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Autore: Elebeth    08/01/2011    1 recensioni
Alla fine quando tocchi il fondo, l'unica cosa che puoi fare è risalire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ennesima One-Shot, autobiografica in certe situazioni e fantastica in altre.
E' parte di me, di quello che sono e ci tengo moltissimo. Spero che ci saranno commenti sia positivi sia negativi.
In fin dei conti non bisogna mai perdere la speranza, chi sa che cosa il destino ha in serbo per noi?


 

 




Uscì all’aria aperta e inspirò, a pieni polmoni, la fresca brezza della notte bergamasca.
Sentiva che pian piano stava riprendendo lucidità; quella che aveva perso stando lì dentro, circondata da coppiette pronte a saltarsi addosso ogni due secondi.
Non dava colpa a loro, dava semplicemente colpa a se stessa che non era riuscita ad uscire dalla rottura con il suo ex fidanzato senza rimanerne ferita.
Ognuno di loro pensava che le fosse passato, che stesse bene e che l’unico problema che in realtà avesse fosse quello della scuola: mai pensieri furono più errati.
L’aveva fatto intuire agli amici più cari che vedere coppie baciarsi non le era di molto aiuto ma evidentemente l’amore supera l’amicizia.
Si poggiò al muro esterno del locale e puntò gli occhi castani verso la volta celeste puntellata di stelle e dominata dalla luna, protagonista di quello scenario magico. Si asciugò due leggere lacrime che le stavano per scendere dagli angoli degli occhi.
Smettila di piangere, si auto impose cominciando a giocare con la collana. Aveva visto dei suoi amici uscire per cercarla ma gli aveva ordinato, con un semplice cenno del capo, di rientrare e che lei sarebbe rientrata da lì a qualche minuto.
«Ciao, stai bene?», domandò una voce maschile che non riconobbe in nessuna di quella dei suoi amici. Si voltò incuriosita e scorse un volto sconosciuto: lineamenti marcati ma decisamente attraenti, occhi azzurri, capelli neri e carnagione scura. Scorse sotto il collo una D tatuata, esattamente come la sua E.
«Sì, tranquillo. Dovevo solo riprendere fiato», spiegò sorridendo e scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
«Non sembrava molto da come ti sei alzata dal tavolo, sembrava più che altro che non ce la facessi più a stare lì», sorrise lui poggiandosi accanto a lei.
«Mi stavi osservando?», chiese divertita, arrossendo leggermente.
«Decisamente», rise tranquillamente, porgendole la mano si presentò: «Daniele ma chiamami Danny, tu sei?».
«Elena», sorrise dolcemente, veramente lusingata della situazione.
«I tuoi amici stanno discutendo sui motivi della tua fuga; uno dei più gettonati è che tu sia gelosa di un certo Riccardo e di una Clara», rise divertito lui.
«Stavi spiando i miei amici? Sei uno stalker?», domandò stupita sia dalla sua affermazione che da quello che stavano dicendo i suoi amici.
«No, è che sono seduto al tavolo a fianco con i miei amici e i tuoi urlano», rise, «hanno ragione? E’ quello il motivo per il quale sei uscita?».
«Ma va! E’ che mi sono appena lasciata con il mio ragazzo e vedere coppie sdolcinate come loro non è che faccia benissimo», sorrise mestamente.
«Dovresti andare a dirlo loro, sono uno più in paranoia dell’altro. Devi fare stragi di cuore là dentro e comunque: single?», chiese facendola ridere e mettendosi in posa, come per potersi far ammirare meglio.
Elena stava pian piano dimenticando quello che l’aveva costretta ad uscire dal locale e tutto per merito di un attraente sconosciuto che la stava osservando da tutta la sera.
«Sì, single», rise ancora, «e penso di piacere solo a qualcuno, non ovviamente a quelli fidanzati ma loro non mi attraggono».
«Quanti anni hai?», domandò lui cambiando discorso.
«Diciotto, diciannove quest’anno. Te?», chiese contenta che si stessero conoscendo.
«Ventidue, ventitré quest’anno. Di dove sei?», la interrogò nuovamente.
«Mapello, sai dov’è? », si preoccupò lei, sapendo perfettamente che nessuno conosceva quel paese della Bassa.
«Oh sì, ho scritto diversi articoli da quando c’è stata la scomparsa della tredicenne. Io sono di Villa d’Almé», spiegò lui incuriosendola.
«Sei un giornalista?», domandò sorpresa in positivo.
«Sto studiando, mi manca ancora un anno e poi potrò finalmente scrivere su veri giornali e non solo quello dell’università di Bergamo», rise passandosi una mano tra i capelli.
Elena vide il cellulare illuminarsi nella tasca ed era un messaggio da parte di Giada, la sua migliore amica, che la invitava a rientrare e a non ibernare fuori. Daniele le piaceva, era un bel ragazzo e simpatico, in più le aveva fatto intuire che ci provava, anche spudoratamente.
«I tuoi amici ti reclamano?», domandò lui indicando con lo sguardo il cellulare.
«Già. Sarà meglio che rientri o mi daranno per dispersa», sorrise rispondendo.
«Ti va di darmi il tuo numero? Così almeno possiamo sentirci, vederci e io posso continuare a provarci spudoratamente», rise lui leggermente imbarazzato, passandosi nuovamente la mano tra i capelli. Sembrava un tic nervoso, decisamente affascinante, pensò Elena.
«Va bene»,  e gli diede il numero, sorridente e felice.
«Ti riaccompagno dentro, così almeno dirai che sei uscita per me», rise e rientrarono dove l’odore di alcol era decisamente più alto ma il clima sobrio e accogliente.
«Guarda come mi guardano, sembra che mi vogliano uccidere. Entusiasmante», rise a pochi centimetri dal suo orecchio, sussurrandoglielo.
«Non ti vogliono uccidere. Grazie per la compagnia, mi hai risollevato il morale», sorrise tranquillamente, decisamente riconoscente.
«Di niente, e ricordati il tuo cuore non è spezzato, è solamente graffiato, basta una medicina e tutto si risolverà», sorrise e le donò un leggero bacio sulla guancia.
Elena lo salutò con la mano e si diresse al suo posto, rossa in viso scusandosi con i suoi amici che la accolsero con risate e sorrisi.
«Chi è quell’immenso figo là?», domandò Giada togliendosi dalle braccia di Marco, il suo ragazzo. Loro non facevano parte delle coppie che si sbaciucchiavano.
«Un ragazzo che ci prova», sorrise divertita.
«E vi siete scambiati il numero?», domandò Carmen curiosa.
«Lui ha il mio. Se mi scrive bene, se no continuerò a piangere nel mio dolore», rise divertita. Il cellulare, posato sul tavolo di legno, si illuminò e indicò l’arrivo di un messaggio. Elena lo aprì e rimase sorpresa leggendo il testo, arrossì e lo cercò tra la folla ma non era più all’interno del locale.
Storse il naso e poi sorrise rileggendolo: «Sarò la tua medicina».
Si sentiva lusingata, amata come non capitava da qualche mese e salvando il numero pensò a che frase ad effetto potesse scrivere ma nessuno suonava meglio di quel semplice grazie  che molte volte viene usato a sproposito.
Elena rifletté divertita mentre gli amici continuavano a parlare, il destino, fato o come si voglia chiamare le aveva fatto trovare qualcuno nel momento esatto in cui stava per sprofondare, aveva trovato una mano pronta a farla uscire dal pozzo che si era scavata.
Alla fine quando tocchi il fondo, l’unica cosa che puoi fare è risalire.
  

 

Elena.

 
 

  
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