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Autore: lauradumb    12/12/2005    5 recensioni
Harry James Potter, si sa, è sempre stato un tipo un po’ complessato e paranoico, uno di quelli insomma che vede complotti dietro ogni angolo… Harry/Draco – PG13 - Oneshot
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: LauraDumb

Beta: Sere

Rating: Pg-13

Pairing: HP/DM

Disclaimer: I personaggi, i luoghi e tutto quello che riguarda Harry Potter sono di proprietà di J. K. Rowling e delle varie case editrici che ne detengono i diritti: Salani, Warner Brothers, Scholastic, Bloomsbury e tutte le altre. La storia non è scritta a scopo di lucro.

 

Sommario: Harry James Potter, si sa, è sempre stato un tipo un po’ complessato e paranoico, uno di quelli insomma che vede complotti dietro ogni angolo… Harry/Draco – PG13 - Oneshot

 

Note dell’Autrice: questa one shot è stata scritta in risposta alla sfida lanciata da Arc-En-Ciel sul sito Nocturne Alley… La fic mi è uscita un po’ comica, spero non vi dispiaccia! Ringrazio Sere che ha betato ad una velocità impressionante! Pazzesco…

Infine, questo è il mio regalino prima di partire… A Lily, la mia futura moglie telematica!

 

 

 

 

La Sfida:

Una tempesta sorprende Harry e Draco nel mezzo di qualcosa, devono ripararsi assieme, Draco minaccia, Harry si intima di stare calmo. Quello che accade deve essere scoperto dal migliore amico di uno dei due [Blaise Zabini/Ron Weasley].

 

 

 

 

 

The Danger of Storm

 

 

“Razza di cretino, vuoi smetterla di agitarti?!”

 

La voce stridula di un Potter mezzo strozzato dal manico della Firebolt echeggiò negli spogliatoi, facendogli guadagnare l’ennesima gomitata stizzita del ragazzo che gli stava appiccicato contro.

Sbuffando sonoramente, Draco cercò di mantenere quel minimo di superiorità che contraddistingueva la gloriosa famiglia dei Malfoy e alzò un braccio, a fatica, a scansarsi il ciuffo di capelli biondi dagli occhi con fare principesco. Molto meno regale fu l’imprecazione che ne conseguì. Il braccio che aveva con tanto sforzo liberato dall’intrico di corpi, scope e pareti ora non voleva saperne di riuscire a tornare al suo posto, così che la scena vista da fuori era un vero spasso.

 

Il gufetto che saltellava contento sull’architrave sopra le loro teste, schiamazzando come un forsennato, sembrava divertirsi in una maniera spropositata a vedere Harry Potter e Draco Malfoy chiusi in un angustissimo sgabuzzino buio e anche piuttosto umido, con i rispettivi manici di scopa conficcati tra fianco e gola e i mantelli che stringevano nella maniera più impensabile (e soprattutto nelle zone meno gradevoli).

In quell’esatto istante, Draco Malfoy si trovava a non saper più dove appoggiare il braccio incriminato; per evitare di tenerlo sparato per aria e sentirsi molto simile a quella so-tutto-io della Granger scelse noncurante di appoggiarlo in testa al compagno di sventura, storcendo il naso.

Quell’ammasso di gatti morti che Potter si portava in testa da diciassette anni gli aveva sempre fatto un po’ impressione, ma inutile negare che quella zazzera lo faceva morire d’invidia. C’aveva provato anche una volta a trasformare i suoi vermiciattoli smorti e biondi in un qualcosa di più vivo e ondulato,  ma il risultato era stato davvero traumatico e troppo, troppo simile ad una parrucca bionda e boccolosa.

 

“Malfoy, ti sei rincretinito? ‘Che diavolo ridi adesso?”

 

Draco si accorse in quell’istante di avere un piccolo ghigno dipinto sulle labbra e lo cancellò con la stessa velocità con cui la McGranitt si trasformava in gatto.

 

“Pensavo, Potter, che avrei potuto sfruttare questa situazione molto meglio se tu non avessi avuto la brillante idea di ficcare il naso negli affari degli altri, pezzo d’idiota”

 

Harry si impose di stare calmo, ma era una lotta ardua, terribilmente ardua. La sua scopa lo stava quasi strozzando, quella di Malfoy gli si era conficcata nel ventre e il braccio di quel cretino gli pesava sulla testa. Cercò di scrollarselo di dosso con il solo risultato di incastrarsi ancora di più contro il corpo della Serpe e di far scivolare pericolosamente la Nimbus 2001 verso i gioielli di famiglia. Con un gemito di stizza e terrore puro (infondo, aveva intenzione di sfornare tanti piccoli Potter…) chiuse gli occhi nella penombra dello sgabuzzino, cercando di rimettere in ordine le idee. Il gufo, identificato da Harry poco prima come Leotordo, si era fermato sulla trave e li osservava curioso, emettendo uno strillo di tanto in tanto.

 

 

 

Harry James Potter, si sa, è sempre stato un tipo un po’ complessato e paranoico, uno di quelli insomma che vede complotti dietro ogni angolo, quasi al pari di quel pazzoide di Malocchio Moody. Come se non bastasse, mettete insieme una sfiga cronica, decine di obblighi, amici che muoiono e nemici che risorgono… Insomma, nella testa del bambino-che-è-sopravvissuto non c’è mai stato posto per quella sana pratica definita come sesso.

Anzi, a dirla tutta, se non si fosse dovuto scontrare involontariamente con le esperienze di Seamus nel bagno del terzo piano, bhè, forse sarebbe passato ancora molto tempo prima che uno come lui aprisse quei begli occhioni verdi alle gioie della vita.

 

Non è difficile capire come un innocente (anzi, terribilmente peccaminoso) bigliettino trovato per caso, potesse apparire a Potter come una minaccia al mondo magico. Chissà, forse davvero il piccolo ingenuo Grifondoro immaginava che Draco Malfoy avesse dato appuntamento a Voldemort in persona al campo di Quidditch, invece che ad una eccitatissima Morag McDougal. Fatto sta che qualche ora prima era sceso con la sua Firebolt fiammante al campo e aveva distrattamente preso a volteggiare attorno agli anelli, senza peraltro notare il grosso nuvolone nero che copriva ormai del tutto il lago.

 

Dal canto suo, Draco non l’aveva proprio visto e s’era limitato a dirigersi verso le tribune più basse, come faceva abitualmente con le sue… vittime? Si, diciamo vittime piuttosto accondiscendenti… Dicevo, s’era avviato verso le tribune con la sua Nimbus sulle spalle, occupato a pensare ad un posto che potesse riparare lui e la fortunata di turno dal temporale che imperversava ormai a poche decine di metri dal campo. Non era da lui rinunciare alla comodità della propria stanza per certe cose, ma doveva ammettere che la popolazione femminile Serpeverde non era delle più gradevoli e dovendo attingere belle gambe dalle altre Case, occorreva recuperare in fretta un posto di ripiego.

Il suo guardarsi attorno, del tutto atto alla ricerca sia della ragazza di turno, sia del posto migliore per scambiare con lei due ‘chiacchiere’, fu ovviamente interpretato in modo alquanto ambiguo da un Potter sempre più preoccupato, che svolazzava silenzioso sopra il campo, ad un’altezza considerevole.

D’improvviso un rombo nel cielo gli tolse l’elemento sorpresa: Draco aveva alzato gli occhi verso di lui proprio mentre la pioggia aveva preso a cadere, scrosciando. Harry fu costretto, suo malgrado, a scendere.

 

 

Il copione dei loro incontri, infondo, non variava mai. Draco iniziava ad insultare San Potter e dopo una decina di minuti, se qualcuno non interveniva fisicamente a dividerli, finivano o per schiantarsi a vicenda o per lasciarsi coinvolgere da quel passatempo in comune tra maghi e babbani, ovvero prendersi a pugni. Con Piton e compagnia lontani e del tutto soli in un campo di Quidditch, solo una pioggia torrenziale era riuscita a dividerli e a far loro scegliere di ripiegare negli spogliatoi.

 

In realtà la situazione non avrebbe dovuto degenerare ulteriormente. Insomma, quel posto era piuttosto grande e sufficientemente robusto da non rischiare di venir demolito da una furia cieca di schiantesimi e “varie ed eventuali”, come adorava dire Hermione in quell’ultimo mese, facendo una capa tanta all’intera Torre Grifondoro, signora Grassa inclusa, poveretta.

Il problema era che, dopo aver sbattuto in faccia al Bambino-che-sospettava-anche-dell’aria-che-respirava la sua prospettiva di un incontro sesso e fiamme tra le erbette del campo con la McDougal (e non quindi con Voldemort e compari), Draco non era più riuscito a liberarsi di Potter. Il Serpeverde non aveva dubbi: Morag non si sarebbe persa quell’occasione nemmeno se dal cielo fosse sceso il diluvio universale, con tanto di pioggia di fuoco e invasioni di cavallette. Per una sana scopata con Draco Malfoy avrebbe messo la firma all’inferno, senza dubbio alcuno, quindi da un momento all’altro si aspettava che la ragazza facesse capolino negli spogliatoi, con la divisa bagnata e appiccicata al corpo, cosa che di certo non gli sarebbe dispiaciuta.

 

Dal canto suo, Potter non era proprio così interessato a fare il guardone, anche se dovette ammettere con se stesso che la McDougal godesse di un fondoschiena particolarmente invitante. Ma l’idea di uscire da quello spogliatoio, già con un labbro mezzo gonfio (causa pugno), e scarpinare fino all’entrata del castello tra la pioggia incessante e i lampi e i tuoni e il freddo e… No, decisamente, preferiva fare il terzo incomodo.

Per un attimo gli passò pure per la testa di partecipare, per poi darsi del cretino da solo, ricordando che lui di esperienze… Zero. Ma l’amichetto là in basso purtroppo godeva di propria autonomia e certe sconcerie non riusciva a scansarle bene come avrebbe voluto. Fu la provvidenziale idea di trovarsi la sua nemesi nuda davanti che gli riportò la mente sulla terra ferma e gli fece assumere un’espressione schifata e perplessa.

Ad ogni modo, era deciso: lui non usciva con quella pioggia, nossignore. E non c’era la possibilità nemmeno minima che lui permettesse a Malfoy di fare i suoi comodi, ma proprio no. Se ne sarebbero stati lì, buoni buoni, senza nemmeno guardarsi fino alla fine del temporale, e poi chi s’è visto s’è visto. Potter, raggiunta questa consapevolezza, smise di guardare fuori dalla finestra dello spogliatoio che dava sul campo di Quidditch e si voltò per illustrare la questione a Malfoy, pronto a litigare a costo di averla vinta.

Ma già in quella prima fase, le cose non andarono proprio come il piccolo Grifone si era aspettato.

 

Draco Malfoy si stava spogliando.

 

Potter deglutì restando imbambolato a guardarlo sfilarsi i pantaloni e ripiegarli noncurante sulla panca di legno, dove già aveva sistemato il mantello.

 

Ok, ragioniamo. Un tipo come Malfoy è indubbiamente il classico ragazzo scopabile, di quelli da prendere e soffocare con la lingua; maschio o femmina che tu sia, a uno come lui non si resiste. Provaci, dimenati, strilla. Tanto poi ti ritrovi a sbavare, questo è un dato certo.

Immaginate però di essere per un istante Harry Potter, il salvatore del mondo, il bambino sopravvissuto. In sostanza, un diciassettenne complessato che ha scoperto le gioie del sesso fai-da-te meno di un anno prima, che non ha mai avuto contatti con altri esseri umani di sesso maschile se non nelle zuffe o nelle strette di mano. Un tipo che sceglie “umido” per definire il suo primo bacio. Ecco, ora che siete entrati nell’universo Potter, mettete a fuoco che quel ben di Dio che avete davanti è il vostro nemico, la persona che odiate di più appena dopo Piton e Voldemort.

 

Perfetto.

 

E ora cercate di spiegare a voi stessi, in modo coerente, il perché di quel rigonfiamento fulmineo nelle mutande!

 

 

Harry scelse di farsi quelle domande tornando a fissare il panorama grigiastro oltre il vetro, rimanendo ben appiccicato alla parete nel tentativo sia di nascondere quella strana piega nei pantaloni, sia di raffreddare i bollenti spiriti. Inghiottendo a fatica quella specie di palla di pelo che gli si era fermata in gola, riprese il controllo della situazione, infuriandosi con Malfoy per quella sua splendida, favolosa idea.

 

“Che diavolo fai?!” sbraitò guardando fuori dalla finestra, immobile appiccicato alla parete.

 

Draco alzò gli occhi dall’ultimo bottone della sua camicia, che rimase chiuso, e fissò la sagoma dell’altro appiccicato alla parete.

 

“Non si parla dando le spalle alla gente” sibilò il Serpeverde tornando a sbottonarsi la camicia e facendola scivolare sulle spalle. “E comunque, Potter, te lo rispiego. Devo fare sesso. Quindi, mi spoglio, mi pare chiaro no? E ora, anzi, potresti gentilmente levarti dalle palle?”

 

Potter sussultò. Per le occhiaie di Morgana, perché quella parete non era più fredda? Voleva voltarsi e riempirlo di pugni, ma aveva la netta sensazione che, se si fosse girato, la prima cosa a colpire Draco sarebbe stata ben altro che il suo pugno. Ringhiò contro se stesso, contro la parete, il temporale e soprattutto Malfoy. E per fortuna, l’incazzatura parve affievolire l’irrequietezza dei suoi gingilli. Tentò di voltarsi con noncuranza, coprendo casualmente la zona incriminata con un lembo del mantello. Tanto Malfoy era intento a ripiegare con cura la camicia sulla panca.

 

“Piove fuori, se non l’hai notato! Io da qui non me ne vado” borbottò incazzoso fissando un’interessantissima crepa sopra la porta d’entrata delle docce.

 

Malfoy gli piantò gli occhi addosso. “Oh si che te ne vai, e pure in fretta ti dico. Ho da fare e tu, guarda un po’, non sei invitato!”

 

Un lampo squarciò il cielo rischiarando la stanza di botto, dando filo da torcere alla smilza fiaccola che illuminava gli spogliatoi.

 

Harry fece un passo avanti, riportando lo sguardo sul biondo e obbligandosi a guardarlo dritto in faccia, ma dio se era dura non guardare quello stronzo con addosso solo i boxer! Potter si ripromise di star calmo… gli ritornò alla mente un programma che aveva visto una volta nella tv dei Dursley dove una donna che partoriva respirava a forza: uno, due, tre... Inspirare, espirare! Cercò di far lo stesso e vide l’altro inarcare un sopracciglio, perplesso.

 

“Cazzo fai Potter? Ti alleni per sconfiggere il Signore Oscuro a fiato?” lo canzonò lanciando un’occhiata fuori dalla finestra. “Comunque seriamente, fuori dalle scatole, Morag sarà qui tra poco e tu, tanto per chiarire, sei di troppo!”

 

“Ma chi vuoi che venga Malfoy? Sta venendo giù il diluvio là fuori! E rimettiti quei vestiti per carità, mi fai senso!”

 

Draco lo fissò in cagnesco e ribattè qualcosa che fu mangiato in parte dal rumore assordante di un tuono. “…nque conosco i miei polli Potter, e ti dico che non si fermano davanti alla pioggia”.

 

Harry fece per rispondere per le rime, ma stare lì a fissare un Draco mezzo nudo aveva ridato i suoi frutti e s’era dovuto voltare di nuovo verso la finestra e lì, nonostante lo sconforto di dover dar ragione a uno come Malfoy, aveva notato una figura incappucciata avanzare nella pioggia. Appena si fece più vicina, gli parve di riconoscere la sagoma della McDougal e deglutì.

 

 

 

°°°

 

 

Lì per lì, gli era parsa la soluzione migliore.

 

Adesso ripensandoci, afferrare i vestiti di Malfoy, tirargli il mantello sulle spalle, agguantare le scope e nascondere entrambi di getto dentro lo sgabuzzino non era decisamente la cosa migliore da fare. Soprattutto se lo sgabuzzino incriminato è umido e nella semi-oscurità, magari stretto stretto.

 

Provò per un attimo, appiccicato alla porta del ripostiglio con la scopa che gli pungeva il fianco, a chiedersi fulmineamente perché e l’unica motivazione accettabile che gli balenò in testa fu che farsi trovare nello spogliatoio con un Malfoy quasi nudo sarebbe stato un articolo da prima pagina nella Gazzetta, nonché motivo di vergogna perenne.

 

Malfoy era rimasto stranamente in silenzio, probabilmente preso alla sprovvista da quel comportamento assurdo. Si era ritrovato al buio, con il suo mantello in testa a scompigliargli la pettinatura impeccabile e le mani strette attorno al suo manico di scopa. E Potter tra i piedi. No, cancella, tra le gambe. Ecco spiegato il motivo di quel silenzio così poco Serpeverde: Potter era eccitato! Potter s’era appiccicato a quella parete poco prima per non farsi vedere! Potter non voleva andarsene perché lo voleva vedere nudo! Per Draco, fu un’illuminazione pari quasi alla scoperta del gel, e non è poco, ve lo assicuro.

 

Ad ogni modo, prima che potesse sfoderare le sue armi da conquistador, la porta dello spogliatoio si aprì e il Grifondoro istintivamente trattenne il fiato lanciando un’occhiataccia a Malfoy, dandosi immediatamente del cretino considerata l’oscurità nella quale versavano entrambi. Lo scrosciare della pioggia comunque avrebbe coperto ogni minimo rumore e quando la McDougal chiamò a gran voce il nome di Draco, a Potter parve che la ragazza si trovasse a mille miglia di distanza da loro.

Per sua sfortuna, però, la ragazza era lì, ben vicina, decisamente troppo vicina.

 

Dalla porta rimasta spalancata entrò sbatacchiando le ali un piccolo gufetto del tutto fradicio che si schiantò addosso alla parete di sinistra prima di riuscire ad aggrapparsi ad una trave malmessa. In quell’istante, tra i tuoni, la pioggia e la voce di Morag che chiamava il Serpeverde, Potter riuscì incredibilmente ad estraniarsi da ogni minima cosa, di botto chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito che parve per fortuna passare inosservato. La mano di Malfoy, che cercava in silenzio di sistemarsi il mantello sulle spalle, gli aveva sfiorato un fianco inavvertitamente e il moro si ritrovò d’incanto a veleggiare per i burrascosi mari dell’erezione fulminea.

 

Quello che lo riportò sulla terra ferma fu il continuo gracchiare di quel gufaccio maledetto che si era appostato sopra le loro teste e continuava a gocciolargli sui capelli. Alzando lo sguardo verso l’alto, riconobbe il gufo di Ron con una pergamena decisamente troppo grande e del tutto zuppa legata alla zampa destra, ma fu in quell’istante che i brividi lungo la schiena presero ad avere un significato piuttosto chiaro ed evidente: Leotordo aveva una lettera per lui, senza dubbio, e se ne stava a schiamazzare sopra lo sgabuzzino mentre la McDougal perlustrava gli spogliatoi alla ricerca del suo “passatempo preferito”… Era la fine, lo sapeva. L’avrebbero beccato così, con un erezione da paura e Draco Malfoy in boxer al suo fianco… E lui non avrebbe avuto modo di giustificarsi, di spiegare; avrebbe per l’ennesima volta divertito il mondo intero dalle pagine di Strega Moderna… Si augurò solo, a quel punto, che Morag non avesse una macchina fotografica a portata di mano. Nel frattempo, mentre i suoi ingranaggi prendevano a darsi per vinti, Malfoy rimaneva in silenzio. Se Potter avesse avuto solo un pizzico di accortezza, la cosa l’avrebbe preoccupato molto più di un gufo…

 

Morag McDougal spalancò l’ultima porta dei gabinetti degli spogliatoi prima di lasciarsi cadere sulla panca centrale, completamente zuppa e inviperita. Lanciò un grido isterico sfidando l’uccellaccio che si agitava a pochi metri da terra e fu tentata di lanciargli una bella maledizione senza perdono, quando, da buona Corvonero, mise in moto il cervello e realizzò che se un gufo stava lì, un motivo doveva pur esserci. E se aveva fatto i conti giusti, Draco Malfoy era lì dentro. E se si era nascosto, se non rispondeva, era lì con qualcuno. Anzi, qualcuna che non era lei. Si disse di restare calma, che non poteva essere gelosa di una semplice scopata, ma la cosa non la tranquillizzò a sufficienza. Fu tentata di andare a spalancare la porta dello sgabuzzino delle scope, ma a pochi passi si fermò, con lo sguardo che brillava di pura soddisfazione.

Estrasse la bacchetta, mormorò ben udibile un incantesimo sigillante e uscì sbattendo la porta.

 

 

Probabilmente fu il rumore sordo della serratura che si chiudeva, o il suono lontano del temporale che smetteva pian piano di imperversare. Fatto sta che l’incanto sparì e Draco Malfoy riprese a parlare, anzi, a sbraitare come non gli era mai successo prima. Tentarono addirittura di picchiarsi in quello spazio angusto, ma la cosa risultò impossibile, data anche la poca propensione di Potter a farsi toccare dall’altro, per evitare di dar man forte alla già precaria situazione dei paesi bassi.

Finirono per insultarsi pesantemente per almeno dieci minuti, tra gli strepiti del gufo e lo sbatacchiare dei manici di scopa addosso alla porta e alle pareti. Finalmente, quando smisero di agitarsi e si ritrovarono letteralmente avvinghiati, decisero che fosse arrivato il momento di stare un po’ zitti…

In quella posizione, assurda, Draco aveva l’altro esattamente fra le braccia con solo quel misero manico di Firebolt che li divideva. Nell’oscurità, ghignò impercettibilmente sentendo l’altro trattenere il fiato e appiattirsi contro la porta. Sollevò a fatica il braccio di qualche centimetro per sfiorargli un fianco, considerandolo come un assaggio di quel che avrebbe potuto fare, ma Potter gli scombinò, come sempre, i piani. Il Grifondoro si sbilanciò di colpo in avanti, finendogli addosso dopo appena mezzo secondo tanto erano vicini e scansando con un ruggito sommesso la scopa, diventata mai come allora, di troppo. Gli si avventò contro con la foga di un caimano impazzito e la stessa esperienza di un bambino di sei anni. Finì per scontrarsi con i denti del Serpeverde e procurasi un taglio su labbro. L’altro, probabilmente, si era morso la lingua per causa sua, data la notevole imprecazione che ne seguì.

 

“Pezzo d’idiota, che cazzo fai?” borbottò, non del tutto contento del tono compiaciuto che gli era uscito e osservando l’ombra dell’altro ritrarsi e passarsi una mano sulla bocca.

 

Sbuffò scuotendo il capo, gli afferrò un fianco e se lo tirò contro, leccandogli le labbra perfino troppo premurosamente e infilandogli poco dopo, senza incontrare la minima resistenza,  la lingua in gola.

 

La Firebolt rimase appoggiata malamente alla parete.

 

 

 

°°°

 

 

Adesso che la pioggia non cadeva più e gli spogliatoi rimanevano sufficientemente silenziosi, i rumori che provenivano da quello sgabuzzino erano decisamente troppo evidenti, anche per uno come Weasley. Con un paio di stivali giallo ocra alti al ginocchio e una divisa cerata rosso fuoco aveva raggiunto gli spogliatoi dopo aver perlustrato ogni angolo del castello alla ricerca di Harry. Si era dato dell’idiota per non aver pensato subito alla Mappa del Malandrino, ma ora… aveva abbandonato l’idea che Malfoy e il suo amico si stessero picchiando. A meno che gemere in quel modo e sbatacchiare qualcosa – dio solo sa cosa, o chi – addosso alla porta dello sgabuzzino non fosse considerato un nuovo modo per fare a pugni…

 

Leotordo planò sulla sua spalla mentre Lenticchia si sedeva sulla panca, le mani pressate sulle orecchie e la testa che ballonzolava a destra e a sinistra, ad aspettare che quei due uscissero di lì… Cosa che non accadde. Provò a pensare a qualsiasi cosa potesse distrarlo. Gli venne in mente la lezione di pozioni, ma poco dopo il Piton nella sua testa smise di elencare gli ingredienti della pozione Soporifera e iniziò a gemere con gli occhi chiusi, passandosi una mano sul petto. Weasley si alzò di scatto, ritappandosi le orecchie e diede un colpo con la fronte alla parete di pietra. Pensò al Quidditch, a quanto gli piaceva volare, fare il portiere… Ma ben presto una Firebolt dentro la sua testa con sopra Harry e Malfoy nudi si lanciò verso di lui a tutta birra… Immaginare di essere a Hogsmeade fu il tocco finale. Dopo la scena che si presentò davanti ai suoi occhi non sarebbe mai più riuscito a mangiare un lecca lecca di Mielandia in santa pace, come minimo.

 

 

Lo trovarono circa mezz’ora più tardi.

 

 

“Madama, ha idea di cosa gli sia successo?” chiese un Harry Potter preoccupato, ringraziando il cielo che le sedie dell’infermeria fossero piacevolmente imbottite.

 

Madama Chips guardò Weasley steso sul letto. “Temo si sia schiantato da solo, signor Potter. Chissà poi perché l’ha fatto…”

 

 

Fine

  
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