Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Ricorda la storia  |      
Autore: Euterpe_12    09/01/2011    2 recensioni
Ryou Shirogane si era sempre sentito solo. Suo padre diceva che era il destino dei geni come loro, ma lui quella strana realtà non aveva mai voluto accettarla. Per questo passava la vita soffrendo, chiedendosi perché non esistesse al mondo qualcuno disposto ad amarlo a propria volta, qualcuno capace di far breccia nel suo cuore. [Euterpe_12 si presenta]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
You Are Not Alone

Ciao a tutti! ^_^ prima di farvi iniziare a leggere questa one-shot vorrei precisare alcune cose. Per me questo scritto è molto importante perchè rappresenta la mia “presentazione” come Euterpe_12. Io in realtà sono quell ache aveva il nik Ichi_chan, quindi alcuni di voi sapranno riconoscermi. In questa fic spiego il motivo del cambiamento del mio nik, e ho deciso di farlo dedicando a me (forse sono malata di narcisismo? Chissà ^_^) una piccola particina in questa one-shot. In realtà il protagonista è Ryou Shirogane (amore!!!) ma ho pensato che ogni tanto non sarebbe male dedicare un momento all’incontro tra noi autori e I personaggi dei quali scriviamo e leggiamo tanto ed ai quali, quindi, siamo tanto affezionati. La traduzione della canzone “You are not alone” di Michael Jackson l’ho fatta io, quindi spero sia abbastanza simile all’originale. Comunque il senso c’è! Alcuni personaggi che compaiono sono persone a me care, che ho voluto inserire perché nel contesto cistavano tanto  bene ^_^

Spero quindi che vi piacerà! Un salutone. Euterpe_12

 

You Are Not Alone

 

“Ci sono io, qui con te”

 

***

 

Tokyo quella sera si era colorata di una strana atmosfera.

Non era un giorno particolare dell’anno, tuttavia mentre camminava per le vie del centro-città notava che le persone parevano molto serene. Si mise una mano nella tasca del lungo cappotto grigio, attraversando poi il grande stradone. Una lieve folata di vento agitò i suoi capelli biondi, rendendoli troppo capricciosi per i suoi gusti. Si passò una mano tra essi per renderli più docili, poi continuò per la propria strada.

Ryou Shirogane aveva vent’anni, ma pareva che sulla sua schiena gravassero molti più giorni di quanti ne siano passati su di essa in realtà.

Troppe esperienze, troppe delusioni.

Si fermò al centro di un parco, decidendo sulla strada da fare. Il fatto di aver incontrato Ichigo, il suo primo amore, quello stesso pomeriggio lo aveva reso inquieto. La sua vita tranquilla e falsa che si era costruito dopo il progetto mew era diventata improvvisamente inutile, insipida. Questo subito dopo aver incrociato i suoi occhi di diciottenne e aver visto incastonato nel suo annulare destro un piccolo anellino d’oro.

-Io ed Aoyama-kun abbiamo deciso di sposarci.- aveva detto Ichigo arrossendo. –So che è un po’ presto, ma d’altronde sono anni che ci siamo innamorati!- aveva riso compiaciuta stranamente maligna.

Ryou non aveva potuto che considerarla in questo modo: maligna.

Di una crudeltà indicibile dato che in quell’esatto istante aveva preso tra le proprie mani il suo cuore e l’aveva stritolato come se fosse di carta pesta.

Ed ora camminava senza una meta ben precisa. Aveva chiuso dietro le proprie spalle la porta del suo appartamento ed aveva iniziato a camminare, ad accompagnarlo solo le luci dei lampioni della città. Rifletteva a vuoto: pensieri sconnessi, pezzi di passato,  progetti per il futuro iniziati e mai portati a termine.

E, non troppo stranamente, si sentì solo, tanto solo.

Strinse un pugno, ricominciando la propria marcia.

Ryou Shirogane si era sempre sentito solo. Suo padre diceva che era il destino dei geni come loro, ma lui quella strana realtà non aveva mai voluto accettarla. Per questo passava la vita soffrendo, chiedendosi perché non esistesse al mondo qualcuno disposto ad amarlo a propria volta, qualcuno capace di far breccia nel suo cuore.

Il suo cuore l’aveva aperto una sola volta nella propria vita, ed esso era stato rinnegato, ripudiato senza un minimo di considerazione.

Uno sbuffo uscì dalle sue labbra notando di fronte a sé l’unica insegna illuminata di un locale. Era da poco passata l’ora di cena quindi immaginò fosse un pianobar o qualcosa di simile. Decise di entrare: a convincerlo il freddo pungente di febbraio.

Il locale si chiamava “Music America” e notò su un quadro appeso proprio accanto all’entrata che era promosso dall’ambasciata americana.

Per qualche istante, così, si sentì a casa.

“Ma sì,” pensò “Per una sera torno nella mia terra natia…”

Si sedette ad uno dei tavolini rigorosamente in legno. L’atmosfera era calorosa con tutte quelle luci soffuse e i divanetti di velluto rosso. Di sottofondo un giovane sul palco scenico suonava un pezzo jazz non molto movimentato. Le tristi e malinconiche “Note blu” figlie degli africani deportati in America per via della schiavitù. Ryou si sentiva proprio come quelle note: tristi e malinconiche, senza una via esatta. Figlie di persone che cercavano la speranza per il futuro, aggrappati solo alla loro arte ed alla loro musica.

La sua arte, pensò, era la scienza.

Una ragazza di colore gli chiese se volesse ordinare e distrattamente chiese di avere un caffè. Quella gli sorrise con i suoi denti bianchissimi, ancor più evidenti poiché incorniciati dalle labbra scure e carnose.

D’improvviso vide salire sul palco un ragazzo dai capelli castani e gli occhi grigi. Erano grandi quegli occhi, per questo li aveva notati subito. Reggeva con sicurezza il microfono tra le mani come se fosse il suo lavoro. E probabilmente, pensò Ryou, quello era realmente il suo lavoro.

-Speriamo che la musica al piano di Frederick sia stata di vostro gradimento.- sorrise gentile il ragazzo che, osservò il biondo, non doveva avere più di 25 o 26 anni. –Ed ora le esibizioni non finiscono qui: vi presento l’esibizione di alcuni miei allievi eccellenti, che si sono fatti avanti ed hanno deciso di fare un viaggio qui, in Giappone. Il primo è David, direttamente da New York… fategli un caloroso applauso!- alcuni batterono le mani, altri fischiarono. E nel frattempo la ragazza di colore aveva portato il caffè a Ryou.

Sul palco si fece spazio un giovane altissimo, dal viso estremamente bello. I lineamenti erano perfetti, e Ryou pensò che se quel tale aveva avuto successo era stato senza dubbio per la sua bella faccia.

E continuò a pensarlo anche quando lo sentì cantare. Un brano di Michael Bublè si spanse per tutto il locale, interpretato dalla voce troppo meccanica di quel ragazzo che a Ryou non trasmetteva un bel niente. Girò per un po’ il proprio caffè, riflettendo a metà brano sulla possibilità di andarsene: aveva ancora tutto il tempo per tornarsene a casa, farsi una doccia e pensare solo ed esclusivamente ad Ichigo.

La prospettiva non era molto allettante se si pensava che poi ad accompagnarlo nel suo sonno non ci sarebbe stato nessuno. E gli venne in mente, mentre le note ancora si spandevano per il locale, che non sarebbe stato male non svegliarsi mai più.

Il mondo lo aveva fatto troppo intelligente. Il mondo aveva voluto che lui provasse i sentimenti alla massima potenza, compresi la sofferenza e la paura. Una paura fottuta di provare ancora quelle terribili sensazioni che aveva dovuto sorbirsi cinque anni prima quando aveva visto per la  prima volta la sua amata Ichigo tra le braccia di Masaya Aoyama, colui che gli aveva rovinato la vita.

S’infilò una mano in tasca, pronto a mettere i soldi del conto sul tavolino ed andarsene via, quando vide risalire sul palco il giovane di prima, quello con gli occhi grigi.

-Grazie David!- esclamò con la sua voce calda. Anche lui doveva essere un cantante, o qualcosa di simile, riflettè Ryou. Stranamente decise di intrattenersi ancora qualche istante, giusto il tempo di guardare chi sarebbe salito ora sul palco. –La prossima cantante ha deciso di usare uno pseudonimo per presentarsi: accogliete con un caloroso applauso la nostra Euterpe, alla quale sono molto affezionato!- Ryou notò che gli occhi del ragazzo si erano illuminati di una strana luce mentre annunciava la giovane che da lì a poco si fece spazio sul palco. Una ragazza giovane, alta si e no come Ichigo. Questo particolare Ryou lo notò subito. La vide attraversare sicura e a passi veloci il palco, per poi stringere a il ragazzo con gli occhi grigi. La vide respirare forte il suo profumo e poi dargli un caloroso bacio sulla guancia. Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi la giovane si voltò verso il pubblico.

E d’improvviso a Ryou passò  la voglia di tornarsene a casa.

La ragazza aveva i capelli lunghi e biondi, una frangetta capricciosa le infastidiva gli occhi che dovevano essere verdi. I lineamenti erano giovanili, il corpo fasciato in un abitino di fantasia blu. Era fresca, pulita. E nonostante non somigliasse per nulla ad Ichigo a Ryou piacque tanto.

-Voglio dedicare questo pezzo a tutti coloro che si sentono soli…- socchiuse gli occhi la ragazza, rivelando una voce sottile, fresca anch’essa. –C’è sempre qualcuno che può starci accanto, io ho scelto la musica… basta sapersi guardare intorno!- fece cenno di guardare prima a destra, poi a sinistra. Si voltò nuovamente verso il pubblico e scoccò un sorriso all’intera sala. A Ryou parve che si fosse fermata un po’ di più verso di lui, ma doveva essere una sua stupida impressione.

E d’improvviso decise che lo pseudonimo di Euterpe, musa della musica, non doveva starle per niente male.

Soprattutto quando vide il pianista Frederick risalire sul palco ed iniziare a suonare un pezzo di Michael Jackson “You are not alone”, appunto.

La voce della giovane gli entrò nell’anima. Non tanto per le note in sé, quanto per l’espressività che aveva deciso di imprimere in ogni parola.

 

Another day has gone
I'm still all alone
How could this be
You're not here with me
You never said goodbye
Someone tell me why
Did you have to go
And leave my world so cold”


 [Un altro giorno è passato,

Io sono da solo

Chi potrebbe essere,

Tu non sei qui con me…

Qualcuno mi ha  detto perché

Voglio lasciare il mio mondo così freddo]

 

E si immaginò immerso dentro un grande fiume ghiacciato. Il cuore fermo proprio come un iceberg che galleggia ma di sé fa vedere solo la punta. Serrò gli occhi, e la sua voce, quelle parole recitate d’apprima dall’ormai abbandonato Michael Jackson ed ora dalla voce vellutata di quella ragazza gli attraversarono il cuore, e lo fecero stare male…  o bene? Nemmeno lui riuscì a dirlo.

Sapeva solo che aveva voglia di salire sul palco e farle tante, tante domande.


“Everyday I sit and ask myself
How did love slip away
Something whispers in my ear and says
you are not alone
I am here with you
Though you're far away
I am here to stay
You are not alone
I am here with you
Though we're far apart
You're always in my heart
You are not alone”

 

[Ogni giorno mi siedo e chiedo a me stesso:

Dove si nasconde il mio amore?

Qualcuno ha sussurrato al mio orecchio e ha detto:

Tu non sei solo,

Ci sono io con te
Noi siamo una stessa parte

Tu, sempre nel mio cuore

Tu non sei solo]

 

Che sia stata una preghiera?

La ragazza si passò una mano tra i capelli, poi sorrise. L’abitino blu volteggiò con lei che pareva felice nel gridare quella grande verità: “Tu non sei solo”. La solitudine è senza dubbio una brutta bestia, pensò tra sé il biondo, e forse l’unico modo per combatterla era aspettare di avere accanto a sé qualcuno di speciale.

E quella semplice, ma al contempo incredibile, constatazione lo rese d’improvviso più sereno: pareva che un fulmine a ciel sereno gli fosse piombato davanti, illuminando un panorama che sino a quel momento si era nascosto dai bellissimi raggi del sole.

Che la sua solitudine fosse “voluta”?

Abbassò lo sguardo e si disse che forse quella Euterpe gli aveva fatto un dono inimmaginabile senza nemmeno saperlo. Sospirò mentre lei terminava la propria canzone. Il pianoforte emise le ultime note ormai leggere leggere mentre lei si inchinava al pubblico e faceva ampi sorrisi.

Scese dal palco, un po’ vergognosa, mentre il ragazzo dagli occhi grigi tornava sorridente.

Chissà che cosa li legava…

Non ascoltò più molto le canzoni che vennero suonate durante il corso della serata. Spesso e volentieri cantavano persone di talento, con un’ottima voce, ma la ragazza gli era rimasta veramente nell’animo. Quel messaggio di speranza gli aveva aperto il cuore, senza fargli provare dolore, però. Aveva ordinato un altro caffè, immaginandosi seduto a quello stesso tavolo con qualcuno: a chiacchierare di quanto fossero belle o meno alcune canzoni, della qualità del caffè e se fosse il caso di tornarci, in quel locale.

Condividere qualcosa, semplicemente.

E quando le luci del locale iniziarono a spegnersi e la clientela a scarseggiare Ryou pagò il suo conto, uno strano rimorso nel cuore. Uscendo vide la ragazza bionda, appoggiata ad una macchina blu. Sorrideva al telefono, stringendo nell’altra mano la propria sciarpa che evidentemente non aveva voluto mettere. Vide Ryou e d’improvviso il suo viso cambiò espressione: indecifrabile.

Chiuse la chiamata.

-Spero che lo spettacolo ti sia piaciuto.- disse, un po’ invadente. La sua voce era identica a come era uscita dal microfono ed in quell’istante Ryou si potè accertare del fatto che i suoi occhi, non molto grandi, erano proprio verdi.

-Sì, molto.- lei sorrise ampliamente.

-Sono contentissima! Sono state fatte canzoni con dei messaggi forti ogni tanto, ma se piacciono vuol dire che metà del lavoro è stato fatto: quindi posso ritenermi soddisfatta!- aveva esclamato battendo le mani. Ryou notò che si era cambiata: ora indossava un paio di jeans e degli stivali con il tacchetto nero. Moderna, come tutte le ragazze straniere… anzi, di dov’era?

-Di dove sei?- domandò dato che sino a quel momento si erano parlati in inglese.

-Vivo in Italia, ma la mia famiglia è inglese.- esclamò tutta orgogliosa. –E tu? Non sei di qui…- assunse un’aria pensierosa. –Fin’ora qua in Giappone tutte le persone che ho visto erano scure… tu sei biondo!-

-Americano.- fece allora Ryou, fingendo un’aria di indifferenza.

-L’America, che bella!-

-Ci sei mai stata?- domandò Ryou scettico.

-…In realtà no, però da come me ne hanno parlato deve essere un posto grande, pieno di possibilità… e dove poter realizzare i propri sogni!- guardò verso l’alto, con aria sognante.

-Posso chiederti una cosa?- Ryou le si avvicinò appoggiandosi anche lui alla macchina blu. Euterpe annuì. –Davvero la musica non ti fa mai sentire da sola?- domandò il biondo. Un nodo gli si era aggrappato in gola. Lei sospirò.

-La musica non si può abbracciare… non la si può nemmeno baciare se è per questo. La si può amare però. Di un amore così puro e sincero che forse è imparagonabile a quello pieno di errori che è quello tra le persone. Con la musica non ci litigo, semmai ci discuto! Quando sto seduta al pianoforte e non mi riesce un vocalizzo le chiedo di aiutarmi, lo faccio con gentilezza perché la musica non ha bisogno di essere scossa in maniera brutale. Se mi chiedi se lei non mi fa mai sentire sola ti rispondo di no: lei non mi lascia mai.- alzò il braccio e tirò su la manica del maglioncino blu scuro che indossava, mostrando tatuata sul polso una chiave di violino. Il contrasto con la pelle, forse troppo bianca, con l’inchiostro del tatuaggio era estremamente evidente. –La musica è tutto ciò di cui mi posso cibare, respirare, vivere… mi risponde se ho bisogno e mi libera quando qualche brutto sentimento, come la solitudine, mi opprime. E ringrazio non so quale Dio per avermi fatto questo dono.- sospirò come se avesse detto la verità più grande. Gli occhi le si erano illuminati, le labbra avevano assunto un sorriso sognante.

-E tu, ragazzo americano, hai qualcuno su cui riversare tutti questi bei sentimenti?- domandò allora divertita dal discorso.

-No…- si allontanò dalla vettura, entrambe le mani nella tasca del cappotto. –Ma da questa sera ho deciso di cercarlo.- la ragazza sorrise, divertita.

-Buona ricerca.- e si voltò verso la macchina tirando fuori dalla tasca dei jeans un paio di chiavi. E Ryou si disse che se avesse iniziato proprio in quel momento, non sarebbe stato male.

-Io, io mi chiamo Ryou.- allungò una mano il biondino e lei forse intuì le sue intenzioni dalla speranza che d’improvviso gli si era dipinta sul viso.

-Per ora chiamami Euterpe.- disse lei allungandogli la propria mano.

-Mi piacerebbe scoprire quello vero.- lei sorrise lasciandogli nella mano un bigliettino.

-Hai una vita intera per scoprirlo.- ridendo salì in macchina mettendo in moto e fuggendo via per la strada.

Gli occhi di Ryou si persero nel numero di cellulare scritto su quel foglietto mezzo stropicciato. Infilandoselo in tasca si disse che forse doveva davvero iniziare a lottare contro la propria solitudine: una nuova vita, insomma.

Insieme a qualcuno, però.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Euterpe_12