dell’acqua la quale poi, veniva cambiata una volta ogni due giorni. Alla sua destra oltre a quest’oggetto non vi era altro.

Solo tanti quadri. Quadri che rappresentavano scene di vita cittadina e rurale, di divinità greche e indiane, di bambini, anziani, adulti e di animali esistenti e immaginari.

I dipinti rappresentavano per Elizabeth un fiore nel deserto. Come un raggio di sole che buca la folta coltre di nuvole in una giornata tempestosa. Erano qualcosa a cui aggrapparsi per sentire meno dolore, per evadere da quella asfissiante situazione. Il gioco preferito di Elizabeth fin da quando era bambina era quello di far finta di essere all’interno di uno di quei quadri e di assaporare ogni cosa di quell’ambiente puro, incontaminato dalla crudeltà e dalle atrocità di cui l’uomo è capace di macchiarsi.

Ma anche adesso che era cresciuta non aveva abbandonato questo gioco, per il semplice fatto che una persona non abbandona mai la speranza. Ogni singolo dipinto di quella stanza erano un pezzetto di lei.

Raccontavano la sua storia, di come lei si era evoluta ed era cambiata nel corso del tempo.

A volte quando si soffermava e ripensava a ciò lo definiva un po’ macabro e masochista, ma era il suo unico modo di lasciare quel luogo, o almeno mentalmente. A dire il vero Elizabeth escogitò nuovi sistemi per tenere a bada la paura e per evadere da questa situazione. Per esempio il canto.

Era dotata di una voce strabiliante, leggera, pura, una voce che per certi versi era ancora bianca.

Ma sarebbe cambiata nel giro di poco tempo, lasciandole una vocalità da soprano, acuta ed elegante come il cinguettare di un usignolo.  Adorava cantare, avrebbe voluto diventare una cantante da grande.

La intrigava il pensiero di vendere molti CD , di girare il mondo, di emozionare le persone.

Ecco soprattutto quest’ultima. Elizabeth voleva trovare un lavoro che le piaceva in modo da procurare un beneficio alle altre persone, di farle stare bene con se stesse e quindi di emozionarle.

Era cosciente del fatto che l’emozione è qualcosa che penetra sotto lo strato cutaneo delle persone non solamente con una buona canzone o con una voce maestosa, ma anche con tantissimi altri elementi.

Un dipinto può farci rimanere talmente estasiati che ci riesce quasi impossibile staccare gli occhi da esso.

Un libro per esserci talmente caro per la sua storia o per i suoi personaggi da farci provare sentimenti contrastanti. Una persona  può catturarci l’anima e non restituircela più.

Emozione. Per Elizabeth questa parola era connotata solamente da un significato positivo.

Una parola che potesse essere il contrario di questa pensava fosse impressione.

Questa per lei aveva solamente un valore dispregiativo.

Elizabeth rimase impressionata più volte nel corso della sua esistenza.  Le immagini che fu costretta a guardare non sarebbero svanite con tanta facilità.  Nonostante tutto, è sempre stata una ragazzina con una grande voglia di vivere, con una volontà indistruttibile, con una forza d’animo imbattibile.

Fu costretta a crescere in fretta, a perdere le gioie dell’infanzia e si avviava a perdere anche quelle dell’adolescenza.   Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di fuggire da quel luogo malsano e putrido.

Se non per quest’anno almeno per quando sarò vecchia e decrepita, osava ripetere tra sé e sé mentre giocherellava con i riccioli dei suoi capelli dorati.

Aveva ereditato dei capelli così belli e lucenti dalla nonna. Erano identici ai suoi. Erano il vanto di Elizabeth e lei ne andava molto fiera. La sua chioma dorata era offlimits per tutti. Quando ripensava alla nonna, ma anche ai suoi familiari e ai suoi amici le prendeva un forte bruciore di stomaco, dettato da un’inesorabile nostalgia.

Voleva ritornare tra le braccia della mamma e tra le coccole della nonna, con il cagnolino Lucky che le leccava tutto il viso. Voleva riassaporare il profumo del papà, tossire per il fumo proveniente dalle sigarette dello zio, discutere con la zia di trucco e cosmetici....

Knock! Knock! Qualcuno bussò alla porta e seppe esattamente di chi si trattava.

La persona dall’altra parte la spalancò senza che Elizabeth ebbe modo di replicare e si insinuò nella stanza come un serpente cauto ma velenosissimo e scattante al primo segno di precarietà.

“Buon anno nuovo mio cara”. La voce della donna era fluida e glaciale.

“Di’ un po’, tieni ancora il conto del tempo?”. Chiese sarcastica. Poi sogghignò.

Elizabeth era immobile e non rispose.

Ovvio pensò. 16 anni dalla mia nascita e 7 anni dal mio sequestro.

 

  
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