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Autore: Harriet    11/01/2011    2 recensioni
Tornando a casa, Ariel sogna.
What if God was one of us? Già, esatto, domanda interessante...
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La notte è chiara come il giorno'
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Avete presente quella canzone di Joan Osborne che dice "What if God was one of us"? Al di là delle mille interpretazioni che si possono dare della canzone, il concetto era davvero interessante. Ovviamente il titolo della storia viene da quella stessa canzone. Che, per inciso, non mi è mai piaciuta granché. Ma... Insomma, alla fine mi è stata in qualche modo di ispirazione.
Il nome "Ariel" non l'ho scelto per alcun motivo simbolico o significativo. E' solo il primo nome con cui ho identificato questo... uhm... "personaggio" (diciamo così) quando mi sono permessa, per la prima volta, di giocarci.






Just a stranger on the bus


Tornando a casa, Ariel sogna.

Molti si fanno domande legittime sulla natura di Ariel. In questo momento, però, è l'ultima cosa che ci interessa. Se Ariel sia quello che alcuni sostengono, e cioè uno dei Pezzi Grossi degli Universi, beh, non è dato di sapere. Può darsi. Come può darsi che lui sia un Immortale come ce ne sono tanti, un vagabondo dimensionale senza tutto quel prestigio che secoli e secoli di Storie gli vorrebbero attribuire.

Non ci interessa nemmeno sapere perché lo chiamiamo Ariel. E' un nome come tanti. Cancellatelo, scrivetecene un altro. Lui non si offenderà.
Ci interessa, al massimo, quello che lui dice di essere.
Beh, lui dice di essere Ariel, che torna a casa. E sogna.

Ariel è stato un uomo, una volta. Tanto tempo fa, in alcuni mondi; solo ieri in altri. Però si dice che la sua storia sia accaduta una volta soltanto, e nello stesso momento, in tutti i mondi.
Misteri, questi, che non sono proprio adatti a essere discussi qui e ora.
Ariel ricorda tutto di quell'esperienza. Ricorda ogni minimo particolare, rivive ogni minimo particolare, e non solo in senso metaforico. Ama profondamente quei momenti, perché sono la sua via privilegiata per comunicare con gli esseri umani.
Ariel può sembrare un giovane uomo come tanti, nel suo angolino, sul tram, mentre torna a casa. Però non è esattamente umano, quindi non è sempre facile, per lui, parlare con l'umanità. Ma c'è stata quella volta in cui ha voluto sperimentare la loro esistenza, e ciò che gli è successo nel suo viaggio umano è preziosissimo.
I ricordi di Ariel sono belli e brutti, ma non ce n'è uno che valga meno di un altro.
Uno dei suoi ricordi preferiti è quello dei limiti. Ariel ama tutti i limiti degli uomini. E' per questo che ogni tanto torna a confondersi tra di loro e fa dei tratti di strada nel loro mondo: li guarda, ricorda, si lascia stupire dalla fantasia che loro impiegano per sconfiggere quei limiti.
Davvero, gli esseri umani sono meravigliosi.

E' a questo che pensa Ariel, tornando a casa, nella notte gelida di una città troppo grande, mentre lascia che il dolore e la paura di quelli che sono con lui, sul tram, entrino nel suo cuore e risveglino ferite antiche.
Ascolta il suono dei loro pensieri, ascolta il ritmo del loro cuore che batte e fa battere più forte il suo, ascolta il canto delle loro storie, ascolta l'intrecciarsi dei loro percorsi, ascolta l'eco terribile del buio che insegue i loro passi, ascolta la luce che sanno far brillare dal nulla, ascolta lo scorrere del tempo nelle vene pulsanti dei mondi.
Ascolta, ricorda, sogna e tesse sogni per loro.
Sono sogni strani, immensi, dolcissimi. Sono sogni da megalomani, perché a lui piace che loro siano tutti un po' così, sempre a caccia di cose troppo grandi. Sono sogni diversi da tutti gli altri sogni. Li soffia, gentile, nel cuore ferito di ognuno dei suoi compagni di viaggio.

Ci sei anche tu, su quel tram.
Ci sono anch'io, sì.
Non importa cosa tu pensi di Ariel. Può darsi che tu ritenga tutto questo - io, te, lui, il tram - nient'altro che un gioco. Magari lo stai guardando, dal tuo posto, e non ti piace. Forse non ti sei accorto che c'è. Forse pensi che io mi stia inventando tutto, e, sai, forse hai ragione. Io ti dico quello che vedo. Ma non è detto che io veda cose che ci sono, giusto?
Non importa cosa tu pensi di Ariel, davvero. Magari se lo guardi ora, ti sembrerà un esiliato, uno sconfitto... Beh, come noi, no?
Ma se stanotte, nel momento di visione che precede il sonno, troverai qualcosa di buono, tra le immagini che ti infestano la mente, forse te l'ha regalato lui.

Quando il tram arriva al capolinea, alla fermata c'è un uomo di mezza età, robusto, con gli occhialetti rotondi cerchiati d'oro, insieme a una donna bellissima, riccioli rossi e sguardo di fuoco, che porta con sé un violino. Aspettano Ariel.
L'abbraccio li ricongiunge e insieme tornano a casa loro, che si trova

(ovunque)

(qui)






***
(Vieni a trovarmi al Worlds Hotel?)

   
 
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