Superpirata!
«Senti Lil, lo vuoi
mangiare questo pomodoro sì o no?»
La bambina guardò prima
sorridendo il volto della madre,
poi il suoi sguardo si abbassò sul piatto e fece una smorfia.
«A me non mi piacciono i
pomodori» sentenziò, voltando il
capo di lato. Il suo sguardo si soffermò su un cesto di
mandarini.
«Ma quelli sì!
Mamma, mamma, posso i mantarini
invece che i pomodori?» esclamò, un sorriso
birichino a colorarle il viso. Nami
sospirò pesantemente.
«E se prima mangi i
pomodori e poi ti do una mandarino?»
La bambina arricciò di
nuovo il naso.
«Ma però se
mangio i pomodori poi nella pancia non c’è
più
spazio!» protestò.
«Non dire fesserie, Lil!
Non hai mangiato quasi nulla!»
sbottò Nami, ormai vicina ad un esaurimento. In fondo, solo
perché aveva avuto
una bambina non significava che aveva acquisito improvvisamente una
dose
massiccia di pazienza.
Lil le fece la linguaccia.
«Ma sono piena!»
«E allora non mangi i
mandarini».
A quella proposta lo stomaco di Lil
cominciò a borbottare.
Lo sguardo allarmato della piccola era inconfondibile.
«No, no!
C’è ancora lo spazio per loro, sì
sì» replicò.
Nami assottigliò lo sguardo.
«Se
c’è spazio per loro, allora ci sarò
anche spazio per i
pomodori, no?»
Lil scosse furiosamente il capo.
«C’è
uno spazio piccolo piccolo. Piccolo così!»,
strinse il
pugnetto e lo agitò in aria per farlo vedere alla madre.
«Ci sta il matarino,
sì sì! Ma il pomodoro no, non ci sta
proprio!»
Nami sentì una vena
della fronte pulsarle furiosamente.
Com’era possibile che quella bambina mangiasse
così poche cose? Solo i
mandarini, la carne e i dolci! Non c’era spazio per altro, in
quello stomaco
piccino. Nami per la prima volta stava desiderando che quella
mocciosetta
avesse preso qualcos’altro da suo padre.
«E va bene,
mostriciattolo! Prenditi questo maledetto
mandarino e vai fuori a giocare, non ti sopporto
più!» esclamò in fine,
poggiandole davanti al naso il suo adorato mandarino. La faccia della
bambina
era pura gioia.
«Grazie mamma! Ti voglio
tanto bene, lo sai?» esclamò,
prima di alzarsi e correre fuori. Nami la guardò uscire di
casa canticchiando «Ho
il mantarino, sì sì! Mantarino
mio, ora ti mangio, sì sì!» e un
inevitabile sorriso le spuntò sulle labbra. Era troppo bella
farsi chiamare
“mamma” da quella terribile peste.
Si risedette sulla sedia,
sconfitta. Combattere contro
quella bambina era pressoché impossibile. Riusciva sempre,
in un modo o
nell’altro, a farla cedere. Era incredibilmente stressante
avere discussioni
con quella piccola.
Non passarono neanche dieci minuti,
poi la porta di casa si
spalancò di scatto e fecero irruzione due persone.
«Nami! Ah, finalmente.
Nami, devi venire subito».
La donna balzò in piedi
di scatto, guardando le due che
erano entrate in casa sua. Erano due donne del villaggio, madri di
alcuni amici
di Lil.
«Che
cos’è successo questa volta?» chiese
sospirando,
sapendo già qual’era la fonte di tutta quella
preoccupazione: sua figlia aveva
la particolarità di ficcarsi sempre in qualche assurdo guaio.
«Lil stava giocando con
Morea e Mozu quando siamo passate
per il fiume. Due minuti dopo è arrivata Morea urlando che
Lil era caduta in
acqua!»
A quel punto Nami non perse tempo.
S’infilò di corsa le
scarpe e scese correndo dalla collina, inseguita dalle due donne.
«Quella pasticciona! Deve
sempre ficcarsi in qualche guaio.
Ma dico io, come si fa a cadere dentro un fiume?»
borbottò, mentre si fiondava
attraverso le file di mandarini, diretta verso la parte est del
villaggio.
Ma quando arrivò al
fiume non era più necessario il suo
intervento. Lil era seduta sulla sponda, i vestiti completamente
bagnati, e
rideva, mentre i due amici la guardavano male. Di fronte a lei, un
uomo.
Nami non ebbe bisogno di
avvicinarsi per riconoscerlo. Il
capello che indossava era più che inconfondibile.
«Rufy»
sbottò, il fiatone dovuto alla corsa che le impediva
di dire altro. L’uomo si voltò di scatto,
mostrando un sorriso divertito. Anche
Lil si voltò verso la madre, sorridendo con la stessa,
identica espressione
dell’adulto davanti a lei.
«Mamma! Hai visto?
Papà è tornato!»
«Ehi, Nami!»
Nami sbuffò, cercando di
far calmare i battiti furiosi del
suo cuore. Guardò prima la bambina, intimandole un
silenzioso ma efficace “Con
te facciamo i conti dopo”, poi si voltò a guardare
le due donne.
«Grazie per essere corse
ad avvisarmi. Per fortuna, ora Lil
è fuori pericolo».
Le due rimasero per un attimo
imbambolate, lo sguardo fisso
sull’uomo misterioso. Poi, sentendo lo sguardo raggelante di
Nami su di loro,
si affrettarono a richiamare i due bambini amici di Lil e ad
allontanarsi.
Solo a quel punto Nami si
concedette di voltarsi verso i
suoi due teppisti.
«Lil, sei una
sconsiderata» fu la prima cosa che disse,
incrociando le braccia al seno. Lil scoppiò a ridere forte,
passandosi una mano
tra i capelli bagnati.
«Scusami mammina. Stavo
cercando di prendere un pesce!»
Nami non poté far a meno
di buttarsi a sedere a fianco
della bambina, tirandole un leggero pugno sulla testolina rossa.
«E non hai pensato che
per prendere un pesce serve una
canna da pesca?»
Li sgranò gli occhi,
fissandola ammirata. Nami considerò
che davvero non ci aveva pensato. Il salvatore della bambina, ancora in
piedi
di fronte alle due, scoppiò forte a ridere e si
lasciò cadere sull’erba. Lil
guardandolo non poté far a meno di ridere a sua volta.
«E adesso non ridere,
diavoletto! Solo perché Rufy è
arrivato nel momento giusto ed è riuscito a tirarti fuori
dal fiume, non vuol
dire che la passerai liscia! Già con la storia del pranzo mi
hai fatto
arrabbiare, ora ti meriti davvero una punizione».
L’ilarità
della bambina si spense in un secondo.
«E dai, mamma!»
esclamò, improvvisamente conscia di ciò che
l’attendeva (le punizioni di Nami non erano mai
particolarmente semplici). «Avevo
tutto sotto controllo! Mi ero legata ad una corda, e se quel babbeo di
Mozu non
ci si fosse buttato sopra e non l’avesse rotta, io sarei
tornata su in un
attimo!»
«Non chiamare Mozu in
quel modo» ribatté Nami severa,
guardandola con la sua migliore espressione da “Questa volta
non la passi
liscia”. «Ha avuto tutto il diritto di preoccuparsi
per te, evidentemente non
si era accorto di quello che faceva. E comunque, non sai neanche
nuotare. Mi
spieghi perché avevi così voglia di prendere quel
maledetto pesce?»
Lil sembrò rabbuiarsi a
quelle parole. Nami sapeva che il
fatto di non saper nuotare rodeva molto alla piccola.
«Mozu mi ha detto che se
riuscivo a prendere un pesce
diceva a suo padre di darmi uno dei suoi libri»
borbottò, risentita per la sua
sconfitta. Evidentemente, ragionò Nami, Lil aveva trovato un
altro libro
interessante nella libreria. Sospirò.
«Se volevi un libro te lo
potevo comprare io, Lil. Sai che
i soldi non ci mancano».
La bambina incrociò le
braccia e sporse il labbro
inferiore.
«Volevo riuscire a
guadagnarmi qualcosa da sola!»
Rufy, rimasto in silenzio per tutto
il tempo, prese
finalmente la parola.
«Avanti, Nami, sii
comprensiva! Lil voleva solo far vedere
al suo amico quanto vale! Non darle una punizione solo per
questo».
«Stai zitto tu, non ti
immischiare!» sbottò Nami furiosa,
assestandogli un pungo sulla testa. Rufy si raggomitolò
sull’erba e piagnucolò
la sua tremenda sventura. Lil scoppiò di nuovo a ridere.
«Forza, adesso. Lil, per
oggi non esci più».
Ancora una volta, il sorriso della
bambina le si congelò in
viso. In un attimo gli occhioni neri si fecero grandi grandi e il
labbro
inferiore tornò a sporgere.
«E dai, mammina! Non puoi
farmi questo!»
«Eh sì, Nami!
Non puoi fargli questo!»
«Lo faccio eccome. E ora
zitti tutti e due e camminate!»
Cinque minuti dopo Nami si stava
richiudendo la porta di
casa alle spalle, per poi voltarsi ed incenerire entrambi i suoi
bambini. Ed
entrambi le risposero con due sorrisoni identici.
«Forza, Lil, fila in
camera tua a cambiarti. Io e tuo padre
dobbiamo parlare un po’».
Le faceva ancora strano, dopo
cinque anno, dirlo. Io e
tuo padre.
«Ma anche io voglio
sentire cosa ha fatto papà!» esclamò la
bambina imbronciata, a cui Rufy aveva cominciato durante la strada del
ritorno
a narrare una delle sue avventure. L’uomo stava per approvare
le parole della
bambina, quando lo sguardo di Nami lo fulminò.
«Ehm... Forza Lil, io e
la mamma dobbiamo parlare. Te la
racconto stasera una storia, va bene?»
Detto fatto, il volto di Lil
tornò sorridente.
«Va bene! Però
ne voglio una bella per farti perdonare, va
bene? Se no non ti perdono!»
Rufy ridacchiò,
scompigliando amorevolmente i capelli della
bambina.
«Certo, tranquilla. Ora
vai!»
Lil corse ridacchiando su per le
scale, diretta in camera
sua.
Il volto di Rufy ancora sorrideva
quando si voltò verso
Nami.
«Allora?» gli
chiese lei, mentre lo superava per entrare in
cucina.
«Abbiamo trovato Sanji
due isole a Est di qui. Pare fosse
rimasto incantato di nuovo dalla bellezza di una
donna e fosse stato
trasformato in un maialino rosa» esclamò Rufy,
dopo averla seguita ed essersi
buttato su una sedia. Guardò il tavolo, dove c’era
ancora il piatto pieno di
Lil, e in un attimo si era già avventato su di esso.
Nami inarcò un
sopracciglio.
«E ora?»
chiese, mentre l’uomo addentava anche l’ultimo
pomodoro e si lasciava ricadere contro lo schienale.
«Ora sono tutti al porto.
Aspettano di vedere quanto è
cresciuta la piccola Lil. Si sono fermati un attimo da Robin, ma fra
qualche
minuto dovrebbero arrivare. Approposito, questi pomodori erano
deliziosi. Li ha
avanzati Lil?»
Nami sospirò ed
annuì.
«Proprio così.
Non capisco come possiate essere così uguali
ed avere due stomaci così diversi. Deve essere andato storto
qualcosa durante
la gravidanza. Forse non le davo abbastanza da mangiare».
Rivolse uno sguardo
pensieroso al soffitto, dove si sentiva il rumore di Lil che saltava
sul letto.
Una pressione sul viso le fece
distogliere lo sguardo e
puntarlo su Rufy, che le teneva il mento tra le dita e sorrideva.
«Tranquilla, non credo
sia andato storto qualcosa. In
fondo, mica poteva prendere tutto da me!» esclamò,
ridendo. Nami assottigliò lo
sguardo.
«Stai insinuando
qualcosa, Rufy?»
L’interessato la
guardò, sbattendo le palpebre docilmente.
«Assolutamente niente! E,
senti... Perché non mi hai ancora
salutato?»
Nami sorrise, alzandosi ed
avvicinandosi all’uomo. Gli si
sedette in grembo, intrecciando le braccia attorno al suo collo.
«Bentornato,
Capitano» sussurrò, chinandosi per baciarlo.
Non durò molto. Neanche
il tempo che le labbra si potessero
sfiorare decentemente che la porta si aprì di scatto e fece
irruzione una
ciurma di pirati al completo. La loro ciurma di
pirati.
«Avanti Capitano! Basta
con le smancerie, anche noi
vogliamo riabbracciare Nami!» esclamò Franky, dopo
l’attimo di sbigottimento
generale in cui erano caduti tutti alla vista dei due abbracciati. Rufy
lo
guardò male e Nami sospirò, mentre dalle scale
proveniva un urletto poco
rassicurante.
«Frankyyyy!
Chappeeeeeer!»
Una testolina rossa
piombò giù dalle scale, inciampò,
volò
per l’ingresso e finì contro il petto di Zoro, che
l’afferrò malamente e
rischiò di cadere a sua volta contro un imbronciato Sanji.
Lil alzò di scatto la
testa e si massaggiò un attimo il
naso, prima di inquadrare dove si trovava e sorridere alla persona che
l’aveva
salvata da un bernoccolo assicurato.
«Zio Zoro!»
esclamò, buttandogli le braccia al collo. A
quella dimostrazione di affetto Zoro rimase pietrificato.
«Ahah, Lil! Che bello
rivederti, piccola peste!» esclamò
Franky, rubando la bambina dalle braccia dello spadaccino. A lui si
aggiunsero
i saluti del resto della ciurma, mentre Lil sbracciava e scalpitava,
saltando
da un abbraccio all’altro con allegria.
Nami rimase a sorridere teneramente
a quella scena, mentre
Rufy ancora la stringeva a sé.
Dopo che l’uragano rosso
ebbe salutato tutti, la
concentrazione si soffermò sui due ancora abbracciati in
cucina.
«Allora Nami, hai
intenzione di venirci a salutare o
dobbiamo farlo noi?» esclamò Usopp, mentre Lil gli
tirava il naso e scoppiava a
ridere. Nami si alzò con un sorrisone e corse ad abbracciare
tutti. Quando
arrivò a Sanji si fermò e lo guardò
divertita.
«Dove ti eri andato a
cacciare? Mi hai fatto stare in
pensiero».
«Ma davvero,
Nami-swaaaaan?» esclamò, l’unico occhio
visibile che si trasformava in un cuoricino palpitante. Nami
annuì ridendo.
«Il cuoco da strapazzo
qui presente era riuscito a farsi
trasformare in un maiale»
borbottò Zoro guardando il biondo con aria di
sfida, mentre Nami si voltava a salutare anche lui. Sanji
assottigliò lo
sguardo.
«Cerchi guai, testa
d’alga?» sibilò, picchiettando sul
pavimento con una scarpa. Zoro impugnò l’elsa di
una delle sue spade.
«Non aspetto altro,
nullità».
«Nullità a chi?!»
«A te, cuoco
rammollito!»
«Le vuoi prendere?»
«Fatti sotto!»
«Smettetela tutti e
due!»
I due eterni litiganti si
fermarono di colpo, voltandosi verso la donna che li aveva richiamati
all’ordine.
«Va bene che mi siete
mancati, ma non così tanto da volervi
veder litigare già subito! Ora fate i bravi e state zitti,
mi è venuto mal di
testa» disse Nami e, mentre lei si prendeva la testa tra le
mani, Chopper e Lil
la guardarono ammirati per la sua forza d’animo.
«Nami non
cambierà mai. È formidabile» disse la
piccola
renna alla bambina, che intanto gli aveva rubato il cappello e se
l’era messo
in testa.
«La mamma è la
più forte del mondo. È più forte anche
di
papà!» esclamò invece la piccola,
catturando l’attenzione del Capitano.
«Ehi, Lil!»
esclamò Cappello di Paglia risentito, facendo
voltare la bambina. «Non è vero che la tua mamma
è più forte di me! Sono più
forte io» esclamò, piccato. Lil gonfiò
le guance.
«Eh no! È
più forte lei, perché quando litigate
è sempre
lei quella che vince!»
«Non sempre!»
«Sì invece, e
poi ti dà le botte!»
«Se è per
questo le dà anche a te le botte, marmocchia!»
«Sì, ma io
sono una bambina! E quando diventerò grande
gliele darò io a lei!»
«Ma figurati! Scommetto
che quando sarai grande ti farai
ancora mettere in punizione per qualche tua marachella!»
«Non è vero!»
Vi fu un momento di silenzio
collettivo. Poi la piccola
casetta si riempì delle risate di otto persone. La bambina
aveva incrociato le
braccia e guardava il suo papà con il viso imbronciato,
mentre Rufy le faceva
la linguaccia.
«Ho una bambina combina
guai e un marito che si mette a
litigare con lei su chi è più forte. Dove andremo
a finire andando avanti di
questo passo?» sospirò Nami rassegnata, osservando
i due guardarsi con sfida.
Robin le posò una mano sulla spalla.
«Spera solo che crescendo
Lil cambi» le disse, forse
nell’intento di consolarla. Ma Nami non prese bene quelle
parole.
«Mi toccherà
arrendermi, allora» borbottò risentita, prima
di alzare la voce verso i due litiganti. «Ok, basta litigare
ora. Lil, ti do il
permesso di stare con noi solo perché oggi sono tornati gli
altri. Da stasera
te ne starai chiusa in camera tua».
Lo sguardo di Lil si fece di nuovo
supplicante. Rufy annuì
convinto.
«E dai mamma!»
«Nami, hai tutta la mia
approvazione».
«Zitto tu! Lo dici solo
perché non vuoi ammetterlo!»
«Non parlare
così a tuo padre!»
Lil gli fece la linguaccia.
«Non ti accetto come
padre finché non diventi più forte
della mamma!»
«Ma sentila»
borbottò Brook ridacchiando.
«Vuoi vedere che ora Rufy
si mette a sfidare a duello Nami?»
sghignazzò Usopp coprendosi la mano con la bocca.
«Oh sì, voglio
proprio vederli» appoggiò Zoro con un ghigno
perfido sul viso.
«Basta, ho detto. Rufy,
molla Lil. Lil, non parlare così a
Rufy».
Rufy, che stava tirando il naso
alla piccola peste, si
bloccò, mentre Lil, che stava allungando le guance di suo
padre, le mollò di
colpo, facendole schioccare mentre tornavano velocemente normali. Si
lanciarono
un ultimo sguardo risentito.
«Forza, ora! Lil, voglio
farti vedere una cosa» esclamò
Franky per cavare tutti da quella situazione esilarante e imbarazzante
insieme.
La bambina alzò lo sguardo verso il cyborg.
«Sìììì!
Invenzione nuova, invenzione nuova!» esclamò,
alzandosi e correndo dall’uomo con i capelli azzurri, che se
la caricò in
spalle e si avviò verso il salotto. Ben presto anche gli
altri li raggiunsero.
Rimasero solo Nami e Rufy, l’una persa nei suoi pensieri,
l’altro ancora
imbronciato per la poca considerazione che aveva di lui la figlia.
Accortasi
del broncio del marito, Nami gli si inginocchiò a fianco.
«È troppo
simile a te» bisbigliò, accarezzandogli i capelli
neri. Lui annuì e sorrise.
«Diventerà una
buona pirata. Un capitano!» esclamò,
sorridendo a tutta bocca. Nami gli tirò uno scappellotto.
«Scherzi?! Non voglio che
mia figlia diventi una pirata!»
sbottò Nami, guardandolo male. Rufy sporse il labbro
inferiore.
«Ma se ha due genitori
pirata...?»
«Non mi interessa! Per
fortuna non ha ancora manifestato un
qualche attaccamento al mare...»
«A dir la
verità prima che partissi mi ha detto che quando
avrà almeno dieci anni verrà con noi».
Nami deglutì. Non voleva
che la sua preziosa bambina si
cacciasse nei guai come avevano fatto loro. Loro avevano avuto un
capitano di
gomma, capace di cacciarli fuori da qualsiasi situazione, ma lei? Non
voleva
preoccuparsene ora.
«È
irrilevante. Non diventerà come noi» risolse
infine.
Rufy la guardò sghignazzando.
«Sarà
difficile. È cocciuta proprio come te».
«E sconsiderata come
te» ammise Nami sospirando.
«Sì, devo dire
che mi assomiglia molto» si pavoneggiò Rufy,
gonfiando il petto. Nami gli tirò una manata ed entrambi si
sorrisero.
«Sanji, ho
fame!» sentirono urlare dall’altra stanza.
«Ma certo tesorino! E
dimmi, cosa vorresti mangiare?»
«Qualcosa con i mantarini!»
«Mandarini, Lil. Man-da-ri-ni».
«Lasciami in pace,
Nasone! Allora, Sanji? Me la fai una
torta?»
Rufy guardò Nami negli
occhi, e lei sospirò. Un attimo dopo
il Capitano si era fiondato in salotto.
«Sìììììì,
Sanjiiiii!
Facci una tortaaaa».
«Smettila buffone, la
faccio solo per Lil!»
«Ma lei non la mangia
mica tutta!»
«Ha-ha! Hai sentito? La
fa solo per meeee».
«Zitta
mocciosa!»
«Rammollito!».
«Perdente!».
«Pirata!»
«Ma, Lil...
“Pirata” non è
un’offesa...»
«Beh... Superpirata!»
...
.....
.......
«Sanji, abbiamo fame!»