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Autore: Aine Walsh    04/01/2011    9 recensioni
Descrivi il tuo papà, era questa la consegna.
Niente di più facile, no?
Non appena l'insegnante aveva dato il via, tutti i bambini avevano iniziato a scrivere velocemente sui loro quaderni, desiderosi di far apparire i loro padri come degli eroi.
Ma Julian no.
Era rimasto spiazzato, non sapeva cosa scrivere.
Un papà lo aveva anche lui, e di ciò ne era sicuro.
Delirio scritto durante una notte insonne... Pardon!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa: con questa one shot non voglio mettere in cattiva luce John, ok?

Ripeto, è solo un delirio, un brutto delirio, scritto durante una notte insonne.

 

Il Mio Papà

 

Erano ormai passati trentacinque minuti da quando la maestra, la signorina Hudson, aveva dettato agli alunni il titolo del tema e Julian stava ancora fissando il suo foglio bianco.

 

Descrivi il tuo papà, era questa la consegna.

Niente di più facile, no?

 

Non appena l'insegnante aveva dato il via, tutti i bambini avevano iniziato a scrivere velocemente sui loro quaderni, desiderosi di far apparire i loro padri come degli eroi.

Ma Julian no.

Era rimasto spiazzato, non sapeva cosa scrivere.

Un papà lo aveva anche lui, e di ciò ne era sicuro.

Ricordava un uomo alto, con i capelli prima corti e poi lunghi, con gli occhiali e senza che entrava e usciva di casa, spesso anche senza che lo stesso Julian se ne accorgesse.

E quelle rare volte che riusciva ad incontrarlo, lo ricordava chiuso nella sua stanza o troppo indaffarato per dedicargli attenzione.

Però ricordava anche che erano riusciti a giocare a pallone insieme e che, un giorno, suo padre l'aveva portato con sé per fargli ascoltare una canzone che aveva scritto con zio Ringo, zio Paul e zio George.

 

A quel pensiero, si rallegrò.

Sapeva che suo padre non era cattivo.

 

Adesso non lo vedeva da tanto, il suo papà.

Mamma gli diceva che papà lavorava tanto e lavorava anche lontano e che ogniqualvolta che tornava a casa era sempre tardi e lui dormiva.

E non mancava mai di ripetergli che suo padre gli voleva bene e lo pensava sempre.

Eppure, quando Julian riusciva a vedere quell'uomo in televisione, non lo vedeva mai con sua madre Cynthia, ma con un'altra donna, una signora con gli occhi strani, pensava il bambino.

Tuttavia, sentiva di non potersi fidare completamente della madre perché altre volte aveva sentito lei e nonna parlare male di quel suo famoso papà.

 

L'orologio segnava le 10.45.

Presto tutti avrebbero dovuto smettere di scrivere e leggere i loro testi alla classe.

 

Nessuno fiatava.

Nell'aula regnava un silenzio assoluto, interrotto solo dal leggero rumore delle matite che premevano e si spostavano più o meno velocemente sulla carta.

Seduta dietro la cattedra, la signorina Hudson leggeva un libro.

Julian guardò fuori dalla finestra accanto a lui. Era una magnifica giornata.

Il bambino avrebbe di gran lunga preferito andare a giocare piuttosto che svolgere un compito del genere.

Non aveva molti bei ricordi con suo padre, ma non ne aveva nemmeno di brutti. Aveva solamente pochi ricordi e basta.

 

Sconfortato, posò nuovamente lo sguardo sulla pagina bianca del quaderno, ormai rassegnato all'idea di dover prendere un brutto voto.

Poi, un'idea gli balenò nella mente.

Mamma avrà sicuramente conosciuto meglio papà, pensò tra sé e sé.

Quindi, animato da una nuova speranza, si mise a scrivere ciò aveva sentito dire da sua madre unito a quel poco che ne sapeva e ricordava.

 

«Julian» lo chiamò sorridendo la maestra «Vuoi leggere quello che hai scritto?».

Silenziosamente, il bambino si alzò e andò accanto alla cattedra, posizionandosi davanti ai suoi compagni.

Guardò prima loro e poi l'insegnante, dopodiché, si schiarì la voce e incominciò.

 

«Il mio papà si chiama John.

John Lennon.

E' un cantante e lavora sempre.

Io non lo vedo mai perché adesso abita in un'altra casa con un'altra signora, anche se la mamma mi dice che non è vero.

E' uno stronzo, ma mi vuole bene ed io ne voglio tanto a lui».

 

 

 

Mi dispiace...

  
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