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Autore: angelroy    15/12/2005    9 recensioni
il testo della "lettera" è la canzone di L. Pausini "Mi dispiace".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mamma ho sognato che bussavi alla mia porta

“Mamma ho sognato che bussavi alla mia porta
E un po' smarrita ti toglievi i tuoi occhiali
Ma per vedermi meglio e per la prima volta
Sentivo che sentivi che non siamo uguali
Ed abbracciandomi ti sei meravigliata
Che fossi così triste e non trovassi pace
Da quanto tempo non ti avevo più abbracciata
E in quel silenzio ho detto piano... mi dispiace!
Però è bastato quel rumore per svegliarmi
Per farmi piangere e per farmi ritornare
Alla mia infanzia a tutti quei perduti giorni
Dove d'estate il cielo diventava mare
Ed io con le mie vecchie bambole ascoltavo
Le fiabe che tu raccontavi a bassa voce
E quando tra le tue braccia io mi addormentavo
Senza sapere ancora di essere felice.

Ma a sedici anni io però sono cambiata
E com'ero veramente adesso mi vedevo
E mi senti ad un tratto sola e disperata
Perché non ero più la figlia che volevo
Ed è finita li la nostra confidenza
Quel piccolo parlare che era un grande aiuto
Io mi nascosi in una gelida impazienza
E tu avrai rimpianto il figlio che non hai avuto.
Ormai passavo tutto il tempo fuori casa
Non sopportavo le tue prediche per nulla
E incominciai a diventare anche gelosa
Perché eri grande irraggiungibile e più bella
Mi regalai così ad un sogno di passaggio
Buttai il mio cuore in mare dentro una bottiglia
E persi la memoria mancando di coraggio
Perché mi vergognavo di essere tua figlia!

Ma tu non bussi alla mia porta e inutilmente
Ho fatto un sogno che non posso realizzare
Perché ho il pensiero troppo pieno del mio niente
Perché l'orgoglio non mi vuole perdonare
Poi se bussassi alla mia porta per davvero
Non riuscirei nemmeno a dirti una parola
Mi parleresti col tuo sguardo un po' severo
Ed io mi sentirei un'altra volta sola.
Perciò ti ho scritto questa lettera confusa
Per ritrovare almeno in me un po' di pace
E non per chiederti tardivamente scusa
Ma per riuscire a dirti mamma... mi dispiace!
Non è più vero che di te io mi vergogno
E la mia anima lo sento ti assomiglia
Aspetterò pazientemente un altro sogno.
Ti voglio bene mamma... scrivimi... tua figlia.”

 

 

Ginny posò la piuma e rilesse velocemente la pergamena con gli occhi appannati dalle lacrime. Si era decisa. Finalmente le aveva scritto. Ma sarebbe servito a qualcosa? Erano anni che non vedeva la sua famiglia, i suoi fratelli… aveva solo delle notizie tramite la sua amica Hermione, l’unica che continuava a parlarle dopo che lei aveva preso la sua strada. Una via che tutti avrebbero giudicato folle, “un capriccio da ragazzina” le aveva detto il fratello Ronald. Eppure quel capriccio l’aveva resa immensamente felice… ma ora le mancava, le mancava quella donna che la coccolava da bambina, che le accarezzava i suoi capelli rossi quando non riusciva a dormire, che le aveva insegnato tutto ciò che la vita avrebbe potuto chiederle, da lei aveva imparato ad essere forte. E proprio con quella forza, unita all’ amore incondizionato per un ragazzo bello e dannato, che, all’età di 16 anni era andata davanti a quella donna, confessandole tutto. Ogni più piccola sensazione che provava stando vicina al suo amore, i suoi sentimenti, i suoi sogni. Aveva pensato che l’avrebbe capita. Invece, tutto quello che ricevette fu uno sguardo severo. Nessuna parola di conforto. Non era più sua figlia. Non con quell’uomo affianco. Fu così che decise di lasciare la scuola e seguire il suo istinto che le suggeriva che quella era la sua via. Quello era il suo amore. E così era stato.  Ginny Weasley e Draco Malfoy  avevano entrambi rinnegato le loro vite, le loro origini per seguire il loro destino. Avevano rinunciato a tutto pur  di stare insieme. Era stato duro all’inizio, un vero inferno. Due giovani lontani da casa per la prima volta a lottare con il mondo. Lottare per creare il loro mondo, in cui si sarebbero rifugiati per trovare la felicità. E così era stato. Ora vivevano in una casetta alla periferia di Londra, avevano una bimba di tre anni, rossa come la madre e con gli occhi metallici del padre. Ed era stato proprio quando l’aveva messa al mondo che aveva capito che le mancava. Le mancava sua madre.

Ginny si asciugò una lacrima che le rigava la guancia. Ripercorrere quei ricordi era doloroso. Tanto.

“Gin.. che fai sveglia?” I suoi occhi di ghiaccio si posarono sulla moglie seduta alla scrivania. Si alzò e le si avvicinò. La strinse forse a sé. Sapeva bene il motivo della sua tristezza senza che lei glielo dicesse apertamente. “Vedrai che prima o poi capirà”.

Parole semplici, ma dette col cuore di chi spera e crede veramente. Ginny si lasciò cullare da quell’abbraccio.

“Ti amo” si sentì sussurrare all’orecchio.

“Anche io ti amo” rispose fissando quegli occhi chiari come il ghiaccio.

  
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