A
Francesca...
non è
un granché, ma spero ti piaccia.
“Le
era sempre piaciuto raccontare delle storie.
Fin
da bambina aveva inventato per sé e per gli altri gli scenari più
inimmaginabili, le avventure più mozzafiato, gli alter-ego più fantasiosi.
E
le era sempre piaciuto studiare.
Era
a scuola che aveva imparato a scrivere, e quindi a poter annotare su carta
tutto il lavoro della sua immaginazione, in modo da non perderlo più. Sempre a
scuola aveva imparato la geografia e la storia, e da principesse che vivevano
nei castelli incantati, le protagoniste delle avventure che creava si erano
trasformate in giovani fanciulle coraggiose alle prese con i signorotti di ogni
tempo e luogo esistente sulla terra. Aveva riempito quaderni interi con le
parole che continuavano a fluire nella sua mente in ogni momento.
Aveva
continuato anche da grande, quando per andare a scuola saliva sull’autobus
tutte le mattine. Si sentiva fortunata, perché salendo quasi al capolinea
trovava sempre posto a sedere. Si divertiva a tirare fuori il taccuino e ad
inventare situazioni ed eventi che potessero collimare con le espressioni più o
meno felici dei suoi compagni di viaggio.
C’era
il signore con i baffi, quello che saliva alla fermata dopo la sua, portava
sempre un paio di jeans sporchi di vernice e gesso, e che con molta probabilità
faceva l’imbianchino. Una mattina aveva un grande sorriso dipinto sul volto, ed
immaginò che avesse ricevuto una buona notizia. Quale poteva essere? Una
promozione, forse? No, era troppo radioso, perché avesse a che fare solo con il
lavoro, era felice come se qualcosa stesse per cambiare la sua vita. Ecco, c’era
arrivata. Avrebbe avuto un figlio.
Era
un gioco, per lei, un gioco che le piaceva, ed era diventata anche piuttosto
brava a capire le persone. Le era dispiaciuto finire il liceo anche perché
avrebbe dovuto lasciare il suo autobus.
Ma,
come per ogni cosa che aveva fatto nella sua vita, si disse che sarebbe stata una
nuova avventura. Avrebbe conosciuto nuove persone, ci sarebbero state nuove
storie da raccontare e da vivere…”
Solleva
per un attimo gli occhi dallo schermo del computer. Dietro al piccolo portatile
che tiene sulle gambe, e che raccoglie tutte le sue fantasie di adulta, le
sorridono due sguardi divertiti.
«Ero
di nuovo persa nel mio mondo?» chiede, togliendosi gli occhiali e poggiando il
portatile sul tavolinetto da caffè di fronte al divano.
«Un
po’» mormora lui, muovendosi verso di lei e passandole il loro piccolo
orgoglio.
Mentre
li stringe entrambi tra le braccia, pensa che per quanto possa continuare ad
inventare, non c’è niente che possa eguagliare quel momento.
E’
quella la storia più importante che abbia mai scritto.