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Autore: _Dubhe    08/01/2011    10 recensioni
«Non mi piacciono gli indovinelli, mezzosangue, e neppure le conversazioni abbozzate tra un balletto e l’altro.. – sorrise, vedendola arrossire - ..mi piacerebbe proseguire questa conversazione in privato, vuoi? Domani sera alle nove, a Malfoy Manor. Non dovresti avere difficoltà nel trovarla, no?»
«Cosa ti fa credere che accetterò un tuo invito, Malfoy? – sputò velenosa lei – Il tuo fascino o la tua spudorata e immotivata arroganza?»
«Il ricatto, Granger. – rispose semplicemente lui..
***
Un ricatto, 8 Metalli, i tranelli di un Malfoy e la fierezza di una paladina della II Guerra Magica, costretta a vivere come una babbana dalle nuove leggi della Corte. Cosa nasconde Malfoy dietro il mistero delle Fiale e dei Metalli? A cosa porterà la sua ricerca? E lei, riuscirà a resistere al suo ricatto? E lui, riuscirà a resistere a Hermione Granger?
Una storia ricca di colpi di scena, sorprese e misteri ancora da svelare. Draco/Herm la ship principale. Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Your blackmail, My downfall. Vol 1
***
 Capitolo I:

savage into the Lie
 

Bussò solo un paio di volte, per non dare l’impressione di essere impaziente o agitata. In verità, era sia impaziente che agitata, ma non avrebbe dato a quella viscida serpe la soddisfazione di venirlo a sapere. Anzi. La sua dignità aveva già fatto cilecca accettando quell’invito, se adesso si fosse arresa, abbassandosi ancora e arrivando ai suoi piedi, non si sarebbe mai ripresa del tutto. Lei era Hermione Granger, dopotutto: qualsiasi fosse il suo lavoro, qualsiasi fosse il suo abbigliamento, o il posto in cui viveva, o come ci viveva, nulla era paragonato all’umiliazione che stava provando nel trovarsi di fronte a quell’enorme portone di quercia, con incisioni elaborate e maniglie luccicanti. Se questo era l’esterno, non voleva neppure pensare all’interno. Sorrise, compiaciuta di sè: la ricchezza era solo l’esteriorità dell’essere, peccato Malfoy non l’avesse ancora capito questo. Come si aspettava, un elfo domestico venne ad aprirle la porta: era una lei, a giudicare dal volto, anche se corrugato in una strana espressione di sofferenza e compostezza. Le rivolse un debole sorriso, tentando di salutarla, mentre lei, in tutta risposta, trattenne il fiato e si smaterializzò, quasi fosse stata minacciata di morte. Ah, maledizione! Perché quei dannati elfi erano così strettamente legati al desiderio di soffrire in nome del loro padrone, un masochismo come quello avrebbe dovuto già cadere decenni prima, in una società evoluta come la loro, mentre no, restava in piedi, ancora e più saldo di prima.

Con un sospiro di rassegnazione, si concesse di varcare finalmente la soglia di Malfoy Manor. Per precauzione, toccò il rigonfiamento del pantalone, assicurandosi che la sua bacchetta fosse ancora a posto, integra e funzionante: i ricordi dell’ultima volta che era stata lì erano lontani, come lo sfondo di un passato doloroso, ma erano ancora vivi e pulsanti. Troppo per poterli dimenticare e accantonare del tutto. E poi, con la bacchetta pronta, era riuscita a placare le proteste di Harry, fattore non meno importante. Era stata l’unica cosa che Harry le aveva detto, una volta che si era decisa ad andare contro la sua opinione.

«Harry.. posso parlarti?»

Il suo migliore amico era totalmente immerso nella sezione degli annunci della Gazzetta, stava scrutando con interesse un annuncio con scritte colorate e una trottola lampeggiante. Probabilmente, alla fine, si era lasciato convincere da Ron a comprare quello stupido affare per le loro serate “da maschi”. A lei e a Ginny, dopotutto, non davano fastidio, anzi, la vedevano come un’occasione buona per trascorrere il loro poco tempo libero con le amiche o, nei casi estremi, nelle occupazioni dell’ultimo minuto, sempre tante e sempre irrisolte. Era soprattutto Ginny ad averne, di questi problemi. Lei, Hermione, il più delle volte si limitava ad una bella lettura o ad una burro birra con Calì e Hannah.

Quando vide che l’interesse di Harry non si smuoveva dal foglio di carta, decise di agire con un attacco a sorpresa e sperare che funzionasse.

«Beh, mentre ero al locale l’altra sera.. ho incontrato Malfoy. Mi ha afferrato per un braccio, minacciato, insinuato che avrebbe rivelato a Ronald che lavoro lì.. se non vado a cena, da lui, questa sera. Non so cosa fare, non so se andarci e, speravo che tu, mio migliore amico – quando non leggi il giornale ignorandomi! – potessi darmi una mano proprio in questo.. andare o non andare?»

Tornò a fissare gli occhi sul moro, spostandoli dalla grossa libreria di ciliegio a cui li aveva incollati, e trovò gli occhi verdi di Harry su di lei, fissi e sconvolti. Era piacevole sapere che, dopotutto, l’ascoltava davvero, di tanto in tanto. Senza scomporsi, lo guardò di rimando, le braccia incrociate sul petto e un sopracciglio inarcato: segno di sfida, della serie credi-che-non-possa-farlo-davvero-Potter?

«Herm, sei uscita di testa? – gridò lui, a scoppio ritardato – Malfoy? Quella serpe di Malfoy? Ti ricordi che ha quasi ucciso Silente, si? E che era un Mangimorte? Che altro.. aspetta! E’ la persona più viscida su questo pianeta.. davvero non immagini quello che voglia da te, a cena, dopo averti vista in quel locale?»

La voce di Harry era eloquente e, bisognava ammettere, che nemmeno la ragazza era stupida: certo che ci aveva pensato, era stato il primo pensiero ad averle sfiorato la mente quando quella serpe gliel’aveva proposto. Non era difficile da immaginare cosa volesse eppure, per quanto ottimista e ingenua volesse essere, la verità era che volevacredere nel fatto che ci fosse qualcos’altro sotto. Cosa, di preciso, non lo sapeva neppure lei, eppure non poteva comportarsi in modo diverso. Era a rischio tutto quello che aveva con Ron, tutto il loro rapporto, il loro amore, l’affetto condiviso nel corso di tanti anni.. si, doveva andare in quel posto, maledetto e spaventoso ai suoi occhi, per lei e per quello che aveva di più caro.

Non si scompose. «Ci sono cose più importanti, e poi so ben difendermi, lo sai questo?»

Il suo miglior amico si concesse, suo malgrado, un sorriso tirato e passeggero, mentre chiudeva il giornale e lo posava sul tavolino accanto alla poltrona. I suoi occhi si fissarono in quelli di Hermione. «Io non ho mai preteso di dirti cosa fare, Herm, ma solo di consigliarti per il meglio. Se pensi – se vuoi – andare da quella serpe, fallo. Togliti questo pensiero come faresti con un incarceramus mal riuscito, un movimento di bacchetta e via. Non ho paura per te, sarei uno sciocco a pensare che qualcuno, chiunque, possa essere in grado di battere Hermione Granger.»

Lei acconsentì con un cenno del capo, gli occhi leggermente lucidi. «Solo.. – mormorò infine – qualsiasi cosa accada, non dirlo a Ron. Coprimi, se puoi.. è per lui che lo faccio, vorrei solo che non andasse tutto a rotoli per colpa di..»

«Tranquilla.» La voce di Harry la interruppe bonaria. «Andrà tutto per il meglio. E.. Herm? Hai una bacchetta, non aver paura di usarla, anche se si tratta di “mutilare e ferire gravemente”, capito?»

Entrambi si lasciarono scappare una risata al ricordo del piccolo elfo a cui quelle parole appartenevano. L’ultima risata di quella sera, prima che la ragazza girasse su se stessa e si smaterializzasse.

Come era prevedibile, la casa dei Malfoy non era un palazzo semplice, magari con qualche quadro costoso o tappeto persiano. Era l’elogio della perfezione e del barocco, espressione dell’eccesso e del superamento dei limiti, in qualsiasi forma e misura. Era qualcosa che accecava gli occhi a tal punto da costringere, chiunque vi entrasse, a sbatterli più volte e abituarsi. Malgrado ciò, non c’era molta luce, anzi: la stranezza era che quello splendore accecante non era altro che un riflesso dello spirito, mentre l’ambiente restava offuscato da una penombra scura, quasi nebbiosa. Le mura erano ricoperte da quadri antichi, a giudicare dalle cornici elaborate, con i vari componenti della famiglia Malfoy, come si deduceva dai colori verde smeraldo, nero e argento. Alcuni sonnecchiavano, altri la scrutavano con cipiglio severo, altri ancora si permettevano di sussurrare qualche insulto. Oh, purosangue! La loro fastidiosa presenza non era eliminabile neppure con la morte, maledizione!

Non sapendo con esattezza dove andare – e poiché non c’era nessuno ad indicarle la strada – si decise di proseguire da sola, circospetta eppure curiosa: dopotutto, era pur sempre una reggia vecchia di secoli, chi non ne sarebbe stato attratto?

Una persona intelligente, mia cara..– le sussurrò maligna la sua coscienza -  Hai presente l’espressione a casa del nemico? Anzi, meglio.. a letto con il nemico?

Scacciando quei ridicoli – perché, si, erano del tutto ridicoli! – pensieri dalla mente, oltrepassò qualche salone desolato, immerso nella penombra dei caminetti accesi, ricoperti da stoffe verdi e nere, tavoli di legno scuro, librerie e altri pezzi di artisti più o meno famosi, babbani e non. Se non si fosse trattato di un’abitazione privata, era certa che sarebbe potuto benissimo passare per un museo. E poi, quell’ambiente sfarzoso e ricco combaciava perfettamente con l’idea che si era fatta del giovane rampollo della famiglia Malfoy: un ragazzino viziato, già cresciuto, eppure fermo con il cervello all’età della pietra..

Trovarlo, dopotutto, fu più facile del previsto. Il padrone di casa era seduto nel salottino più grande, illuminata da lampade dalla luce giallognola, il caminetto, ad altezza d’uomo, che lasciava che le fiamme, scoppiettanti e allegre, si abbattessero con lunghe ombre sui mobili e sulle figure nella stanza. Di fronte al camino, dei divani di pelle scura, ricoperti da coperte bianche di soffice lana, cuscini argentati e verdi sui bordi, braccioli neri, erano posizionati in posizione obliqua, mentre una poltrona, l’unica, si distingueva per il suo schienale eccessivamente alto. Su di essa, con in mano un bicchiere di un denso e scuro liquido ambrato, era seduto Malfoy. Il suo sguardo non tradiva alcuna emozione – benché fosse evidente che avesse sentito arrivare la sua ospite.
Hermione si schiarì la voce, nessuna reazione. Provò di nuovo, e di nuovo la serpe parve non sentirla. Sarebbe stata tentata di avvicinarglisi e colpirlo ma, ritenne, non sarebbe stata una scelta saggia, dato il motivo per cui aveva deciso di raggiungerlo. Quel maledetto avrebbe parlato, in un modo o in un altro, con le buone o con le cattive, non era venuta lì per guardarlo seduto di fronte al suo caminetto antico, lo sguardo sicuro di sé e il bicchiere in mano. Chi si credeva di essere, Merlino? Per sua informazione lei non era una persona di facile sottomissione, era già tanto l’aver acconsentito a venire lì – venire, da specificare, non andare perché lui gliel’aveva chiesto. Le sfumature sono qualcosa che non si riesce a cogliere, spesso, nel discorso: ci teneva semplicemente a precisare, per non apparire quello che in realtà non era.

«Ti ho sentita, Granger, non c’è bisogno di stare lì e fissarmi con odio. Hai due divani proprio davanti a te. Siediti.»

Preferì vederlo come un invito, piuttosto che come una tacita richiesta, se non ordine addirittura. Si sedette, incrociando le gambe e fissandolo con odio: ah, quanti galeoni avrebbe dato per spaccare quella faccia da sbruffone – di nuovo, si ricordò mentalmente, in una gioiosa ricostruzione del suo terzo anno ad Hogwarts. Era solito trattare tutti con arroganza, addirittura con superiorità – che non gli si addiceva né dal punto di vista sociale, né pratico: non era migliore di tanti altri purosangue e neppure il miglior mago della sua epoca. Quel ruolo era e restava un primato indiscusso, raggiunto all’apice della sua avventurosa vita da Albus Silente, morto per mano del padrone che suo padre si era ostinato a seguire, quello stesso padrone di cui portava ancora il segno sul braccio, il padrone a cui aveva affidato la sua devozione, tradendo il mondo magico e i suoi stessi coetanei. No, lei non l’aveva dimenticato il suo sguardo freddo, gli occhi di ghiaccio che fissavano la bacchetta di sua zia torturarla, non era una cosa che ti esce facilmente di mente. Ma si, era venuta lì, andando contro tutto quello che il buon senso, il suo orgoglio e la sua devozione alla giustizia le ordinavano perché sapeva, dentro di se, quanto lei meritasse di sopportare la vicinanza di quella serpe e , allo stesso tempo, di quanto Ron non meritasse soffrire per causa sua. Lei era quella che aveva accettato un lavoro infido, pur di guadagnare qualcosa, lei era quella che l’aveva protetto con il velo delle sue bugie, a costo di separarsi da lui con un baratro, lei era quella che aveva fatto tutto da sola. Tutto. Ora, stava a lei risolverlo. Malfoy era solo il gradino che le impediva di compiere quel passo.

«Vedo che sei venuta..» - acconsentì a notare, infine, infilando ancora di più il coltello della ferita, già profonda e dolorosa. Lei, per non dargli soddisfazione, si limitò ad un cenno del capo, seguito da uno sguardo deciso.
«La verità, Granger – proseguì lui – è che, per natura, non mi piace guardare streghe intelligenti e potenti come te ridotte.. in disgrazia, va contro il mio spirito cavalleresco..»

L’aveva appena chiamata strega intelligente e potente? Spirito cavalleresco?

«Beh.. sta di fatto che la Maganò per cui lavoravi era la zia di Blaise..»

«Lavoravo? – lo interruppe lei, sentendosi un macigno nel petto – Mi hai fatto licenziare?»

Lui sorrise, ironico. «Non essere sciocca, non posso decidere io chi assume e chi licenzia quella megera. Ma tu si. Lascia quel lavoro e vieni a lavorare per me, Granger.»

Hermione rimase con la bocca aperta – letteralmente – tanto che, accortasi della sua condizione, si affrettò a richiuderla. Le stava offrendo un lavoro? Insomma, un’ancora di salvezza da quel postaccio e da quella vita schifosa, fatta di sguardi languidi e  personaggi lascivi? Cosa diamine voleva dimostrare con quella carità? E poi, lo stupore lasciò lo spazio alla ragione, l’unica fidata confidente di cui la ragazza potesse fidarsi ciecamente: non intende farti un favore, sciocca! Non ha detto che tipo di lavoro dovrai svolgere, non è forse evidente? Quando capì, la sua mascella si fece d’un tratto rigida, lo sguardo duro e le labbra arricciate, in una chiara manifestazione di disappunto e disgusto. «No.»

La serpe, che non poteva aspettarsi altro da una Gryffindor come lo era la ragazza, non si scompose, ma continuò in quello che era il suo intento: non voleva certo farle la carità, figuriamoci! Non era nemmeno questione di.. sesso. Aveva migliaia di donne a disposizione per quello, figurarsi! Ma l’impresa che doveva compiere, che tentava disperatamente di compiere, era vana senza un valido alleato. Blaise era troppo stupido e debole per aiutarlo, chiunque altro avrebbe tentato di intralciarlo, piuttosto che dargli una mano. Ma lei.. era perfetta. L’idea l’aveva sfiorato non appena l’aveva vista in quel pub, la sera precedente, non appena si era reso conto che lenticchia non sapeva nulla di quello che la sua fidanzatina facesse di notte. Non per sua volontà, sicuro: il Ministero e la sua stupida Legge era una delle poche cose che odiava dal profondo del cuore, visto che obbliga i Maghi a vivere come persone comuni, odiati e disprezzati per tentare di integrarsi in un mondo che non gli appartiene. Una ragazza – giovane donna, si corresse mentalmente – non meritava un destino come quello, soprattutto se si trattava di una ragazza come Hermione Granger, che aveva combattuto con così grande impeto e forza di volontà il Signore Oscuro. Poteva essere utile in altri modi, ad altre persone e in altre occupazioni. Allora perché non per lui? Se si fosse trattato di altre circostanze, non l’avrebbe neppure preso in considerazione, visto che la strega avrebbe preferito rinchiudersi in una cella con un Ungaro Spinato piuttosto che aiutarlo, ma adesso era lui con il coltello dalla parte del manico. Aveva bisogno del suo aiuto e lei, malgrado tutto, non poteva sottrarsi a questo. Il destino aveva delineato proprio una trama niente male, dopotutto. E lui, Draco, avrebbe fatto di tutto per sfruttare quest’occasione, per volgerla al suo vantaggio. Dopotutto, la fortuna latina non è mai positiva o negativa, è esattamente nel mezzo, può volgersi ora verso l’una, ora verso l’altra parte. Sta a noi decidere come e dove farla volgere. E, purtroppo per la ragazza, Malfoy sapeva sia il come sia il quando poterlo fare.

«Non essere precipitosa. – riprese lui – Ti sto offrendo la possibilità di ottenere un mese di lavoro, lontana da quel postaccio, con me. E poi non vogliamo che lenticchia scopra tutto?»

Era troppo ottimistico pensare che lei potesse cedere così facilmente. «Scordatelo. Nemmeno morta vorrei lavorare per te, senza considerare che non hai ancora parlato dell’entità del lavoro che dovrei svolgere.»

«Non sarebbe divertente, non trovi? Ti propongo un patto.. è semplice. Io chiamo, tu arrivi. Tutto qui.»

Il sorriso che si era dipinto sul suo volto la fece solo adirare di più. «Stai scherzando o stai cercando in tutti i modi di fare in modo che ti lanci addosso un incarceramus e ti getti nel fuoco? Malfoy, è fuori questione..»

«Due mesi.. – azzardò di nuovo il biondo - ..e niente più nottate a strusciarti su di un sudicio pal..»

«Al diavolo! Non ho intenzione di farlo..»

Ah, io lo sapevo che avrei rinunciato a una fortuna.. ma il Potere è pur sempre il Potere..

«Come vuoi, Granger. Ultima offerta, e se vorrai rifiutarla potrai andartene e non ti infastidirò più.. ovvio, eccezion fatta per la mia discussione formale con il tuo lenticchia.. due anni.. due anni di stipendio, in galeoni, e te ne vai da quel postaccio per sempre. Considera che, se davvero sceglierai di aiutarmi, e lo farai nel modo in cui io ti chiederò, riceverai un premio, e quindi non sarà una misera paga babbana, la tua, ma una paga di una dipendente d’eccezione dei Malfoy.. io ci rifletterei..»

Non era stupido, sapeva che carte giocare, e capì di aver colto nel segno quando il labbro di Hermione tremò: non era stato facile, per lei, sopportare l’umiliazione babbana a cui il Ministero l’aveva sottoposta in quel periodo. Nessuno aveva mai saputo del suo lavoro, nessuno era mai riuscito ad aiutarla, era rimasta sola, ad eccezione della spalla di harry su cui piangere. Ron era l’uomo di cui era innamorata, certo, ma non era facile parlargli, mentre lui raccontava divertito delle sue giornate al ministero, facendo battutine su come lei doveva passarsela male al suo seminario babbano, notturno per giunta, e del quale doveva ridere anche lei, per non destare sospetti, con una fitta al cuore. Quei galeoni le avrebbero fatto comodo, avrebbe potuto dimostrare al Ministero di aver ottenuto sufficiente esperienza nel mondo non-magico, abbastanza per integrarsi e dimostrare il suo valore nella società, abbastanza per tornare nel mondo magico e restarvi. Era qualcosa che avrebbe risolto tutti i suoi problemi, dal primo all’ultimo..
Eppure si trattava dell’aiuto di Draco, un aiuto ovviamente, ma che proveniva da una Serpe. Era pronta a fidarsi? Il no era scontato, eppure non poteva non accogliere quella richiesta, era il suo fisico ad imporglielo, doveva farlo, per se stessa, per Ron e per il loro futuro. Sarebbe tornata nel Mondo Magico, dove tutti la consideravano un’eroina e una strega eccezionale, non avrebbe più dovuto subire gli occhi critici dei babbani e le loro brame di malizia, avrebbe potuto finalmente sposare Ron e farsi una famiglia con lui.. sarebbe stato un sogno.. Ma a quale prezzo? E lei, quel prezzo, era disposta a pagarlo, qualsiasi esso fosse?

«Chiariamo il concetto, Malfoy, prima che qualcuno dei due finisca con il cruciare l’altro.. tu chiami, io arrivo. Non farò nulla di quello che riterrò.. troppo.. invasivo..»

«Dì semplicemente che non verrai a letto con me, Granger.. e puoi rassicurare il tuo fidanzatino, non ho intenzione di gustarmi la prelibatezza della tua carne.. se l’avessi voluto, credi davvero che adesso staremmo qui a parlarne.. un patto è un patto.. non mi interessa il come, il dove, il quando o il perché.. niente scuse, io chiamo e tu arrivi..»

«E tu paghi, Malfoy..»

Lui acconsentì con un sorriso. Era fatta, insomma non era ancora un si, ma stava per diventarlo. Era ora! Finalmente avrebbe rimesso tutti i pezzi insieme, finalmente poteva riprendere l’opera che il suo bis-nonno, prima di lui, aveva incominciato. E se la Granger era dalla sua parte, nulla avrebbe potuto fermarlo, né ora né in futuro. Certo, era della massima importanza che lei non scoprisse nulla riguardo dell’entità di quello che avrebbero cercato, no. Ma l’avrebbe aiutato, e questo sarebbe valso la pena di un po’ di prudenza in più e di qualche galeone. Si, ora nulla avrebbe più potuto frapporsi fra lui e..

«E sia chiaro, Malfoy, che non voglio che nulla mi ricolleghi a te.. insomma.. qualsiasi lavoro tu vuoi che io faccia, nessuno dovrà sapere che lo faccio per.. te.»

Era prudenza o la vergogna di mostrarsi in giro con lui? Entrambe?

«Non temere, Granger. Voglio che il nostro lavoro rimanga segreto quanto lo vuoi tu.»

Le parole non parvero turbare Hermione, che rimase rigida sul divano le mani incrociate sul petto. «Voglio che vada tutto per il meglio Malfoy ma, non appena ti azzardi a fare qualcosa che..»
«
Il patto è mio, mie le regole.. farai ciò che ti dico Granger, senza eccezioni, finchè te lo chiederò, finchè ti sarai a pieno guadagnata i galeoni che ti darò. Hai la mia parola che non ti sfiorerò con un dito, a meno che non sia tu a chiedermelo..»

«Ma andiamo!»

«.. e – riprese lui con un ghigno divertito – non appena pronuncerai il patto ad alta voce, l’incantesimo che ti lega a me sarà vincolante: tu mi aiuterai, finchè non avrò acconsentito a liberarti.»

«E tu, Malfoy – ribattè spavalda lei – ti impegni a liberarmi entro un limite di due mesi, altrimenti niente accordo. Con tutto il rispetto, non ho intenzione di perdere l’intera vita ad accontentare i tuoi comodi.»

Il biondo si limitò a chiudere lentamente gli occhi, in segno di assenso. La Gryffindor si sedette dritta, le spalle basse e il mento alto: stava andando contro qualsiasi possibile ragionamento, contro qualsiasi logica, contro ogni dettaglio razionale che il suo cervello poteva fornirle in quel momento. Allearsi con Draco Malfoy? Fuori questione! Eppure, nonostante tutto, capiva che non c’era altra scelta. Spesso siamo costretti a decisioni che non dipendono da noi e, malgrado siamo noi a prenderle, è come se non fossimo i diretti responsabili, come se ci fossero in gioco fattori e affetti che non ci permettono di ragionare con la calma dovuto. Era questo, uno di questi casi: da un lato c’era la Serpe, dall’altra la sua famiglia, Ron, Harry, il mondo che non avrebbe sacrificato per nulla, che avrebbe protetto a costo della propria vita. Ed era esattamente quel sacrificio che stava compiendo, accettando quella proposta, accettando quel patto.. con il diavolo! Sorrise di se, e pronunciò le fatidiche parole.

«Tu chiami, io arrivo.»

Sentì un calore pervaderle tutto il corpo, le mani formicare, gli occhi appannarsi per una frazione di secondo, prima che la stanza smettesse di vorticare e lei, finalmente, si rendesse conto che tutto era tornato alla normalità. Non aveva mentito, allora: quell’incantesimo era davvero forte, l’aveva percepito su se stessa come mai alcun incantesimo l’aveva mai sfiorata in vita sua. Era stato.. profondo, tanto da scuoterla e preoccuparla. Cosa voleva mai proteggere Draco a tal punto? Cosa c’era di così importante? E, mentre ci rifletteva, si rese anche conto di quella cosa ovvia che, tuttavia, non la trattenne dal sorridere: era una dipendete di Malfoy, stava lavorando per Draco Malfoy. O mio dio!

«Perfetto, direi che ora puoi andare a cambiarti..»

«Scusami? – rispose di getto lei – Perché dovrei..?»

«Perché l’uomo da cui andremo stasera è particolarmente legato all’eleganza ed allo stile e temo che i tuoi pantaloni e la semplice felpa che indossi non sarebbero di suo gradimento.»
Schioccò le dita e un piccolo elfo apparve accanto ad Hermione e, senza lasciarle spiegazioni o darle ulteriori dettagli, lasciò che l’elfo la smaterializzasse in un’altra stanza, probabilmente una delle tante usate per gli ospiti, in cui era già acceso un fuocherello allegro. L’elfo, proprio come era apparso, scomparve. Ah, la gentilezza era qualcosa che probabilmente non insegnavano in quella casa, e non c’era da stupirsene!

La ragazza, incuriosita, esaminò tutte le superfici della stanza, trovando finalmente quello che Malfoy voleva farle indossare. Ah, era già stato abbastanza strano scoprire che il suo misterioso lavoro sarebbe iniziato quella sera stessa, ma era ancora più strano vedere quel bellissimo abito da sera steso sul letto, elegante e dall’aria molto costosa. Andavano ad una festa? La perversione di Malfoy davvero voleva farla ballare di fronte ai suoi amici o imprenditori d’affari? Era questo il suo losco e malefico piano? Purtroppo per lei, qualsiasi cosa fosse, avrebbe dovuto accettare l’incarico senza battere ciglio, almeno in parte. Quando aveva accettato di lavorare per Malfoy si era ripromessa di non spingersi mai oltre il limite della sua legge morale, alias avrebbe preferito morire piuttosto che fare qualcosa di moralmente sbagliato o ingiusto o riprovevole. Patto o non patto, lei era e sarebbe sempre rimasta Hermione Jean Granger, la più grande strega del suo tempo, ridotta “In miseria” dalle futili leggi ministeriali e non dal suo stesso ingegno. Si tolse i propri vestiti ad uno ad uno, fino a restare soltanto in biancheria, e quindi prese in mano l’abito: era un abito lungo, di seta verde, con sopra impressi strani arabeschi e motivi rotondi, dai riflessi verde smeraldo. Lo indossò con calma pacata, sperando di non rompere nulla o di non far uscire qualche filo. Una volta che l’ebbe indossato, chiuse i bottoni a lato con un colpo di bacchetta: sopra era molto stretto, quasi soffocante, mentre la gonna le ricadeva con grazia eccezionale sulle gambe, fino ad aprirsi leggermente arrivata ai piedi; era lungo ma, suppose, il dislivello fra la sua altezza e il vestito sarebbe stato colmato dai tacchi, che aveva già scorto accanto al letto. Dietro, il vestito aveva uno spacco vertiginoso sulla schiena, considerando il fatto che davanti non aveva né bretelle né particolari sostegni. Alla fine del vertiginoso scollo posteriore, partiva una sorta di coda, di un colore verde smeraldo stavolta, con gli stessi riflessi particolari che già aveva notato sul vestito. I guanti di pizzo che le arrivavano fino al polso non furono nulla in confronto ai magnifici gioielli che, come se l’avessi Appellati, erano atterrai sul letto. Un girocollo di smeraldi, finemente incastonati e grandi ciascuno come un pollice, e un bracciale dello stesso motivo. Li indossò, sentendo subito il freddo del metallo sulla pelle e il peso del loro valore su di sé. I tacchi non furono un problema, anche se erano molto più alti di quelli che era abituata a portare di solito: neri, semplici, senza nessun orpello o pietra a sottolinearne il valore. Il vestito faceva già la sua bella figura, pensò lei, era inutile concentrarsi sulle scarpe.

Si concesse un’occhiata allo specchio, capendo subito che la ragazza che le stava di fronte non le somigliava affatto, tranne che per i capelli, ancora disordinati e sciolti sulle spalle nude. Prese la bacchetta, mormorando qualche incantesimo, e un quarto d’ora dopo la sua testa era incorniciata da una pettinatura alta e ordinata, mentre due ciocche ondulate le scendevano ai lati del volto, corte eppure significative. Un altro colpo di bacchetta le aveva dipinto due linee nere sugli occhi: niente ombretto o lucidalabbra, non voleva dare a quei viscidi, chiunque fossero, più di una soddisfazione. Prese la borsetta dal letto e finì di contemplare se stessa nel riflesso della superficie piana: no, non era la stessa ragazza che era entrata in quella stessa casa, per ovvie ragioni.

«Non male, Granger..»

Si girò di scatto, spaventata senza ragione, per ritrovarsi Malfoy di fronte a lei, vestito anche lui di tutto punto e con un mantello ricoperto da pelliccia in mano. «Dove siamo andando farà un bel po’.. freddo. Faresti meglio a coprirti.»

Le gettò il mantello, che lei colse al volo grazie ai suoi riflessi pronti, e quindi rimase immobile, un braccio alzato, tacito invito a prenderlo. Ovvio, non le avrebbe svelato il posto in cui stavano andando, lei avrebbe dovuto semplicemente afferrare quel braccio e restare accanto a lui finchè lui stesso non le avrebbe rivelato qualche particolare, grandioso! Riluttante, si avvicinò al biondo e, dopo uno sguardo dubbioso al suo volto impenetrabile, afferrò la mano che le stava porgendo. Sentì il fastidioso risucchio all’altezza dell’ombelico, il vorticare incorno a lei, mentre l’unico appiglio a cui tenersi stretta era la mano dello Slytherin a cui si teneva. Si odiò per quel senso di sicurezza che aveva provato per un attimo nel tenergli la mano, ah, si odiò proprio tanto.
Quando si concesse di riaprire gli occhi, erano lontani chilometri da casa, la neve su cui posava i piedi ne era una tangibile prova. Capì dal paesaggio che dovevano trovarsi in qualche paese dell’est, probabilmente Russia, e si ricordò di come Victor le aveva descritto quei luoghi, un tempo. Le era parso di capire come fosse legato alla sua terra, mai avrebbe capito cosa intendeva davvero senza vederla in prima persona. Un bosco vivo, coperto da una coltre di neve eppure brillante nella luce della luna piena. Qualche rumore momentaneo, probabilmente provocato da qualche animale e, a qualche metro, le voci e le risate di una festa. Una festa? Capì in un attimo, grazie al suo eccezionale intuito, che non era lì per fare qualcosa di disonorevole, era lì in veste di accompagnatrice di Malfoy, era la sua dama, per quella sera. Stranamente, la cosa non la spaventava e neppure al turbava, anche se il suo intuito, ancora una volta, le suggeriva che c’era molto più di quel che vedeva nella semplice facciata di pietra che le aveva appena messo il braccio intorno al proprio.

«Dobbiamo sembrare credibili, Granger, non rovinare tutto..»

«Non rovinerei tutto se sapessi almeno il perché siamo qui.. – rispose lei pungente e irritata al contempo - ..è questo che volevi da me? Che ti accompagnassi alle feste e stessi con te, fingendo di gradire la tua compagnia al cospetto di qualche magnate russo? Bastava dirlo, Draco, io non mi sconvolgo mica per qualche vestito troppo scollato..»

In quell’istante Malfoy valutò la situazione, avanzando con la Gryffindor al suo fianco: poteva lasciarla nell’ignoranza, certo, ma questo corrispondeva ad esporla a troppi rischi. Non voleva che ci andasse di mezzo perché non sapeva proprio nulla, voleva che restasse con lui, gli serviva in un modo quasi morboso, nello stesso modo in cui gli serviva quello che era venuto a prendere. Acconsentì alla mezza verità.

«E va bene, Granger. Siamo qui perché il signore che ci vive, che si chiama Salvatilovich, possiede un.. a fiala, una sorta di pozione che voglio.»

«Hai provato a chiedergliela? – ironizzò la mora, alzando gli occhi al cielo – Non credo che ti manchino i mezzi per convincere gente come te, Malfoy..»

Era sveglia. «Se avessi potuto convincerlo, l’avrei fatto. Ma lui non deve assolutamente sapere che io voglio questa pozione, altrimenti morirei prima di pronunciare il nome della mia antichissima casata. Devo.. prendergliela, senza che se ne accorga.»

«Rubare?!?! Mi hai portata qui per essere tua complice?!?!»

La stretta intorno al braccio della mora si strinse, tanto che lei trattenne un gemito di dolore. «Zitta, non vorrai farci scoprire. Tu sei qui per accompagnare me al ricevimento di un mio amico, nulla di più. Berremo, balleremo e andrà tutto liscio.»

Hermione si morse un labbro, entrando nel salone pieno di gente che ballava e discuteva gioiosamente. Beh, non poteva certo fare altro che assecondare le maledette e perverse intenzioni di Draco, era ovvio. Aveva promesso, doveva farlo per Ron e per la loro vita futura. Era necessario.
Gli occhi di molte donne la scrutarono invidiose, mentre molti uomini espressero un apprezzamento molto più malizioso ma, nel compenso, nessuno osò proferir parola al loro passaggio, almeno finchè un uomo robusto, sulla cinquantina, non si avvicinò a Draco, prendendolo per le spalle e baciandolo su entrambe le guance, mentre lei restava qualche passo indietro.

«Druaco Màlfoy! Ma che magnificua sorpresa»

«Kostja! – salutò Draco, in perfetto russo e senza accento, per poi proseguire nella sua lingua madre – Non avevo avvisato del mio arrivo ma spero che non ti dispiaccia.»

«Dispiacermi? – ridacchiò paonazzo lui – Sempre burlone, tu, inglese! Figlio di tuo padre! Ahahah!»

Hermione ricordò qualcosa che aveva sentito una volta da sua madre su un antico poeta  latino che aveva descritto un liberto – schiavo liberato – molto ricco ma totalmente privo di cultura, volgare e un buffone in tutto e per tutto. Non ricordava il suo nome, eppure sapeva perfettamente che quel Kostja non era tanto lontano da quella descrizione. Proprio il genere di gente che Malfoy poteva frequentare, ricca e potente eppure priva di neuroni nel cervello.

«Questa è Elizabeth Black, la mia accompagnatrice per questa sera.»

Le tese una mano, con uno sguardo ammiccante, mentre la presentava al suo ospite. Perché aveva mentito riguardo alla sua identità? Era così difficile per lui ammettere di essere venuto lì con una mezzosangue, o era perché la pericolosità del loro compito era tale da imporgli di proteggerla?

Figurati se vuole proteggerti! E’ perché vuole presentarti come una Purosangue e si vergogna di te, sciocca!

«Black? – sgranò gli occhi l’uomo paffuto, prima di squadrarla da capo a piedi – Buon sangue non mente, mia krasavetsa, bienvenuta in casa muodesta di Kostantiv Aleksandrovich Salvatilovich. Divertitevi e se vi serve qualsiasi cuosa, chiamatemi.»

Si congedò con un inchino, prima di passare a salutare altri invitati. Tutti erano vestiti in maniera elegante, sembravano gli ospiti di un ballo fiabesco, tanto che anche lei capì di trovarsi in un abito da favola e in uno scenario per nulla normale. Malfoy la guidò da un salone all’altro, mentre lei osservava ammaliata gli affreschi e le opere d’arte dell’intero palazzo – perché si questo doveva trattarsi.

«Pulisciti la bava, Granger – la rimbeccò Malfoy, conducendola sulla pista da ballo, prima ancora che lei potesse protestare – altrimenti tutti quelli che ti stanno ammirando da quando sei entrata penseranno che sei un’idiota.»

Lei arrossì e lo guardò con odio, mentre lui sorrideva, perfettamente a suo agio. «Sei bellissima, Granger, te l’avevo già detto stasera?»

Solo lavoro, solo lavoro, non ucciderlo.. solo lavoro..

«Credevo di essere una Black, adesso.»

Lo Slytherin le posizionò una mano sulla sua spalla prendendo l’altra nella sua e poggiando la fredda mano sulla sua schiena nuda, tanto che lei fu costretta a sobbalzare a quel contatto improvviso. Le era, tuttavia, impossibile ritrarsi, quindi si limitò a stringere i denti e cominciare a vorticare con lui in un lento valzer.

«Credevo di averti spiegato, Elizabeth – sottolineò lui – che non siamo qui per divertirsi, è una cosa seria.»

«Tu il tuo nome l’hai detto però.» – si imbronciò lei.

«Sono un Malfoy, dolcezza.. – cantilenò lui, come se le stesse spiegando che 2 più 2 fa 4 – E’ difficile che qualcuno non mi riconosca nell’Alta società, che sia inglese, russa o australiana. Tu, invece, non puoi vantare la stessa posizione altolocata, e io non posso perdere la faccia di fronte a gente come Kostja per essere venuto con una mezzosangue. I Black hanno cugini, parenti, zii, ovunque. Non è difficile pensare che tua sia una di loro, anche se i tuoi capelli castani e i tuoi occhi color cioccolato potrebbero tradirti. Sprizzi troppa sincerità e bontà, te l’hanno mai detto?»

«E a te hanno mai detto quanto fai schifo? – sibilò a denti stretti lei, per nulla contenta di quella spiegazione – Io non mi vergogno di quel che sono.»

«Siamo in due..»

La replica dello Slytherin aveva un’ambivalenza che entrambi notarono, ma né lui né lei proferirono parola, continuando a vorticare nell’insieme di gonne e pizzi dei signori ospiti di Salvatilovich. Lui era perso nell’analisi della stanza, cercando probabilmente un modo facile per sgattaiolare fuori, lei era immersa nelle sue riflessione. Alla fine, Malfoy notò la porta che stava cercando e, strano ma un bene, non era sorvegliata da nessun Auror.

«Bene, Granger, ci siamo.. segui me e, appena siamo vicino a quella porta, sgattiola dentro senza farti vedere.»

La mora annuì seria, intuendo che era arrivato il momento di lasciare i balli e i divertimenti e dedicarsi al vero motivo per cui erano lì. Non che fosse d’accordo con quello che dovevano fare, ma la casa e l’ambiente le avevano dato una visione sufficientemente precisa dell’importanza di non essere scoperti. Con circospezione, i due vorticarono insieme alle altre coppie fino all’uscita e, quando nessuno prestava loro attenzione, vi si infilarono dentro e la richiusero alle loro spalle.

Malfoy alzò gli occhi e rimase pietrificato.






Note dell’Autrice:

Beh, salve! Non so se già mi conoscevate, se avete letto il mio paleolitico prologo o se siete qui.. non saprei, per qualche altra e divertente pazzia o gioco del destino, ma sono contenta di darvi il Benvenuto. Come avrete capito, Hermione ha appena accettato il patto che la porterà nelle fauci di una serpe, Malfoy ovviamente, ma ancora non si è resa conto del guaio in cui si è cacciata. In parte la cosa è dovuta al fatto che il giovane non le ha concesso abbastanza tempo per riflettere, d’altro canto lei è ancora troppo sorpresa da se stessa per aver accettato e troppo sicura nel suo futuro con Ron, per poter anche solo.. no, ora spoilero troppo, dovete perdonarmi! Ù.u

Come avrete notato, ci sono alcuni riferimenti al mondo classico e alcune espressioni tipicamente russe – questo perché la sottoscritta è italiana di adozione, quindi ha la leggera presunzione di conoscerla questa lingua. Il complimento che Kostja rivolge a Hermione significa “bellissima”, nel caso voleste saperlo. Il suo accento è di uno che cerca di parlare inglese ma conserva, inevitabilmente, l’accento della sua lingua madre, cosa che invece non fa Malfoy, come nota anche Hermione. Il vestito che lei indossa, poi, rispecchia a pieno il nuovo mondo in cui è appena entrata, una sorta di sigillo sul patto che ha appena stretto: non a caso i colori sono verde e nero, vi ricordano qualcosa o qualcuno, magari? XD

Il riferimento al mondo classico, uno in particolare, mi piacerebbe vedere se siete riusciti a coglierlo voi: quale autore aveva parlato di un liberto esagerato, ricchissimo ma totalmente privo di cultura e addirittura volgare? Parlo di un autore di età imperiale e la cui opera risulta essere, ancor adesso, un genere unico. Indovinate di chi sto parlando? Beh, in ogni caso, indovinate o no, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate riguardo a questo capitolo e riguardo alla piega che la storia sta prendendo. Certo, solo se ne avete voglia, è chiaro!!

Un ringraziamento particolare ad una persona.. speciale? No, non rende abbastanza l’idea. Lei è.. di più!! *-* alla mia adorabile Gio – che voi conoscete come dark rose su efp – che mi ha letteralmente sopportato per sentire questa storia, lei che Harry Potter non lo regge quasi proprio. Ti adoro!!!

Gli aggiornamenti, salvo imprevisti, dovrebbero esserci ogni settimana. Naturalmente il mio ultimo anno di liceo potrebbe avere qualcosa da ridire, a riguardo. Ma ci penseremo a tempo debito.

Eternamente vostra, Katia =)
   
 
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