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Autore: ChiaraPs    11/01/2011    1 recensioni
Quella bambina con la sua sola presenza aveva risvegliato una parte di me che era assopita da lungo tempo, era la parte umana di me, di quello che ero stato.
Avevo dovuta nasconderla, confinarla, rigettarla, perché sentirsi un mostro mi dilaniava, e spingersi a riflessioni su una morale che avevo stracciato e calpestato, a favore della sete, mi avrebbe fatto impazzire.
Fatto sta che quella sera non trovai un posto adatto a Lily e decisi che per solo per quella sera mi sarei preso io cura di lei, per quanto ciò avesse dell’assurdo, glielo dovevo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scappavo da troppo tempo, da troppo tempo non mi nutrivo.
Erano giorni che correvo nella foresta sperando di liberarmi di loro.
La sete che sentivo bruciarmi la gola era fortissima, un tizzone ardente che mi incendiava, che mi annebbiava i sensi.
Le forze mi stavano venendo a mancare, avevo assoluto bisogno di placare quella sensazione di sofferenza.
La mia vista percepiva l’ambiente circostante in una tonalità di rosso, acceso, ardente, la mia natura rivendicava di essere saziata.
Stavo percorrendo i boschi, per cui non mi sarebbe stato facile trovare qualcuno che servisse a placare quel bisogno insistente.
Invece il destino pose un’abitazione sulla mia strada, una piccola casa in pietra, situata al limitar del bosco, vicino c’era la cittadina di Lengs, ma non avevo la forza di proseguire oltre, dal camino della casa usciva del fumo, per cui la casa era abitata, solo questo mi interessava.
Mi ero avvicinato veloce e avevo distintamente sentito un cuore battere, pompava sangue, dolce sangue, dal profumo soave.
Aggirai l’abitazione per raggiungere il punto esatto in cui quel battito pulsava, attirandomi come il canto di una sirena, ero totalmente schiavo dei miei istinti, dominato da impulsi forti, naturali, sicuri, la ragione non mi apparteneva più da troppo tempo.
Dietro la casa trovai la mia preda, era nel giardino che tagliava legna, era un uomo, ed aveva un profumo invitante, delizioso, pregustavo già il sapore dolce che avrebbe posto fine alla mia sofferenza. Mi avvicinai non indugiando oltre, mi avventai su quell’uomo corpulento, robusto, ma indifeso,  indifeso, perché ero io ad attaccarlo.
Lo afferrai da dietro stringendolo nella morsa delle mie braccia, per lo spavento un’ondata di caldo sangue si riversò nel suo corpo, trafelato, impaurito, incatenandomi.
Fu un attimo, giusto il tempo di sentirgli sussurrare Lily disperato, poi conficcai i miei denti aguzzi nella sua carne debole, nel massiccio collo che si lacerò subito al contatto con i miei canini bramosi, e avvelenati.
Succhiai quel dolce fluido con avidità, con desiderio, mi dissetai sentendo il sangue scendermi in gola, e poi più in basso, dove lasciava una scia di calore, nel mio corpo freddo e immutabile.
Bevvi con la bocca satura di sangue e veleno fino a quando fui abbastanza sazio da riuscire a ritirare i denti e allontanarmi da quel corpo riverso a terra.
Solo in quel momento mi resi conto di un altro cuore, era più piccolo, potevo sentire che batteva lento ma regolare, potevo persino percepire che il sangue che immetteva in circolo nel corpo era poco, ma riusciva ad essere ancora più invitante di quello appena tracannato, era mielato, zuccherino.
Come un flash mi attraversò la mente un sussurro Lily, l’ultima parola che aveva pronunciato l’indifesa vittima prima di perire per mano mia.
Lily ripetei nella mia mente, sorridendo, mi sentivo sazio, l’uomo era alto e robusto e il suo sangue aveva quietato il mio bisogno, però quel dolce aroma mi invitava a entrare nella casa.
Con passo lento, mi diressi nell’abitazione che era composta da sole due stanze, una piccola cucina e una stanza più grande con un letto nel centro, da cui proveniva quel profumo delizioso.
Alzai la coperta che avvolgeva qualcosa di inaspettato, qualcosa a cui ero estraneo da troppo tempo, due occhi di un azzurro intenso mi guardavano, un volto pallido e minuscolo conteneva quelle due piccole stelle di luce, la testolina era incorniciata da corti riccioli biondi e il naso era così piccolo che quasi non si notava. Ma la cosa che più mi lasciò basito fu la piccola bocca a forma di cuore, che prima si era chiusa a formare una O e poi si era distesa in un sorriso sdentato incredibilmente ilare.
Era una bambina di pochi mesi, o almeno così mi sembrava, aveva davanti un mostro, desideroso di ucciderla, avevo appena assassinato suo padre poco distante da lei e..
lei sorrideva.
Era ovvio che non potesse avere consapevolezza dei suoi movimenti, della mia presenza o della morte del padre, era troppo piccola, ma qualcosa mi lasciò paralizzato, era surreale che sorridesse gioiosa.
Il suo cuoricino pulsava, ma io non mi ero avventato su di lei, la stavo osservando.
Da anni non guardavo nulla di quello che mi circondava, ero un mostro determinato dagli istinti, schiavo della sete, la mia unica reazione era scattare, uccidere, placare il bisogno, ma fermarmi e osservare, non facevano parte di me, non in quel momento di sicuro, e forse nemmeno prima di allora, anche se di una vita precedente alla trasformazione non avevo nessun tipo di ricordo.
Stavo pensando, qualcosa che per tanto tempo non avevo fatto, pensare può far male, le riflessioni di un mostro possono far male.
Chi vive in superficie, invece, come avevo fatto io fino a quel momento, non rischia di sprofondare in pensieri dolorosi.
Confuso da quelle sensazioni, non riuscii ad uccidere la bambina di nome Lily, uscii da quella casa e scappai lontano per non tornare più.

**********************


Ero lontano da non più di due giorni, ma qualcosa mi lacerava, era una sensazione strana, sconosciuta, mi dava un senso di smarrimento, che per la mia natura non poteva appartenermi.
Ero nella foresta, ero tornato a cacciare animali, più disteso, convinto di non essere più seguito da Maria e i suoi seguaci. Mi ero abbandonato alla mia natura, seguivo i miei infimi istinti come sempre avevo fatto, mi dedicavo alla caccia, alla perlustrazione nella zona, ma qualcosa era cambiato in me.
Non riuscivo ad essere lucido, un pensiero mi tormentava, mi confondeva, ma non ne capivo il motivo, il pensiero sovrastava i miei impulsi, faceva scappare le prede prima che riuscissi ad afferrarle, e ciò non aveva una logica, io ero un predatore, ero metodico, preciso, nessuno mi era mai sfuggito.
Il pensiero che mi tormentava, era Lily, ma non fu facile capirlo, perché non sapevo comunicare con me stesso, perché non mi conoscevo, perché non sentivo più di appartenermi da tempo, solo gli istinti avevano il controllo su di me.
Una consapevolezza mi inondava la mente, Lily era sola nella casa, con un cadavere in giardino e nessuno che la nutrisse, non sarebbe sopravvissuta, io non l’avevo morsa, ma l’avevo condannata a morte certa, uccidendo suo padre.
Era improbabile che qualcuno si fosse avventurato fin lì, al limitar del bosco, quindi era improbabile che qualcuno si fosse accorto della sua presenza e l’avesse tratta in salvo.
Mi dissi che non mi importava, che sarebbe stata solo un’altra delle mie vittime, ma non trovavo tregua, non era vero che non mi interessava.
Probabilmente convinto dal fatto che la sete per un po’ non mi avrebbe logorato, e che forse potevo controllare il mostro come la volta precedente, la sera del terzo giorno, mi diressi alla casa della bambina.
Trovare la strada fu facile, grazie ai miei infallibili sensi, in poche ore la raggiunsi.
Mi avvicinai e per prima cosa notai che non c’era più il cadavere nel giardino, per un secondo sperai che qualcuno avesse trovato la bambina e l’avesse portata via, ma mi resi subito conto che il suo cuore batteva; entrai nella stanza grande e Lily era lì, non sorrideva come la prima volta, e mi stupii di quanto mi facesse male quella consapevolezza.
Aveva gli occhi arrossati e la bocca era screpolata, era ovvio che aveva pianto molto e che aveva fame, la bocca era arida, per fortuna dormiva e non mi notò, non avrei sopportato che mi guardasse con quegli occhi lucidi e sfiniti.
Non riuscivo a capire come mai chi aveva portato via il cadavere non si fosse preoccupato di portar via quella creatura, possibile che non si fosse accorto della sua presenza?
La guardavo e non sapevo cosa fare, il mio istinto mi diceva di allontanarmi il più in fretta possibile e di non preoccuparmene, ma c’era una nuova vocina insistente nella mia testa-la mia coscienza forse?-che mi urlava di non abbandonarla.
Poteva un mostro avere una coscienza o qualcosa di simile, poteva un mostro farsi intenerire da una neonata in fasce, poteva un mostro desiderare di salvare un’umana?
La presi in braccio avvolta nella coperta per non congelarla con il mio corpo freddo, e mi sembrò qualcosa di surreale, di sbagliato: era contro natura che un vampiro accogliesse tra le braccia un neonato, io ero stato creato per uccidere.
Mi avvicinai alla cittadina di Lengs con le complici tenebre a mascherare la mia natura, sapevo che in quella città c’era un orfanotrofio che forse poteva accoglierla, stavo aspettando che la zona fosse sgombera, per lasciare il fagotto che avevo tra le mani davanti all’entrata, quando una scena mi distolse dalla mia intenzione.
Da una finestra al primo piano si poteva notare uno stanzone dove almeno cinquanta bambini erano ammucchiati come topi, aspettando la proprio razione di cibo, avevano occhi spenti e tristi, versavano nell’abbandono.
Quella non era la sorte che avrei inflitto a Lily, l’avevo privata del padre, di un futuro, dovevo fare in modo che avesse di più.
Girai per la città semi deserta cercando in qualche dimora un posto che mi sembrasse adatto a lei, ma nulla rispondeva alle mie esigenze, forse perché già allora mi rendevo conto che avevo più bisogno io di lei che lei di me.
Quella bambina con la sua sola presenza aveva risvegliato una parte di me che era assopita da lungo tempo, era la parte umana di me, di quello che ero stato.
Avevo dovuta nasconderla, confinarla, rigettarla, perché sentirsi un mostro mi dilaniava, e spingersi a riflessioni su una morale che avevo stracciato e calpestato, a favore della sete, mi avrebbe fatto impazzire.
Fatto sta che quella sera non trovai un posto adatto a Lily e decisi che per solo per quella sera mi sarei preso io cura di lei, per quanto ciò avesse dell’assurdo, glielo dovevo.

  
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