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Autore: cenerella    06/01/2011    8 recensioni
Uno scrittore, bell'uomo, seduttore incorreggibile e la ragazza della copisteria. Un pomeriggio tardi, prima di cena...
Questo è il capitolo finale di un esperimento collettivo. Mi piace molto partecipare alle FF di gruppo ma, mi sono resa conto che i miei contributi funzionano quasi sempre anche come OS. Non lo faccio apposta...mi vengono così.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il suono del campanello mi aiuta a riemergere dalla noia del tardo pomeriggio.
Sono già le sette?
Sono anni che mi servo da questa copisteria. Niente word per me. Niente piccì.
Scrivo a macchina, una Olivetti Lettera 32 rosso Ferrari.
Poche correzioni. Nessun ripensamento. Quasi sempre “buona la prima”.
Mai una lamentela da parte loro e consegna con assoluta puntualità.
La figliola del titolare è carina, molto giovane.
L’ho vista crescere e farsi donna. La ricordo allungarmi timidamente una copia del mio romanzo e chiedere una firma, una dedica da mostrare alle compagne.
Mi sorride silenziosa e complice, porgendomi il pacco con il manoscritto corretto.
-Buonasera. -
Molto, molto carina.
-  Anna, è così che ti chiami, no? –
Arrossisce leggermente, lusingata dal fatto che io rammenti il suo nome.
- Entra pure, solo un attimo che finisco una cosa di là. –
La lascio nell’ingresso con le braccia strette intorno al mio romanzo.
Getto il taccuino nero dove annoto i miei appunti nel caminetto e torno da Anna senza neppure guardare se ha preso subito fuoco.
- Allora….vediamo un po’ come è venuto.-
Afferro le forbici e taglio lo spago, le dita impazienti lacerano la carta da pacchi.
Sospiro, il frontespizio. “Una penna in affitto”.
- Bellobellobello…..-
Scorro velocemente le pagine fino all’ultima, un eccellente finale….
 
“- …Gabriele, che stai dicendo...che vuoi fare con quel coltello...AHHHHH…-
L’urlo straziante di Lara risuonò nell’aria solo un istante prima che gli uomini del Commissario Lombardo facessero irruzione nella stanza.
Il rosso denso del sangue, la lama del coltello conficcata nel cuore, il palmo di una mano a stringerne convulsamente il manico mentre, con l’altra mano accarezzava una ciocca dei suoi capelli….Gabriele era a terra, Lara china su di lui a cercare di tamponare con le mani il fiotto di sangue che gli sgorgava dalla ferita.
- e lei è lì…e lei è lì….- Continuò a mormorare con l’anima sulle labbra, fino ad un attimo prima che gli sfuggisse via.”
 
Anna sorride, soddisfatta del suo lavoro quanto del mio.
- Allora, che mi racconti? Come sta papà? –
Cinque minuti di chiacchiere banali.
Disinvolta, nessun imbarazzo, mi conosce da quando era una bimba, si fida, ci diamo del tu.
- Hai già cenato? –
- No, pensavo di prendere una pizza prima di tornare a casa. –
- Una pizza? Scherzi? Fermati dai, che ti cucino qualcosa io.-
Sorride.
Non se lo aspettava. O forse sì, un pochino ci sperava.
- Il mio ragazzo non sa cucinare. È un disastro. E io torno sempre tardissimo.-
Il suo ragazzo?
- Anche stasera aspetta la pizza?
- Stasera no. Gioca a calcetto.-
Il suo sorriso mi sta gridando di sì.
- E allora fermati no?-
- Beh. Allora grazie. Ma non ti disturbare….quello che stavi preparando per te.-
Si toglie la giacca e si guarda intorno.
- Bello qui. –
- Si grazie. E allora, questo giocatore di calcetto…quante sere alla settimana ti lascia da sola con la tua pizza fredda?-
Il trillo del telefono mi salva dall’aver fatto una battuta infelice. E dal non essermi fatto i cazzi miei.
- E’ pronto, finito. Ho ricevuto adesso il manoscritto. Domani te lo lascio in ufficio e poi parto, vado in vacanza, niente rotture di cazzo.-
- …-
- Fai come vuoi. Come sempre. Una cosa solamente, lascia perdere quello pseudonimo da coglione. Usa il mio vero nome.
Gabriele Donato Bricco può andarsene a farsi fottere per sempre.-
Riattacco.
-  Il mio editore, scusa….dicevamo?-
- Parlavamo del mio ragazzo e del fatto che mi fa mangiare sempre hamburger e pizza fredda da sola.-
- Sempre sempre? Non ci credo. Deve essere proprio un fesso a lasciarti cenare da sola. Se tu fossi la mia ragazza…-
- …se io fossi la tua ragazza?-
Sorride. Beh, mica tanto bimba, tutto sommato.
L’atmosfera è diventata improvvisamente elettrica.
Ci penso su un attimo solo.
- Se tu fossi la mia ragazza avrei cura di te, ti farei trovare la cena in tavola quando ritorni a casa, non permetterei che ti nutrissi di hamburger o di pizza al taglio. –
-  E che cosa mi faresti? -
Se tu fossi la mia ragazza farei l’amore con te in ogni stanza della casa, su ogni letto, su ogni tappeto, su ogni tavolino….
A questo sto pensando mentre guardo le mie parole che scivolano ad accarezzarle il volto.
Ma se provocazione voleva essere io non la raccolgo.
- Una minestra calda, con la verdura del mio orto, non quelle in busta surgelate, una minestra da perderci del tempo, da tagliare le verdure ad una ad una, non si può avere fretta quando si cucina.-
Sorride.
Sicuramente sta pensando alla sua infanzia, la mamma o forse la nonna, una minestra pronta in tavola per lei. Una minestra calda, rassicurante, tranquilla, senza problemi e senza doppi sensi.
Niente che possa evocare qualcosa di sconveniente, niente peperoncino, niente tartufi o frutti di mare…
 
 
- E di dessert cosa mi prepareresti?-
- Potrei farti delle mele cotte.-
- Mele cotte?-
- Mele cotte. Che c’è che non va nelle mele cotte?-
- Nulla, nulla. E’ che fanno un po’ reparto di gastroenterologia.-
 
Te la sei cercata, tesoro.
 
-Non le mie.-
Afferro una mela e la soppeso con la mano, ne accarezzo la buccia liscia.
Come si trasforma un’umile mela nel Frutto del Peccato?
- Ascolta,- sussurro -  ci vogliono le mele ma ci vogliono anche delle prugne secche. A cosa pensi quando pensi alle prugne secche?-
Riflette solo un attimo, poi decide di stare al gioco.
- Ad una vecchia zitella avvizzita.-
- Non se le lasci un paio d’ore a bagno nel migliore dei brandy invecchiati.-
Consegno la mela alla ragazza.
 La stringe tra le mani e io stringo le sue mani tra le mie.
- Con un coltello affilato incidi la mela e tagli la calotta superiore. Stando attenta a non far fuori il picciolo.
Poi scavi e asporti il torsolo…
Nello spazio lasciato libero dal torsolo lasci cadere un pizzico di zucchero, una nocciolina di burro e un niente di cannella.
Dopo introduci la prugna, che non è più secca, ha ritrovato la gioventù perduta grazie al brandy invecchiato.
Ancora poco burro, zucchero e cannella.
Rimetti al suo posto la calottina che avevi tagliato prima e sistemi la mela in una piccola pirofila.
Battezzi la mela con il brandy che hai usato per ridare vigore alla prugna secca.
La buccia della mela adesso è umida ed è pronta per ricevere una spolverata di zucchero e di cannella. Il forno deve essere caldissimo.-
La ragazza non ha più fiatato.
 Sono sicuro, ha detto addio per sempre ai suoi pregiudizi sulle mele cotte.
Spietato, la incalzo.
- La mela inizia a sudare, e sudando accoglie dentro di sè gli umori e i profumi del brandy, dello zucchero, della cannella. -
Mentre evoco il languore della mela dentro il forno accarezzo con i pollici il dorso delle sue mani….
- Il calore del forno rende la prugna impaziente, la mela si contorce, sfrigola, e la sua polpa si bagna e diventa morbida….-
- …e dopo? Dopo cosa succede?-
- Succede che la prugna non ce la fa più e, dentro la mela, perde il controllo ed esplode attraversando, oserei dire penetrando, la morbida polpa della mela con i suoi succhi e trascinando con sè il sentore del brandy e della cannella, la dolcezza dello zucchero e la calda carezza del burro ormai sciolto. –
- Ah…!-
- Infine la mela è esausta, sfinita e pronta a ricevere l’ultimo oltraggio del cucchiaio che divide la polpa morbida e, aprendola, ne libera tutti gli aromi.-
- Hai fatto di una mela cotta un’esperienza a luci rosse -
Sorrido sotto i baffi e lascio le sue mani.
Questo numero lo faccio da un sacco di tempo. Probabilmente da molto prima che lei iniziasse ad avere esperienze a luci rosse.
Mordo la mela e leggo nel suo sguardo un filo di delusione.
Una ciocca di capelli le è finita davanti agli occhi.
La prendo delicatamente tra l’indice e il pollice e, prima di sistemargliela dietro l’orecchio, ne saggio la consistenza setosa tra le dita.
- Usciamo? Ti porto al ristorante.-

 
 
   
 
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