Another Break in
the Wall
La
prima
volta che lo aveva incontrato non aveva certamente pensato ad un simile
sviluppo.
Stava
tranquillamente passeggiando per le vie della città
siciliana, dove si era
recato per -se così si potevano chiamare- affari, quando,
dal nulla, era
apparso da dietro l’angolo, correndo come se avesse il
diavolo alle spalle, un
uomo, cappello a coprirgli il volto e tra le mani quella che doveva
essere una
borsa, non sua naturalmente.
Non ci aveva
messo molto a capire la situazione: ladruncolo beccato con le mani nel
sacco.
Che scocciatura.
In un attimo
aveva estratto la sua frusta e il ladro si era ritrovato steso a terra,
le
gambe intrappolate nella morsa di cuoio della sua arma.
Senza
lasciarlo andare, l’uomo si piegò sulle ginocchia
e sorrise.
-Ehi amico,
la prossima volta vedi di non farti beccare.-.
-E tu vedi
di restarne fuori.-.
Un voce
gelida aveva risposto, inaspettatamente, alla sua provocazione.
Quando alzò
gli occhi, si ritrovò a fissare un giovane uomo. Doveva
avere sicuramente
qualche anno in meno di lui: capelli biondi ad incorniciare un viso dai
bei
lineamenti in cui erano incastonate due fredde pietre blu, al posto
degli
occhi.
Sul viso
un’espressione fredda e altera.
Rimase
imbambolato a fissarlo, mentre estraeva delle manette con cui
imprigionò il
delinquente, finché i suoi muscoli facciali non ripresero ad
obbedirgli e si
costrinse in una risata.
-Pensavo
semplicemente di essere d’aiuto alla legge-
Proclamò a mo
di scusa. Per cosa non lo sapeva, ma sentiva che era meglio scusarsi
fintanto
che era in tempo.
L’altro si
limitò a fissarlo per qualche secondo, per poi voltare le
spalle ed andarsene,
senza considerarlo minimamente.
In
quell’istante, l’uomo, passandosi una mano nei
capelli neri, pensò che con uno così
fosse meglio non immischiarsi.
La
vera
sorpresa la ricevette due giorni dopo, quando si ritrovò in
riunione con il
Primo boss della famiglia Vongola e i suoi guardiani.
Rimase a
bocca aperta per lo stupore, ritrovandoselo davanti con ancora
quell’espressione impassibile stampata in faccia, perdendosi
metà del discorso
che stava facendo il boss con cui avrebbe dovuto allearsi.
-Cavallone?-
la voce di Giotto lo riportò alla realtà
–C’è qualche problema?-
Il giovane
Vongola sembrava preoccupato e confuso dal suo comportamento,
così decise
semplicemente di buttarla sul ridere.
-No, è tutto
a posto, fratellino!- rispose, cercando di recuperare un minimo di
contegno.
Il boss dei
Vongola gli sorrise e riprese tranquillamente a parlare, mentre lui
cercava in
tutti i modi di prestare attenzione per lo meno alle parti importanti.
Così, alla
fine della serata, senza sapere nemmeno bene come –e
soprattutto cosa- avesse convinto
il Vongola, si
ritrovò con un’alleanza stipulata.
-Quanto ti
fermerai?-
Giotto gli
sorrise, affabile, mentre gli offriva un bicchiere di vino.
-Due giorni-
Rispose, sorridendo.
Chiacchierare:
quella parte gli usciva decisamente meglio.
-Avrai bisogno
di una guida, immagino. - Giotto ridacchiò appena, mentre
lui si ritrovava
costretto ad annuire. Senza i suoi sottoposti in giro aveva un pessimo
senso
dell’orientamento.
-Che ne dici
Alaude?- Primo si voltò ad osservare nientemeno che il
giovane biondo dallo
sguardo di ghiaccio. –Sei quello che conosce meglio la
città, dopotutto…-.
Alaude non
rispose, si limitò ad un verso seccato che, probabilmente,
nel suo misterioso
linguaggio, significava qualcosa come “lo faccio solo
perché sei tu a chiederlo”.
Giotto
sorrise al guardiano, prima di tornare a concentrarsi su di lui.
-Problema
risolto. -
Cavallone
annuì, sorridendo forzatamente, mentre l’unica
cosa che riusciva a pensare era
che si era ficcato in un bel guaio…e a quanto,
improvvisamente, le allodole*
gli apparissero belle.
I
due giorni
che passarono furono, più o meno, facili da gestire, una
volta capito che no,
non era un’idea saggia tormentare di domande Alaude, a meno
che non si volesse
finire sbattuti per terra, imprigionati dalle sue manette demoniache.
Non era
nemmeno saggio comportarsi troppo amichevolmente, cercando di avere un
qualsivoglia contatto fisico, poiché anche le più
semplici strette di mano
erano state bandite per sempre. L’unico contatto che aveva
avuto con il
Guardiano della Nuvola, era stato un incontro troppo ravvicinato tra il
suo
zigomo e il pugno dell’altro. Non proprio una cosa amorevole.
Tuttavia si
divertiva a provocare quel ragazzo così rigido e diffidente.
Probabilmente
stava sviluppando delle forme di masochismo.
Capì di
esserlo diventato completamente quando, dopo due mesi che era tornato
nella sua
Toscana, sentì l’impellente bisogno di tornare dai
Vongola….il tutto solo per
ricevere come accoglienza un pugno dritto sul naso da Alaude, non
appena aveva
cominciato a schiamazzare più del limite consentito.
Le cose
erano andate così, seguendo una specie di schema, per un
anno: andava in
Sicilia, salutava Giotto, andava da Alaude, veniva picchiato e se ne
tornava a
casa contento.
Ci mise poco
ad affezionarsi a quel tipo sempre imbronciato.
Ci mise
ancora di meno ad innamorarsi di lui, una volta capito che la durezza e
l’indifferenza
che lo circondavano erano solo uno scudo per proteggersi.
Il problema
vero e proprio era stato trovare il modo per abbattere quel muro. Non
del
tutto, giusto il minimo per fare passare lui e soltanto lui.
Aveva
tentato in tutti i modi: aveva provato a corrergli in contro come un
pazzo per
tentare di distruggerlo; aveva provato a fingere che il muro non
esistesse; aveva
provato a comportarsi come se la presenza di Alaude non significasse
nulla…ma zero.
Non era
cambiato niente.
Finché un
giorno non aveva capito. Combattere: Alaude esprimeva al meglio quello
che
provava quando combatteva.
Ad esempio:
aveva capito che tra il Guardiano della Nuvola e quello della Nebbia
non
correva buon sangue dal modo in cui lui e Deamon Spade si
fronteggiavano
quando, per varie ragioni, finivano a trovarsi in disaccordo; di
contro, aveva
capito che c’era una specie di “rapporto
d’amicizia” che lo legava al Guardiano
del Sole, giacché Alaude non sembrava poi così
scocciato di partecipare alle
sessioni di allenamento di Knukle, quando questi riusciva, in qualche
modo, a
trascinarselo dietro.
Così era
iniziato il loro rapporto-combattimento.
Alaude era
orgoglioso, oltre che un emerito testardo, ed era bastato sfidarlo
scegliendo
le parole giuste per farlo combattere seriamente.
Così la
routine era diventata un’altra: andava in Sicilia, salutava
Giotto, andava da
Alaude, combattevano sino a stremarsi e se ne tornava a casa felice,
con un’informazione
in più sull’altro.
Fino a
quando, un giorno, il muro cedette definitivamente, o perlomeno cedette
per lui
e solo per lui.
*Alaude, in francese, significa “Allodola”, appunto (esattamente come “Hibari”, in Giapponese.)
Ooooooooook,
premesso che dovrei studiare dato che ho l’esame tra poco, ma
questi due non se
ne volevano andare dalla mia testa!
Naturalmente
il caro Cavallone Primo (cui non ho dato un nome perché so
che la Amane lo
inserirà nella storia, prima o poi….forse)
è inventato di sana pianta, ma
rispecchia in quasi tutto Dino, tranne l’aspetto. Esattamente
come Alaude con Hibari.
Quindi….non
lo so! Sentivo il bisogno fisico di scriverla, dato che questa coppia
mi sta
ossessionando da giorni! XD
Tutto ciò
non ha il minimo senso, ma non fateci caso….dopotutto
nemmeno la storia ce l’ha,
quindi perché preoccuparsene? XD
P.S. Naturalmente il titolo è preso dalla fantastica canzone dei Pink Floyd