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Autore: Lord Kelsen80    05/01/2004    4 recensioni
Ciao... sono nuovo di questo sito e ho deciso di inserirvi i miei scritti per sapere cosa ne pensate! Complimenti alla webmistress per aver dato a noi la possibilità di farci "conoscere"... vi lascio alla lettura di questa introduzione che consta di un'introduzione ed il primo chap. Il titolo del lavoro è "Magnolia!" titolo inventato da mia sorella Angéle87,si tratta di una storia ambientata nel quattordicesimo secolo... omicidi inspiegabili che avvengono in un'abbazia... spero che vi piaccia e che mi commentiate! A presto!
Genere: Dark, Horror, Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Magnolia

-Magnolia!-

(scritta da un frate del XIV secolo)

 

 

INTRODUZIONE

Anno domini 1399: tra le vecchie carte della mia biblioteca ho ritrovato alcuni manoscritti risalenti l’anno 1360. Raccontano di fatti ed eventi successi in quell’anno nell’abbazia di Glastonbury; meglio sarebbe se fossi riuscito a dimenticare. Rabbrividisco ancora a distanza ormai di 39 anni nel rivivere, leggendo quel manoscritto, quanto successe, ma una forza interiore mi spinge a farlo. Quello che accadde in quel luogo è difficile dirlo, ma mi sento spinto a raccontare questa tragica storia per cercare di scrollarmi di dosso i pensieri che mi assillano da quel fatidico anno all’Abbazia di Glastonbury. Cercherò di raccontare tutto quello che è rimasto ancora nei miei ricordi più remoti, cercherò di scavare nei meandri del mio pensiero per rendere più comprensibile e affascinante una storia macabra e sinistra. Mi dovrete perdonare, giacché la storia è avvenuta molto tempo addietro, se nel mio racconto ci saranno dei vuoti o delle discordanze tra un periodo e l’altro. Ricordo che era quasi la fine del pontificato di Innocenzo VI  (successore di Clemente VI) che viene ricordato soprattutto per aver, nei suoi dieci anni di pontificato, riformato e riorganizzato la curia ad Avignone e aver ristabilito la sua autorità nello Stato della Chiesa in Italia dal momento che la chiesa italiana proclamava i suoi papi non riconoscendo il papa avignonese quindi con Innocenzo VI fu

 

ristabilita questa autorità della chiesa avignonese su quella italiana.

Mi chiamo Etienne da Cluny. Nacqui nel dicembre del 1320 in un paesino a sud di Parigi. Ero il quarto di cinque fratelli, prima di me due fratelli e la mia unica sorella alla quale ero molto affezionato. Mio padre era ormai un nobile decaduto…non ho molti ricordi di lui, credo, perché non avevo un buon rapporto, eravamo più antagonisti che padre e figlio e questo è un dispiacere che porterò con me per tutta la vita! Malgrado ciò avevo un buon rapporto con il resto della mia famiglia, adesso che ricordo i rapporti con mio padre si incrinarono da quando io espressi il desiderio di poter studiare per diventare frate, mio padre non me l’ha mai perdonato, lui per me vedeva una carriera d’avvocato, andare a Bologna nella patria del diritto dove sarei diventato uno dei più grandi avvocati, dove avrei seguito le lezioni dei padri del diritto come Bartolo da Sassoferrato: questo era il desiderio di mio padre, poter dire ai conoscenti che suo figlio aveva preso lezioni dai più grandi giuristi del momento! Ma quello non era il mio posto…dopo un po’ di tempo lasciai Bologna e andai a Cluny dove cominciai a studiare per diventare un benedettino l’ordine istituito da Benedetto da Norcia intorno al 480, scelsi quell’ordine perché la regola di quei frati era più congeniale alle mie inclinazioni, scartai quasi immediatamente l’ordine dei Camaldolesi istituiti da Romuolado da Ravenna perché professava il ritorno all’antico ideale eremitico seguendo le orme del primo eremita, certo Macario: non molto affine con la mia persona. Da quando mio padre seppe che avevo lasciato Bologna non ci sentimmo mai più! In famiglia obbligò a non nominare il mio nome perché ero la sua vergogna, la sua sconfitta più grande. Dopo la morte di mio padre, i miei fratelli ed io non ci siamo mai più incontrati l’unica era mia sorella per la  quale ho sempre provato un particolare affetto: con lei condividevo tutte le mie gioie e i miei dolori, lei era la mia confidente speciale e riusciva

 

sempre a darmi ottimi consigli, venne uccisa durante la guerra tra i francesi e gli inglesi, in quanto accusata di fare la spia per quest’ultimi, la impiccarono in un giorno di primavera, non ricordo precisamente, piansi tanto e pregai perché lei fosse accolta nel regno dei cieli e perché questa guerra inutile finisse al più presto. Mia madre la vidi poco tempo dopo la morte di mia sorella, ormai era una donna imbruttita e appesantita dagli anni, nella sue rughe erano chiari i segni di una vita non proprio rilassata e agiata, venne a bussare all’abbazia per chiedere ospitalità e tutti i fratelli furono d’accordo nel dare accoglienza alla mia cara madre così indifesa, minuta e consumata dalla fame! Nell’Abbazia di Cluny riuscii ad ottenere un certo rispetto e un certo prestigio anche perché ero considerato un ottimo investigatore conosciuto nelle maggiori abbazie d’Europa, ero l’orgoglio dell’abate di Cluny, anche se la mia mansione principale nell’abbazia era il bibliotecario, infatti nell’anno 1360 prestavo servizio presso l’Abbazia quando mi arrivò una missiva dall’abbazia di  Glastonbury  che m’invitava a recarmi in quei luoghi per discutere con l’Abate. Non scrissero i motivi…non so perché ma il giorno stesso partii per Glastonbury nel Somerset spinto forse da quell’enigmatica lettera…

Capitolo I

 

Quando arrivai all’Abbazia era ormai notte, lì ad attendermi c’era il frate portinaio, un certo Faria, non riuscii a guardarlo perché era buio e la lanterna che aveva gli serviva ad illuminare il tetro corridoio che conduceva alla cella, la cosa che potei notare, che mi colpì, fu il suo modo di camminare, i suoi passi erano rumorosi come il sibilo di un serpente. Non so quanti anni avesse ma credo abbastanza almeno a giudicare dalla sua andatura. Un uomo molto silenzioso e introverso, almeno così mi era apparso, durante il tragitto fino alla cella non professò parola. Arrivammo finalmente a destinazione ed io, ringraziato Faria, mi ritirai nella mia cella, sfinito dal viaggio, mi appoggiai sul letto e caddi in un sonno profondo. Il giorno dopo, fui ricevuto dall’abate il quale m’illustrò la situazione: era un uomo che doveva avere all’incirca 60 anni, era basso e minuto, i suoi occhi azzurri, quasi di ghiaccio, contribuivano a dare al suo sguardo un so che di fierezza, il suo volto era contornato da una lunga barba bianca non molto curata, direi. Il suo volto esprimeva sicurezza…una sicurezza che un uomo può acquistare solo con gli anni e con l’esperienza, ma dietro quella figura così fiera si nascondeva sofferenza e malinconia, forse per una scelta non dettata dalla vocazione ma da fattori esterni. Mi spiegò che in quei giorni c’erano stati degli omicidi che stavano mettendo seriamente in cattiva luce l’abbazia, mi disse ancora che da quando erano accaduti quegli avvenimenti molti fratelli avevano deciso di andarsene. Alla fine della discussione, l’abate mi presentò frate Sofocle, che mi avrebbe fornito tutte le informazioni per svolgere un buon lavoro.

‘Spero di rendermi utile’ disse Sofocle.

‘Spero solo di riuscire a sbloccare questa situazione così poco chiara.’ Dissi io.

Il frate che mi presentò l’abate, tale Sofocle, doveva avere, credo, all’incirca 40 anni. Era magrissimo e molto alto. Il suo saio, infatti, gli andava corto e largo. I suoi capelli erano di un nero intenso così come i suoi occhi…mai visti occhi così! Camminava con andatura fiera e sicura come uno dei più valorosi condottieri romani. Doveva avere una forte personalità ed era quello che da qualche tempo cercavo in un assistente.

Sofocle ed io uscimmo dallo scriptorium dove ci aveva ricevuti l’abate discutendo sul da farsi. Parlando, arrivammo al refettorio dove avevo deciso di iniziare le mie ricerche. Entrati nel refettorio, si sentì immediatamente un miscuglio di odori che nel complesso non erano piacevoli si sentiva il classico tanfo di cucina, il frate stava apparecchiando l’immenso tavolo che avrebbe ospitato a breve gli altri fratelli per la colazione. Il tavolo sembrava di ottima fattura ben lavorato, al contrario la stanza era molto povera con solo un grande crocifisso appeso sulla parete di fronte a noi. I muri erano molto trasandati: avevano i segni del tempo nelle loro crepe ma in compenso la stanza era alquanto pulita. Il frate sembrava un uomo centenario curvo e stempiato con i segni dell’età impressi nelle sue rughe e nella sua barba bianca come la neve. Quando si avvicinò a noi, Sofocle cominciò a parlargli all’orecchio con voce molto alta dal momento che la sua tarda età gli stava progressivamente togliendo il dono dell’udito:

Frate Anselmo, costui è Etienne da Cluny, è stato chiamato qui dal nostro Abate per risolvere il problema della nostra Abbazia.’

Frate Anselmo vi chiedo di aiutarmi a risolvere questo enigma dicendomi tutto quello che sa su questa strana faccenda.’ Dissi io. Il frate cominciò a spiegarmi tutto quello che sapeva:

‘In questi giorni ho notato un po’ di nervosismo tra gli altri fratelli. Io non ne conoscevo i motivi quindi, spinto dalla curiosità di sapere, andai dal frate Guglielmo e gli chiesi il perché di tanto

 

nervosismo e il frate mi affermò che i fratelli erano preoccupati in quanto nella notte era stato ucciso in modo spaventoso un fratello giunto da poco nella nostra Abbazia, un certo Fra Gherardo da Pavia. Indi dopo quella notte, si susseguirono altri omicidi e noi tutti da quel giorno ci sforziamo continuamente di capire che cosa spinga quest’uomo a commettere questi atroci peccati…Lei, Etienne, ci deve aiutare perché ho tanta paura di essere il prossimo! Ci aiuti, la prego!’ disse con voce supplichevole il povero cellario.

‘Cercherò di fare il possibile per aiutarvi! In ogni modo la ringrazio per la collaborazione.

Discusso con il frate, uscimmo dal refettorio. Usciti, udimmo la campana che richiamava i fratelli per la prima preghiera del mattino dovevano essere le laudi, se non ricordo male, arrivammo nei pressi della chiesa dove si sarebbe tenuta la preghiera, non ricordo bene ma credo che la chiesa fosse in ottimo stato e ben pulita. Quello che non potrò dimenticare fu il forte odore d’incenso che sentii entrando nella chiesa, così forte che quasi mi soffocava.

Finalmente arrivò l’abate e celebrammo la prima preghiera del mattino, in quel momento potei vedere tutti i fratelli che abitavano l’abbazia: ne erano forse una ventina tutti immersi nella preghiera e nel chiedere perdono a Dio dei loro peccati. Quasi alla fine della funzione liturgica Sofocle mi disse che c’era un frate, un certo…non ricordo, che mi voleva parlare nello scriptorium dopo la funzione. Finita la funzione, mi recai con Sofocle nel luogo prestabilito, arrivati, c’era il corpo senza vita dello sfortunato frate. Il corpo non presentava nulla che facesse supporre ad un omicidio: non c’era sangue né in terra né sul corpo dello sfortunato, sembrava che stesse dormendo.

 

Allora piaciuto questo primo chap… spero di sì…  se volete presto  il seguito di questo racconto commentate in tanti…

Vostro

Lord Kelsen80

  
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