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Autore: isachan    08/01/2011    12 recensioni
"Forse era stato in quell'istante... quando, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano.
Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.
Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un caloroso saluto a tuttiiiiii! xD Sono tornata e dopo un’infinità di tempo, mi sono dedicata  nuovamente a Kodocha.. *-*

Per tutte le precisazioni sulla storia, vi mando alla fine del capitolo! xD

 

 

                             Breathless                                                                                                                                              

                                                      “-Sai, a volte mi succede ancora.

                                                                                            -Cosa?

                                                                                           -A volte capita che mi manca il respiro…”

CAPITOLO UNO: CAMBIAMENTI

                                                          

 

Si guardò allo specchio ancora una volta e sorrise, aggiustandosi meglio il fermaglio luminoso che le teneva legate alcune ciocche dei lunghi capelli.

Non c’erano dubbi, era davvero bella come le dicevano tutti.

Si stupì un istante per quel pensiero così poco modesto. Un tempo, ne era certa, nella sua mente spensierata e leggera non ci sarebbe stato spazio per tanta vanità.

Ma forse, si disse, il trascorrere degli anni riesce a cambiare tutti. E alla fine aveva cambiato anche lei.

Se ne rese conto per la prima volta proprio quella sera, quando nel riflesso del suo bel viso le sembrò di scorgere nei suoi occhi una luce diversa. Così diversa che, per un attimo, quasi fece fatica a riconoscersi.

Non c’erano più gli occhi allegri di una bambina, né quelli curiosi e impazienti di un’adolescente.

Di fronte a lei c’erano gli occhi maturi e consapevoli di una donna.

Aveva solo 24 anni, è vero. Ma erano stati 24 anni pieni di tutto. Pieni di vita vera, di vita forte, di vita che a volte era stata anche crudele. Che le aveva tolto molte cose, ma che gliene aveva regalate altrettante.

Non c’era stato neppure un istante vuoto, niente. Ogni attimo era stato pieno di qualcosa e qualcosa aveva raccontato.

Alla fine, quindi, si era sempre sentita molto fortunata e aveva sempre pensato che la vita spesso le aveva donato anche molto più di quanto meritasse.

Fu con questi pensieri felici che si passò una mano fra i morbidi capelli ramati e diede un’occhiata veloce all’orologio appeso al muro della sua stanza.

Aveva esattamente mezz’ora di ritardo.

Sorrise, immaginando l’espressione nervosa e preoccupata sul volto del suo fidanzato che proprio in quel momento la stava aspettando nel ristorante più bello di tutta New York.

Le sembrava quasi di poterlo vedere, mentre ticchettava nervosamente con le dita sul tavolo e guardava di continuo l’ora sull’orologio da polso che lei stessa gli aveva regalato il Natale precedente.

Sapeva che non era giusto farlo aspettare sempre così tanto. Che era un comportamento scorretto e da prima donna. Ma sapeva anche che non appena l’avrebbe vista, il nervosismo sarebbe sparito e avrebbe lasciato il posto ad uno splendido sorriso.

Si sentì un po’ in colpa, perché spesso le era capitato di pensare che forse non meritava tutto quell’amore. Che non era giusto che lui la amasse così tanto. Che l’amasse oltre ogni limite conosciuto, oltre ogni umana capacità d’amare.

Poi però il senso di colpa spariva non appena si convinceva del fatto che, dopotutto, anche lei lo amava molto.

“Se mi ami almeno la metà di quanto ti amo io, allora mi ami abbastanza” le aveva detto lui un giorno, guardandola dritta negli occhi, nel tentativo di scacciare anche la minima ombra dal suo cuore.

Quella frase le era rimasta nella testa, le si era appiccicata, e tornava prepotente ogni volta che, restando da sola, sentiva di nuovo riaffiorare quello strano senso di inadeguatezza.

E si sentiva subito meglio.

 

Come previsto, quando arrivò nel ristorante lui la guardò e le corse incontro sorridendo, salutandola con un bacio dolcissimo.

- Scusami per il ritardo… magari sei qui da molto..

Lui scosse la testa deciso.

- Sono appena arrivato.

Le rispose con un sorriso.

Sapeva che non era vero, che lui lo diceva solo per non farla sentire in colpa.

Sorrise anche lei e lo baciò, felice e innamorata, perdendosi nel mare dei suoi occhi azzurri.

 

 

                                                                       ***

 

 

Aprì un poco gli occhi dorati e la prima cosa che avvertì fu il dolore acuto che proveniva dalla sua fronte sudata. Vi portò istintivamente una mano, premendola forte nel tentativo di farla smettere di pulsare in quel modo così forsennato e insopportabile.

Ma il dolore non accennava a diminuire.

Dannazione a lui che non imparava mai la lezione. Che di nuovo aveva passato la notte a ingurgitare tutto l’alcol che gli era passato tra le mani, mandando a quel paese tutti i buoni propositi con i quali aveva iniziato la settimana.

Era solo mercoledì – o giovedì, non avrebbe saputo dirlo con certezza vista la confusione mentale- e già di quei buoni propositi non era rimasta neppure l’ombra.

Ma non era affatto come si poteva pensare.

Akito Hayama non era di certo un ubriacone.

Non era per niente il tipo di persone che si lascia divorare da vizi o dipendenze. Lui amava tenere il controllo di tutto, in particolar modo della sua vita.

Quindi, il fatto che a volte passasse le notti in compagnia dell’alcol era una sua libera, liberissima scelta.

Un modo per staccare, per allontanarsi da quella realtà che a volte diventava soffocante.

Non gli era bastato comprare una casa tutta per sé o affermarsi nel mondo del karate. Certe notti sentiva comunque quella maledetta voglia di scappare.

E quando questo succedeva, Akito era solito scegliere tra due opzioni.

La prima era, appunto, quella di mettere a tacere i pensieri inondandoli di alcol.

La seconda era quella di farsi una sana scopata in compagnia di un’emerita sconosciuta.

Quella notte, però, i suoi pensieri dovevano essere stati abbastanza rumorosi perché, a giudicare dalla bionda che gli dormiva accanto completamente nuda, aveva avuto bisogno di entrambe le opzioni.

 

 

                                                                       ***

 

 

Tsuyoshi Sasaki non era mai stato portato per quel genere di cose. Era bravo a farne molte altre, di cose. Per esempio, era bravo a tenere in ordine la casa. O a fare la spesa. O a parlare con le persone. Ma soprattutto, era bravo ad amare la donna che, proprio in quel momento, lo guardava con aria interrogativa.

- Dai a me.. faccio io.

Gli disse, scuotendo la testa rassegnata e stringendosi nelle spalle esili. Lui la guardò con una luce liberatoria a brillare negli occhi scuri.

- Ti ho mai detto quanto ti amo?

Le chiese con sguardo ruffiano, porgendole il foglio bianco che da ormai più di due ore lo stava tormentando.

Aya Sugita sorrise del suo sorriso più dolce.

- Me lo ripeti in continuazione. E poi sai, il fatto che tu voglia sposarmi è una prova abbastanza schiacciante.

Tsuyoshi scoppiò in una piccola risata, mentre con una mano si aggiustava meglio gli occhiali enormi.

- Perspicace.

- Già. Comunque, amore, almeno potresti andare a fare la spesa per domani? Credi di riuscire a farcela da solo o ti serve il mio aiuto?

- Perspicace e anche spiritosa. Non c’è che dire. Ho scelto la migliore.

Scherzò, avvicinandosi a lei e depositandole un tenero bacio sulla fronte candida.

Diede un’occhiata da dietro la finestra al cielo che diventava sempre più scuro e minaccioso e, per precauzione, si convinse che sarebbe stato molto più prudente uscire con un ombrello.

- Ah, Aya…

Le disse, prima di richiudersi la porta alle spalle.

- … Sarebbe inutile dirti che non devi sistemare quei due allo stesso tavolo, vero?

Aya sbuffò, leggermente contrariata.

- Si si, lo so.. non preoccuparti. Sana e Akito siederanno il più lontano possibile.

- Perspicace, spiritosa e ragionevole. Mi congratulo sempre di più con me stesso.

Stavolta lei non sembrò aver apprezzato l’umorismo. Magari per colpa di quello stupido senso di tristezza e malinconia che la coglieva sempre se pensava a Sana e Akito. O meglio, se pensava al fatto che in realtà, di Sana e Akito, o almeno di quella Sana e di quell’Akito che conosceva, non era rimasto più nulla.

- Non essere triste per loro, Aya. Forse… è stato meglio così.

Come già detto, se c’era una cosa in cui Tsuyoshi eccelleva era proprio nell’amare e nel capire la sua fidanzata. Nel saper leggere ogni espressione, ogni sfumatura di sentimento che le attraversava gli occhi. Anche se durava solo un istante.

Lei lo guardò un attimo, facendo un cenno d’assenso con il capo e poi tornò a concentrarsi sul foglio bianco che le stava di fronte.

Decidere la suddivisione dei tavoli per gli invitati al suo matrimonio sembrò risollevarla almeno un po’.

Per questo Tsuyoshi finalmente si decise ad uscire, salutandola nuovamente con un bacio.

Appena varcò la soglia di casa alzò gli occhi verso il cielo e si strinse meglio nel cappotto pesante.

Nell’aria fredda di quel pomeriggio di inizio dicembre c’era un forte odore di pioggia.

 

 

                                                                       ***

 

 

Sbuffò sonoramente, mentre con una mano cercava inutilmente di mettere in ordine i capelli scuri scomposti dalle forti raffiche di vento. Magari era una sua sensazione, ma ogni volta che usciva di casa le sembrava che persino il vento si divertisse a farle i dispetti.

Certo, come no. Ora secondo te anche il vento ha una personalità?

Scosse la testa, dandosi mentalmente della sciocca.

Ma che ci poteva fare se un giorno si era svegliata ed era diventata la persona più pessimista del mondo?

Lei, proprio lei, che dell’ottimismo, quell’ottimismo a volte anche immotivato e infantile, aveva sempre fatto il suo punto di forza.

Magari è normale… crescendo un po’ di spensieratezza la si perde per forza, no?

Perché tanto la realtà ti sbatte in faccia comunque, prima o poi.

Ed era capitato che ad un certo punto di quell’ottimismo non aveva più saputo che farne.

Meglio essere realisti, si era detta. Meglio smetterla di pensare che la vita sia una favola rosa. Anche perché di “rosa” o di “favola” nella sua vita non c’era rimasto poi molto.

 

Entrò in macchina e controllò i messaggi nella segreteria del suo nuovo telefonino, regalo del suo ultimo compleanno.

La voce metallica e impersonale della segretaria cantilenava “Hai un nuovo messaggio”.

Premette il tasto 1” per ascoltarlo, anche se era praticamente quasi certa che fosse di sua madre.

O, al più, del suo capo che, per inciso, odiava mortalmente. Così come odiava il suo stupido lavoro di segretaria sottopagata di uno studio legale. Lei, lei che era sempre stata la più brava in tutto, specialmente nello studio, che voleva andare all’università, laurearsi a pieni voti e diventare un medico o un avvocato. Proprio lei che di quella vita sognata non aveva vissuto neppure un misero  istante.

“Fuka, amore…

Sua madre.

… Quando passi a prendere Shin? Oggi è un po’ irrequieto. Credo voglia la sua mamma.”

 

Il giorno in cui Fuka Matsui aveva perso il suo meraviglioso ottimismo era stato quello in cui, completamente sola, aveva scoperto di aspettare un bambino.

 

 

                                                                       ***

 

 

Chi l’ha detto che l’amore può vincere tutto?

Domanda strana, lo sapeva bene. Una domanda alla quale, con molta probabilità, non avrebbe mai trovato una risposta. Perché forse una risposta non c’era. O forse era molto più semplice di quanto potesse pensare.

Forse non c’era stato nessuno che aveva decretato che l’amore è la forza più grande. Forse erano state le persone, quelle che davvero l’avevano vissuto, l’amore - ma quello vero, quello che ti divora il cuore-a riconoscergli un tale potere.

Comunque, c’era stato un tempo in cui Sana Kurata se l’era fatta spesso, quella domanda. Specialmente quando le capitava di pensare a quella sera che risaliva ormai a 4 anni prima. Quella sera in cui era bastato un istante per distruggere quello che, almeno per lei, poteva essere, doveva essere, l’amore con la “A” maiuscola. Quello che ti capita una sola volta nella vita o che addirittura a volte non ti capita mai. Ma anche quello che richiede un incredibile impegno, un’assoluta devozione. Perché l’amore dà, ma deve anche ricevere. Perché per arrivarti nell’anima ha bisogno che tu gli indichi la strada, che gli liberi il cuore. E se ci riesci il cuore te lo prende tutto e diventa la catena che ti lega l’anima all’anima di un’altra persona.

C’era stato un tempo in cui si era sentita esattamente così. Saldamente legata ad un’altra anima.

Forse era stato in quell’istante… quando in un pomeriggio qualunque, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano. Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.

Forse era stato il modo in cui poi si erano guardati e avevano inconsciamente sorriso, come se si fossero davvero resi conto che sfiorarsi, toccarsi, guardarsi e sorridersi erano la cosa più naturale del mondo. E più facile. E più giusta.

Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita.

 

 

Poi c’era stato quel giorno, quando Akito era tornato a casa, stanco e nervoso, dopo l’ennesima giornata di allenamenti e aveva trovato Sana con quella strana espressione sul viso.

“Mi hanno offerto una parte importante in un altro film, Akito.” Gli aveva detto lei  senza neppure guardarlo negli occhi.

Lui si era lasciato cadere sul divano e aveva incrociato le braccia, non degnandola neppure di uno sguardo.

“Mi fa piacere per te.”

“E’ in America. Dovrei trasferirmi lì per almeno un anno.”

Akito aveva spalancato gli occhi dorati e si era alzato di scatto, avvicinandosi alla sua fidanzata.

“Non capisco perché me ne parli, dal momento che sono sicuro che non accetterai.”

Finalmente lei l’aveva guardato e, con gli occhi lucidi, aveva scosso la testa, muovendo i suoi capelli lunghi. Solitamente, sarebbe bastato l’odore meraviglioso che si sprigionava nell’aria ogni volta che Sana  faceva quel gesto così naturale per far sparire l’Akito stanco e nervoso e far apparire l’Akito perdutamente innamorato.

Quella volta però l’unica cosa che avvertì nell’aria non fu il profumo dei capelli appena lavati di Sana, ma quello amaro di un’ inevitabile separazione.

“I… io.. non posso rifiutare. È troppo importante per il mio lavoro!”

“E io allora? Io che fine faccio? NOI CHE FINE FACCIAMO?”

“Io non voglio lasciarti, Akito! Non lo farei mai! Possiamo.. possiamo farcela… puoi aspettarmi… tu..”

“SMETTILA! Se sapessi con certezza che questa sarebbe l’ultima volta che mi lasci per uno stupido lavoro, ti aspetterei! Ma sappiamo entrambi benissimo che presto ci sarà un’altra offerta… io non ce la faccio più ad andare avanti così, Sana…”

Aveva abbassato il viso, lasciando che il miele dei suoi capelli gli ricoprisse la fronte.

“Devi scegliere, Sana… o il tuo lavoro… o me.”

“Non chiedermi questo, Akito! Non costringermi a rinunciare!”

“Scegli, Sana.. “

“NO AKITO! Non farmi scegliere…sai benissimo che senza il mio lavoro sarei infelice!”

“Io non ti ho mai chiesto di rinunciare al tuo lavoro! Vorrei solo che tu non andassi in ogni parte del mondo per girare un FOTTUTISSIMO FILM DEL CAZZO!”

“FANCULO AKITO! SAI QUANTO AMO IL MIO LAVORO! LO SAI!”

“No Sana… non so più niente. Anzi, una cosa la so…”

Lei l’aveva guardato, preoccupata e interrogativa.

“… so che non stai scegliendo me…”

Era rimasta impietrita. Per la prima volta nella sua vita, Sana Kurata non era riuscita a trovare le parole.

Lui le aveva dato le spalle, mormorando un “Domani manderò qualcuno a prendere le mie cose” e poi si era avviato verso la porta, con le gambe che erano improvvisamente diventate pesanti come blocchi di cemento.

Senza neppure sapere come, Sana gli si era letteralmente avventata contro, stringendogli forte la vita con le braccia esili.

“Ti prego Akito.. è come se io ti avessi chiesto di scegliere tra me e il karate.”

Lui si era voltato, lasciando che lei scorgesse quella piccola goccia salata che era nata in un angolo dei suoi occhi dorati.

“Esempio sbagliato, Sana. Perché io avrei scelto te.”

Si era sentita trafiggere il cuore da mille pugnali e aveva mollato la presa.

Era rimasta lì, immobile e silenziosa, e si era lasciata cadere sulle ginocchia, mentre l’aveva guardato andare via.

Aveva pianto tutta la notte, stringendo forte il cuscino sul quale fino a poche ore prima aveva dormito Akito. Aveva pensato di chiamarlo per dirgli che lo amava da impazzire e che per lui avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa. Che non esisteva vita se non poteva averlo accanto. Che senza di lui si sarebbe sentita irrimediabilmente sola. E persa. E vuota.

Già. Aveva pensato di chiamarlo.

Ma non l’aveva fatto.

E, facendo prevalere la parte più smisurata del suo ego, la mattina dopo aveva preparato le valigie ed era partita per New York. Poi, da lì, non era mai più tornata.”

 

 

 

Chi l’ha detto che l’amore può vincere tutto?

Ancora oggi, quando rimaneva sola con i suoi pensieri, Sana Kurata si poneva questa domanda.

E, da qualche tempo, era riuscita a darsi una risposta. Sempre la stessa.

 

Non so chi è stato, ma di certo doveva essere un gran sognatore. O semplicemente molto ubriaco.

 

                                                                       /-/

 

 

Note dell’autrice: Allora, parto subito col dirvi che il mio progetto iniziale su questa fan fiction era quello di fare un unico capitolo. Però, man mano che scrivevo, mi sono resa conto che sarebbe stato un capitolo eccessivamente lungo.. xD Quindi alla fine ho deciso di postare questo che dovrebbe essere un’introduzione per il resto della storia. Prendetelo come una “visione d’insieme” sulla vita dei personaggi.

Comunque, visto che la storia sul mio PC è giunta quasi, e dico “quasi”, al termine, gli aggiornamenti dovrebbero essere più o meno puntuali. Almeno spero.. xD

Credo di aver detto tutto. A risentirci presto! Ovviamente attendo di sapere il vostro parere.. ^-^

Un saluto a tutti coloro che leggeranno!                                                                     

 

   
 
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