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Autore: purepura    01/01/2011    1 recensioni
I piccoli pugni si aprono e si chiudono mentre mi raggiunge, quasi voglia salutarmi. Lo abbraccio, forte, mentre alza la testa, ride gorgogliando, e si lascia baciare il mento.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Equinozio di primavera








    Svegliarmi la mattina, lenta lenta. Al caldo, tra la luce.
    Se solo ci ripenso, il freddo e la neve dell’inverno mi mancano un po’. Ma i fiori colorati, che fioriscono e si aprono, le margherite bianche che ricoprono il mio prato, sono alcune delle cose per cui la primavera viene sempre attesa, da me come dalla mia famiglia, con trepidazione.
    Questa mattina, puntuale, la primavera sboccia.
    Tiro indietro le coperte, gli occhi già alla finestra dalle tendine tirate, e ammiro il Sole. Che illumina ogni cosa.
    Sorrido. Non posso farne a meno.
    Quando ero più piccola, non amavo particolarmente la primavera. Non che, come oggi, ci fossero ancora le mezze stagioni, ma un sentore di primavera c’è sempre stato nell’aria. Un odore nuovo, un po’ di Sole. Le giornate sempre più luminose.
    Da piccola amavo l’inverno, con la neve e la cioccolata calda. Con papà e mamma e i loro pigiami caldi. Con l’influenza, in un certo qual modo, e le coccole che ne conseguivano. Con i mille film che noleggiavano per distrarmi quando stavo male grazie ai quali ho sviluppato una passione per il cinema e i film indescrivibile.
    Ora che ho quasi diciotto anni, però, ho imparato ad apprezzare i fiori. E il verde. Ho imparato ad amare il Sole.
    Legandomi in fretta i capelli, mi metto seduta sul bordo del letto. Infilo le ciabatte, la vestaglia, e mi volto indietro.
    Il letto di mia sorella è vuoto. Forse è già fuori, stravaccata sulle piastrelle di cemento in un punto del giardino (perché nonostante il cemento, è veramente un giardino) che io non vedo dalla nostra finestra. O magari è in cucina a farsi un caffè.
    In ogni caso, tanto vale andare a scoprire dove si è cacciato il resto della famiglia.
    Così mi dirigo per il corridoio buio, senza finestre. Passo dal salotto e arrivo in cucina. È vuota, con solo il seggiolino a dimostrazione che il tempo è passato. Per tutti. E anche per la mia famiglia, che ora è divisa. Distrutta, forse. Non ne sono sicura, perché se ora non fosse tale, Ale non sarebbe qui, a farmi ridere. A ricordarmi, nei giorni d’inverno più cupi, perché esisto. A farmi venir voglia di maternità.
    «Arianna! Siamo qui fuori, dormigliona!»
    Questa è mia sorella, Paola, che sento ridere.
    Scendo le corte scale e mi infilo le scarpe. So dove sono. Devono essere tutti dietro la casa, nella parte del giardino dove veramente c’è un po’ d’erba. Poca, davvero minima, e trecentosessanta giorni l’anno è sporca: ho due cani che sono peggio dei bambini. Ma per cinque giorni l’anno, nei primi e ultimi tre anni della nostra venuta qui, il prato è tagliato e pulito. Non che ci serva granché, ma negli ultimi giorni Ale ci gattonava spesso.
    «Posso chiudere la porta?» chiedo.
    «Sì sì. Vieni pure, Aria!»
    Questa è Emma, Emma Righini, conosciuta quattro anni fa e non propriamente apprezzata. Da chi non importa.
    Mi dirigo a passo calmo verso il cancellino, che impedisce ai cani di sporcare il vialetto cementato davanti casa. Osservo ogni cosa, dai colori agli uccelli che cantano. Al sole che, tiepido, mi riscalda il volto e gli occhi chiari.
    Sono seduti, Emma per terra e babbo sul muretto. Paola è accoccolata su una sedia, ed osserva Ale giocare con un trenino, di quelli con le rotelline.
    Mi avvicino a papà e gli auguro buon giorno con un bacio. Solo uno, ma tanto caldo. Saluto Emma con la mano e poi mi siedo davanti a Paola, sotto la sua sedia.
    «Buongiorno Ale!» saluto, forte.
    Il bimbo alza la testa e mi sorride. Nato trecentosessantanove giorni fa, è sempre più bello. Anche e soprattutto ora, ora che il sole lo illumina. Quando arrivò la primavera, l’anno scorso, era appena appena nato. Era nato da quattro giorni. Non posso pretendere di ricordarmi o di aver mai visto come il Sole gli faceva risaltare gli occhi blu. Come quelli di papà. Come i miei. Il Sole li rende ancora più chiari, quasi celesti, quando normalmente sono blu fiordaliso.
    Persa tra il blu, non noto subito quello che accade.
    Lo noto solo quando non sento più le ruote del trenino sfregare.
    Così alzo gli occhi e fisso il bambino. È in piedi, le braccia aperte come un equilibrista. E un passo dopo l’altro, viene da me. Sta venendo da me. Sta camminando.
    Quando questa mattina mi ero alzata, non avevo immaginato nulla. Sapevo solo che era primavera, che c’era il sole, che i giorni passavano e che si avvicinava l’estate e con lei il mio compleanno.
    Ma ora, ora che sono qui, immobile, mentre il silenzio ci avvolge tutti, mi sento bene. Splendida. E ripagata. Ripagata della pazienza e, meschinamente quasi, di tutte le volte in cui l’ho calmato, solo io, cullandolo e capendolo, piccino bisognoso della mamma.
    «Dada»
    I piccoli pugni si aprono e si chiudono mentre mi raggiunge, quasi voglia salutarmi. Lo abbraccio, forte, mentre alza la testa, ride gorgogliando, e si lascia baciare il mento.
    È il mio bimbo paffuto, il mio bimbo che, tra gli applausi generali e gli urletti eccitati di Emma, non è di Maria Rosa, la mia mamma, ma è mio, e sarà il mio sangue e la mia vita e la mia anima. Come Paola, sarà colui che non potrà mai allontanarsi da me, in simbiosi con la vita da fratello. E quando anche lui crescerà abbastanza, quando gli racconterò verso chi sono stati i suoi primi passi, quando gli racconterò che solo io dopo la madre e il padre riuscivo a calmarlo, potremmo, noi tre, definirci ancora più noi stessi e simili.

    Non finirà mai, l’amore. Se, per sempre, ogni volta che tu ti dimenticherai che è così, ci sarà qualcuno che ti ricordi perché vivere e ridere e amare. E se questo qualcuno, ancora meglio, lo fa inconsapevolmente, soltanto esistendo e ridendo, puoi star certo che questo qualcuno è diventato e rimarrà l’Amore. Che ti darà amore.

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Tutto ciò che avete letto corrisponde solo alla mia immaginazione e non a fatti reali. Così come i luoghi, i nomi e i cognomi non corrispondo a persone e posti realmente esistenti.
Infatti, il mio bel fratellino ancora non cammina e io non ho un giardino così gigantesco a casa.
Avevo bisogno di scrivere questa one-shot, perché ho una gran paura. Paura che la madre non lo riporti più da me. È andata a salutare i genitori in Romania e quando sto così lontana da mio fratello mi agito.
Bé, detto questo vi saluto. E siccome il primo dell’anno non è ancora finito, buon anno nuovo, che possa portarvi tutto ciò che avete desiderato. E a me, che mi possa riportare il fratellino, che spero non inizi a camminare in mia assenza.
E inoltre sì, mi rendo conto che la primavera è ancora lontana. Ma non dispero, arriverà anche lei!^^
Vi saluto.
  
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