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Autore: PetitLondoner    12/01/2011    1 recensioni
Nessuno è onnipotente. Nemmeno la magia.
Classificata
dodicesima su venticinque al concorso "Three Days Contest" indetto da foxfeina.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Falsa dimenticanza”

 

Nome dell'autore : Londoner

Titolo della storia: “Falsa dimenticanza”
Tema scelto: tradimento
Personaggi principali: Daphne Greengrass/ Pansy Parkinson/ Draco Malfoy
Genere: Triste
Rating: Verde
Avvertimenti: One shot

 

Un’afosa giornata di Maggio, ecco cos’è oggi. A completare la situazione, due ore di Pozioni che per fortuna stanno per finire.

  “Bene. Tempo scaduto. Mi raccomando, per mercoledì voglio una relazione sui cinque usi del succo di Mandragola, tre pagine. Andate”   ci congeda così Piton, il solito tono freddo e distaccato.

“Per fortuna, non ne potevo più” mi dice Pansy, appena uscite dai sotterranei, dirette verso la Sala Grande per il pranzo.

“ A chi lo dici… secondo te quello stupido di Marcus mi farebbe copiare di nuovo la relazione? Tanto quello mi muore dietro… “ dissi io, sbeffeggiando il mio compagno di casata che prova un interesse per me da sempre.

“ Certo che deve, Daphne… Come può dirti di no? Ma alla fine hai deciso di non combinarci niente di serio?”

“Suvvia, Pansy ce la vedi una Serpeverde fare seriamente con un ragazzo? Non è nella nostra natura, non possiamo permetterci di affezionarci e rimanere fregate” risposi sprezzante.

L’amore fa male.

E lei lo sa benissimo.

Per questo meglio evitare strane situazioni,e cercare di non trasformare una semplice nottata di divertimento in una storia d’amore.

I Grifondoro la chiamano “cattiveria” e “stronzaggine tipica dei Serpeverdi”.

Per me è autodifesa.

Immerse ciascuna  nei propri pensieri, io e Pansy continuiamo a camminare silenziosamente.

Ad un certo punto però, lei si ferma e, guardando il pavimento, mi sussurra che deve tornare in dormitorio perché ha scordato un libro di cui ha bisogno per ripassare durante il pranzo.

“Tranquilla, tu avviati pure in Sala…io torno subito” mi dice a bassa  voce.

La guardo sconsolata.

Non sarò la ragazza più intelligente della scuola, ma non penso che la fuga della mia amica dipenda veramente da un libro.

Non bisogna essere molto furbi per capire che il fatto che un certo biondino sia appena passato di fianco a noi, diretto verso i sotterranei, centri qualcosa con ciò.

Sospiro e le dico di non preoccuparsi, l’avrei aspettata  in Sala.

A volte mentire è necessario. Non è un atto sleale.

O non mantenere una promessa, nel caso ce ne sia fortemente bisogno.

Con questi pensieri, seguo Pansy verso i sotterranei, attenta  a non farmi scoprire.

La mia amica cammina veloce, emozionata.

Provo ad immaginare i suoi pensieri, i suoi sentimenti.

Cerco di mettermi nei suoi panni.

Il cuore che batte velocissimo.

Le mani che tremano, ansiose, sperando di toccare lui, da lì a breve.

Pansy, perché?

Stai andando a farti del male.

Lo sai benissimo, ma nonostante questo continui imperterrita nella tua ricerca.

Ricerca conclusa, a giudicare dal fatto che ti sei fermata in mezzo al corridoio, forse il più buio dei sotterranei, davanti a una porta lasciata socchiusa.

Cosa vedi, Pansy?

Perché quello sguardo?

Cos’è che ti fa star male, in quella stanza?

Perché sono scese due lacrime sul viso?

Dannazione, lo sapevi che stavi andando a farti del male.

Perché continui a vivere in questo modo?

Certa gente non merita una simile attenzione e un simile pensiero.

Ogni volta mi dico che dovrei fermarti quando tu da sola non riesci, impedirti di scendere di nuovo quaggiù, a quest’ora, quando tutti sono in Sala Grande, e le aule libere diventano il nido d’amore di molte coppiette.

Mi sposto leggermente più a sinistra dal posto dove mi sono nascosta, per avere la completa visuale della stanza davanti la quale ti sei bloccata.

Riesco finalmente a intravedere qualcosa.

Una testa mora e una bionda troppo vicine mi chiariscono subito i dubbi, ammesso che ce ne fossero prima.

Sto per uscire da qui, trascinarti via, abbracciarti, impedirti di farti ancora del male, non te lo meriti, quando inizi a correre.

Dove vai, ora?

C’e qualche posto dove dimenticare tutto questo male?

Ti seguo fino al ponte che porta alla guferia.

Guardi giù.

No, Pansy.

Non puoi.

Passano minuti terribili, sono presa dall’ansia, non posso credere di essere in questa situazione.

Rifletti, Pansy.

Nessuno merita di farci stare male cosi.

Nessuno.

“Ti voglio bene, Pansy” sussurro, certa che tu non possa sentirmi.

Ma tu improvvisamente ti riscuoti.

Mi hai forse sentito?

Fatto sta che indietreggi, lentamente.

Sembra che hai cambiato idea, sul tuo volto appare un piccolo sorriso.

Ma non gioioso.

Cos’è, ironia, rassegnazione?

Cerchi qualcosa sotto il mantello. Perché?

Hai preso la bacchetta  e la punti sulla tempia.

Solo in questo momento comprendo tutto.

“Oblivion

Una parola pronunciata, una sola.

Segno di rassegnazione, hai scelto la strada più facile, ma l’unica in grado di cancellare un simile dolore dal tuo cuore.

Allora perché, Pansy, i tuoi occhi celano sempre un’infinita tristezza?

Forse la risposta l’ho trovata solo crescendo : certi dolori non potranno mai essere cancellati.

Neanche dalla magia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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