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Autore: Hyakkaryouran    30/12/2010    4 recensioni
雪月花 "Neve, luna e fiori".
Una ragazza esce dal Pozzo Mangia-ossa, 4 anni dopo la distruzione della Sfera
dei Quattro Spiriti.
Non ricorda nulla né del mondo che ha lasciato alle sue spalle né del mondo che
troverà una volta uscita dal pozzo. Con sé porta una spada dai poteri
misteriosi.
Intanto, un'aura demoniaca esplosa pochi giorni prima del suo arrivo, sembra
mettere in allerta Inuyasha e i suoi amici.
Non è l'unico: anche Sesshomaru, il Principe dei Demoni, si mette sulle tracce
di nuovi nemici, finendo per incrociare il suo cammino con quello di una ragazza
che non è nulla di ciò che sembra essere.
Tre oggetti magici, antichi rancori, vecchi e nuovi nemici, dipingono le linee
che ricreano storie mai raccontate e nuovi imprevedibili percorsi nei destini
dei protagonisti.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Un lupo, una casa, un demone serpente e una tomba vuota

 

Ayami si accorse che aprire gli occhi era molto più difficile di quanto sembrasse.

Sentiva un dolore fortissimo prenderle la testa ogni volta che cercava di muoverla e il dolore aumentava quando cercava di muovere le palpebre.

Doveva aver battuto la testa. Ma dove e quando?

Quelle domande la stupirono quasi più del dolore stesso.

Effettivamente non riusciva a immaginare come poteva essersi procurata quella botta, né poteva dire quando se la fosse fatta.

Improvvisamente, sentì la necessità di alzarsi e guardarsi intorno perché non aveva idea di dove si trovava, né del perché ci si trovasse.

Allungò le mani, accarezzando con i polpastrelli il terreno intorno a lei. Era fresco e umido, ricoperto d’erba.

Era all’aperto, dunque. Sopra e intorno a sé sentiva il sibilo del vento che accarezzava le fronde degli alberi, fresco, mentre i grilli cantavano. Era sera.

Mentre le sue dita proseguivano l’ispezione di ciò che la circondava, quelle della mano sinistra arrivarono a toccare qualcosa di solido. Era qualcosa avvolto in un tessuto.

L’altra mano, invece, si scontrò con del legno, del legno che si alzava verso l’alto, liscio, come un pannello che ricopriva qualcosa.

Ayami sospirò e decise che non le era proprio più possibile rimanere a terra senza fare nulla, così aprì lentamente gli occhi, mugolando di dolore e fissò il cielo indaco sopra di lei.

Non aveva mai visto così tante stelle risplendere nel cielo e ne rimase estasiata. Brillavano come miriadi di fuochi tremolanti, lasciandole una sensazione di pace e meraviglia nel cuore.

Accantonò quei pensieri e cominciò a tirarsi su, aiutandosi con le braccia e puntando i gomiti a terra. Con fatica, raggiunse la posizione seduta e appoggiò una spalla al legno umido accanto a lei.

Girò il viso lentamente per guardare cosa fosse e riconobbe un pozzo. Sospirò e guardò dall’altra parte, scrutando la vegetazione che s’infittiva sempre di più, scura e piena di ombre.

L’aria era pulita e fresca e non riusciva a percepire nessun odore che potesse aiutarla a capire dove si trovava.

Improvvisamente si ricordò dell’oggetto che aveva trovato accanto a sé. Lo afferrò cominciò a spogliarlo della tela che lo copriva, rivelando una katana dall’aspetto malconcio.

Ayami non aveva idea del perché fosse lì accanto a lei, ma non era l’unica domanda a cui non sapeva dare una risposta, così sospirò e strinse con entrambe le mani la katana, puntandola a terra e aiutandosi ad alzarsi con essa.

Quando si rimise in piedi, sentì il proprio corpo tremare e la testa pulsare con forza, come se volesse esplodere. Si appoggiò al pozzo e ci guardò dentro. Un nero abissale che sembrava non avere fine.

Rabbrividì e si girò, sedendosi sul bordo del pozzo e riprendendo a guardarsi intorno.

Non c’erano luci se non quelle che il cielo le stava fornendo e il sole era già tramontato, quando si era svegliata. Stava calando una tetra notte e lei non sapeva cosa fare, né dove andare.

Si passò una mano su un braccio nudo, infreddolita e decise che la cosa migliore da fare era rimanere dove si trovava, aspettando il mattino e la luce per cercare di ispezionare i dintorni.

Si lasciò scivolare con la schiena contro il pozzo, sedendosi sull’erba e distendendo le gambe. Appoggiò la punta della katana per e terra si appoggiò la spada contro la spalla.

Si augurò di addormentarsi il più in fretta possibile, prima di cominciare a far caso a ogni rumore che sentiva provenire dalla vegetazione circostante.

Chiuse gli occhi e sospirò di nuovo.

Fece solo in tempo a calmarsi un po’, quando avvertì un rumore secco provenire dal bosco davanti a lei. Cercò di convincersi che non era nulla di cui dovesse preoccuparsi, ma il rumore si ripeté un’altra volta, dandole l’impressione di farsi sempre più vicino.

Aprì gli occhi e guardò febbrilmente davanti a sé: niente. Non riusciva a vedere nulla.

Crack.

Era un rumore simile al legno che si spaccava, come se qualcuno calpestasse e spezzasse dei rami secchi, mentre camminava.

“C’è qualcuno?” domandò, titubante mentre piegava le gambe, stringendosi le ginocchia al petto.

Ovviamente non ebbe risposta, se non un altro rumore, sempre più vicino. Questa volta, però, riuscì a sentire anche un altro suono, simile al rumore di qualcuno che ansimava.

Ayami sentì il cuore schizzarle in gola dalla paura. Istintivamente, strinse con forza l’elsa della katana e rimase in attesa.

Sempre più vicino, sempre più forte, l’ansito si trasformò in un ringhio gutturale e dalla boscaglia uscì un grosso lupo dagli occhi gialli. I denti in mostra, la lingua a penzoloni.

Ayami deglutì piano, quasi sperasse che non muovendosi non l’avrebbe vista ma sapeva bene che non sarebbe bastato quello a tenerlo lontano.

Il lupo aveva il pelo irto sulla schiena e continuava a ringhiare, nonostante avesse deciso di fermarsi a una decina di metri da lei.

“Stai fermo lì, non ti avvicinare, ok?” mormorò mentre provava ad alzarsi. Forse era tardi per scappare, ma era sempre meglio lottare che lasciarsi mangiare senza provarci.

Il lupo ringhiò con più forza e lei si bloccò, non più seduta ma nemmeno totalmente in piedi.

Stava per alzarsi di più quando vide il lupo scagliarsi verso di lei.

Ayami riuscì solo a pensare che era finita, quando udì una voce urlare: “Kaze no Kizu!”.

Come se fosse stato di carta, vide il lupo venir scaraventato via da tre ondate di energia spaventosa.

Si accucciò a terra coprendosi il viso con le braccia. Cos’era quella forza sovraumana?

Pochi istanti dopo, due figure stavano in piedi davanti a lei. Scostò lentamente le braccia e risalì con lo sguardo fino ai loro volti: una ragazza e un ragazzo. Avevano degli strani abiti e brandivano rispettivamente un arco e una spada dalla lama enorme.

“Tsk, c’è mancato un pelo e l’avrebbe divorata in un solo boccone!” esordì lui, appoggiandosi la grossa spada su una spalla.

La ragazza davanti a lei si accucciò e le rivolse un sorriso.

“Stai bene? Sei ferita?” chiese gentilmente. Ayami la guardò a lungo, poi scosse la testa, negando.

Stava bene ma solo perché qualcuno aveva eliminato quel lupo in tempo, altrimenti, con tutta probabilità, non sarebbe stata in grado di rispondere a quella domanda.

“Cos’era quella cosa?” chiese, titubante.

“Quello? Diavolo, era un lupo, mi sembra che fosse evidente!” sbottò il ragazzo. Guardandolo, Ayami notò che aveva dei capelli incredibilmente chiari e lunghi e camminava scalzo. Una cosa singolare.

“Inuyasha, penso si stesse riferendo al Kaze no Kizu…” obbiettò la ragazza con una faccia sconsolata.

Inuyasha si accucciò e guardò Ayami negli occhi, con un ghigno orgoglioso.

“E’ stata la mia spada a emanare quel colpo!”

Ayami annuì, colpita e continuò a fissarlo.

“Dico male o quelle sono orecchie? Sono carine…” e fece per toccarle ma il ragazzo si allontanò di slancio, imbarazzato.

“Ehi, nessuno può toccare le mie orecchie, hai capito?!”
“Coraggio, - interruppe la ragazza con l’arco – non possiamo rimanere qui tutta la notte e poi ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare!” disse mettendosi in piedi e offrendo una mano amichevole ad Ayami.

Quest’ultima accettò e si tirò su in piedi, pulendosi i vestiti alla bene e meglio. Inuyasha notò subito la lunga spada che la ragazza teneva stretta in una mano, ma decise di aspettare prima di interrogarla a dovere sull’accaduto.

Le spiegarono che l’avrebbero portata al vicino villaggio e si presentarono a lei come Kagome e Inuyasha.

Una volta presentata a loro, Ayami si sentì subito a suo agio e li seguì senza esitazione, pur non sapendo dove l’avrebbero condotta.

Dopo un po’ di strada, intravidero delle luci di fuochi accesi e gliele indicarono come la casa dell’anziana Kaede, una sacerdotessa.

Qualche passo prima di entrare nella piccola casa di legno, una ragazzina sbucò fuori e sorrise nel vederli.

“Finalmente siete tornati, ci stavamo preoccupando!” esordì per poi restare a bocca aperta nel vedere con loro quella sconosciuta.

“Va dentro Rin e prepara un’altra ciotola di riso e zuppa!” disse Kagome e la ragazzina sparì dentro la piccola dimora.

Ayami strinse istintivamente entrambe le mani sulla spada e sospirò. Era spaesata, non conosceva il posto in cui si trovava e non sapeva cosa ci faceva, né se esisteva un luogo che conosceva, visto che non ricordava da dove veniva. Era una sensazione frustrante, soprattutto perché doveva per forza fidarsi di chi si trovava davanti, senza conoscere le loro reali intenzioni.

Kagome sembrò accorgersi del suo disagio e, poco prima di entrare in casa le sorrise amichevolmente, rassicurandola sulle loro buone intenzioni.

Una volta entrati, Ayami si tolse le scarpe e rimase in piedi all’ingresso, guardandosi intorno. La casa era davvero piccola, con un'unica stanza dove tutti si raccoglievano in centro, alla luce di alcune lanterne.

Kagome la incitò ad avvicinarsi a loro.

“Così, questa ragazza era al Pozzo Mangia-Ossa? Kagome, pensi che possa provenire dalla tua epoca?” domandò un’anziana donna con una benda sull’occhio. Era vestita proprio come Kagome, con un hakama rosso e un kosode bianco.

“Sì, senza dubbio, quella è una divisa scolastica di un liceo…” confermò Kagome, invitando Ayami a sedersi accanto a lei.

Ayami annuì e s’inginocchiò accanto a lei, appoggiando a terra la spada.

Kaede la adocchiò subito, emettendo un lungo mugolio contemplativo.

La giovane Rin, invece, non sembrava minimamente interessata alla sua spada, anzi, dopo aver offerto una ciotola di riso e una di zuppa alla nuova arrivata, cominciò subito a tartassarla di domande.

“Piacere, io sono Rin, e tu come ti chiami? Vieni anche tu dal posto da dove viene Kagome-chan? Come hai fatto a venire fin qui?” chiese con entusiasmo, impaziente di sentire le risposte.
Ayami aprì la bocca e rimase in silenzio a guardare la ragazzina e passò lo sguardo anche sugli altri che aspettavano le sue risposte.
“Mi chiamo Ayami… E sono mortificata, ma non sono in grado di rispondere a nessuna di queste domande perché non ricordo assolutamente nulla di ciò che è successo prima di svegliarmi qui, ai piedi di quel pozzo.” ammise con dell’imbarazzo e cominciò a mangiare il riso, tenendo basso il viso e lo sguardo.

Rimasero tutti in silenzio a guardarla: Kagome aveva un’espressione preoccupata e pensierosa; Kaede la scrutava con attenzione per cercare una qualsiasi traccia di forza spirituale o aura demoniaca; Rin sbatteva le palpebre ritmicamente e aveva una faccia decisamente stupita, mentre Inuyasha annuiva lentamente e storceva la bocca, irritato.

“Questo significa che non abbiamo la minima idea di quello che sta succedendo, dico bene? Tsk!” e prese in mano la sua ciotola del riso, cominciando a divorarla con gusto.

Kaede emise un altro lungo mugolio e si dedicò alla sua cena, seguita da Rin che cercava sempre di imitarla.

L’unica che sembrava non darsi pace era Kagome.

‘Forse è perché anch’io sono capitata in questo mondo come lei, che mi sento così in pensiero per la sua sorte?’ pensò.

In fondo, le sembrava che fosse ieri il giorno in cui era finita nell’epoca Sengoku ed era diventata la protettrice della Sfera dei Quattro Spiriti.

Mentre attraversava il tempo, cadendo in quel pozzo, non avrebbe mai immaginato le fatiche, le paure, i pericoli e le insidie che l’avrebbero aspettata. Era stata fortunata a trovare degli amici e delle persone su cui poter contare ma l’esperienza di Ayami poteva non avere un futuro altrettanto roseo.

Non sapeva per quale motivo e grazie a quale forza, il pozzo si fosse aperto ma sapeva che non si sarebbe data mai pace se fosse successo qualcosa a quella ragazza. L’avrebbe protetta e aiutata a scoprire tutte le risposte alle domande alle quali non era in grado di rispondere.

Era questo che i suoi amici avevano fatto con lei ed era il minimo che lei stessa avrebbe potuto fare.

“Kagome, mangia prima che si raffreddi e non ti preoccupare, penseremo a tutto domani, con calma.” Disse la vecchia Kaede, tenendo gli occhi chiusi.

“Mh.” Annuì la ragazza e prese a mangiare.

Ayami la guardò con la coda dell’occhio e sospirò silenziosamente, guardandosi nel riflesso della sua zuppa.

 

 

Quando si svegliò, nella tarda mattinata del giorno seguente al suo arrivo, Ayami si sentì molto più tranquilla e rilassata rispetto alla sera precedente.

Sapeva bene che era merito della gentilezza e dell’aiuto di chi l’aveva trovata e salvata, dandole un rifugio e offrendole aiuto. Anche se il sole sembrava già alto da un po’, decise di restare ancora sotto la leggera coperta che le avevano offerto e cominciò a ripensare a quello che era successo la notte appena passata, prima di addormentarsi.

Aveva dormito accanto a Kagome e Rin su dei futon srotolati. Avevano parlato un po’ prima di addormentarsi e Ayami aveva confermato, se pur a malincuore, di non ricordare nulla di quella che era stata la sua vita prima di quella sera.

Rin, allora, le aveva chiesto se sapeva che cos’aveva indosso e lei le aveva risposto che era una divisa scolastica, che sapeva cosa rappresentava e a cosa serviva ma non sapeva perché ne era a conoscenza.

Così, parlando piano per non farsi sentire dalla vecchia Kaede che stava applicando dei fuda attorno alla casa, Kagome le aveva spiegato che, probabilmente, aveva attraversato il tempo utilizzando un passaggio aperto nel pozzo e che proveniva dal futuro.

Ayami l’aveva guardata con faccia scettica ma Kagome aveva rincarato la dose confessandole di provenire lei stessa dal futuro e di essere finita nell’epoca Sengoku (l’epoca nella quale si trovavano in quel momento), grazie alla volontà di un oggetto dalla grande aura spirituale.

“Una magia, quindi?” le aveva chiesto Ayami e Kagome aveva annuito.
“Una specie.” cominciò, tirandosi su sui gomiti: “Ma diciamo più che era per l’energia spirituale e la volontà di quell’oggetto. Io penso che tu sia qui per lo stesso motivo e cioè perché la spada che hai portato con te dal tuo mondo, voleva tornare qui, nell’epoca Sengoku e voleva che ci venissi anche tu.”

Ayami e Rin ascoltarono attentamente Kagome, affascinate dalla sua deduzione.

“Quindi, tu pensi che sia la spada a essere legata in qualche modo a questo mondo, giusto?” le aveva chiesto Ayami, girandosi a pancia in giù e puntellando i gomiti al futon.

“Sì, ne sono quasi certa! E quando avremo scoperto quali sono i poteri e i natali di quella spada, sono sicura che troveremo altre risposte ai nostri interrogativi! Ora non ti preoccupare di nulla e rilassati, dormi bene e rimettiti in sesto! E’ questo l’importante, ora come ora!” la giovane sacerdotessa aveva fatto un bel sorriso incoraggiante, mentre sia Ayami sia Rin annuivano e si mettevano giù a dormire.

“Grazie, davvero.” aveva sussurrato prima di chiudere gli occhi.

Prima di addormentarsi, poté solo sentire la risposta di Inuyasha, accucciato per tutto il tempo all’entrata della casa:

“Tsk.”

 

Quando si sentì pronta, si alzò e sistemò il futon, arrotolandolo e riponendolo vicino agli altri.

Intravedeva la luce del sole entrare dalle fessure della tenda che copriva l’entrata ed ebbe subito voglia di uscire all’aperto.

Fece qualche passo verso la porta quando sentì il fruscio della tenda che si alzava e la figura di Rin che si affacciava dentro.

“Sei sveglia, finalmente!” esclamò allegra.

Ayami le sorrise e annuì.

“Sì, mi sono riposata per bene e adesso mi sento in forma! Dove sono gli altri?”

“Kagome-chan e Kaede-sama sono andate in un villaggio qui vicino per officiare alcuni riti! Inuyasha invece è rimasto qui a fare la guardia a te!”

Ayami si rabbuiò, ripensando all’atteggiamento contrariato che il ragazzo aveva tenuto con lei dal suo arrivo e si rabbuiò.

S’infilò le scarpe e uscì timidamente dalla casa, venendo colpita in viso dai raggi del sole.

“Torna dentro, non è ancora il caso che scorrazzi in giro da sola!” abbaiò Inuyasha, seduto al fianco della casa, all’ombra, con la schiena appoggiata al muro di legno.

Ayami si chiese come aveva fatto a vederla, dato che lei non aveva anche solo faticato a capire da dove provenisse la voce.

Si avvicinò e si accucciò vicino a lui, guardandolo. Inuyasha aprì un occhio e si allontanò un pelo, temendo che volesse di nuovo attentare alle sue orecchie.

“Non ti preoccupare, non intendo molestare le tue orecchie…” puntualizzò lei. Questo sembrò bastare al mezzo demone per abbassare la guardia.

“Senti, Inuyasha…” aveva cominciato Ayami, accucciandosi vicino a lui e guardandolo con profondo dispiacere: “Mi dispiace molto di non essere utile in alcun modo, a soddisfare le tue domande. Ho cercato di sforzarmi ma non riesco nemmeno a ricordare il mondo da cui Kagome è convinta che io venga…”

Inuyasha la guardò e si sentì leggermente in colpa.

“Ehi, non ti devi preoccupare, se non ricordi nulla, non c’è molto che tu possa fare. In effetti, è già di per sé sorprendente che tu abbia appreso la notizia di essere tornata indietro nel tempo con così tanta serenità! Ricordo che per Kagome fu un bel problema, all’inizio!”

Ayami sorrise e piegò un po’ a lato la testa.

“Deve essere perché, non ricordando nulla, non ho pregiudizi su quello che sta accadendo ora…”

Inuyasha annuì gravemente, chiudendo gli occhi.

“Beh, se è così, non voglio aspettare oltre: rispondimi, cosa credi che io sia?” la guardò con la coda dell’occhio.

Ayami sembrò rifletterci per un po’, poi indicò con l’indice le sue orecchie e le sue mani.

“Direi che sei umano, ma che ci sono delle cose nel tuo aspetto che non sono del tutto umane. Quelle splendide orecchiette morbide, per esempio…”

“Dannazione, questa cosa sta diventando sempre più strana, ma si può sapere che hanno le mie orecchie che ti attirano tanto?” il mezzo-demone arrossì e si mise accucciato.

“Sono carine e sembrano morbide! E’ normale che a una ragazza piacciano!” protestò Ayami.

Inuyasha si sollevò in piedi, con un pugno chiuso.

“Beh, non faccio di certo toccare le mie orecchie a tutti quelli che passano! Ci sono demoni che sono morti per molto meno, lo sai?!”
Ayami alzò lo sguardo su di lui.

“Quindi sei un demone?” chiese con curiosità.

Inuyasha sbatté le palpebre più volte.

“Un mezzo-demone, per essere sinceri.” come mai questo non la spaventava per niente?

“E quindi la tua spada, quella che hai usato ieri contro quel lupo, è una spada demoniaca?” Ayami si rimise in piedi e guardò l’elsa malconcia di Tessaiga. Sembrava una spada molto usata ma Inuyasha non sembrava avere molti anni più di lei. Forse i mezzo-demone vivevano una vita molto più lunga degli umani, pensò.

“Ne conosci di cose, per essere una che non ricorda neanche il posto da dove viene.”

“Kagome pensa che sia la spada che avevo con me quando mi avete trovato, ad aver manifestato la volontà di tornare in quest’epoca, perciò se ho capito bene i racconti che mi ha fatto sulla sua avventura, penso che quella spada possa avere qualche potere demoniaco o spirituale. Se tu sei un mezzo-demone, la tua spada sarà una spada per demoni, giusto?”

Inuyasha la guardò, abbastanza sorpreso dalla calma con cui aveva espresso un ragionamento che poco aveva a che fare con la vita che doveva aver vissuto fino al giorno prima. Quando era stato nel mondo di Kagome, aveva visto quanto poco veniva preso sul serio il mondo spirituale. Tutti erano troppo attenti a vivere in un mondo che limitava i pericoli, sempre pieni d’impegni e totalmente ignari delle presenze demoniache con cui si trovavano a vivere.

Anche nell’epoca Sengoku le persone comuni cercavano solo di vivere in pace la loro vita ma erano consapevoli che i demoni, gli spiriti e le divinità li stavano guardando.

Dal suo punto di vista, l’ingenuità di Ayami nell’apprendere l’esistenza di quel mondo che, per ovvie ragioni, doveva aver sempre ignorato quando era dall’altra parte del pozzo, lo insospettiva non poco.

Eppure indagare era difficile, dato che non sembrava mentire quando sosteneva di non ricordare nulla.

Inuyasha sospirò: non aveva ancora risposte ma voleva fidarsi del suo istinto. Voleva fidarsi di lei.

“In realtà, Tessaiga è una spada che solo un mezzo-demone può brandire. Era… Una delle zanne di mio padre, che fu un grande guerriero, nonché un demone completo.” Spiegò, appoggiando la mano sull’elsa di Tessaiga.

Appena la sfiorò, sentì la spada emettere dell’energia.

Ayami lo guardò, curiosa.

“Cosa succede?”

Inuyasha guardò la spada, che continuava a essere irrequieta.

“Non ne ho idea, qualche giorno prima di trovarti al pozzo, c’è stata una fortissima emanazione di aura demoniaca. Da allora, Tessaiga sembra essere irrequieta.”

Ayami scrutò negli occhi ambrati del mezzo-demone. Era preoccupato, era evidente e questo traspariva dal mondo ansioso in cui respirava e dalle occhiate che continuava a lanciare al sentiero che si allontanava dal villaggio.

Cercava di non darlo a vedere, ma era preoccupato e lei immaginò di sapere anche per chi lo fosse.

“Perché non la raggiungi? Da quello che ho sentito da Rin, non è molto distante il villaggio in cui si sono recate!” esordì con entusiasmo.

Inuyasha si sentì avvampare. La sua ansia era così palese da farsi scoprire perfino da una semi sconosciuta?

Abbassò lo sguardo e ghignò, spavaldo.

“Non ti preoccupare, Kagome sa cavarsela benissimo anche senza di me e poi sono soltanto andate a sposare una giovane coppia, non corrono rischi!”

“Lo dici ma sei comunque preoccupato…”

“Non sono preoccupato!”

“Lo sei.”

“Non è vero!”

“Sì che è vero.”

“Ti dico di no!”

“Allora sei un abile bugiardo, eh?”

“Non sto mentendo!!!”

“…”

“Va bene, sono preoccupato ma tu non dirglielo, quando torna, siamo intesi?” sbroccò, mentre Ayami sorrideva, vittoriosa.

“Va bene, sarà il nostro segreto!”

Rin comparve alle spalle di Ayami, incuriosita dalle urla di Inuyasha.

“Ehi, cosa state facendo voi due?” domandò mentre Inuyasha le andava in contro.

“Niente, niente! Vado a pescare del pesce per pranzo, voi entrate in casa e non muovetevi da lì!” e si allontanò, stizzito.

Rin sorrise, contenta e prese per mano Ayami, portandola dentro.

“Non devi preoccuparti per lui, ha un carattere difficile ma in realtà è buono come un dolce di riso!” commentò allegra la ragazzina mentre prendeva un pentolone di ferro più grande di lei.

Ayami lo prese per lei e le chiese come poteva aiutarla. Così, in due, accesero il braciere e misero a bollire il riso nell’acqua che Rin era andata a prendere nel pozzo del villaggio.

“Rin, tu quanti anni hai?” domandò curiosa Ayami mentre prendeva le ciotole per il pranzo.

Rin si fece pensierosa e dopo un attento calcolo mentale, le rispose.

“Ne ho 10! E tu, Ayami-chan?”

“Ne ho…” ma non finì la frase, bloccandosi completamente, come se qualcuno l’avesse congelata.

“Ayami-chan?” Rin si girò a guardarla, non avendo ricevuto risposta e la vide così, come pietrificata.

“Ayami-chan, cosa c’è?” cercò di scuoterla, ma la ragazza sembrava una statua. Rin si alzò in piedi e si guardò intorno, spaventata. Cosa stava succedendo?

Si mise davanti ad Ayami e la chiamò ripetutamente ma non ebbe risposta se non il movimento delle pupille della ragazza, che si spostarono come se volesse guardare alle sue spalle.

Rin sbirciò sopra la sua spalla e vide la spada bianca tremare, avvolta da un bagliore bluastro.

Decise di provare a fare qualcosa e corse verso la spada prendendola in mano e portandola alla ragazza.

Le tolse di mano la ciotola e le fece impugnare l’elsa.

Ayami, dopo pochi istanti, sembrò riprendere possesso di sé e riprese anche a respirare, a grandi boccate, mentre si girava verso la porta. Una figura si stagliava, alta e minacciosa.

Un mostro con la testa di serpente e una lunga lingua sibilante, in piedi come un cobra che stava per attaccare, le guardava con freddi occhi bianchi.

“Rin, stai indietro.” Ayami appoggiò le mani sulle spalle di Rin e la spinse piano contro l’angolo, mettendosi davanti a lei, guardando negli occhi il demone.

Dunque, quello era un demone. Era la prima volta che ne vedeva una ma non aveva dubbi sulla sua natura. Emanava un odore simile all’odore di qualcosa che stava marcendo e sentiva una strana forza provenire da lui. Non aveva idea di come le fosse possibile percepirla, ma sapeva che quell’aura era ostile e stava cercando lei.

Strinse con forza la spada che teneva davanti a sé con le mani alle due estremità, una sull’elsa, l’altra sul fodero.

Se è per la tua volontà che sono qui, allora fa qualcosa.’ pensò mentre sfoderava l’arma, rivelando una lama nera come il carbone.

Il demone spalancò le fauci e si lanciò contro di loro. Rin urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e Ayami chiuse gli occhi, tenendo la spada puntata contro il demone.

Ayami sentì un rumore sordo e aprì gli occhi, vedendo il demone respinto da quella che sembrava essere una barriera.

Il demone serpente, però, non si arrese e spalancando ancora di più le fauci, riprese a gettarsi contro la barriera, ripetutamente e con forza.

Ayami sentiva le mani tremare ogni volta che il demone si abbatteva su di loro. Cercava di farle lasciare la presa sulla spada, abbattendosi sulla barriera senza mai fermarsi e ci stava riuscendo. Ogni volta che la barriera la respingeva, il contraccolpo veniva incassato dalla spada e di, di conseguenza, da Ayami che la brandiva.

Rin si strinse a lei, impaurita e questo diede ad Ayami nuova forza, permettendole di rinsaldare la presa sulla spada. Doveva proteggere Rin ad ogni costo.

Nonostante s’imponesse di resistere, la barriera le si stava stringendo contro, diventando sempre più piccola. La forza della spada, da sola, non bastava a tenerlo lontano.

“Ayami-chan, il tuo braccio…!” pianse Rin, guardando un rivolo di sangue scendere lungo l’avambraccio della ragazza.

Non sarebbe resistita ancora per molto. Dovevano sperare che Inuyasha stesse tornando indietro o avesse avvertito l’odore del demone.

Il serpente si era stancato di sbattere la testa contro la barriera e aveva cominciato a schizzare veleno dai canini affilati. La barriera cominciò a fondere nei punti in cui il veleno la toccava.

Il demone serpente si alzò di nuovo e spalancò le fauci, scagliandosi contro la barriera ormai spezzata. Ayami e Rin chiusero gli occhi, aspettandosi il peggio, ma un bagliore di luce verde squarciò il demone, disintegrandolo in pochi istanti.

Quando Ayami guardò davanti a sé, incontrò due occhi d’oro colato a pochi centimetri dai suoi.

 

Inuyasha corse come il vento, più veloce che poté, tenendo le sacche piene di pesci legate in vita. Si era accorto di un odore intenso di demone solo mentre stava tornando indietro. Imprecò, mettendo subito mano a Tessaiga, non appena intravide la casa della vecchia Kaede.

C’era un odore strano, però.

“Ayami, Rin!” scostò la tenda e quando entrò nella casa, l’immagine che gli si palesò davanti, per poco non gli fece cadere a terra la spada.

Sesshomaru era accovacciato con un ginocchio a terra e si lasciava stringere al collo da Rin mentre Ayami lo guardava con riconoscenza.

“Se-Sesshomaru?” Inuyasha gli rivolse uno sguardo stupefatto mentre il fratellastro si separava da Rin per rinfoderare Bakusaiga.

“Dimmi, Inuyasha, da quando non sei in grado di percepire un odore tanto fetido come quello di un demone serpente?” domandò, sprezzante.

Rin gli scodinzolò intorno, saltellando contenta.

“Per fortuna che siete arrivato voi, Sesshomaru-sama! Io e Ayami non ce l’avremmo sicuramente fatta! Oh!” la ragazzina sembrò ricordarsi improvvisamente la ferita di Ayami e cercò subito qualcosa con cui fasciarle il braccio.

Sesshomaru spostò lo sguardo sulla ragazza che lo stava ancora fissando: teneva ancora in una mano la spada, mentre l’altro braccio era abbandonato al suo fianco, sanguinante.

Aveva cercato di proteggersi e difendere Rin ad ogni costo, perfino ferendosi.

Fu lui, quindi a guardarla negli occhi e ad annuire, con riconoscenza. Ayami si sentì arrossire abbassò lo sguardo su Rin, chinata accanto a lei e intenta a fasciarla.

Sesshomaru si alzò e si mosse verso Inuyasha.

“Dimmi che cosa sta succedendo.” gli ordinò, secco.

Inuyasha rimise Tessaiga nel fodero.

“Ieri abbiamo trovato quella ragazza, Ayami, accanto al Pozzo. Aveva con sé quella spada e viene dal futuro, come Kagome. Non so quanto questo possa centrare con l’esplosione di aura demoniaca di qualche giorno fa.” ammise, incrociando le braccia.

Sesshomaru scostò la tenda dell’ingresso e uscì. Inuyasha lo seguì fuori.

“Non m’interessa molto della ragazza ma se questo posto diventerà insicuro per Rin, la porterò via.” Dandogli le spalle, fece un balzo in cielo, levandosi in volo.

“Sesshomaru, aspetta!” urlò Inuyasha.

Sesshomaru voltò appena il viso per guardarlo.

“Hai sentito anche tu quell’odore, vero? Come di qualcosa di familiare! Che cos’era?”

Sesshomaru si voltò e continuò la sua salita nel cielo.

“Dannato…” sibilò Inuyasha e tornò in casa.

 

Quella sera, al suo ritorno, Kagome si fece raccontare tutto e rimproverò Inuyasha di non essere stato abbastanza attento ma si limitò, dato che era particolarmente turbato da quanto era successo.

 

Miyoga saltellò sulla spalla di Totosai, mentre si avvicinavano al luogo sacro. La tomba dove riposava il Grande Demone Cane.

“Totosai, hai avuto anche tu l’impressione che qualcosa sia cambiato?” chiese il demone pulce, scuotendo le piccole mani.

Il vecchio fabbro mugugnò. Sapeva bene dove voleva arrivare il discorso di Miyoga ma non voleva credere a quell’idea prima di avere le prove concrete.

Appena percepita quell’esplosione di energia demoniaca, Miyoga aveva lasciato Inuyasha e si era messo in cammino, saltando di animale in animale, fino a raggiungere Totosai, il suo vecchio amico.

Anche lui aveva capito chiaramente cos’era accaduto, riconoscendo a chi apparteneva quell’aura demoniaca ma non voleva crederci. Quella donna non poteva essere morta.

Così, si erano messi in viaggio e avevano raggiunto la tomba del loro defunto padrone, per constatare se quello che pensavano potesse essere vero, oppure no.

“Totosai, guarda!” saltellò indemoniato Miyoga.

Più avanti, nell’antro dove riposava l’enorme scheletro del loro padrone, non v’era più nulla, neanche la polvere.

“Per tutti i fulmini…” esclamò il fabbro che, per lo stupore non cadeva dalla groppa del suo mulo.

“Allora è proprio come pensavo, quella donna è morta! E’ una tragedia, una vera tragedia!” piagnucolò la vecchia pulce.

“Calmati, Miyoga, disperarsi non serve a nulla, anzi. Devi tornare da Inuyasha e spiegargli tutto, prima che si trovi coinvolto in qualcosa di più grande di lui.” detto questo, Totosai fece alzare in volo il suo mulo, verso casa.

   
 
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