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Autore: Sam221b    07/01/2011    1 recensioni
Dopo aver ripescato un coltello da cucina, poiché di meglio non trovava, si mise a tagliare lo scotch che sigillava la scatola, e alla fine, con non pochi sforzi, ce la fece.
Orgoglioso di sé, aprì.
Non riuscì ad urlare nonostante aprì la bocca con il proposito di farlo.
Aveva tentato di gridare mentre tratteneva il fiato, sconvolto, ritrovandosi a boccheggiare davanti allo spettacolo che gli si presentava tra le mani.
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Ho creato questa fan fiction usando Ville Valo come co-protagonista di un personaggio che ho creato molto tempo fa e sulla quale ho scritto molte altre storie: Jacklyn Doyle. Non faccio segreto dell'ispirazione che mi ha dato Sherlock Holmes nella creazione del personaggio e nella stesura delle varie storie, compresa questa. Nonostante ciò, mi propongo una scrittura più "particolareggiata" (ma assolutamente non migliore!) di quella di A.C Doyle, che mi costringe a mettere rating rosso, per motivi che si inizieranno a capire già dal prologo. Detto ciò... buona lettura!
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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n°0. Prelude to Tragedy (prologo)
 
Ad Helsinki poche volte si era visto splendere alto in cielo un sole come quello che quel giorno bagnava di luce il pallido volto dell’uomo da poco ritornato in città. Con gli impegni che il lavoro gli procurava, poche volte era riuscito a dedicarsi una vacanza, forse anche perché non era un particolare amante dei viaggi -probabilmente in quanto per lavoro si vedeva costretto a doverne compiere tanti e di frequente-, ma in quel periodo si era ritrovato con poco più di un mese di libertà prima di riprendere a lavorare, e senza trovare altro miglior modo per impiegare il tempo, levandosi di torno dai suoi amici e colleghi, i quali ormai avevano famiglie a cui badare, aveva optato per dieci giorni su uno sputo di isola al largo dell’oceano atlantico, lontana da tutti e da tutto, con poco più di un centinaio di persone a popolarla, e una calma piatta perfetta per riprendersi dal ritmo frenetico della routine e cercare l’ispirazione in un apatico silenzio. Non si era mai concesso una vacanza simile, anche perché non era uno di quei “VIP” che potevano permettersi di fare avanti e indietro dai Caraibi quando meglio aggrada loro, ma fatto sta che aveva visto la pubblicità di questo villaggio sul giornale ed entro un paio di giorni aveva prenotato. Non aveva però fatto in tempo a spostare i vestiti nell’armadio, che già aveva iniziato a sentire nostalgia del freddo della sua terra natia, delle felpe, del “caos calmo” della città, e della sua torretta accogliente nella quale gli mancava rifugiarsi a leggere per dimenticarsi del resto del mondo. Ed ora, tornato a casa con il sorriso sulle labbra, la sua città aveva ben pensato di fargli trovare un sole che, almeno secondo i suoi canoni da anemico finlandese, spaccava le pietre, come per ripicca per i dieci giorni passati via.
 
Quando il taxi lo lasciò davanti casa, si diresse a grandi falcate verso l’entrata con l’allegria di qualcuno che fosse stato lontano per lunghi anni e tornasse finalmente al nido. In dieci giorni aveva fatto in tempo ad ammonticchiarsi parecchia posta, tanto che dovette entrare in casa e posare zaino e trolley prima di uscire di nuovo e recuperare tutte le missive. Alcune erano lettere da parte di fan della band, che nonostante non potesse materialmente conservarle tutte, o avrebbe riempito la casa di fogli, era sempre un piacere ricevere; altre venivano dalla banca, qualcuna era pubblicitaria, e una era una cartolina dal sud della Francia spedita da un suo vecchio amico che si domandò dove e perché si fosse ricordato della sua esistenza, non essendosi sentiti da almeno un anno dopo che aveva lasciato la scuola.
Pensò a quanto tempo fosse passato da allora, e a come fosse volato. Nonostante la giovane età di trentatré anni, in procinto di diventare trentaquattro, si sentì estremamente vecchio, anzi, vissuto, come avesse bruciato le tappe troppo in fretta. Sospirando, iniziò a far passare le lettere velocemente, lasciando da parte quelle mandate dai supporter per poterle leggere più tardi con calma. Una bolletta non pagata che si appuntò mentalmente di andare a pagare nel pomeriggio... Anzi, la mattina seguente; nuove offerte per il telefono, sconti in nuovi splendidi negozi e supermercati, offerte di guadagno; ma quella che lo fece più ridere fu una busta azzurrina con il disegnino di una macchina stilizzata sopra. Era una scuola di guida che lo invitava a prendere la patente presso di loro, assicurando il massimo dei risultati. Con tutte le volte che aveva provato, ormai ci aveva quasi perso del tutto l’interesse. Ma, insieme al primo foglio, ce n’era un secondo scritto in modo più semplice, bianco.
“Egregio sgr Ville Valo, come detto nella precedente blah blah blah…la invitiamo ad accettare il piccolo omaggio che le offriamo blah blah potrà trovare in allegato a questa lettera in un pacco..?” si guardò intorno. Non aveva trovato nessun pacco.
Lasciando le carte sul tavolo davanti a lui, uscì di casa per accertarsi che non ci fosse nulla. Aveva già perso la voglia quando vide poco lontano dalle scale una piccola scatola di cartone spesso piuttosto malfatta, indirizzata a lui, e con l’adesivo della scuola guida applicato sopra alla buona. La raccolse, rimanendo perplesso mentre tornava in casa.
La scatola non aveva un bell’aspetto; in alcune zone appariva sporca, come fosse incrostata di qualche liquido scuro seccatovi sopra, in alcuni punti era accartocciata e, come non bastasse, gli sembrava emanasse uno strano odore.
Inarcò un sopracciglio, sdegnato “Come al solito il fattorino ha avuto la delicatezza di un pitbull” borbottò fra sé e sé mentre cercava nei cassetti un oggetto con il quale aprire il pacco. Odiava sentirsi perso e non trovare le cose nella sua stessa casa, ed era uno dei motivi che lo spingevano a non andare in vacanza.
Dopo aver ripescato un coltello da cucina, poiché di meglio non trovava, si mise a tagliare lo scotch che sigillava la scatola, e alla fine, con non pochi sforzi, ce la fece.
Orgoglioso di sé, aprì.
Non riuscì ad urlare nonostante aprì la bocca con il proposito di farlo.
Aveva tentato di gridare mentre tratteneva il fiato, sconvolto, ritrovandosi a boccheggiare davanti allo spettacolo che gli si presentava tra le mani.
Non riusciva nemmeno a lasciar andare la scatola. La teneva tra le dita, stretta, congelato sull’istante, rigido. Gli occhi che non volevano staccarsi dal raccapricciante contenuto.
Quando realizzò con più freddezza ciò che i suoi occhi vedevano, fu come risvegliarsi.
Sobbalzando di terrore e disgusto, lanciò il pacchetto sul tavolo più lontano che potesse, tanto da farlo sbattere fragorosamente contro la sedia dall’altra parte, che lo fece rimbalzare a terra, facendo cadere ciò che stava all’interno. Emise un suono strozzato dalla gola che sentiva arida e chiusa, osservando ancora quell’oggetto.
Si voltò di scatto. Sfilò il cellulare dalla tasca. Compose il numero della polizia.
Non si sentiva granché bene, la nausea gli attanagliava la gola, e avvertiva lo stomaco in subbuglio. La voce bassa del poliziotto dall’altra parte della cornetta non fu comunque un sollievo.
-Polizia di Helsinki, distretto **, posso aiutarla?-
Deglutì, respirando intensamente -Io.. Sono tornato a casa e .. la posta- si inumidì le labbra, strizzando qualche volta gli occhi. La sua mente elaborava ciò che era successo, e il suo stomaco iniziava davvero a scombussolargli i sensi che andavano scemandosi.
-Come, scusi?- lo esortò la voce dall’altra parte.
Si passò una mano sul viso, facendosi coraggio. Sospirò, tentò di prendere fiato, e prima che di nuovo gli si smorzasse la voce, parlò:
-Ho ricevuto un orecchio umano per posta.-

 
  
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