IL SILENZIO.
Ti sento, Ron. Lo sai che ti sento, vero?
Sì, lo sai.
Piagnucoli come una femminuccia da cinque minuti buoni, come posso non sentirti?
Steso sul letto osservo la tua schiena sfocata coperta dalle lenzuola rosse e oro alzarsi e abbassarsi velocemente.
Il tuo abito da cerimonia marrone è buttato in un angolo della stanza,hai cacciato con un calcio le tue scarpe lucide sotto il letto, quasi ti avessero fatto un torto personale.
Ogni tuo gemito è la puntura di un ago sotto l’alluce destro del piede.
Chiudo pesantemente gli occhi, mentre il silenzio martella nella mia testa.
Non è da te Ron, non è da te. Stai perdendo colpi, amico mio.
Se solo ti vedesse, in questo momento, tutti i vostri problemi sarebbero risolti.
Qualcosa bussa dentro di me, il rumore è sempre più forte.
-La conosci- sussurro un po’ impacciato, mentre il senso di disagio si placa -in questo momento ti starà mandando contro mentalmente tutte le maledizioni che conosce. Ma le dispiace. Ne sono certo-.
Sospiri profondamente, tiri su col naso.
-Sto bene- borbotti.
-Sì, certo-.
Torna il silenzio nella camera, uno di quei silenzi caldi.
E la tua schiena smette di alzarsi ed abbassarsi.