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Autore: Free air    03/01/2011    0 recensioni
"Lei era qualcosa di strano. Era certo di non vederla per la prima volta, seppure la poca luce nel locale, le due birre e la stanchezza potevano averlo indotto a pensieri errati. Eppure, quel sorriso sembrava familiare; quello sguardo, divertito e sereno, conosciuto, come quando sai di aver già visto un attore, ma proprio non ricordi chi sia."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FINALLY

La strada era buia e deserta, fatta eccezione per un paio di gatti infreddoliti che si rincorrevano nell’ombra. Nell’aria aleggiava il profumo di una stagione finita, e lo stesso odore lo portavano le finestre chiuse e gli alberi che iniziavano a piangere le loro foglie.

Camminava piano, prendendo a calci, di tanto in tanto, un sassolino, per poi seguirlo e spedirlo ancora più lontano. Saliva un vento leggero che gli scompigliava i capelli corti, corti da poco tempo, e che non riusciva a smettere di toccarsi continuamente con una mano. Si specchiava anche in ogni auto: vecchia abitudine che non aveva mai perso, nonostante ogni volta si trovasse più sbagliato della precedente.

Il pub era una semplice insegna, da quel punto. Un’insegna vistosa e accattivante, non di quelle squallide al neon. Un insegna che prometteva birra e oblio e qualche bella ragazza. Decise che ci sarebbe entrato.

Lei era qualcosa di strano. Era certo di non vederla per la prima volta, seppure la poca luce nel locale, le due birre e la stanchezza potevano averlo indotto a pensieri errati. Eppure, quel sorriso sembrava familiare; quello sguardo, divertito e sereno, conosciuto, come quando sai di aver già visto un attore, ma proprio non ricordi chi sia. Era con un gruppo di ragazze, a pochi metri da lui, e parlavano e ridevano, ma lei meno delle altre. Partecipava ai discorsi solo con il suo volto, sorridendo quando doveva, distogliendo lo sguardo se nessuna aveva niente da dire.

Proprio quell’apparente distacco, gli occhi di lei che osservavano attenti, gli fecero capire chi fosse.

-Non ci siamo mai presentati.-

Lo disse timidamente, ancora non del tutto sicuro di quello che stava facendo. Le sue amiche erano al centro del locale, e ballavano. Lei, seduta, le guardava con una bizzarra espressione. Quando lui aveva parlato, si era voltata, appena spaventata, e poi, certamente riconoscendolo, era rimasta senza parole.

-Piacere, Danilo.-

Questo, la confuse ancora di più. Spalancò leggermente gli occhi, e lo fissò intensamente. Era abituato a lei che lo fissava. Del resto, era l’unico tipo di contatto umano che avessero mai avuto. Continuava a non dire niente, e sembrava non credere a quanto stava succedendo intorno a lei. Lui si sedette.

-Strano incontrarci qui. Tu come ci sei capitata?-

Lei era voltata verso le amiche, che non si erano accorte di nulla e continuavano a ballare.

-Ci studio-

Disse piano, quasi non ne fosse convinta neanche lei. Poi attese, e quel silenzio diceva chiaramente che stava ricambiando la domanda.

-Ah. Io sono da un amico. -

Seguì un silenzio imbarazzato. Lui si chiedeva perché avesse avuto la malaugurata idea di fare quello che aveva fatto, e lei stava pensando esattamente la stessa cosa, solo in termini appena più coloriti.

-Ho sempre sospettato che non fossi una tipa molto loquace.-

-Ti sbagli-

-Beh, cambierò idea quando risponderai con più di due parole.- disse con tono divertito. Non vedeva uno scopo preciso in quello che stava facendo, ma allo stesso modo era contento di averlo fatto. Ogni tanto aveva ripensato a quella storia, e l’unica cosa che aveva provato era una certa angoscia per non aver sfruttato l’occasione.

Lei aveva pensato molto e spesso a quella storia. Nonostante ci fosse ben poco da pensare.

-Mi dispiace se ti metto in imbarazzo.-

-Non preoccuparti-

Le sue erano risposte taglienti; le risposte di chi aveva immaginato quella conversazione così tante volte e con così tanti toni diversi da poter dire di averci perso tempo; e il doverla intrattenere con diversi anni di ritardo contribuiva decisamente alla brevità e all’acidità di ogni frase.

-Sei un po’ cambiata. Quasi non ti riconoscevo.-

-Si, forse. Io non ti avevo visto.-

-Bene, abbiamo battuto un record, con ben sette parole.-

Il sarcasmo non era esattamente l’occorrente in un frangente simile. Il silenzio tornò a farla da padrone.

-Si soffoca, qui. Facciamo una passeggiata, ti va?-

Per un secondo pensò davvero che avrebbe rifiutato. Valutò l’opportunità, per poi darsi dell’imbranata solo per aver ritenuto, anche per un istante, di avere una scelta. Acconsentì con un cenno del capo, si voltò verso le amiche e fece capire loro che stava uscendo per qualche minuto con lo sconosciuto seduto accanto a lei. Risposero con gesti d’assenso e sguardi maliziosi, e poi tornarono a ballare.

Impacciati, uscirono dal locale.

L’aria era più fredda di prima e lei si strinse nel suo soprabito leggero. Lui, si passò la mano tra i capelli.

Camminarono per qualche metro.

-Perché?-

Lei si voltò a guardarlo con aria interrogativa.

-Voglio dire, perché io? E’ quello che avrei sempre desiderato chiederti.-

Abbassò lo sguardo, si morse un labbro. Lo guardò intensamente.

-Perché sulla carta eri perfetto.-

Questo lo fece sorridere.

-Dico sul serio.-

-Anch’io. Eri un ragazzo interessante, con gusti simili ai miei, di bell’aspetto all’apparenza simpatico.-

-Tutto qua?-

-C’è chi si sposa per molto meno.-

Anche questo lo fece ridere. Poi, però, si fermò subito accorgendosi che lei non rideva.

-Perché non io?-

Non era una domanda facile, di certo non l’aveva prevista. E non era neanche certo di avere una risposta sensata.

-Non credo di aver mai detto “non tu”. Ho detto che poteva andare. Poi tu non hai fatto niente,  io non ho fatto niente. Non ho detto di no.-

Ora lei rise. Di una risata amara.

-Avrei voluto la verità, ma va bene lo stesso.-

Aveva ragione, non era tutta la verità. Lei No, perché ce n’erano di più carine. Con le quali era più facile parlare. Lei  No, perché era strana e diversa e forse inquietante.

-Tutto questo è assurdo.-

Si, lo pensava anche lui.

-Perché sei venuto al mio tavolo?-

Non lo sapeva esattamente. Non c’era niente di certo, oltre al vento e al fatto che con lei si sentiva sempre osservato, da quegli occhi profondi che non trovavano tregua.

-Tutti meritano una seconda occasione, non credi?-

Lei annuì.

-Piacere, Sara. –

Si strinsero la mano. Quelle di lui erano fredde e per un attimo trovarono ristoro.

-Potremmo far finta di essere degli sconosciuti che si sono incontrati per caso in un pub e hanno iniziato a parlare.-

-Siamo qualcosa di diverso?-

Rise per l’ennesima volta. Aveva ragione, ma non avrebbe mai potuto affermare di non conoscere quello sguardo indagatore e sorridente, suo malgrado, mentre scrutava ogni centimetro del suo volto illudendosi di non essere notato.

-No, hai ragione. Non sei uno sconosciuto, so tutto di te. –

Stupito, si fermò.

-Davvero. Ma non ti dirò nulla. Siamo due sconosciuti appena incontrati, ricordi? Tutto quello che è accaduto prima non conta-.

-Allora non potrò dire che ho sempre trovato strano il tuo sguardo. Era davvero come se sapessi tutto di me.-

Si fermarono entrambi.

-Sei tu che mi lanciavi strani sguardi. O meglio, che distoglievi lo sguardo quando per caso ci incrociavamo.-

-Sono timido.-

-Lo so. –

Sorrise lievemente, poi guardò il cielo buio e nuvoloso e di nuovo quegli occhi calamitanti. Si passò ancora la mano tra i capelli.

-Dovrei tornare dentro. Le mie amiche volevano andare via prima dell’una.-

-Allora dovresti andare. Sarebbe meglio che non torni a casa da sola.-

Non capì perché aveva detto quella frase. Sembrava starci bene.

Lei fece per andarsene, come se ancora non credesse ai suoi occhi per lo strano incontro.

-Allora… ciao. Ho sempre pensato che parlare con te mi avrebbe aiutato a fare chiarezza. Non è servito a molto.-

Un’altra risata.

-Mi dispiace. Magari dovremmo approfondire la chiacchierata. Sono certo che possiamo fare di meglio.-

-Dubito che ci incontreremo ancora per caso. Una volta mi sembra già chiedere troppo.-

-E’ successo stasera, potrebbe accadere di nuovo domani. Del resto, l’avresti mai ritenuto possibile?-

Detto questo, si strinsero la mano, e lei tornò indietro.

Lui restò per qualche minuto impalato sul marciapiede, sotto un lampione che si spegneva a tratti. Le mani in tasca, cercava con lo sguardo un sassolino per ricominciare il gioco. Non aveva ancora deciso come sentirsi a proposito. Era contento, in parte, e stupito e incredulo che fosse così parlare con lei. Non avrebbe voluto smettere tanto presto.

Camminava velocemente, desiderosa solo di rientrare nel pub e buttare giù tre bicchieri della bevanda più forte che avessero. Dire che era scossa sarebbe stata riduttivo. Si sentiva scioccata, presa in giro, euforica e felicissima allo stesso tempo. Rivederlo aveva cancellato ogni momento trascorso da quello in cui l’aveva visto l’ultima volta,  e non poteva immaginare una conclusione migliore per quella vecchia storia.

D’un tratto, decise.

Sentì dei passi dietro di sé, dei passi affrettati. Era a pochi metri dalla porta del locale, e si voltò. Lui le veniva incontro, ora di nuovo camminando, un’espressione strana sul volto e uno sguardo indecifrabile. Si avvicinò molto, troppo. Lei era immobile per lo stupore e allo stesso tempo tremava.

Si avvicinarono nello stesso istante, guardandosi intensamente negli occhi. Lui la baciò improvvisamente, portando le sue mani dietro la sua testa, e attirandola a sé, confuso e poco convinto di qualsiasi cosa stesse avvenendo al di là delle loro labbra che si cercavano. Lei lo strinse forte, si perdette e ritrovò più volte in quel bacio che era così strano e così imperfetto, e che aveva atteso per molto tempo, prima di dimenticarlo.

Si guardarono ancora negli occhi. Lui sorrideva. Dal pub proveniva una musica brutta e ovattata, e le campane della città rintoccarono.

-Non dovevamo incontrarci per caso?-

-Non volevo perdere altro tempo.-

 

 

  
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