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Autore: francesca23    09/01/2011    0 recensioni
Cuore spezzato. Quello di Jake; dopo la scelta di Bella. Cuore che implode di dolore, dolore così difficile da spiegare a parole. Cuore che non ci riesce proprio, a lasciar andare Bella. Cuore che, contro ogni logica, deve lasciarla andare. Cuore che, forse, non sembra tanto un cuore. Non più.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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Hearthless.

Nevica, nell’uggiosa Forks. Fiocchi di neve scendono lentamente, innocenti, puri, incontrastati, si poggiano sul manto stradale, su ogni superficie, dovunque. Rendono tutto più bianco, più puro, più vivo.

Nevica, ed è uno spettacolo meraviglioso, tutto quel bianco purifica anche me, “libera” la mia vera essenza, dalla quale cerco maledettamente di fuggire. Non voglio pensare, ma non posso fare altrimenti. Per lo meno qui, seduto sul tronco, e non su un tronco qualunque ma sul nostro tronco, non posso fare altro che concedermi di provare tutte le emozioni che provo.

Nevica, eppure dentro di me c’è un fuoco che arde. Non è solo calore per il fatto che sia un licantropo. È amore, l’amore che provo mi fa bruciare, mi rende vivo, e mi uccide. Mi uccide di una morte lente e dolorosa, e inevitabile. Lei non tornerà più. Lei non ha scelto me. Ecco le due cose di cui non riesco a convincermi. Non posso smettere di sperare. Noi uomini siamo stupidi, a volte: ci rifugiamo dietro la speranza, per poter permettere alle nostre illusioni di vivere, e non apriamo gli occhi, neppure quando i fatti ci costringono a farlo.

Lei non tornerà da me, Mai.

E io sono un masochista, se continuo a sperarci. Da quando lei ha scelto lui, io non vivo più. Il tempo non scorre, le lancette dell’orologio sembrano girare indietro, facendomi immergere in ricordi lontani. Darei la vita per riavere anche solo un momento nostro.

I nostri pomeriggi in garage, a parlare di tutto e di niente, i nostri battibecchi, il modo in cui sorrideva, il nostro gioco a “chi era più vecchio”, il nostro bacio, il primo, ma anche l’ultimo.

Ricordo ogni singolo momento trascorso con lei. Ricordo tutto. E ogni ricordo è come una lama conficcata nel mio cuore e destinata a rimanervi. Ho provato a mie spese che “cuore spezzato” non è un eufemismo, un modo di dire. Il mio cuore era in mille pezzi. Mille pezzi di me, che non sapevano più che farsene di una vita senza di lei, che erano il segno di una sconfitta e di una pura illusione: quella che lei avrebbe potuto scegliere me. Come ho potuto pensarlo davvero? Non avrei dovuto concedermi di innamorarmi di lei. Ora non posso farci niente. Ma, forse, non avrei potuto far comunque nulla. Quello che mi legava a Bells era qualcosa di più forte dell’imprinting, di più potente di qualunque sentimento presente in questa Terra. Era un amore trascendente, impossibile da spiegare, troppo forte perche le parole potessero descriverne l’intensità.

Da quando lei non era al mio fianco, non vivevo più. Ci provavo, ad alleviare il potere dei ricordi. ma sarebbe stato come annientare me stesso. E l’avrei fatto, se questo mi avesse fatto stare meglio.


Passerà. Non facevano altro che ripetermi, da mesi ormai. Questo dolore se ne andrà. Ero stanco di sentirmelo dire. Ero stanco di attirare la pietà di tutti. Loro non capivano, non potevano capire.

È come se io avessi perso il cuore. È come respirare, ma non vivere. E questa non-vita mi faceva impazzire di dolore.

La cosa che fa più male è pensare come sarebbe stato. Pensare a me e Bells insieme, come eravamo destinati ad essere, semplicemente. Pensare al nostro futuro insieme, un futuro pieno di sole e di vita e di calore. Pensare al nostro matrimonio, ai figli e a tutto il resto. Anche dormire mi era impossibile. I sogni erano i più dolorosi da sopportare.

Nei sogni, il “come sarebbe potuto essere” appariva così reale da togliermi il fiato, da illudermi, per una frazione di secondo, che quella fosse la realtà. Povero illuso.
In fondo avevo solo diciassette anni. Come potevo contenere tutta quella sofferenza senza distruggermi? Come potevo?

Nevica, i batuffoli di neve si posano anche su di me, la mia mano sfiora il tronco, come se affianco a me ci fosse lei. Sul mio volto si dipinge un mezzo sorriso. Ma fu un attimo. Il sorriso lasciò il posto al dolore. Non trovavo vie d’uscita. Nella vita una c’è sempre, dicono. Ma per me è davvero così? Io come avrei potuto continuare a vivere senza un cuore? Come avrei potuto smettere di svegliarmi la mattina e desiderare che lei fosse al mio fianco? Come avrei potuto negare una sofferenza che mi lacerava da dentro, che mi toglieva il fiato?

Perché aveva scelto lui, non me?


Nevica, mentre mi stendo sul tronco occupando anche il suo posto, mentre realizzo che quella era la domanda che non avrei dovuto farmi. Perche aveva scelto lui? Perché il suo sentimento per il succhiasangue è ossessione, dipendenza, è come una droga. Non può farne a meno. Ma non è amore, vero amore, di quello ne ero certo. Era una specie di imprinting vampiresco. Mentre il nostro legame era puro, semplice come respirare, naturale.
Era vero amore, lo sapevo, lo sentivo.

Nevica, e io lo lascio uscire tutto, questo dolore che spezza e annienta e uccide. Fisso un punto indistinto nell’oscurità, aspettandomi quasi che da un momento all’altro arrivasse lei, non avrei mai smesso di sperare.

L’avrei aspettata in eterno.

 
  
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