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Autore: Komadocchi    04/01/2011    5 recensioni
Magnus guarda col cuore spezzato un Alec crudele e colmo di odio. Come può essere così cattivo e arrabbiato?
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché mi guardi così? Cosa ti ho fatto?

Sanguini, ma non ricordo di averti colpito. Mi guardi come se fossi stato io.

Non lo farei mai. Non ti ferirei mai, perché in 200 anni sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. I tuoi rari e bellissimi sorrisi, quelli che mi concedi, mi fanno sentire felice, come se finalmente ci fosse un posto per me in questo dannato mondo.

Eppure c'è così tanto odio nel tuo sguardo.

Sento le lacrime scorrere sul mio viso. Tu mi fissi come se fossi una crepa sul servizio di porcellana della nonna. Come se io fossi solo uno sbaglio, un errore.

Alle mie spalle sento dei passi e Jace mi sorpassa. Tu volgi gli occhi a lui e il tuo rancore svanisce. Ti brillano gli occhi, come una volta brillavano per me. Il petto mi fa male: né il mio cuore che si spezza. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che avevo provato questa sensazione. E ogni volta che pensi di aver esagerato quando l'avevi provata, ti accorgi di quanto sia potente. Una sensazione talmente potente da annientarti.

Sto affondando Alexander, sto affondando perché ti ho amato troppo. Ma in questo momento tu hai occhi solo per Jace. Gli sfiori i capelli, gli zigomi, le labbra. Sospiri e lo baci. Non un bacio dolce, ma un bacio colmo di lussuria, di passione.

Non mi hai mai baciato così. Ma ora capisco. Mi amavi perché non potevi avere lui. Entrambi eravamo proibiti. Ero solo uno stupido surrogato di un Cacciatore biondo e narcisista.

Capisco tante cose, mentre il tuo sangue inzuppa la candida camicia bianca di Jace. Cose che mai avrei voluto capire. Mi bastava solo che noi due fossimo felici insieme. Era forse troppo? Troppo per me, uno stregone al quale la vita aveva sputato in faccia più e più volte?

Mentre scivolo in un buco nero, tu ti separi da Jace e ti avvicini. Vorrei odiarti come tu stai odiando me, ma non ci riesco. Sei bellissimo e crudele, tanto affascinante da togliere il fiato. Ti maledico a denti stretti e tu mi sorridi. Prendi il mio viso tra le mani e asciughi con il pollice un rivolo di sangue che mi stava colando dalla bocca. Ma quando avevo cominciato a sanguinare? Mi guardo il petto e c'è una delle tue lame piantate nel mio cuore.

“Perché?”. Non ho altro da chiederti. Una domanda che però esigerebbe migliaia di risposte, alcune delle quali non spetta a te fornirle.

“Magnus”. Mi chiami. Ma non c'è alcuna traccia di odio nella tua voce. “Magnus”. Perché la tua voce è così tremendamente dolce? Mi stai facendo impazzire.

Tu continui però a guardarmi come se fossi il vaso di Pandora.

Alle tue spalle Jace svanisce, inghiottito da un'oscurità che sta per avvolgere anche noi. E' questo che si prova mentre si sta morendo? Perché io sto morendo, non c'è altra spiegazione.

Vorrei aprire le labbra e dirti almeno addio, ma non ci riesco e non so nemmeno se ti importerebbe.

E mentre annego in questo buio infinito, proprio un'istante prima che tutto diventi il nulla eterno, tu ancora per una volta sussurri il mio nome.

 

“Magnus?”. Apro gli occhi. Sono steso nel mio letto e c'è un corpo caldo che preme contro il mio. Giro la testa e incontro il tuo sguardo premuroso e preoccupato.

“Era solo un brutto sogno.”. Mi sussurri piano, accarezzandomi la guancia con la tua mano leggermente callosa. La luce della luna scivola sui tuoi fianchi, coperti a malapena dal lenzuolo rosso che nell'oscurità è quasi nero. Sulla tua pelle vedo ancora i marchi che ti sei fatto ore fa per andare a caccia. Devo toccarti. Devo sapere che sei vero e che non svanirai dalle mie dita e dai miei abbracci come sabbia. Appoggio il mio viso sul tuo petto e tu affondi le dita nei miei capelli. Il tuo profumo mi invade le narici. Sei vero e sei mio.

“Ti amo Alexander Lightwood. Ti supplico, non abbandonarmi mai.” ti sussurro.

Tu avvicini le labbra al mio orecchio. Il tuo semplice respiro mi fa stringere il cuore. “Perché mai dovrei? Ti amo, non ti lascerei mai. Sei tutto per me. Ho sfidato la mia stessa famiglia per averti. Non voglio assolutamente perderti.”

Ti stringo forte, non ho paura che tu possa spezzarti. Tu sei la mia roccia, la mia ragione di esistere. Puoi fingere quanto vuoi di essere quello rigido, quello che non si abbandona alle emozioni. Ma quando siamo soli, ci rendiamo conto quanto siamo entrambi dipendiamo l'uno dall'altro. E non voglio che sia in nessun altro modo.

“che cosa hai sognato?” Mi chiedi dolcemente. Lo sai che non ti mentirei mai. Ma questa volta credo che lo farò. Non voglio farti soffrire per qualcosa che non hai fatto.

“Oh, che indossavo un paio di banalissimi jeans e una maglia bianca ad un incontro ufficiale con la regina del Regno Unito.”

Tu ridi e mi dai dell'idiota.

Hai proprio ragione Alec, sono il tuo idiota. Per sempre.




Finalmente mi sono messa d'impegno e spero di aver scritto qualcosa di decente. Considerando che sono partita pensando ad una ff ambientata davanti all'albero di natale al Rockfeller Center, siate buone nel giudicare.
Per quanto riguarda il titolo, Phobetor è il nome del dio greco degli incubi.
E scusatemi per tutti quei "Perché" .
Nel caso ci fossero errori o refusi, fatemelo pure notare.

   
 
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