89-61= 28, ma senza di lui è ∞
Ventotto anni sono lunghi da
sopportare, anche se sei una nazione, anche se sei, “immortale” come il popolo
che rappresenti. Ma io avevo atteso, in quei ventotto anni.
I
bambini diventano adulti, gli adulti invecchiano, gli anziani muoiono, o
diventano ancora più vecchi.
Nel ’61 accadde una cosa che
provocò una grande ferita dentro di me.
Fui
separato da mio fratello da un muro.
Inutili le grida, inutile il mio
tentativo di corrergli dietro, di poterlo abbracciare e riportare con me... Lui
andava avanti, portato via da una presenza oscura, e non si voltò neanche a
guardarmi, anzi, come se avesse voluto cancellarmi dalla sua memoria andava
avanti. La sua schiena longilinea, e i suoi capelli bianchi come la neve mi si
impressero nella memoria, e popolarono molte volte i miei incubi.
Quei
ventotto anni furono per me un trascinarsi nella quotidianità, un uscire dalla
guerra, anche se era finita da tanto tempo.
≪Gilbert, Gilbert!≫
≪Non senti la sua
voce, Prussija, non vorresti andare
da lui?≫.
≪Certo che vorrei
farlo.≫.
≪E allora perché non
lo fai?≫.
Gli occhi rubino di Gilbert ammiccarono verso quelli ametista di Russia. ≪ Non desidero
mettermi ancora di più nei guai con te, Russland...
So che ne approfitteresti.≫.
Lo superò, notando la sua espressione delusa. ≪Sei troppo prevedibile...≫
Ma il rubinetto sulle gambe non
era prevedibile, il freddo della steppa non era prevedibile, quella prigione di
ghiaccio, la vodka da servire, il sorriso agghiacciante di Russia quando...
“facevo” qualcosa di sbagliato... Russia sarebbe anche stato prevedibile, ma
quello che lo circondava, non lo era per niente.
Il tempo smise di trascorrere...
scandito unicamente dalla voce di Russia.
≪Lituania! Si è
rotto di nuovo!≫
Il bello delle cose brutte è che,
prima o poi, hanno una fine. Forse in questo caso fu più “poi” che “prima”, ma
quando vidi, pietra dopo pietra, quel muro crollare, il mio cuore si alleggerì,
perché sapevo che potevo rivederlo. Noi nazioni conosciamo pochi confini, non
siamo come le persone vere, ma in quel caso, era molto diverso. Dove il nostro
popolo era diviso, eravamo divisi anche noi.
Quando la breccia fu abbastanza
grande, mi precipitai subito oltre, superando gli amici che si abbracciavano,
alla ricerca di braccia speciali e di quella voce speciale che mi avrebbe detto
≪ West, sei sempre
il solito≫.
Quando lo trovai, non potei non
inginocchiarmi. Ma non perché era una figura... divina, per me, ma perché era
steso a terra come un tappeto.
La candida testa, anche se piena
di rivoli scarlatti che non mi ricordavo, era riversa, con gli occhi... un
occhio, che guardava verso il soffitto. La pelle, quella che potevo vedere
attraverso gli abiti strappati, era sporca di lividi e ferite...
Non
era così che dovevano restituirmi mio fratello...
Lo sentii muoversi, guardare
verso di me e accennare un sorriso.
≪West... stai
piangendo? Sei sempre il solito...≫
Ventotto
anni sono lunghi. Posso corrispondere alla vita intera di una persona. Ma senza
tuo fratello, possono essere infiniti.
Storia scritta perché mi andava
di scrivere su questa cosa... Colpa di “You” e delle canzoni sceme che fanno
piangere... è la prima volta che scrivo in prima persona, almeno, con il punto
di vista dei tedeschi... Che altro dire... La Prussia è morta? Non si sa...