-Magnolia!-
(scritta da un frate del
XIV secolo)
INTRODUZIONE
Anno domini 1399: tra le vecchie carte della mia
biblioteca ho ritrovato alcuni manoscritti risalenti l’anno 1360. Raccontano di
fatti ed eventi successi in quell’anno nell’abbazia di Glastonbury;
meglio sarebbe se fossi riuscito a dimenticare. Rabbrividisco ancora a distanza
ormai di 39 anni nel rivivere, leggendo quel manoscritto, quanto successe, ma
una forza interiore mi spinge a farlo. Quello che accadde in quel luogo è
difficile dirlo, ma mi sento spinto a raccontare questa tragica storia per
cercare di scrollarmi di dosso i pensieri che mi assillano da quel fatidico
anno all’Abbazia di Glastonbury. Cercherò di
raccontare tutto quello che è rimasto ancora nei miei ricordi più remoti, cercherò di scavare nei meandri del mio pensiero per rendere
più comprensibile e affascinante una storia macabra e sinistra. Mi dovrete
perdonare, giacché la storia è avvenuta molto tempo addietro, se nel mio
racconto ci saranno dei vuoti o delle discordanze tra un periodo e l’altro. Ricordo
che era quasi la fine del pontificato di Innocenzo VI (successore di Clemente VI) che viene
ricordato soprattutto per aver, nei suoi dieci anni di pontificato, riformato e
riorganizzato la curia ad Avignone e aver ristabilito la sua autorità nello
Stato della Chiesa in Italia dal momento che la chiesa italiana proclamava i
suoi papi non riconoscendo il papa avignonese quindi
con Innocenzo VI fu
ristabilita questa autorità della chiesa avignonese
su quella italiana.
Mi chiamo Etienne da Cluny. Nacqui nel dicembre del 1320 in un paesino a sud di
Parigi. Ero il quarto di cinque fratelli, prima di me due fratelli e la mia
unica sorella alla quale ero molto affezionato. Mio padre era ormai un nobile
decaduto…non ho molti ricordi di lui, credo, perché non avevo un buon rapporto,
eravamo più antagonisti che padre e figlio e questo è
un dispiacere che porterò con me per tutta la vita! Malgrado ciò avevo un buon rapporto con il resto della mia famiglia, adesso
che ricordo i rapporti con mio padre si incrinarono da quando io espressi il
desiderio di poter studiare per diventare frate, mio padre non me l’ha mai
perdonato, lui per me vedeva una carriera d’avvocato, andare a Bologna nella
patria del diritto dove sarei diventato uno dei più grandi avvocati, dove avrei
seguito le lezioni dei padri del diritto come Bartolo da Sassoferrato:
questo era il desiderio di mio padre, poter dire ai conoscenti che suo figlio
aveva preso lezioni dai più grandi giuristi del momento! Ma quello non era il
mio posto…dopo un po’ di tempo lasciai Bologna e andai a Cluny
dove cominciai a studiare per diventare un benedettino l’ordine istituito da
Benedetto da Norcia intorno al 480, scelsi quell’ordine perché la regola di
quei frati era più congeniale alle mie inclinazioni,
scartai quasi immediatamente l’ordine dei Camaldolesi istituiti da Romuolado da Ravenna perché professava il ritorno
all’antico ideale eremitico seguendo le orme del primo eremita, certo Macario:
non molto affine con la mia persona. Da quando mio padre seppe che avevo
lasciato Bologna non ci sentimmo mai più! In famiglia obbligò a non nominare il
mio nome perché ero la sua vergogna, la sua sconfitta
più grande. Dopo la morte di mio padre, i miei fratelli ed io non ci siamo mai più incontrati l’unica era mia sorella per la quale ho sempre provato un particolare
affetto: con lei condividevo tutte le mie gioie e i miei dolori, lei era la mia
confidente speciale e riusciva
sempre a darmi ottimi consigli, venne uccisa durante la
guerra tra i francesi e gli inglesi, in quanto accusata di fare la spia per quest’ultimi,
la impiccarono in un giorno di primavera, non ricordo precisamente, piansi
tanto e pregai perché lei fosse accolta nel regno dei cieli e perché questa
guerra inutile finisse al più presto. Mia madre la vidi poco tempo dopo la
morte di mia sorella, ormai era una donna imbruttita e appesantita dagli anni, nella sue rughe erano chiari i segni di una vita non proprio
rilassata e agiata, venne a bussare all’abbazia per chiedere ospitalità e tutti
i fratelli furono d’accordo nel dare accoglienza alla mia cara madre così
indifesa, minuta e consumata dalla fame! Nell’Abbazia di Cluny
riuscii ad ottenere un certo rispetto e un certo prestigio anche perché ero
considerato un ottimo investigatore conosciuto nelle maggiori abbazie d’Europa,
ero l’orgoglio dell’abate di Cluny, anche se la mia
mansione principale nell’abbazia era il bibliotecario, infatti
nell’anno 1360 prestavo servizio presso l’Abbazia quando mi arrivò una missiva
dall’abbazia di Glastonbury
che m’invitava a recarmi in quei luoghi
per discutere con l’Abate. Non scrissero i motivi…non so
perché ma il giorno stesso partii per Glastonbury nel
Somerset spinto forse da quell’enigmatica lettera…
Capitolo
I
Quando arrivai all’Abbazia era ormai notte, lì ad
attendermi c’era il frate portinaio, un certo Faria,
non riuscii a guardarlo perché era buio e la lanterna
che aveva gli serviva ad illuminare il tetro corridoio che conduceva alla
cella, la cosa che potei notare, che mi colpì, fu il suo modo di camminare, i
suoi passi erano rumorosi come il sibilo di un serpente. Non so quanti anni avesse ma credo abbastanza almeno a giudicare dalla sua
andatura. Un uomo molto silenzioso e introverso, almeno così mi era apparso,
durante il tragitto fino alla cella non professò parola. Arrivammo finalmente a
destinazione ed io, ringraziato Faria, mi ritirai
nella mia cella, sfinito dal viaggio, mi appoggiai sul letto e caddi in un
sonno profondo. Il giorno dopo, fui ricevuto dall’abate il quale m’illustrò la
situazione: era un uomo che doveva avere all’incirca 60 anni, era basso e
minuto, i suoi occhi azzurri, quasi di ghiaccio, contribuivano a dare al suo
sguardo un so che di fierezza, il suo volto era
contornato da una lunga barba bianca non molto curata, direi. Il suo volto
esprimeva sicurezza…una sicurezza che un uomo può acquistare solo con gli anni
e con l’esperienza, ma dietro quella figura così fiera
si nascondeva sofferenza e malinconia, forse per una scelta non dettata dalla
vocazione ma da fattori esterni. Mi spiegò che in quei giorni c’erano stati
degli omicidi che stavano mettendo seriamente in cattiva luce l’abbazia, mi
disse ancora che da quando erano accaduti quegli avvenimenti molti fratelli avevano
deciso di andarsene. Alla fine della discussione, l’abate mi presentò frate Sofocle, che mi avrebbe fornito tutte le informazioni
per svolgere un buon lavoro.
‘Spero di rendermi utile’ disse
Sofocle.
‘Spero solo di riuscire a
sbloccare questa situazione così poco chiara.’ Dissi
io.
Il frate che mi presentò
l’abate, tale Sofocle, doveva avere, credo, all’incirca 40 anni. Era magrissimo
e molto alto. Il suo saio, infatti, gli andava corto e largo. I suoi capelli erano di un nero intenso così come i suoi occhi…mai visti
occhi così! Camminava con andatura fiera e sicura come uno dei più valorosi
condottieri romani. Doveva avere una forte personalità ed era quello che da
qualche tempo cercavo in un assistente.
Sofocle ed io uscimmo dallo scriptorium dove ci aveva
ricevuti l’abate discutendo sul da farsi. Parlando, arrivammo al refettorio
dove avevo deciso di iniziare le mie ricerche. Entrati nel refettorio, si sentì
immediatamente un miscuglio di odori che nel complesso
non erano piacevoli si sentiva il classico tanfo di cucina, il frate stava
apparecchiando l’immenso tavolo che avrebbe ospitato a breve gli altri fratelli
per la colazione. Il tavolo sembrava di ottima fattura ben
lavorato, al contrario la stanza era molto povera con solo un grande
crocifisso appeso sulla parete di fronte a noi. I muri erano molto trasandati:
avevano i segni del tempo nelle loro crepe ma in compenso la stanza era
alquanto pulita. Il frate sembrava un uomo centenario curvo e stempiato con i
segni dell’età impressi nelle sue rughe e nella sua barba bianca
come la neve. Quando si avvicinò a noi, Sofocle
cominciò a parlargli all’orecchio con voce molto alta dal momento che la sua
tarda età gli stava progressivamente togliendo il dono dell’udito:
‘Frate
Anselmo, costui è Etienne da Cluny, è stato chiamato
qui dal nostro Abate per risolvere il problema della
nostra Abbazia.’
‘Frate
Anselmo vi chiedo di aiutarmi a risolvere questo enigma dicendomi tutto quello
che sa su questa strana faccenda.’ Dissi io. Il frate cominciò a spiegarmi tutto
quello che sapeva:
‘In questi giorni ho
notato un po’ di nervosismo tra gli altri fratelli. Io non ne conoscevo i
motivi quindi, spinto dalla curiosità di sapere, andai dal frate
Guglielmo e gli chiesi il perché di tanto
nervosismo e il frate mi affermò che i fratelli erano
preoccupati in quanto nella notte era stato ucciso in modo spaventoso un
fratello giunto da poco nella nostra Abbazia, un certo Fra Gherardo da Pavia.
Indi dopo quella notte, si susseguirono altri omicidi e noi tutti da quel giorno
ci sforziamo continuamente di capire che cosa spinga
quest’uomo a commettere questi atroci peccati…Lei, Etienne, ci deve aiutare
perché ho tanta paura di essere il prossimo! Ci aiuti, la
prego!’ disse con voce supplichevole il povero cellario.
‘Cercherò di fare il possibile per aiutarvi! In ogni modo la
ringrazio per la collaborazione.’
Discusso con il frate,
uscimmo dal refettorio. Usciti, udimmo la campana che richiamava i fratelli per
la prima preghiera del mattino dovevano essere le laudi, se non ricordo male,
arrivammo nei pressi della chiesa dove si sarebbe tenuta la preghiera, non ricordo bene ma credo che la chiesa fosse in ottimo stato e
ben pulita. Quello che non potrò dimenticare fu il
forte odore d’incenso che sentii entrando nella chiesa, così forte che quasi mi
soffocava.
Finalmente arrivò l’abate
e celebrammo la prima preghiera del mattino, in quel momento potei vedere tutti
i fratelli che abitavano l’abbazia: ne erano forse una
ventina tutti immersi nella preghiera e nel chiedere perdono a Dio dei loro
peccati. Quasi alla fine della funzione liturgica Sofocle mi disse che c’era un
frate, un certo…non ricordo, che mi voleva parlare nello scriptorium
dopo la funzione. Finita la funzione, mi recai con Sofocle
nel luogo prestabilito, arrivati, c’era il corpo senza vita dello
sfortunato frate. Il corpo non presentava nulla che facesse
supporre ad un omicidio: non c’era sangue né in terra né sul corpo dello
sfortunato, sembrava che stesse dormendo.
Allora piaciuto questo
primo chap… spero di sì… se volete
presto il seguito di
questo racconto commentate in tanti…
Vostro
Lord Kelsen80