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Autore: Kukiness    06/01/2011    16 recensioni
PRIMA CLASSIFICATA PARIMERITO al concorso "Jacob e Bella, semplicemente" indetto da Vivien L
«Ho capito.» Il rasoio si lascia dietro una striscia di pelle umida e liscia, una pennellata di bruno in tutto quel bianco azzurrino. Mulino di nuovo la lama nell'acqua. «Vuoi provare?»
«A farmi la barba?» Bella ride di nuovo. Sa un po' più di arancia e un po' meno di imbarazzo. «No, grazie, me la sono già sistemata stamattina.»
«Non a te, scema. Vuoi farla a me?»
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Jacob
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Nota del 12/9/2012

La storia del “tu voli” è storia vera. Una bellissima storia vera.



PANNA DA BARBA



La mamma è morta quando avevo circa quattro anni, perciò mi ricordo poche cose di lei, e anche quando credo di ricordarla la confondo sempre con Rachel o con Rebecca. A volte, in effetti, la confondo anche con Sue Clearwater, che mi teneva quando papà andava a lavoro e le mie sorelle a scuola, e la cosa manda papà davvero a pezzi.

Tipo quella volta che stavamo pulendo il garage, e ho trovato un pupazzo di Topolino di plastica ormai sbiadita, con le orecchie mezze masticate.

Mi sono messo a ridere. «Oddio, ma è Broccoletto! Sue lo faceva parlare con le voci buffe quando non volevo mangiare le verdure. Pensavo lo avessi buttato.»

Papà è rimasto in silenzio per un momento, poi ha sospirato. «Quella era la mamma, Jake,» ha detto. «Era tua madre a farlo.»

Per questo, anche quando credo di ricordarmi qualcosa, non posso chiedere conferma a papà. Rischio di farlo diventare triste.

Di una cosa però sono sicuro. Una volta la mamma mi ha fatto assaggiare la schiuma da barba. Sì, lo so, detta così sembra una cosa strana. Però è così, lo giuro. Mi sembra di sentirne ancora il sapore sotto la lingua.

Era poco prima che lei morisse, credo. Non so perché, ma ho un ricordo piuttosto chiaro di quel giorno. Non so quanto appartenga al vero ricordo e quanto invece derivi dal mio tentativo di riempire gli spazi vuoti con le fotografie che ho visto di lei e con i racconti delle mie sorelle. Ma era la mamma, quella, lo so. Eravamo in bagno. Forse mi aveva appena fatto il bagnetto, o io l'avevo seguita nelle faccende di casa, comunque sono sicuro di averle chiesto perché papà si spalmasse la panna in faccia.

Lei ha riso, e la sua risata me la ricordo, non è quella di Sue, quella la conosco. «Ma non è panna, tesoro. Non ci si spalma la panna in faccia.»

Le detto qualcosa sul fatto che nei cartoni lo fanno sempre.

Allora lei mi ha fatto sedere sul bordo del lavandino, tenendomi fermo con una mano, e con l'altra mi ha gonfiato una pallina di schiuma da barba sulle dita.

«Annusa, Jake. Ti sembra che abbia il profumo della panna?»

Sapeva di dentifricio e del mento di papà.

«La vuoi assaggiare? Tira fuori una punta di lingua.»

Me ne ha messo uno sbuffo sulle labbra. Era amaro e pungente. Credo di aver fatto una smorfia disgustata, lei si è messa a ridere di nuovo e mi ha fatto lavare le mani.

«Non devi mettere in bocca le cose perché sembrano panna, o cioccolato, o patatine fritte, adesso hai capito? Devi sapere distinguere le cose.»

Non so perché mi sia venuto in mente. Ci penso spesso quando mi faccio la barba. Papà e io non usiamo più la schiuma spumosa, ma un gel azzurro e freddissimo che in teoria dovrebbe rendere la pelle più morbida. Evidentemente non l'hanno progettato per rasare i licantropi. Da quando ho cominciato a trasformarmi, non sono cresciuto solo in altezza: anche i capelli si allungano più velocemente, e sono più spessi e robusti, per non parlare della barba e dei baffi, di cui fino a quel momento non avevo visto nemmeno l'ombra. Adesso mi sveglio la mattina con il mento ruvido, che mi gratta i palmi delle mani.

«Ma non sei troppo piccolo per giocare con il rasoio?»

È la voce di Bella. Strofino il polso sul vetro appannato dello specchio e la vedo, appoggiata contro lo stipite della porta del bagno, con le braccia incrociate e un vago sorriso che le stira le labbra. Quando fa così è contagiosa. Anche gli angoli della mia bocca si arricciano tra gli sbuffi della schiuma.

Tuffo il rasoio nel lavandino riempito di acqua calda, che diventa lattiginosa. «Se non ricordo male eravamo rimasti che avevo cinquanta e passa anni.» Il rasoio è tiepido quando lo appoggio contro la guancia. «Tu piuttosto. Non sei troppo grande per non sapere che è buona educazione bussare?»

Fa spallucce e ride. «Mi ha fatto entrare tuo padre. Mi ha detto che potevo venire su a vedere se eri sveglio. Non mi aspettavo di trovarti a giocare con la schiuma da barba.»

«Ah-ah. Molto spiritosa. Se mi taglio per colpa tua me la paghi.»

«La pagherò comunque, la vista del sangue mi fa venire la nausea.»

Le suole delle sue scarpe da ginnastica squittiscono sul pavimento di piastrelle. Ora è al mio fianco. Mi basta ruotare gli occhi per vederne il profilo, e quasi mi taglio davvero, se non ci sto attento, dannazione. Faccio scivolare la lama lungo la linea del mento, e la barba fa grat grat.

«Beh? Che hai da guardare? Non ti sei mai depilata le gambe?»

Aspetta che io tuffi di nuovo il rasoio nel lavandino prima di colpirmi con un pugno sulla spalla. «Idiota. E comunque io ho l'età giusta per farlo. Mi fa quasi senso vederti radere. Sei diventato proprio un uomo...»

Le budella mi si attorcigliano. Il mio riflesso irrigidisce la mandibola. «Non sei costretta a guardarmi, se ti sembro così ridicolo. Puoi aspettarmi in camera mia, tanto non ci metto molto.» Sotto gli sbuffi di schiuma sono arrossito. Devo sempre fare la figura del bamboccio permaloso, eh?

«No, non intendevo senso in quel senso!»

Ruoto di nuovo gli occhi verso di lei. Mi sbircia da sotto le ciglia, ma fa finta di guardare per terra. Ha il profumo del bagnoschiuma all'arancia che le ha regalato Charlie e dell'imbarazzo. Le budella mi si attorcigliano di nuovo.

«È che... sei... È strano, sì, ma sei... bello. Rasarti ti sta bene, ecco.»

Aaah. Senso in questo senso. Mi viene di nuovo da sorridere.

«Ho capito.» Il rasoio si lascia dietro una striscia di pelle umida e liscia, una pennellata di bruno in tutto quel bianco azzurrino. Mulino di nuovo la lama nell'acqua. «Vuoi provare?»

«A farmi la barba?» Bella ride di nuovo. Sa un po' più di arancia e un po' meno di imbarazzo. «No, grazie, me la sono già sistemata stamattina.»

«Non a te, scema. Vuoi farla a me?»

Si irrigidisce e rimane con la bocca semi-aperta, a metà tra il sorriso e la sorpresa. «Ma... io non credo di esserne capace.»

Mi metto a ridere. Non mi ero mai accorto quanto la mia risata assomigli a un latrato. Rimbomba tra le pareti del bagno come una esplosione. «Non ci vuole mica un genio, eh! Ci riesce pure Paul senza sgozzarsi, il che è tutto dire. Basta che vai piano. Guarda, ti faccio vedere.»

Le metto il rasoio in mano e poi avvolgo la sua mano nella mia. Una strana euforia mi fa sfarfallare lo stomaco. Per un istante lei rimane rigida, poi la sento rilassarsi contro il mio palmo. Mi sorride.

«Sì, ma lo sai che se ti taglio ti vomito sulla maglietta? Sei proprio sulla linea di tiro, così.»

«Evvabbè, se comincerò a zampillare sangue dalla giugulare il vomito sarà proprio l'ultimo dei miei problemi, non credi?» Sono costretto a piegarmi un po' prima che possa raggiungere le mie guance agevolmente. Le strizzo leggermente la mano, per poi farle appoggiare il rasoio più o meno sotto il mio zigomo sinistro. «Cominciamo da un punto facile, che ne dici?» Gonfio le guance e lentamente le faccio scivolare il rasoio sulla guancia, inclinandolo in modo che le lame grattino la barba. «Contropelo, mi raccomando, sennò non viene via niente.»

Ridacchia, e la sua voce è spessa, gorgogliante di imbarazzo e eccitazione. «Jake! Ti sto rasando!»

«Te l'ho detto che era facile. Vuoi provare da sola?»

«O-okay. Riesci a stare così? Sennò non ci arrivo.»

Giusto. Bella è piccola e profuma di arancia e ora anche un po' di schiuma da barba. Annusa, Jake. Un po' è anche il mio odore. La vuoi assaggiare?

Lo stomaco mi sfarfalla di nuovo, questa volta spicca quasi il volo.

«Sì, hai ragione, aspetta.» Anche la mia voce adesso è spessa. Mi schiarisco la gola. Mi siedo sul bordo della vasca da bagno. È duro e freddo e sono costretto ad allargare le gambe per bilanciarmi e non rischiare di scivolare all'indietro. Lascio il rasoio nella mano di Bella. «Vieni qui.»

Lei resta vicino al lavandino, con il rasoio in mano e un'espressione indecifrabile sul volto. Mi chiedo quante altre ragazze riescano a sembrare bellissime alla luce del neon del bagno. La vuoi assaggiare?

«Vieni qui, Bells.»

Le prendo la mano libera e la tiro verso di me. Il mio bagno è stretto, ma Bella è piccola, si incastra tra me e il lavandino, in piedi tra le mie ginocchia, e continua a sapere di arancia e forse non vorrei più respirare. Mai più.

«Dai, prendi dell'altra schiuma, questa qui si è quasi assorbita tutta.»

Bella non dice niente. Annuisce con un secondo di ritardo. Si gira verso il lavandino e prende la bomboletta di panna. Di schiuma. La scuote forte e si gonfia un po' di gel azzurrino sul palmo della mano, incastrando il rasoio tra le dita per non sporcare il manico.

«Devi... devi spalmarla sulle guance.» Frullo le dita vicino ai miei zigomi, per imitare il movimento. «Diventa schiumosa quando lo fai.»

Bella emette uno sbuffo tra il divertito e l'imbarazzato. È tutta rossa in volto, ma nel bagno fa davvero caldo, e, insomma, faceva così caldo anche prima? No? Forse dovrei aprire la finestra. Ma forse dopo.

Il gel è freddo, le mani di Bella no. La crema mi impiastriccia le guance, sfrigola e diventa spumosa. Bella ride e continua a spalmarmela sulle guance, sul mento, sul naso, anche se non dovrebbe. L'odore di menta è fortissimo, eppure continuo a sentire l'arancia, da qualche parte, incastrata nel mio cervello.

«Swan, sii seria, se non vuoi che poi la faccia io a te, la barba.»

«Scusa, hai ragione. Adesso sembri Babbo Natale.»

«È colpa tua, razza di Barbiere di Siviglia impazzito che non sei altro. Ma non hai mai visto Charlie rasarsi?»

«Stai un po' zitto? Se mi fai ridere ti faccio finire la schiuma negli occhi!»

«Oddio, non voglio pensare a quando dovrai usare il rasoio... dai, lava un po' la lama nel lavandino. Così, brava.»

Il rasoio è tiepido. Lo appoggia sul mento, vicino all'attaccatura dell'orecchio.

«Va bene qui?»

«Dove vuoi. Ho pelo un po' dappertutto. Dai, piano, ora.»

La lama comincia a scorrere verso il basso. Una, due, tre volte. Gli occhi di Bella sono fissi su un punto imprecisato della mia faccia, probabilmente dietro la scia di pelle nuda che si lascia dietro il rasoio. Ha le sopracciglia aggrottate, la punta della lingua incastrata tra i denti per la concentrazione. Sorride.

Vuoi assaggiarla?

Non devo deglutire. Non posso respirare. Mi accorgo di aver allungato le mani verso di lei solo quando sento la stoffa ruvida dei suoi jeans grattarmi i polpastrelli. Annusa, Jake. Bella sobbalza.

Ouch.

«Oh! No! No, no, no. Oddio! Oddio, Jake, scusami!»

Quando mi tocco la guancia mi impiastriccio le dita di bianco e di rosso. Una ferita da niente, pizzica, sì, ma mi sono fatto di peggio, soprattutto i primi tempi. Bella però mi guarda come se mi avesse appena aperto in due la gola ed è impallidita.

«Eddai, Bells, non è niente, tranquilla. Sto solo per morire dissanguato, niente di che.» Lei geme. «No, dai, stavo scherzando! Guarda, è una cosa da nulla, tranquilla. Passami la carta igienica, guarda come si fa.»

«Oddio, oddio. Te lo avevo detto, te lo avevo detto che non ero capace! Te lo avevo detto che ti avrei fatto male. Guarda! Stai sanguinando!» Butta giù un flacone di shampoo prima di riuscire ad afferrare il rotolo di carta igienica. «E adesso? Vuoi un cerotto? Dobbiamo disinfettare! Io...»

«Bells! Dai, è solo un taglietto! Sai quanti me ne sono fatti, da solo?» Strappo un foglio e me lo passo sul mento. Una striscia di rosso si allunga sulla carta. Non c'è bisogno di un'altra passata, la ferita si è già rimarginata. Probabilmente la pelle è già tornata compatta, al limite sarà rimasto un puntino arrossato, che sparirà nel giro di qualche minuto. Uno dei vantaggi di essere un licantropo. «Ecco, visto? A posto. Non è successo niente.»

Bella sospira forte. Mi sfiora la guancia fresca di rasatura con le dita in una specie di goffa carezza. Il cuore mi gonfia la gola.

«Sono una frana. Non volevo farti male.»

«Lo so che non volevi.»

«Sono stata attenta, lo giuro.»

«Lo so che lo sei stata.»

«Io... oh, maledizione. Sono una stupida. Non è possibile essere così imbranati. Per gli altri queste cose sono facili... facili come camminare! E a me non riesce bene nemmeno quello...»

Il cuore si scioglie, come se avessi ingoiato una caramella. Una caramella all'arancia. Mi ritrovo a cercare le sue dita sulla mia guancia, e lei non si ritrae. Rimane a guardarmi, incastrata tra le mie ginocchia, mentre le guido la mano in una carezza più decisa, come poco fa le ho spiegato come si usa il rasoio.

«Ma, Bells. Non ti serve camminare. Tu voli.»

La mano scivola sulla guancia come la lama del rasoio. È dolce e fresca, e quando arriva alla bocca e ci premo sopra le labbra il profumo di arancia mi si conficca nel cervello e nel cuore. Annusa, Jake. Ha l'odore della schiuma da barba e della mia pelle e un po' del mio sangue. Ma ha il sapore della panna. E anche il suo polso e l'avambraccio, e quando si piega su di me sa di panna anche il suo collo, e le sue guance e la sua bocca. O è la panna a sapere di Bella e io manco lo sapevo.

La mia schiuma da barba sa di Bella, ora sì. Questo sì.



Fine





© Non possiedo ovviamente né Twilightné i suoi personaggi né la sua ambientazione, ma questa storia sì. È stata scritta senza scopo di lucro e gradirei che così rimanesse. Se volete pubblicarla altrove, citarla, recensirla, tradurla, stamparla e farci coriandoli, siete assolutamente liberi di farlo, basta riportare i dovuti credits. So long, and thank you for all the fish.




   
 
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