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Autore: cucciolotta92    03/01/2011    0 recensioni
Siamo all'inizio del ventesimo secolo e la corsa al progresso fa impazzire tutti chi è a favore e chi è contro, ma nei piccoli paesi tutto ciò non è sentito. Per un uomo, un eterno sognatore, dopo anni di lotta contro la realtà si arrende, ma è davvero finita? Davvero i suoi sogni e tutte quelle immagini che gli apparivano nella mente erano false? Forse si, o forse, semplicemente, il mondo aveva scelto di non vederle perchè ancora impreparato ad osservare la realtà. Dopotutto chi può dire ciò che è vero e ciò che non lo è?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fruscio delle foglie d’autunno mosse dal vento, lo scricchiolio dei rametti secchi che sul viale vengono calpestati dai piedi della gente e dalle ruote delle biciclette, l’acqua della fontana che fa sentire il suo respiro anche da metri di distanza, in questo grande parco sembra di essere in un altro mondo libero dalla frenesia di tutti i giorni. Gli uccellini si fanno sentire nei momenti di quiete, ma per gli occhi degli uomini è molto difficile vederli, a differenza degli scoiattoli che si avvicinano specialmente a donne e bambini per ricevere del cibo da andare rapidamente a nascondere nelle tane.
Qui, liberi dagli influssi della modernità, i bambini giocano tutti insieme e le madri parlano con spensieratezza, mentre gli anziani giocano a carte o scacchi con grande serietà e concentrazione.

Una ghianda si stacca dal ramo della quercia centrale e rotola via lungo la discesa della strada, poi incontra una radice che la fa saltare leggermente e riprende la sua discesa fino a cadere da un terrazzamento. Se una cosa scende un’altra sale ed è così che una foglia gialla come la paglia e leggera più di una piuma si alza in volo trasportata, anzi, cullata dal vento verso la piccola città. Osservare il leggero quanto irregolare moto della foglia ricorda le grandi farfalle notturne che proprio nel momento del tramonto iniziano ad uscire dai loro nascondigli.
Ed è proprio con la penetrante e sognante luce del tramonto che il vento abbandona la foglia a sé stessa, quasi si fosse stancato di cullarla, e quella si appoggia dolcemente su un verde prato circondato da un bell’orto ed un pollaio ma il verde prato accoglie la foglia come un intruso, facendola apparire molto più gialla di quanto non fosse.
Ormai il sole stava concludendo la sua giornata per lasciare totalmente il posto alla fascinosa quanto piena di misteri luna, la signora della notte che, ben presto, assieme alla piccola e gialla foglia avrebbe assistito a ciò che nessuno tra gli abitanti di quella piccola città vuole ricordare.

Il bell’orto, piccolo ma molto ordinato aveva le zucche che risplendevano alla luce flebile della luna assumendo un sinistro colore grigiastro; i ciuffi delle carote, invece, ondeggiavano lievi a ritmo dei soffi del vento che si faceva sempre più insistente. Il prato, del medesimo colore dell’oceano in una notte stellata, viene pigramente brucato da una capra che si è appena svegliata da una lunga dormita, ed il padrone rientra dal lavoro attraverso il vialetto che costeggia l’orticello.
Sembrava quasi un troll con la sua camminata pesante ed i movimenti scoordinati, lo sguardo perso chissà dove e le braccia penzoloni, troppo pesanti, o troppo stanche. Con uno sbuffo improvviso tirò fuori le chiavi da una delle tasche dei pantaloni ed aprì la porta del deposito esterno, riempì due secchi con della legna da ardere per poi entrare in casa ed abbandonarli all’ingresso. Come se si fosse svegliata solo per questo la capra iniziò a belare forte e smise solo quando l’uomo aprì l’uscio per farla entrare.

Era un uomo strano, giusto e gran lavoratore, ma molto particolare. Trattava quella capra come se fosse un cane, e la viziava come se fosse una figlia.
L’animale si sistemò davanti al camino lasciando tuttavia lo spazio all’uomo per accendere e mantenere vivo il fuoco.
Il padrone di casa, tuttavia, si abbandonò sulla sedia del tavolo come svuotato da ogni volontà.
La barba scura, i capelli raccolti in una modesta coda, le rughe profonde nel volto scottato da lunghe giornate trascorse a lavorare sotto il sole, il tutto incorniciava due occhi neri profondi come la pece che osservavano il fondo del camino e due grosse labbra che stando socchiuse lasciavano sentire il respiro, il cui ritmo aumentava sempre di più. Improvvisamente gli occhi si serrarono e le labbra si chiusero, come se il pensiero dell’uomo fosse arrivato ad un punto proibito, il pomo d’adamo salì e scese rapidamente un paio di volte, a seguito della deglutizione e le labbra si schiusero per far uscire un sospiro.
Una mano si mosse tra le vesti e portò sul tavolo un oggetto metallico, l’uomo aprì gli occhi, per osservare bene cosa fosse, o solo per essere certo di cosa si trattasse e, quindi, di cosa lo aspettasse. La mano si aprì e rivelò una moneta, grande come una castagna e pesante come uno scalpello quella moneta aveva un che di ammaliante, non era l’aspetto, del tutto simile alle altre monete, né la singolare pesantezza dell’oggetto a renderla tale, ma qualcosa di impalpabile, un’idea quasi.

Il tocco delicato di un muso caldo sulla seconda mano abbandonata a lato del corpo ridestò l’uomo dalla contemplazione della moneta e gli dipinse sul volto un sorriso dolce.
“Vuoi che accendi il camino, vero? Aaah come sei delicata Princess, e dire che sei tu quella piena di lana attorno al corpo!” Disse mentre si alzava passando una mano lungo la schiena dell’animale. Arrivato a metà percorso si fermò e volse lo sguardo alla moneta che aveva lasciato sul tavolo. “Questa è meglio che la tengo al sicuro. Chissà quanto vale.” Così fece, mettendola nella tasca interna della giacca, e poi accese il fuoco.
La grande bocca del camino si illuminò di bagliori blu ed arancioni, quando la legna fu lambita dalle fiamme, e l’intera stanza si riempì del rumore dello scoppiettio della legna asciutta e del calore del fuoco. La soddisfazione della pecora si manifestò con un dolce belato di ringraziamento ed il padrone si diresse alla cucina per prepararsi la cena.
Dopo poco il profumo del pane, lasciato a scaldare davanti le fiamme danzanti, dilagò in tutta la casa, e fece da richiamo per l’uomo che, con una lampada ad olio ormai considerata superata dall’avvento della lampadina elettrica, portò sulla tavola di pesante legno il piatto di brodo caldo.

Nonostante la cena fosse appetitosa per chi ha lavorato tutto il giorno al freddo, il piatto rimase pieno.

Successe tutto all’improvviso, e senza un motivo specifico.

Una forte luce dai bagliori dei fuoco scoppiò nel punto in cui sedeva l’uomo, non toccò nulla al di fuori di lui e dopo un solo attimo non lasciò traccia del suo passaggio.
La cena era dove era stata lasciata, la lampada consumava pigramente lo stoppino bagnato dall’olio lasciando un forte odore nell’aria, il fuoco stava divorando la poca legna che era rimasta nella bocca del camino e la pecora era impietrita, con lo sguardo fisso dove, un attimo prima, c’era il suo amato padrone. 
  
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