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Autore: biondich    08/01/2011    3 recensioni
Nicole Dashborn, ragazza carina ma con un pessimo carattere, si trasferisce a Mystic Falls con l'intenzione di dare la caccia a Katherine, la vampira che distrusse la sua famiglia, anni prima.
Uno scambio di persone la porterà a conoscere Helena e i fratelli Salvatore, facendola, in particolare, entrare in conflitto con l'affascinante Damon, deciso a non darle tregua.
L'arrivo di un nuovo vampiro in città ed i misteriosi omicidi nei dintorni di Mystic Falls daranno a tutti qualcosa su cui riflettere, mentre la vita di Nicole prenderà una piega non del tutto desiderata.
"Perchè, anche se è ingiusto, spesso sono le persone che amiamo a pagare per i nostri errori."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Odiava alzarsi presto, lo detestava con tutta sé stessa, ma era necessario; inutile lamentarsi.

Sollevò svogliatamente la testa dal cuscino, scese dal letto, si trascinò in cucina, assonnata.

 Cosa doveva fare? Un secondo … ah già, uccidere il mostro, e più precisamente la vampira, che nel gennaio del 2003 massacrò suo padre e vampirizzò suo fratello, Max . Oh, si,aveva un quadretto familiare davvero invidiabile.

 Ho detto che sua madre, dopo quel giorno, è diventata un’alcolizzata e che passa due terzi dell’anno in ospedale?

 Ma con chi sto parlando? Bah, tutto sommato questo monologo è divertente, penso che continuerò.

 Lettori immaginari, lasciate che ve la presenti, prima di annoiarvi ulteriormente con la sua storia.

 Si chiamava Nicole Dashborn, aveva 18 anni e se si trovava lì,a Mystic Falls, era solo per vendetta.

Oh, dimenticavo. Quella notte sarebbe morta.

 No, niente premonizioni o roba del genere; era solamente una sua una certezza. Da quello che era riuscita a capire di quella cittadina, tutti i vampiri che la abitavano, e erano parecchi sospettava, avevano una malsana ossessione per il suo bersaglio, Katherine Pierce.

 Era per questo che era certa che sarebbe morta; anche ammesso che fosse riuscita ad ucciderla, avrebbe poi dovuto vedersela con tutti i suoi amanti\servitori\alleati o qualunque cosa fossero.

 Nicole era una ragazza alta, snella,dal corpo tonico. Aveva lineamenti europei: zigomi alti, nasino proporzionato, labbra moderatamente carnose e morbide, begli occhi grigi dal taglio leggermente obliquo, ciglia lunghe. Il bel volto era incorniciato da una folta chioma di capelli biondi, mossi, tagliati poco al di sotto delle spalle.

Era una ragazza carina, ma con un gran caratteraccio, in parte dovuto alla sua vicenda personale.

 Era sveglia e aveva saputo fin da subito adattarsi alla nuova situazione familiare, cercando di non essere di peso per nessuno. Era cresciuta in fretta, indipendente, un po’ apatica, spesso troppo impulsiva.

 Ma ora torniamo alla storia :

 Sarebbe stato un sabato sera movimentato, indubbiamente.

 Bene, meglio fare il punto della situazione: paletti, accendino, benzina,verbena,coltello?C’erano.

Cosa mancava? Un piano.

 Beh, una cosa per volta. Forse se avesse lasciato una traccia, l’avrebbe trovata Kathrine.

Ammesso che la vampira si trovasse davvero a Mystic Falls. In fondo, Nicole aveva raccolto le informazioni da gente tutt’altro che raccomandabile. Accidenti a lei e alla sua disorganizzazione! Il programma cominciava ad avere delle falle, grosse falle.

Non aveva fame, non si sforzò di mettere sotto i denti qualcosa. Si diresse in bagno, fece una doccia calda per rilassarsi, per aiutarla a riflettere.

 Sospirò, constatando di aver agito troppo impulsivamente, senza uno straccio di programma. Doveva farsi i complimenti, era davvero brillante!

Asciugò i capelli con il phon, cercò con le dita le doppie punte, ma nei capelli biondi sono davvero difficili da individuare; o forse stava semplicemente diventando miope, non lo sapeva.

 Mise un velo di fondotinta, un po’ di eyeliner per far risaltare i suoi occhi grigi, e un po’ di matita, per uno sguardo più intenso. Le piaceva il risultato, si sentiva più sicura di sé, più bella.

 Un po’ di vanità le sarà pur concessa, no?

 Aprì l’armadio, infilò un paio di jeans a sigaretta stretti e scuri, una canottiera nera ed un golf aperto grigio perla; con ai piedi un paio di comode trainer, prese i suoi effetti personali ed uscì di casa.

Era una bella giornata a Mystic Falls, un sabato mattina soleggiato e sereno, con un cielo limpido,azzurro e brillante, e una leggera brezza, piacevole e tiepida.

 Prese la moto, quella di suo padre, una harley davidson iron nera e lucente, sua fedele compagna di viaggio.

Nicole vagò senza meta per quasi tre ore, fermandosi solo per fare benzina e per prendere uno snack, poi tornò verso casa, affranta per il problema della mancanza di un piano ben strutturato. Fu in quel momento che il suo cuore perse battito e si ritrovò quasi costretta ad inchiodare per lo stupore e l’orrore, davanti al liceo di Mystic Falls.

 Impossibile ….

 Sentì la rabbia montarle dentro, si morse il labbro inferiore con così tanta forza da gemere per il dolore, sbatté convulsamente le palpebre, temendo di aver avuto un’allucinazione. Ma era reale.

 La riconobbe immediatamente, un flash nella sua mente le ripropose l’immagine del suo volto a Chicago, la notte che la vampira distrusse la sua famiglia. Katherine Pierce, era lei, non aveva dubbi.

 Un brivido corse lungo la schiena di Cole, così soprannominata, e avvertì una scossa mentre l’adrenalina entrava in circolo, facendo martellare le sue tempie all’impazzata. Vide Katherine allontanarsi dal liceo in compagnia di un ragazzo moro, alto, dalla pelle diafana e dal sorriso troppo bello per essere umano; che fosse un altro vampiro? Era plausibile.

 Nicole entrò in agitazione. Che doveva fare? Non aveva il suo arsenale a portata di mano; sempre grazie alla sua straordinaria capacità organizzativa, aveva lasciato gli “strumenti” a casa, sul tavolo in cucina. Bel colpo, Cole!

 Se avesse seguito la vampira, con tutte le probabilità, quella avrebbe riconosciuto il suo odore e l’ avrebbe uccisa senza che potesse difendersi in alcun modo. Le mani di Cole tremarono, mentre premeva l’acceleratore e lasciava la frizione, dando gas al motore. Allora era lì,sul serio.

Qualcosa scattò nella mente della bionda, mollò improvvisamente la presa sull’acceleratore, scese dalla moto, tolse il casco, liberando i suoi capelli mossi e dorati. Lo gettò a terra, non curandosi del rumore che produsse; attraversò la strada, a grandi passi, si mosse in direzione di Katherine.

Non stava pensando, non voleva pensare, altrimenti, se avesse lasciato che i pensieri scorressero liberi nella sua mente, sarebbe tornata indietro, il più velocemente possibile, sfuggendo, forse, alla morte.

 Alt.

Ma che cosa le era saltato in mente? Non voleva essere il suo pranzo, lei voleva ucciderla!

Cole si bloccò davanti all’entrata del liceo, fra la folla di studenti che ne uscivano. Inspirò profondamente con il naso e, maledicendosi mentalmente per la sua dannata impulsività, fece retro front e tornò alla moto. Serrò le mani sul manubrio, sollevò il cavalletto e si allontanò, con l’amaro in bocca, ancora visibilmente scioccata da quell’incontro.

 Forse non aveva abbastanza fegato per affrontare quel mostro; era fragile, sebbene negli anni avesse nascosto questa sua debolezza sotto strati di orgoglio e durezza. Ma quante occasioni avrebbe avuto di eliminare Katherine Pierce , ancora? No, doveva reagire, quella sera la vampira sarebbe morta per la seconda volta, per mano sua. Qualunque cosa fosse accaduta in seguito non avrebbe avuto importanza.

 Nicole Dashborn attese il tramonto per uscire nuovamente, questa volta munita di armi e verbena. Non sarebbe fuggita nuovamente,no di certo. Passeggiò a lungo per le strade di Mystic Falls, illuminate dalla luna e da qualche lampione in procinto di fulminarsi.

Raggiunse un viale alberato, di cui non fece caso al nome, e lì, innescò la trappola; anche se non era ancora sicura per chi fosse, se per Katherine o per sé stessa.

 Estrasse un coltello e fece pressione sulla pelle del suo avambraccio sinistro, praticando un piccolo taglio, lasciando che il sangue scorresse, permettendo all’odore ferroso di diffondersi. Continuò a camminare, tendendo le orecchie, cercando di apparire disinvolta, ma con i sensi all’erta. Avvertì dei passi dietro di sé, rabbrividì.

Continuò a camminare, mentre li sentiva sempre più vicini; l’ombra scura si avvicinava, si schiarì la voce, aumentò il passo, la affiancò, la superò.

Un passante, era soltanto un passante.

 Cole espirò rumorosamente, mentre il battito cardiaco rallentava, ristabilizzandosi. Si diede della completa idiota, mentre vedeva l’uomo svoltare l’angolo.

Accidenti, che spavento, Nicole aveva dimenticato che non tutti a Mystic Falls sono vampiri assetati di sangue.

 Continuò a camminare, rimproverandosi mentalmente di non aver preso una giacca;un po’ per l’atmosfera vagamente da film horror di serie B , un po’perché tirava una brezza leggera, la ragazza sentiva dei brividi correrle lungo la schiena.

Forse il sangue era poco … Praticò un’altra piccola incisione, sul palmo della mano, con una piccola smorfia di dolore sul viso. Non era esattamente piacevole.

 Svoltò l’angolo, percorse una via illuminata e piena di negozi.

Avvertì della musica, proveniente da un bar, sentì delle voci ridere di gusto, percepì il rumore delle bottiglie di birra che rotolavano lungo il marciapiede, i motori delle automobili che si accendevano.

 Era sabato sera, dopotutto.

 Un momento … E le sue mani ricominciarono a tremare, questa volta perché fremevano dalla voglia di impugnare un paletto e conficcarglielo nel cuore, ammesso che ne avesse ancora uno. Katherine Pierce e il suo accompagnatore di quella mattina uscirono dal locale, in compagnia di altri due ragazzi, probabilmente la loro cena. Presero le macchine e cominciarono ad allontanarsi. Katherine le stava nuovamente sfuggendo, dannazione!

 Cole affrettò il passo, raggiunse un’auto parcheggiata poco lontana dal locale e, o.k. lo so, non è esattamente onesta come cosa, ma era davvero necessario, la rubò.

 Non vi svelerò mai i trucchi del mestiere anche perché i passaggi non sono facili da spiegare, fatevene una ragione.

 Guidò prendendo la stessa direzione delle due macchine, accese la radio, per darsi un po’ di carica. Aprì il cruscotto: chissà se il vero proprietario aveva qualche CD carino.

Nicole sussultò, imprecò velatamente, quando al posto dei compact discs trovò un sacchetto di sangue dell’ospedale, parzialmente bevuto.

 “Oh, maledizione!”- sibilò, una volta resasi conto di aver rubato l’auto di un succhiasangue.

Ho dimenticato di dirvi che era davvero molto fortunata?

 Beh, se non altro, ora era certa che non sarebbe finita in galera per quel furto. In una bara, forse, in un cripta, ma non in prigione. Oh, wow, questa era la svolta della serata.

Finalmente raggiunse le due automobili, le seguì in un vialetto e parcheggiò poco lontano da loro, una volta che si fermarono. Insieme ai due vampiri c’erano un ragazzo e una ragazza biondi, completamente ignari di quanto gli sarebbe accaduto di lì a poco. Entrarono in una grande casa in legno, bella e, da quel che riusciva a vedere Cole dalle finestre, ben arredata, elegante e raffinata.

Però, niente male. E lei che si aspettava una tetra cripta sotterranea o un cupo castello diroccato, con bare come letti, lampi e tuoni proprio dietro casa, ululati e pipistrelli, come nelle più classiche trasposizioni cinematografiche di Dracula.

 Beh, dalle finestre non riusciva a vedere se ci fossero o meno le bare, quindi tutto sommato non era ancora del tutto fuori strada.

 Attese fuori, cercando di concentrarsi sui suoni provenienti dalla casa: nessuno, ancora, gridava di terrore. E se anche quei ragazzi fossero stati dei vampiri?

Non aveva abbastanza paletti, maledizione.

Nicole vide la ragazza bionda e il suo fidanzato allontanarsi a bordo di una macchina rossa piuttosto vecchia, a giudicare dall’opacità del rosso della carrozzeria e dal modello.

 Katherine uscì, guardò l’auto allontanarsi, sorrise. Era il momento di agire.

Cole uscì dal suo nascondiglio, si mosse verso di lei con passo sicuro, serrò la presa sulla sua sacca grigia, nella quale teneva l’arsenale e attirò l’attenzione della vampira, schiarendosi la voce.

Ma c’era stato un ENORME malinteso.

 Helena si voltò verso di lei con sguardo interrogativo; Cole pensò che probabilmente non l’avesse ancora riconosciuta, ma le avrebbe rinfrescato la memoria.

 “Chi sei”- domandò la giovane Gilbert con tono sospettoso, sollevando appena un sopracciglio ed indietreggiando di qualche passo.

 “Chicago,gennaio 2003,davvero non ricordi, Kathrine?”- sibilò Cole, mentre estraeva rapidamente dalla sacca un paletto.

 Helena sussultò. “N-no, ti sbagli , io non …”

 “Peter Dashborn era mio padre; gli hai spezzato il collo, davanti a me, maledizione! E poi Max …”- ruggì Cole, prendendo la mira, serrando la presa sul paletto.

“Io non sono Katherine!”- gridò Helena indietreggiando rapidamente, ritrovandosi spalle al muro - “Stefan, aiuto!”

 Le grida di Helena raggiunsero Stefan che, con uno scatto fulmineo, accorse in aiuto della fidanzata. Il vampiro bloccò il braccio di Cole, impedendole di trafiggere Helena. Con uno spintone allontanò Nicole che rotolò per qualche metro, dopo l’impatto con il terreno. L’urto fu molto potente e Cole perse i sensi,lasciando cadere accanto a sé il paletto, immersa nella polvere.

“Stai bene?”- domandò Stefan, accarezzando il viso della sua amata, visibilmente preoccupato. Helena lo rassicurò, abbracciandolo, lievemente scossa. Non era certo in programma quell’imboscata.

 “Credeva fossi Katherine”- affermò la ragazza fra le braccia del bel vampiro, osservando la figura inerme, stesa nel vialetto - “Ma non penso sia un vampiro.”

 “Forse dovremmo approfondire la questione; portiamola dentro.”- disse Stefan, baciando la fronte di Helena, prima di dirigersi verso Nicole.

 La caricò sulla spalla e si incamminò verso il portone principale, seguito dalla sua fidanzata.

 “Mi dispiace, questa doveva essere la nostra serata da normale-coppia-di-adolescenti … e invece”- constatò costernato il vampiro, lanciando uno sguardo dispiaciuto ad Helena che invece sorrise.

 “Oh, beh, fino a poco fa, era tutto assolutamente nella norma, direi. A parte tuo fratello che flirtava con la madre di Matt, intendo.”

 “Già, vorrà dire che quando Matt e Caroline torneranno, ci inventeremo qualcosa per liquidarli.”-sospirò Stefan, lasciando che Helena entrasse per prima e richiudendo la porta dietro di sé. Nicole venne adagiata su un elegante divano bianco, di fronte al camino, in attesa che si riprendesse.

“Ha addosso della verbena, era davvero convinta che tu fossi Katherine.”- constatò Stefan, accomodandosi accanto ad Helena, su un altro divano, poco distante da quello di Cole. Questa cominciò a rinvenire; le orecchie le ronzavano, le tempie martellavano all’impazzata, mentre Nicole tentava di mettere a fuoco con la vista, ancora parzialmente offuscata. Gemette, rialzandosi e mettendosi seduta, ancora in parte frastornata. Aveva preso una bella botta in testa ed ora ne sentiva gli effetti, tutt’altro che piacevoli.

“Ma che diavolo …”- commentò la ragazza massaggiandosi le tempie, poi una guancia, poi l’arcata sopraccigliare. Si sentì osservata ed istintivamente ruotò la testa verso le due figure che la scrutavano, severe e piene di sospetto.

 “Oh,maledizione!”- constatò Cole, quando vide Helena, scambiandola nuovamente per Katherine.

 “Direi che ci devi un po’ di spiegazioni”- esordì severamente Stefan, esaminandola attentamente con freddezza.

“Spiegazioni?”- domandò confusa Nicole, facendo fatica a mantenere gli occhi aperti.

 “Lei non è Katherine; questa ragazza si chiama Helena e stavi per ucciderla, per errore.”- proseguì Stefan ancora più freddo, domandandosi come quella ragazza potesse conoscere Katherine.

“Come può non essere lei, è identica, la riconosco.”- e a fatica, Cole tentò di alzarsi dal divano, in cerca dei paletti, ma perse l’equilibrio, ricadendo malamente sul sofà.

 “È vero, sono identiche, ma lei si chiama Helena ed è umana. E non sappiamo dove sia Katherine.”

 Ora la mente di Nicole Dashborn era stata ben agitata e confusa.

 “Quindi Katherine non è qui? Sono venuta in questo maledetto posto per niente.”- disse la bionda, trattenendosi dal gridare di rabbia. Unì i palmi delle mani e li portò davanti alla bocca, delusa da sé stessa.

“Perché stai cercando Katherine?”- domandò Helena, incuriosita,ma sospettosa. Si avvicinò di più a Stefan, cercando conforto.

 “Non sono affari vostri, scusate.”-fece per andarsene,ma Stefan le bloccò rapidamente il braccio, costringendola a sedersi nuovamente. Con lo sguardo severo e minaccioso le intimò di rispondere alla domanda.

 “Tu sei sicuramente un vampiro, dico bene?Ti ho visto prima, sei troppo veloce per essere un umano.”- disse compiaciuta Nicole,cambiando argomento, sorridendo,pur avendo gli occhi carichi di ira per la notizia ricevuta.

 “Perché stai cercando Katherine.”- insistette Helena severamente, facendo oscillare i lunghi capelli scuri, mentre si sporgeva leggermente in avanti, seccata.

“Voglio ucciderla, non è ovvio?Avevo un paletto in mano, non un mazzo di fiori.”

 Stefan ringhiò spazientito, fu trattenuto dalla leggera pressione esercitata dalla mano di Helena sul suo braccio.

“Quando credevi che fossi Katherine, hai detto che lei ha ucciso tuo padre e un tale Max.”- disse Helena, insistendo sull’argomento; la cosa fece incupire Nicole che appoggiò le spalle allo schienale del divano e sospirò, preparandosi a mettere le carte in tavola.

“Era notte, se vogliamo essere precisi era la notte fra il 17 e il 18 gennaio del 2003, quando Katherine entrò in casa nostra. Io, mia madre, mio fratello e mio padre, stavamo dormendo ma fummo svegliati dal rumore di vetri rotti in cucina. La vampira e mio padre avevano avuto una storia, seppur di breve durata, ma lei si era stancata di lui. Gli ha spezzato il collo, davanti a noi, con una facilità spaventosa, poi ha preso Max, mio fratello.”- fece una pausa, sussultò - “ Lo ha dissanguato, lasciandogli le sole forze per bere un po’ del suo sangue, e ha ucciso anche lui. Mio fratello non ha avuto il tempo di gridare, di chiudere gli occhi. I vicini, sentendo rumori allarmanti, avevano già chiamato la polizia. Katherine se ne è andata, risparmiando me e mia madre per mancanza di tempo. Pochi secondi ancora, e avrebbe posto fine anche alle nostre vite.La polizia arrivò troppo presto per me e troppo tardi per mio fratello.”- tirò su con il naso, sforzandosi di sorridere e riprendere il suo solito atteggiamento tendenzialmente menefreghista della vita, aggiungendo “Bene, dopo essermi giudicata il premio per la storia più pietosa, direi che mi sono anche guadagnata il diritto di desiderare che quella bastarda marcisca all’Inferno, dove è giusto che stia, no?”- e conciliò la frase con un sorriso spento,intrecciando le dita, unendo le mani.

 “Oh, giusto, non ci siamo presentati. Io sono Nicole Dashborn, scusate per il tentato omicidio.”- la ragazza tese la mano, cordialmente, con un sorriso rilassato sul bel viso dagli zigomi alti.

 “È tutto a posto. Io sono Helena Gilbert”- e la ragazza sorrise compiaciuta, ricambiando la stretta.

 “Il piacere è nostro. Io sono Stefan Salvatore.”

 “Sei qui con tua madre?”- domandò Helena, interessata,incontrando lo sguardo di Cole e cercando di capire se quella ragazza fosse forte solo apparentemente o se invece avesse realmente un bel temperamento.

 “Mia madre ha un fantastico abbonamento ad un letto d’ospedale, perché non riesce a tenere la bocca lontana dalle bottiglie.Coma etilico, cirrosi alcolica… poi si riprende, promette di non toccare più alcolici e la settimana dopo la ritrovi svenuta sul divano, con mezzo bloody mary rovesciato sulla camicetta. Diciamo che dire che vivo da sola, suona più verosimile. Voi piuttosto? Questa casa è davvero immensa, chi ci abita?”- Cole iniziò ad attorcigliarsi i capelli con le dita, prendendo confidenza.

“Qui viviamo io e mio fratello Damon che ora non è qui, per fortuna.”- le rispose Stefan, ben più rilassato. Nicole non era una minaccia, non aveva cattive intenzioni, ora che il malinteso era stato chiarito.

 “Io vivo con mia zia e mio fratello, non molto lontano da qui.”- rispose Helena, sorridendo sommessamente, lasciando che Stefan le cingesse la vita con il suo braccio.

 “Beh, credo sia per me giunta l’ora di andare. Scusatemi ancora, giuro che non cercherò più di trasformarti in uno spiedino, Helena. È stato un piacere conoscervi,alla prossima.”- Nicole strinse loro la mano e sorrise caldamente. Riprese i suoi effetti personali e lasciò la pensione dei Salvatore, tornando nel vialetto.

 “Ehi, non avevi una macchina?”-domandò Stefan, notando l’auto scura parcheggiata poco lontano.

 “Oh, no, quella non è mia.”- rispose Cole strizzando un occhio e incamminandosi verso la strada.”L’ho presa in prestito a chissà quale povero idiota!”-aggiunse fra sé, con un sorriso compiaciuto sulle labbra, mentre tornava a casa.

 E ora? Non aveva più nessun piano, ma non poteva muoversi da Mystic Falls, finché non avessero dimesso sua madre dall’ospedale; e se Cole continuava a rimandare la telefonata per chiedere delle condizioni di salute della signora Dashborn, non avrebbe mai avuto una data da confermare per la partenza.

 

 

Intanto, per le strade di Mystic Falls, camminava, ubriaco e fuori di sé, un vampiro, alto, dai capelli scuri e dai magnetici e bellissimi occhi azzurri, in grado di far innamorare chiunque li osservasse. Damon Salvatore era furioso; aveva trovato una bella ragazza da sedurre e gustare e si era poi ritrovato senz’auto. Qualche idiota doveva aver avuto la stupida idea di rubargliela, dopo che lui stesso l’aveva “presa in prestito“. Ma lo seccava davvero che qualcuno gli avesse tolto un oggetto di sua (più o meno) proprietà;era una provocazione bella e buona, alla quale Damon avrebbe risposto.

 Mugugnò fra sé maledizioni, imprecò, sibilò infastidito e si perse a lungo nei suoi pensieri, riemergendone soltanto una volta giunto nel vialetto di casa. Ed era stato in quel momento che Damon Salvatore aveva visto la “sua” auto, parcheggiata a poca distanza.

Si era avvicinato, aveva aperto lo sportello e aveva cominciato a cercare qualche indizio che gli rivelasse l’identità dello sfortunato bastardo al quale avrebbe staccato la testa.

Fu mentre frugava nel cruscotto che, urtando contro il volante, provocò uno spostamento d’aria che fece giungere fino alle sue narici, un odore frizzante e irresistibilmente dolce. C’era del sangue sul volante della sua macchina, del sangue davvero buono. Lo assaporò, se ne ubriacò, quell’odore gli dava alla testa, era straordinariamente gustoso. Beh, per Damon sarebbe stato un vero piacere uccidere il proprietario di un sangue così buono.

Il cellulare del ragazzo squillò, attirando la sua attenzione; Damon si schiarì la voce, rispose.

 “Pronto?”

 Era lo sceriffo Forbes, piuttosto allarmato.

 “Scusa l’ora Damon, ma dovevo avvisarti quanto prima.”- disse la donna.

 “Non c’è problema, di cosa si tratta sceriffo?”

“Due ragazze sono state ritrovate dissanguate sulla statale poco fuori da Mystic Falls; temo ci sia un nuovo vampiro in città.”

 “Mhm.”

“Vorrei che facessi attenzione, insomma, se vieni a sapere qualcosa, ti prego di farmelo sapere. Prima che la situazione degeneri.”

 “Non si preoccupi sceriffo, me ne occupo io.”- la rassicurò Damon, facendo schioccare la lingua.

“Grazie,davvero.”

 Damon concluse la telefonata ed uscì dall’auto.

 Perché il ladro avrebbe dovuto rubargliela, per poi riportargliela a casa?

 Sollevò un sopracciglio, pensieroso, mentre varcava la soglia di casa, gettando distrattamente la giacca nera su un tavolino e raggiungendo il salone. Oh, l’indissolubile coppietta era ancora in piedi.

 “Avete idea del perché la mia macchina sia tornata a casa senza di me?”

 Oh, dolci risposte, succose informazioni!

 Si sorbì il racconto dell’aggressione, dell’eroico Stefan che aveva preso a spintoni una ragazza, salvando la sua bella, e della ladra di auto che si era appostata davanti casa, con un paletto e la voglia di piantarlo nel cuore di Helena, credendo che fosse Katherine. Accidenti, si era perso un vero spettacolo! Damon si massaggiò il collo, ancora accigliato, fingendo di seguire la storia. Aveva già ottenuto quello che gli serviva; aveva il nome della ragazza che, davvero stupidamente, aveva osato provocarlo.

   
 
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