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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    07/01/2011    5 recensioni
Sempre ne "L'assedio" di SonLinaChan, nel capitolo 17, quando Lina viene frustata: quali sono i suoi pensieri e i suoi sentimenti? Ecco quindi la mia "versione" dei fatti...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“CHE COSA CREDEVI DI FARE

 

 

“CHE COSA CREDEVI DI FARE??? CREDEVI DAVVERO DI FARCELA???”

 

 

Apprezzavo sempre quando gli zoticoni come Uregh si davano un tono, di fronte a tutti, pavoneggiandosi della loro forza e del loro potere nei confronti di un prigioniero inerme… come me, in quel momento. Gli lanciai un’occhiata di puro disgusto, il massimo in cui riuscii a produrmi o almeno, cercai di farlo. Dopotutto la vendetta che mi era stata appioppata per aver quasi ammazzato la guardia nel mio abortito tentativo di fuga non era stata somministrata con mano leggera ed il mio corpo era un groviglio di dolore, lo stomaco e il viso in particolare invocavano pietà o anche un bel Recovery, se solo fosse stato possibile. Dovevo essere uno spettacolo, pesta e col sangue che mi incrostava la bocca e il naso ma non me ne fregava niente, anzi ringraziavo la pozione che ormai mi drogava da tempo (che ironia, eh?) dato che quantomeno mi avrebbe aiutata a patire meno l’infierire della frusta. Perché era questa la punizione che mi spettava. Non ero mai stata scudisciata, anche se avevo sofferto per molti altri tipi di ferite, sapevo però che doveva essere una pena piuttosto pesante, a giudicare dalle cicatrici che lasciava al malcapitato e che avevo avuto modo di osservare diverse volte in vita mia: brandelli di pelle più o meno profondi strappati dalla carne, secondo l’abilità e l’incazzatura del boia. E il mio doveva esserlo parecchio, ero stata una bambina piuttosto cattiva.

 

 

“CIO’ CHE MI AFFASCINAVA DI TE ERA ANCHE IL TUO CARATTERE, MA ORA COMINCIO A STANCARMI, MOCCIOSA!!! IO TI TRATTO CON TUTTI I RIGUARDI, E TU MI RIPAGHI A QUESTO MODO???”

 

 

Uregh sbraitava, sputacchiando saliva. Chissà se aveva detto altro, mentre mi distraevo. Bè? Non pretendeva certo che stessi ad ascoltarlo con attenzione, vero? Non era il mio padrone, né mai lo sarebbe stato, indipendentemente dal dolore che intendeva infliggermi. Mio malgrado mi trovai a sorridere quando decisi di rispondergli. Era decisamente probabile che la frusta mi avrebbe messo in ginocchio e che avrei perso il minimo orgoglio che insospettabilmente mi rimaneva, nonostante gli abiti laceri che non lasciavano spazio alla fantasia di chi mi osservava e al viso contuso, ma al momento avevo ancora la capacità e la presenza per reagire, almeno a parole. Peccato che la voce mi uscisse a malapena, rovinando un poco l’effetto strafottente che volevo imprimere nelle mie parole.

 

 

“E’… tutto compreso nel pacchetto, Uregh…Prendi il carattere, accetti le sue complicazioni… non ti aveva avvertito… l’agenzia da cui mi ha comprata…?”

 

 

Riuscii pure a emettere una risatina beffarda anche se parlare e muovere la bocca in generale mi faceva provare nuove magnifiche fitte. Il ceffone che mi aveva mollato era stato davvero ben piazzato, preciso e violento e il modo altrettanto (chiaramente) rude con ero stata costretta in precedenza a bere una dose doppia di “medicina”, per evitare che scappassi ancora, spaccandomi definitivamente il labbro aveva fatto il resto, trasformandomi nell’immagine da affiancare sul dizionario alla voce “relitto umano”. Fantastico, riuscivo ancora a fare ironia. O forse stavo delirando? Aveva  importanza?

 

 

“CREDI DI ESSERE SPIRITOSA??? ORA TI FACCIO PASSARE IO LA VOGLIA DI SCHERZARE!!!”

 

 

Ah, la mia simpatia era apprezzata. Lanciai ad Uregh un’occhiata dalla mia posizione decisamente svantaggiata e gli stiracchiai un nuovo sorriso. Quantomeno tentai, visto appunto il problema della mia faccia. E il fatto che avessi colto il movimento della frusta, alle mie spalle. Non che la stessero ancora usando ma la “medicina” mi rendeva “sbadata” e quasi mi era passato di mente che non ero di fronte allo zoticone per un duello a suon di ironia ma per essere pestata a sangue. Rimasi fintamente serena mentre mi si torceva lo stomaco, cosa sbagliata visto che ogni muscolo della zona gridava per il dolore dei pugni presi. Con un moto involontario mossi a disagio i polsi, legati strettamente dietro la schiena e la mia bocca si piegò all’ingiù per un breve secondo. Una piccola parte di me voleva smettere di combattere definitivamente, piegata dalle umiliazioni subite.

 

 

“Quello di ora sarà un… avvertimento… Ma ti assicuro che è l’ultima volta che sarò tanto gentile con te… mi sono spiegato?”

 

 

Simpatico, Uregh. Cabarettista nato. Non volevo cedere, non volevo cedere! Il mio sguardo però tornò automaticamente alla frusta e deglutii piano, dolorosamente. In quel momento arrivarono le guardie e mi sollevarono di peso. Non ce l’avrei fatta ad alzarmi, a causa delle droga che mi rendeva debole ma ero purtroppo comunque ancora ben consapevole del mio corpo (in modo da non perdermi neanche uno schiaffo o un pugno). In ogni modo anche se ce l’avessi fatta a mettermi in piedi non credo proprio che li avrei aiutati in un qualche modo, andando sulle mie stesse gambe a farmi frustare. Non avevo nessun potere e avrei usato ogni briciolo di dignità rimastami per non dare troppa soddisfazione quando fosse arrivato il momento ed era il massimo che potessi fare. Tenni lo sguardo perso, per evitare che mi venisse di nuovo rivolta la parola, mentre la mia mente rimaneva saldamente ancorata al pensiero di quello che mi aspettava una volta nel cortile. Improvvisamente un riflesso viola attrasse il mio sguardo. Girai lentamente la testa focalizzando… Zel. Allargai gli occhi per la sorpresa poi mi ricomposi. Dopotutto la “medicina” aveva tra le sue leggere controindicazioni la pazzia, no? Doveva essere un’allucinazione. Erano mesi che non vedevo nessuno… potevano essere tutti morti. Forse il mio cervello stanco aveva creato l’illusione di una figura amica…  Mi si strinse la gola mentre serravo le labbra martoriate per non mettermi a singhiozzare.

 

Ed eccomi giunta al cortile, troppo in fretta per i miei gusti, dove una mano grande e pesante mi costrinse in ginocchio. Osservai meccanicamente la ghiaia che mi pungeva ginocchia e gambe mentre la polvere che si alzava da terra intorno a me e ai piedi del boia. Era il momento. Il gelo della paura mi stringeva nelle sua morsa quando calò il primo, bruciante colpo. Gemetti. Non potei farne a meno. Il secondo colpo seguì a distanza ravvicinata il primo mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime e un nuovo suono strozzato mi usciva dalla gola. La frusta calava e calava, il dolore sulla mia pelle lacerata si faceva insostenibile mentre lacrime copiose e muco mi inondavano la faccia. Arrivò un punto in cui io e il dolore eravamo la stessa cosa e fu allora che misericordiosamente persi ogni contatto con la realtà. L’ultima cosa che vidi, sfuocato dalle lacrime, fu il suolo che si avvicinava, poi fu l’oblio.

 

Quando mi ripresi qualcuno mi stava spalmando un unguento sulla schiena. Sembrava un lenitivo ma il solo tocco sulla mia pelle spaccata era una sofferenza indicibile. Il mio cervello decise quindi che non era il caso di sprecare energie con la veglia e il mondo si oscurò di nuovo. Quando rinvenni venivo trascinata verso le carceri, o almeno questo capii a giudicare dal pavimento che vedevo scorrere sotto ai miei piedi. La mia mente scattò e fu ancora il nulla.

 

La durezza e la puzza che avvertii quando tornai in me mi fecero intuire che ero sul mio giaciglio, sdraiata su un fianco. Giacqui immobile, sperando di tornare là dov’ero fino a poco prima, cullata dalle braccia dell’oblio, in un luogo dove non provavo nessun tipo di dolore, nessun sentimento, niente. Dove non esistevo. Serrai gli occhi con forza mentre ricacciavo indietro il pensiero di Gourry, che ogni tanto tornava a visitarmi. Ricordarmi di lui mi faceva male al cuore. La memoria delle nostre avventure, della sua stretta rassicurante e del bacio che ci eravamo scambiati mi lacerava.

 

 

“Lina…”

 

 

Ecco, ora sentivo anche la sua voce. Automaticamente, assolutamente contro la mia volontà, i miei occhi presero ad aprirsi… E lo vidi. Era lì, di fronte a me, in carne ed ossa, l’allucinazione meglio creata nella storia delle allucinazioni. Eppure… Dei quanto sembrava lui… Ma forse… le allucinazioni avevano odore? Nonostante la sofferenza fisica saltai su a sedere… e lo afferrai.

Solido e forte sotto il mio tocco, caldo e tremante, Gourry era lì, tra le mie braccia. Mi sollevai, barcollando, mentre sentivo il sangue defluirmi in maniera pericolosa dal viso. Vidi i suoi occhi inumidirsi.

 

 

“Sono qui…”  disse attirandomi contro il suo corpo.  “Sono qui…” 

 

 

Era davvero lui.

 

  
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