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Autore: _Mary    11/01/2011    11 recensioni
Il silenzio aveva premuto contro i timpani di Draco, all’inizio, ma con il passare dei giorni era diventato parte della nuova realtà in cui si trovava, senza che lui se ne accorgesse.
Prima classificata al secondo turno del 'Club dei Duellanti', indetto da Fabi, LilyBlack e Vogue sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Puzzle' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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DISCLAIMER: Draco fortunatamente per lui non mi appartiene, e neanche Narcissa e tutti gli altri personaggi citati, che sono esclusivamente di JK Rowling. La fic non ha scopo di lucro.
Alcuni dei dialoghi riportati sono tratti da 'Harry Potter e i Doni della Morte', capitolo 23, pp 422-424.

 

 

Il suono dell’errore

 

 

Il silenzio.

Si può essere uccisi dal silenzio?

Si può arrivare a detestarlo con tutta l’anima, oppure si può cercare di riempirlo con rumori frivoli che svaniscono dalla mente non appena si torna ad essere soli, di notte, schiacciati dal peso di una giornata in fin dei conti inconcludente, messi con le spalle al muro dalle proprie lucide consapevolezze.

Si può cercare di mettere a tacere quel lieve senso di fastidio che può portare, quando si è soli e senza niente da fare.

Si può non sentirlo affatto, circondati dal rumore di una vita piena e felice.

Si può ignorare.

Si può andarlo a cercare, quando ci si rende conto che tutto è diventato troppo, quando si vuole stare da soli dopo averne sentiti tanti, di rumori.

Si può temere?

Il silenzio aveva premuto contro i timpani di Draco, all’inizio, ma con il passare dei giorni era diventato parte della nuova realtà in cui si trovava, senza che lui se ne accorgesse.

Una nuova realtà.

Nuova perché era cambiato tutto. Realtà, perché nonostante quello che stava vivendo somigliasse ad un incubo, Draco sapeva che non si sarebbe mai svegliato sudato nel suo letto, per poi rimettersi a dormire ignorando lo spettro dell’angoscia che aveva provato fino a pochi istanti prima.

Era incredibile come il silenzio fosse entrato a far parte della sua vita, quasi a compensare tutto il superficiale rumore – superficiale, perché la sua vita precedente non gli era mai sembrata più insulsa; rumore, perché niente di più insulso gli era apparso più chiassoso, in quel momento – che c’era stato prima.

Prima.

Prima di cosa, esattamente?

Quand’era che il silenzio aveva schiacciato la sua vita? Quand’era che il silenzio aveva schiacciato Hogwarts? Quand’era che il silenzio lo aveva oppresso in quel modo? Quand’era che negli occhi e nelle parole di suo padre e sua madre era riuscito solo a scorgere una muta supplica al silenzio? O forse tutto questo c’era sempre stato, ed era colpa dei suoi pensieri diventati troppo rumorosi che aveva cominciato a sentirlo davvero, quel silenzio che non poteva essere rotto da niente?

Il silenzio. Un silenzio quasi assoluto, che permetteva alle sue paure di accavallarsi e stordirlo in un labirinto d’ombra che lo avrebbe condotto alla follia.

Suo padre era seduto davanti al camino spento. Draco lo vedeva, ogni giorno, comportarsi come se non fosse successo nulla. Quando Draco scendeva dalla sua camera, la mattina, lo trovava già lì, seduto davanti al camino, vestito di tutto punto. Lo vedeva, e gli sembrava che aspettasse qualcosa. Gli ricordava un’illustrazione che aveva visto da bambino, in uno dei libri che sua madre gli leggeva quando non voleva andare a dormire. Era il ritratto di un vecchio: le preoccupazioni avevano inasprito la sua vecchiaia, il rimorso gli aveva corroso l’anima, pensieri dimenticati gli avevano scavato una ruga profonda in mezzo alla fronte, una sete mai sopita di rivalsa l’aveva spinto a sedersi sempre lì, davanti a quel tavolo, con un bicchiere di vino mezzo vuoto in quella stanza troppo piena.

Forse anche lui aspettava di svegliarsi.

Altre volte, quando erano soli a pranzo, a Draco era sembrato di vederlo sereno, come se la morte portatrice di quel silenzio non avesse camminato tra loro fino a pochi istanti prima – come se non ci fosse silenzio. Eppure, Draco l’aveva sempre vista come una messinscena: l’ultimo spettacolo dell’attore del secolo, una recita le cui uniche spettatrici erano le poltrone rotte di un teatro vuoto e cadente. Sarebbe stato bello credere che non fosse così.

Forse lui era già riuscito a svegliarsi. Forse c’era un modo per farlo.

E allora perché vedeva la sua fronte solcata da rughe che prima non c’erano, mentre cercava disperatamente di riconquistare quella dignità che aveva perduto, in quelle lunghe mattinate in cui rimaneva immobile davanti ad un camino spento?

Lo vedeva, lì seduto, senza che potesse fare nulla. A farsi schiacciare da quel silenzio senza poterlo impedire. A perdersi in pensieri senza un filo conduttore, e a diventare lentamente l’ombra dell’uomo che era stato.

Forse non c’era modo di svegliarsi.

Draco aveva paura, perché si rispecchiava nelle sue rughe e nei suoi gesti. Perché temeva di perdersi nel silenzio, come stava accadendo a lui.

Nel silenzio era dannatamente facile sprofondare. Se ne era accorto a Hogwarts – Hogwarts, nei cui corridoi non si sentivano più risate, dove era guardato con disprezzo, di sottecchi, in silenzio. Hogwarts, dove non gli importava più di parlare ed essere ascoltato. Hogwarts, dove l’ombra della Torre di Astronomia era un monito continuo a non dimenticare, un monito che riusciva ad essere sussurrato anche nel silenzio, e che a Draco sembrava un urlo agghiacciante, che quasi lo stordiva. Quella stessa Torre che custodiva un segreto, il segreto di un ragazzo che non era riuscito ad uccidere.

Il segreto racchiuso nella frase di un vecchio stanco e debole:

“È la mia pietà, non la tua, che conta adesso”.

Draco scosse bruscamente la testa. Gli sembrò di sentire su di sé lo sguardo di suo padre, ma neanche il suo gesto riuscì a fargli rompere il silenzio.

Un segreto. Il segreto della sua esitazione, il segreto della sua indecisione, della sua paura folle.

Il segreto della sua vigliaccheria.

Cos’è che spinge una persona a detestarsi? Forse proprio la vigliaccheria. Probabilmente era anche per quel motivo che il silenzio era diventato assordante, che Draco aveva paura quasi di guardarsi – e anche perché temeva di vedere nei suoi occhi lo stesso sguardo di suo padre.

Per Draco era stato come guardarsi allo specchio per la prima volta. Essere messo di fronte a se stesso era stato uno spettacolo nuovo. Terribile. Contemplare da vicino il baratro in cui stava cadendo – no, il baratro in cui era stato sul punto di cadere, senza il coraggio né di tornare indietro, né di lanciarsi nel vuoto – l’aveva sconvolto, e gli aveva fatto desiderare di avere ucciso davvero Silente.

Sapeva che il silenzio si sarebbe fatto più assordante, ma forse, se l’avesse fatto, avrebbe potuto guardarsi allo specchio sapendo da quale parte stava. La linea di confine, il grigio, non era contemplata in una guerra in cui il bianco ed il nero si scontravano con forza sempre maggiore.

Draco si sentiva solo grigio.

Schiacciato, oppresso tra due schieramenti troppo forti, in una battaglia senza fine. Sapeva che quello che provava non sarebbe terminato con la guerra, avrebbe continuato a sentirsi in quel modo, schiacciato, forse fino alla fine dei suoi giorni.

A metà tra quello che avrebbe voluto fare, e quello che avrebbe dovuto fare.

Perché è anche questo che spinge una persona a detestarsi: l’eterna paura di vivere nell’errore, di non fare ciò che gli altri si aspettano che tu faccia nella battaglia della vita.

E cosa succedeva a chi non aveva le forze per combatterla, quella battaglia? A chi temeva il silenzio? A chi era solo grigio? A chi aveva semplicemente paura?

Silenzio, grigio, paura: le parole chiave della sua nuova realtà.

“Draco...”

Alzò lo sguardo. Sua madre gli si era avvicinata in silenzio, posandogli una mano su una spalla.

Anche lei era cambiata: il suo viso era il primo che potesse ricordare, prima ancora di quello di suo padre. Ma non aveva mai avuto quello sguardo così freddo, né quell’aria preoccupata che tentava inutilmente di nascondere. Draco sapeva che era il suo modo di reagire: fingeva di costruire un muro tra quello che la circondava ed i propri affetti. Da dietro quel muro, era facile fingere indifferenza e mostrarsi forte, anche quando si sentiva frantumata. Non si era mai mostrata smarrita, almeno, non di fronte a lui.

Draco gliene era grato. Le era grato per quel sorriso esitante, talmente sbiadito da potersi dissolvere in un momento, che gli stava rivolgendo in quell’istante: un muto incoraggiamento a seguirla, che gli permetteva di sentire più che mai la sua mano calda, sulla sua spalla.

Era anche per lei che aveva paura: una paura terribile di deluderla, di non essere all’altezza delle sue aspettative, di non vedere più i suoi occhi brillare di quella scintilla che si accendeva solo per lui. Di non vedere più il sorriso che si concedeva soltanto quando c’erano lui e suo padre a coglierlo, quasi fosse un dono prezioso. Di saperla morta a causa di un suo sbaglio.

Abbassò di nuovo lo sguardo, senza trovare la forza di dire o fare qualcosa. Era avvilente, quel silenzio.

La sentì allontanarsi senza dire nulla, per scomparire oltre la porta del salone. Forse, in quel momento – e solo in quell’istante, quando non c’era nessuno a vederla – si stava concedendo un sospiro di stanchezza. O stava permettendo ad un’ombra di preoccupazione di velarle la fronte.

Draco si appoggiò allo schienale della poltrona, chiudendo gli occhi. Era stancante, quel silenzio.

Fu in quel momento che sentì il tintinnio del campanello nell’ingresso. Un tintinnio d’argento che era arrivato, squillante, ad interrompere i suoi pensieri e a scuotere persino suo padre.

Draco aprì gli occhi di scatto, tendendo l’orecchio. Voci concitate provenivano dall’ingresso, accompagnate da un rumore di passi che risuonò fino al salone.

Quando li sentì entrare, si alzò in piedi insieme a suo padre: li conosceva, erano il gruppo di Ghermidori guidati da Greyback, e portavano tre prigionieri. Draco si sentì gelare quando riconobbe la macchia rosso fuoco dei capelli di Weasley, quella corvina di Potter e la chioma cespugliosa della Granger.

“Dicono che hanno preso Potter” disse Narcissa, fredda. Draco sapeva bene quanto fosse ripugnante, per lei, che individui come Greyback entrassero in casa sua. Aveva potuto notare come le gatte fossero disposte a tutto, pur di proteggere i cuccioli ed il proprio territorio; Narcissa l’aveva sempre fatto, fin quando aveva potuto, ed in quel momento la sua indifferenza glaciale mandava un solo segnale, forte e chiaro: “Non siete graditi”.

“Draco, vieni qui”.

Draco fece saettare lo sguardo verso di lei, verso la sua figura composta e rassicurante: sapeva cosa gli avrebbe chiesto. Sapeva che, ancora una volta, sarebbe stato messo di fronte ad una scelta. Ad un’altra battaglia. Ad un’alternativa.

L’ultimo che aveva creduto che persino lui potesse avere un’alternativa era stato un vecchio, morto assassinato nella propria scuola. “Consideriamo le tue alternative, Draco”, aveva detto.

Ma lui non aveva alternative. Non ne aveva mai avute. Persino quando gliene erano state offerte, a Draco era sembrato che ciò fosse avvenuto solo per farlo sentire ancora più vigliacco di quanto fosse.

Gli era sembrato che fosse stato fatto solo per costringerlo a detestarsi un altro po’.

Che cos’è che spinge una persona a detestarsi? Forse la vigliaccheria.

“Allora, ragazzo?”, sbottò Greyback.

Draco non voleva guardare Harry – perché sì, sapeva che quello era Harry. Aveva visto la sua maledetta faccia per sette anni, avrebbe potuto riconoscerlo tra mille, lui ed i suoi amichetti che giocavano a salvare il mondo. Eppure, le parole non riuscivano ad arrivargli in gola.

Sarebbe bastato un ‘Sì, sono loro’, e Potter sarebbe morto. Anzi, prima sarebbero morti Weasley e la Granger, perché erano meno importanti. Probabilmente per Potter sarebbe arrivato il Signore Oscuro in persona.

Ma non ci riusciva. Non riusciva neanche a guardarlo, Potter, figurarsi a tradirlo.

“Allora, Draco, è lui? È Harry Potter?”

Stavolta era stato suo padre a parlare, e Draco aveva avvertito il fremito nella sua voce. Non gli doveva sembrare vero avere Potter in casa. La possibilità di rivalsa era letteralmente a portata di mano, sarebbe bastata una semplice conferma da parte di Draco.

Una conferma che non riusciva ad affiorare alle sue labbra.

Draco notò improvvisamente che nessuno dei tre lo stava guardando, ma che gli occhi di tutti gli altri erano puntati su di lui. Deglutì.

“Io non... io non sono sicuro” rispose.

Vigliacco.

La parola rimbombò nella sua testa prima che potesse fermarla. Se la sua debole difesa fosse stata per una lealtà che non aveva mai conosciuto, avrebbe detto che no, non erano loro.

Era per vigliaccheria che l’aveva detto, perché, dopotutto, tra il pensar male di Potter ed il vederlo morto c’era una bella differenza. Era stato facile detestarlo per quegli anni, era bastato vederlo aggirarsi per i corridoi di Hogwarts come se fosse il padrone del mondo, come l’illuso che era.

Illuso. Eppure, chi lo era davvero tra loro due? Chi aveva vissuto in una gabbia dorata e non era riuscito a reagire, quando il silenzio si era insinuato nelle vite di tutti, strisciando come un serpente di fumo, e spalancando le porte per far entrare la vera vita?

Draco non parlò. Non parlò per vigliaccheria, e anche perché una parte di lui non aveva il coraggio di deludere le aspettative di suo padre – suo padre che, in quel momento, vedeva in quei tre nient’altro che un prezzo irrisorio da pagare per ottenere ciò che voleva.

“Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!”

Draco alzò lo sguardo per un attimo. Negli occhi della Granger lesse una supplica.

Strinse le mani a pugno, cercando di mantenersi impassibile.

Vigliacco.

“Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro...”

Lucius l’aveva detto: aveva rivelato ciò che tutti, in quella stanza, avevano già intuito. Era divorato dal desiderio di consegnare Potter al Signore Oscuro, fremeva dalla voglia di chiamarlo e di dimostrargli di essere ancora un suo uomo. All’improvviso non sembrava più un vecchio: era come se la figura del libro si fosse improvvisamente alzata in piedi, pronta a scaraventare via il bicchiere di vino, i nervi tesi mentre, in segreto, pregustava la vittoria.

Lucius fu interrotto da Greyback, ma a Draco non importava: sentiva di nuovo il frastuono dei suoi pensieri, e si chiese se anche suo padre, come lui, avesse paura di non fare ciò che gli altri si sarebbero aspettati. Forse aveva avuto anche lui paura di deludere il Signore Oscuro, e la sua paura si era avverata.

Ma se era davvero così, anche lui si detestava come Draco? O c’era qualcosa di sbagliato solamente in lui, per sentirsi in quel modo, vedendo i tre nemici di sempre legati nel salone di casa?

Draco guardò sua madre, mentre Lucius e i Ghermidori discutevano di qualcosa che sentiva allo stesso tempo vicino e lontano. Vide un ordine negli occhi di Narcissa, e capì che probabilmente sarebbe stato durante quella serata che l’avrebbe delusa.

“Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?”

Era stato di nuovo suo padre a chiamarlo. Gli si avvicinò, riluttante, per confermare ciò che già sapeva: quel ragazzo dalla faccia incredibilmente tirata, gonfia, era proprio Potter.

“Non so” disse semplicemente, allontanandosi di nuovo. Ma quando incrociò lo sguardo penetrante di sua madre, capì che lei sapeva.

E Draco capì che quella volta non si sarebbe limitata a togliere togliere dalle sue spalle il peso di quella situazione e prenderlo sulle proprie: sarebbe stata lei a cercare di spingerlo a confermare o smentire l’identità dei tre ragazzi, anche se lui non era forte abbastanza per farlo.

“È meglio esserne sicuri, Lucius” disse. “Completamente sicuri che sia Potter...” continuò, avvicinandosi al gruppo.

Tacque, continuando a camminare lentamente. Draco sentiva un groppo in gola. Sua madre gli aveva mandato un messaggio chiarissimo: era solo lui a dover scegliere tra quelle due alternative, solo lui a dover scegliere da che parte stare.

Aveva paura, paura di non riuscire a fare ciò che lei si aspettava.

Non fu necessario: fu lei stessa a risolvere la situazione.

“Guarda, Draco, non è quella Granger?” chiese, aggrottando la fronte ed indicandola vagamente.

Di nuovo, Draco non riuscì a guardare in faccia nessuno. Voltò le spalle a tutti, avvicinandosi di nuovo al camino ed appoggiandocisi.

“Io... forse... sì”.

Non aveva più voce. Stava sudando freddo.

“Ma allora quello è il ragazzo Weasley!” gridò Lucius. “Sono loro, gli amici di Potter... Draco, guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, com’è che si chiama...?”

“Passa dalla parte giusta, Draco... tu non sei un assassino...”

Improvviso, di nuovo, il ricordo di Silente si affacciò alla mente, portando con sé quelle parole che non avrebbe mai potuto dimenticare. Draco lo ricordava bene, quel senso di terrore che aveva provato all’idea di doverlo uccidere di lì a pochi istanti. Un senso di inadeguatezza, paura, voglia di scappare.

Sapeva bene che non avrebbe dovuto sentirsi in quel modo; eppure, non era riuscito a fare altro che Disarmarlo.

“Sì... può darsi”.

Come allora, stava esitando. Come allora, sapeva di non avere alternative.

Non ne aveva perché non poteva scegliere né l’una né l’altra, perché aveva cominciato già da tempo a sceglierne sempre una terza: il niente.

A lui andava bene, anche se il silenzio sembrava sempre più pesante, nei giorni che seguivano quel niente; erano gli altri ad interpretarlo, e Draco sapeva che non avrebbe mai confessato a nessuno che, a volte, l’avevano interpretato male.

Draco sapeva che avrebbe perso tutte le sue battaglie.

Quella volta ne ebbe la conferma quando vide sua zia, Bellatrix, entrare nella stanza. Sapeva che non avrebbe mai saputo opporsi a lei e che, se gliel’avesse chiesto, sarebbe stato costretto a riconoscere Potter. Lo sapeva, perché non avrebbe mai potuto deluderla.

Abbassò lo sguardo, andando a sedersi, e si prese la testa tra le mani.

Che cos'è che spinge una persona a detestarsi? Forse la vigliaccheria. Oppure l'eterna paura di vivere nell'errore, di non fare ciò che gli altri si aspettano.

La costante consapevolezza che qualsiasi battaglia si possa intraprendere è persa in partenza, e che il silenzio della disfatta aleggia già sul campo, uno stendardo grigio ad indicare la tua vigliaccheria.

 

 

 

 

(Doverose) note dell’autrice:

Questa fanfiction si è classificata prima al Secondo turno del Club dei Duallanti, un contest indetto da Fabi, LilyBlack e Vogue sul forum di EFP. Sono stramegafelice per questo, e ringrazio ancora una volta le giudici, oltre a ri-complimentarmi con le altre partecipanti *______________*

Prima di riportare i giudizi, però, penso che servano delle note.

Chi mi conosce – ma anche chi non mi conosce, dato che mi viene fin troppo facile lanciarmi in invettive varie in note dell’autore, risposte alle recensioni e affini – sa che il personaggio di Draco mi dà sui nervi, mi dà tanto sui nervi. E stavolta farò la brava, non mi metterò di nuovo ad elencare tutti i comportamenti che me l’hanno fatto detestare. Ogni tanto provo anche a leggere fanfiction su di lui, ma il più delle volte la sua natura così... così, ha la meglio sulla bravura dell’autore, e sono costretta a chiudere la pagina per evitare sfoghi allergici vari.

Quindi una fanfiction del genere scritta da me non avrebbe avuto ragione di esistere

Però, chi mi conosce sa anche che di solito i personaggi che mi passano tra le mani non fanno una bella fine, vuoi perché li smonto e li rimonto per tutte le pare mentali di cui li rendo partecipi, vuoi perché sono personaggi che, semplicemente, devono soffrire, vuoi per altri motivi.

E poi, una delle citazioni tra cui avrei dovuto scegliere per scrivere la mia fic, era ‘Che cos'è che spinge una persona a detestarsi? Forse la vigliaccheria. Oppure l'eterna paura di vivere nell'errore, di non fare ciò che gli altri si aspettano (Paulo Coelho, ‘Veronika decide di morire’)’, e questa citazione chiama Draco.

Quindi eccomi qui. Se state leggendo queste righe – e avete superato non solo l’interminabile digressione iniziale sul silenzio, ma anche queste note XD – vi faccio i miei complimenti!

Chiudo con i giudizi <3

 

Un abbraccio,

Ilaria

 

1°Classificato: Mary


Grammatica e sintassi:9.9
Lessico e Stile: 9.9
Originalità: 10
Caratterizzazione dei personaggi: 15
Attinenza al prompt* e sviluppo della trama: 15
Gradimento personale: 9.9

Totale: 69.7

Lilyblack:
Io mi sento ripetitiva quando scrivo i tuoi giudizi, seriamente XD
E’ bella, è perfetta e bla bla bla XD Ho deciso quindi, questa volta, di entrare un po’ più nel particolare, perché a mio parere, ciò che per i comuni mortali è qualcosa di perfetto, per te è qualcosa che potrebbe ancora essere limato. Una sorta di attribuzione di poteri paranormali. Quei pochi decimi che ho decurtato al tuo schema più per proforma che per veri errori, sono quindi delle sfumature, attribuibili ad un paio di virgole ed alcune ripetizioni che nel complesso della storia sono un po’ fuori posto. Ripeto, solo un po’. La tua storia è, al solito, deliziosa e stupefacente: non è affatto un assassinio di Draco e se ti vedo una sola volta dirlo nella risposta al thread della classifica, ti punirò con il mio silenzio a vita. Il tuo è un Draco che si evince da ogni parola, esattamente come il prompt: è una storia che si inserisce perfettamente in quei buchi che sono le cose non dette del settimo libro ai quali non eravamo abituati, essendo i precedenti della saga quasi, a volte, una cronistoria; sembra di vedere perfino Lucius, preso pari pari dal film.
Assolutamente, ancora una volta, Brava.
Vogue:
Partendo dalla parte formale della storia, non posso che dirti che è assolutamente perfetta. Non sono presenti errori, né di grammatica né di punteggiatura, lo stile è incalzante, rende la lettura scorrevole e vivace, e il lessico utilizzato è sempre adatto al frangente narrato, dà un grande valore aggiunto alla stessa introspezione di Draco, non rendendola mai sterile né ripetitiva.
Hai descritto un momento che personalmente mi incuriosisce parecchio, e gli hai reso la dovuta giustizia: i termini in cui hai trattato ,la psiche di Draco gli danno una luce a parer mio innovativa, ne spiegano i tentennamenti, i dubbi, le paure nate dalla condizione di profondo disagio con se stesso e con ciò che si sente costretto a fare. Cosa che rende perfetta la sua caratterizzazione, perché in effetti lui è così: non è né carne né pesce, prova una sorta di rimorso tardivo, eppure non riesce a fare davvero qualcosa per cambiare le cose; è sostanzialmente un vigliacco, e tu l’hai descritto come tale, pur fornendogli le dovute attenuanti.
Aspetto che si riflette nell’ottimo inserimento della citazione, che si sviluppa lungo tutta la storia, quasi vivificandola, facendo sì che ogni suo aspetto di essa sia sviluppato in modo coerente e mai fine a se stesso.
Insomma, c’è davvero poco da dire. Potrei spendere fin troppe parole per elogiarti, ma la sostanza rimane la stessa: hai scritto una storia splendida, che ho amato dall’inizio alla fine, cosa avvalorata dal fatto che Draco ti piace assai poco. A parer mio, uno dei tuoi lavori migliori. Assolutamente bravissima, complimenti.
Fabi:
Non so come commentare questa storia, partiamo dalla grammatica, una ripetizione è l'unico errore che ho trovato, per il resto è davvero ben scritta. Veniamo allo stile: perfetto. Non ho altre parole. Hai descritto l'ambiente con cura, hai mostrato i sentimenti e le sensazioni dei personaggi nel tuo classico modo un po' fiabesco, riesci sempre a rendere l'atmosfera usando non solo i fatti ma anche i colori, gli ambienti.
Dire che il tuo draco sia IC è riduttivo, perché Draco è un codardo, e tu hai dato un senso ai suoi gesti, un senso che mi sento di condividere.
è la prima volta che leggo di questo missing moment, mi sono spesso chiesta cosa l'abbia spinto a non dire a suo padre che quello fosse Potter, anche perché il suo comportamento non è stato poi giustificato da altre scelte che lui ha preso.
Per questo ho amato questa storia. Hai descritto Draco e la sua codardia, la sua immobilità. La superbia di Lucius, codardo come il figlio, che vuole solo gloria per se stesso e la sua famiglia e che si cura di essere 'quello che ha trovato Potter'. Mi ha colpito anche il modo in cui hai descritto l'arrivo di Bellatrix, e la figura di Narcissa, la madre che spinge Draco a fare una scelta, lei sa. Penso che sia la figura più forte nella tua storia.
Hai inserito correttamente tutti i prompt. A partire dalla citazione che hai sfruttato davvero bene.
Credo sia inutile dire altro. Pubblicala in fretta, perché tutti dovrebbero leggerla.
Bravissima <3




   
 
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