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Autore: Abraxas    13/01/2011    11 recensioni
Tre secoli e mezzo dopo il confronto con i Cullen, il potere dei Volturi è solo una pallida ombra di ciò che era un tempo. Se solo le cose fossero andate diversamente, medita Aro…
E se esistesse un modo per cambiare gli eventi?
E se qualcuno fosse incaricato di impedire queste modifiche?
Qualcuno che non sospetta minimamente dell’esistenza di vampiri e licantropi…
Lei torna a sedersi dietro la scrivania, facendo segno di accomodarmi sulla poltrona di fronte. “Una missione Infiltrazione e Controllo temporale attivo standard. Primo decennio del ventunesimo secolo.”
Mi allunga un datapad, che prendo e comincio a scorrere velocemente.
“Sistemazione a centocinquanta miglia da Seattle? Riserva indiana di La Push? Dico, siete impazziti? Come diavolo farei a passare inosservato?”
Genere: Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quileute, Seth Clearwater, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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- #10: Convivere -


 
“Comandante, si è bevuto il cervello?”

Cercavo di limitare i danni, Dawson!, articolo irritato, chino sul proiettore olografico da polso con una cuffia ficcata nell’orecchio destro e due strisce recettrici appiccicate sulle labbra. Un sistema assolutamente perfetto per comunicare senza alcun rumore, ma che purtroppo non annovera la comodità fra i suoi vantaggi. I sensori sono terribilmente irritanti.

“Radere al suolo La Push non è la mia idea di ‘limitare i danni’. Grazie al cielo le autorizzazioni per il satellite le devo autenticare io… Richiedere un attacco cinetico su un centro abitato, roba che persino in questo secolo se la sognano! Ha idea dei danni che avrebbe potuto causare all’evoluzione temporale? E come cavolo pensava di giustificare una cosa del genere al governo? Si aspetti una nota negativa nel mio rapporto. Molto negativa.”

E’ l’unica soluzione che mi era venuta in mente, non era certo lei quello con una mano formato badile alla gola, cazzo!

“Moderi il linguaggio, Comandante, trovo che la sua permanenza qui stia influendo negativamente sul suo repertorio linguistico. Poi non mi venga a dire che era l’unica possibilità. Non ve la siete cavata poi così male, non trova?”

Se così fosse non sarei barricato in bagno cercando di non farmi sentire mentre parlo con lei!

“Una vera e propria riunione di gabinetto”, ridacchia sotto il mio sguardo omicida. “Chiedo scusa. Quanto è grave questa violazione dei protocolli?”

Non è ancora critica. Per adesso. Quanto dovrò aspettare prima che venga inviata una squadra di supporto?

“Un bel pezzo, il continuum resterà instabile per altri cinquanta giorni minimo, e non è mia intenzione lasciare sguarnita Rocky Point mandandovi i Marines. Cerchi di adattarsi. Noi continueremo a monitorare la situazione da qui, e vi informeremo nel caso compaiano ulteriori anomalie. Tutto sommato, l’operazione in Italia può essere considerata un successo, il corso degli eventi è stato preservato. Ora attendiamo la loro prossima mossa, chiunque siano questi loro.”

A che punto è l’estradizione?

“Ah, quella”, mormora cupo. “I due dirottatori sono stati uccisi. La polizia sta ancora cercando di capire come un sicario sia riuscito ad entrare e uscire dal carcere senza lasciare tracce, ma non credo che arriveranno a qualche conclusione.”

Il satellite non ha rilevato nulla? Mi sembra impossibile…

“Comandante”, mi interrompe con un sospiro, “C’è un satellite –uno– a nostra disposizione. Ci sono approssimativamente due milioni per dieci alla ventiseiesima metri quadri di superficie terrestre da controllare. Al momento, oltre a La Push, è in corso una delicata operazione di controspionaggio a Fallujah, una a Seul ed una a Norfolk, una vera e propria battaglia a Mogadiscio ed una serie di rilievi a Gutach, Montreal e Sidney, per un totale di cinquantadue agenti provenienti da otto epoche diverse coinvolti in sette nazioni diverse. Vi è altresì la necessità di mantenere il contatto costante con un numero impressionante di signori della guerra africani, sempre per via della situazione in Somalia. Perciò, mi scusi tanto se il satellite non era impegnato a sorvegliare una dannatissima prigione nella dannatissima Italia!”

Forse ho peccato un poco di egoismo. Eh, già.

Mi perdoni, Dawson. Tendevo a dimenticare che i problemi non sono una nostra esclusiva.

Borbotta qualcosa che suona come un “Aesir”, per poi prendere un profondo respiro e ricominciare a parlare come se non fosse successo nulla.

“Allora. Faremo il possibile per scoprire i responsabili, anche se al momento dubito fortemente che le nostre indagini possano condurre a qualcosa. Per quanto riguarda voi due, invece, mi pare di aver capito che anche i vostri simil-carcerieri abbiano qualche scheletro nell’armadio. Finché riuscirete a mantenere questo stato di cose ritengo non vi siano seri rischi di contaminazione, nonostante vi siate fatti beccare. Lo veda un po’ come un caso di mutua distruzione assicurata, ecco. Loro spifferano in giro i nostri tabù e noi facciamo altrettanto con i loro.”

Tenterò…

“Mi aggiornerà più nel dettaglio quando le acque si saranno calmate, per il momento cerchi di sfruttare i Fenrir per ottenere ulteriori informazioni sui Vanir. A questo punto potrebbe anche cercare di stabilire un’alleanza, avremmo solo da guadagnarci. Ed una volta che questa storia sarà conclusa, manderemo un team a fare un po’ di pasticci nei loro ricordi.”

Un’alleanza? E’ fuori discussione. E’ un miracolo se non ci hanno fatti secchi subito, figuriamoci se saranno disposti a collaborare. In più, a dirla tutta, non mi fido di loro.

“Come preferisce. Era solo un’idea… Vada, adesso, non vorrei pensassero che è rimasto incastrato nel water. Dawson, chiudo.”

Sospiro, spengo l’apparecchio, lo infilo nel cesto dei vestiti sporchi e mi lavo le mani. Tu guarda se in casa mia devo mettermi a fare queste cose… e non ho ancora detto a Dawson della storia dei vampiri.

“Era ora”, sbuffa Quil quando apro la porta, “Sei rimasto incastrato nella tazza?”

Nota mentale: evitare di far conoscere lui e Dawson. Sarebbe un mix potenzialmente letale.

“I licantropi hanno la supervelocità anche quando vanno al cesso? Mi spiace deluderti, ma noi impieghiamo ancora tempi umani.”

Chiude gli occhi, probabilmente cercando di resistere alla tentazione di mollarmi un pugno, mentre mi fa cenno di andare avanti. Obbedisco controvoglia. La nostra politica è fare i bravi bambini, per quanto l’opzione “prendiamo un fucile e li stendiamo tutti” implori in ginocchio di essere rivalutata ogni minuto che passa. E dato che sono passate più di dodici ore le sue implorazioni sono piuttosto convincenti.

In cucina Eva sta preparando il pranzo sotto lo sguardo vigile di Embry. Sam non vuole correre rischi, non sia mai che fra le pentole abbia nascosto una bomba. Così lui se ne va a parlare con il Consiglio, noi invece restiamo tappati in casa con due angeli custodi che ci seguono ad ogni passo.
In maniera estremamente distratta ed approssimativa, noto. Tanto vale spiegargli come dovrebbero fare il loro lavoro.

“No, Quil, così non va. Non puoi lasciarmi passare accanto al portacoltelli se pensi che io possa essere pericoloso.”

“Ti sto tenendo d’occhio. Tu allunga anche solo un dito e poi vedi come ti ritrovi.”

“Errore numero uno: non si reagisce agli attacchi. Gli attacchi vanno prevenuti”, spiego pazientemente. “Se l’attacco comincia è già troppo tardi. Giocheresti secondo le mie regole, non avresti l’iniziativa, e ciò sarebbe sufficiente per darmi la vittoria. Capito?”

Mi lancia un’occhiata a metà fra il confuso e l’irritato.

“Perché me lo vieni a dire?”

“Perché se proprio volete giocare a fare i duri potreste anche impegnarvi. E stavo cercando un modo per romperti le scatole”, sorrido mentre sbircio nella pentola più vicina. “Pancetta?”

“No, funghi. Certo che è pancetta, cos’altro ti sembra?”, brontola Eva. Odia che gli si metta pressione quando è ai fornelli, e adesso si ritrova con ben tre persone in cucina.

“Dicevo tanto per dire…”

“Sempre tanto per dire, fila a preparare le uova, và. Almeno ti rendi utile.”

“Sissignora”, rispondo obbediente aprendo il frigorifero.

“Voi due, apparecchiate”, ordina poi a Quil ed Embry. “Non state lì con le mani in mano! Volete mangiare sì o no?”
 

. . .

 
“Come sarebbe a dire, ce n’è ancora?”, ringhia Eva.

Hanno spazzolato primo, secondo, contorno e frutta ad una velocità impressionante. Svuotando un intero preziosissimo, insostituibile pacchetto di fusilli provenienti da Firenze. Vera pasta italiana, probabilmente il bene più prezioso in casa in questo momento.

“Ma… è tutto qui?”, domanda sorpreso Quil.

“Tutto qui? Vuoi dire che hai ancora fame?”

“Non hai preparato praticamente niente!”

Sospiro, incrociando le braccia e rilassandomi sullo schienale, pronto a godermi lo spettacolo. Mai criticare Eva in cucina.

“Non mangiate nient’altro?”, insiste lui.

“No. E ringrazia che ti abbiamo riempito la ciotola, lupo. Non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo anche prepararvi da mangiare, quindi o ti fai andar bene quello che facciamo qui, oppure aria.”

“Ma…”

“Se volete ci sono delle barrette ipercaloriche.”

“Tipo quelle delle diete?”

“No, quelle sono ipocaloriche. Con queste una basta e avanza per mezza giornata… con noi, almeno. Con voi due non so. Mangiate sempre così tanto, oppure state approfittando della mia cucina?”

“Siete voi che mangiate poco, è diverso.”

Le parole di Quil vengono sottolineate dal brontolio del suo stomaco.

Mi alzo e apro la dispensa. In fondo c’è una scatola piena zeppa delle suddette barrette ipercaloriche, ancora avvolta nella plastica presurizzata. Quando all’addestramento spiegano che servono per i casi d’emergenza le reclute tendono a prendere l’avvertimento molto sul serio… nessuno tiene particolarmente ad assaggiare qualcosa che sa di cartone umido. Se penso che ho passato tre mesi mangiando praticamente solo quelle cose lì mi viene ancora la nausea.

“To’, piglia”, dico aprendo la scatola e lanciandone due ad Embry, che le afferra al volo senza fatica.

“Hypocal?”, domanda studiando un pacchetto ed allungando l’altro a Quil.

“La fantasia non è mai stata una peculiarità dell’Alleanza”, spiego.

Mi scruta con aria spaesata.

“L’Alleanza?”

“E’ il nostro governo.”

“Perché non ci spiegate per bene come funzionano le cose da voi? Almeno eviteremmo di perderci ogni due nomi”, propone.

“Perché non ci spiegate per bene come funzionano queste cose da licantropi?”, chiedo per risposta.

“E’… è un segreto.”

“Ecco, stessa cosa. Quando ci direte qualcosa su di voi, vi diremo qualcosa su di noi. Facile, no?”

Alza le spalle e addenta la merendina antifame. Come previsto, tre secondi dopo sul suo volto si dipinge un’espressione di puro disgusto.

“Ma sa di…”

“…cartone bagnato? Io l’ho sempre detto. Pensa che ho passato tre mesi sopravvivendo praticamente solo con quelle.”

“Tre mesi? Però, complimenti per il masochismo”, dice Eva con un fischio d'ammirazione.

“La Carthago era rimasta isolata ad Alphard con i rimasugli della Settima Flotta, e ci abbiamo messo un po’ per sfondare il blocco. Non è che avessimo tutta questa scelta... o quelle, o vero cartone bagnato.”

“Hai tutta la mia compassione”, borbotta Embry masticando lentamente. “Bleah. Adesso capisco perché mangiate così poco.”

“Poi sono io quello che si lamenta, eh?”, ridacchio rivolto ad Eva. Lei scuote la testa, cominciando a sparecchiare mentre sentiamo i passi di uno dei lupi avvicinarsi alla casa.

Analisi frequenza in corso… analisi terminata. Uley, Sam.

“Prego, Sam, non serve bussare”, commenta lei acida rivolta al Quileute appena entrato nella stanza.

“Grazie, Eva”, replica imperturbabile lui.

“Allora, cosa ha deciso il Gran Consiglio dei Jedi?”

Lui ignora la mia frecciatina.

“Per adesso potete restare, ma sarete sorvegliati a vista. Uno di noi resterà sempre con voi, e dovrete chiedere il permesso prima di allontanarvi dalla riserva. Se vi dimostrerete meritevoli di fiducia… potreste anche essere lasciati liberi. Forse.”

Non è proprio l’ideale, ma è sempre meglio di quanto mi aspettassi. Spero solo che Dawson non faccia partire il bat-segnale nei prossimi giorni.

“Quil, Embry, andate a casa. Resto io con loro.”

“Ok. Ciao a tutti”, saluta Quil uscendo, con Embry subito dietro che ci rivolge un cenno… quasi amichevole. Quasi.

“Vi siete convinti che non siamo i cattivi che pensavate, allora?”, chiedo a Sam, invitandolo a sedersi con un gesto della mano.

“Ci siamo convinti a tenervi d’occhio. Non mi avete ancora spiegato per bene in cosa consisterebbe il vostro lavoro qui.”

“E non è nostra intenzione farlo”, risponde Eva. “Come diceva prima Matt ad Embry, non vedo perché dovremmo dirvi i nostri segreti mentre voi vi tenete abbottonati i vostri. Vi abbiamo già spifferato anche troppo, ieri.”

“Perché siete nostri prigionieri?”

Ammetto che sarebbe un’argomentazione piuttosto valida, normalmente. Ma la normalità sembra essersi presa un paio di giorni di ferie.

“E su quali basi siamo trattenuti, di grazia? Qual è il nostro crimine? Dov’è il nostro avvocato?”

“Piantala, Matt.”

“Insomma, tecnicamente è una violazione dei nostri diritti, sai?”

“Non mi pare che voi due siate cittadini americani. Tecnicamente siete anche clandestini. O sbaglio?”

“E tecnicamente voi sette siete fuori dalla lista ‘specie protette’ del Dipartimento dell’Interno. O sbaglio?”

“Ok, ragazzi, finiamola qua. Che ne direste di fare il buon vecchio gioco dei segreti? Io ne dico uno a te e tu ne dici uno a me…”, propone Eva finendo di sistemare i piatti sporchi nel lavandino e sedendosi anche lei a tavola.

Sam ci squadra sospettoso, per poi annuire.

“Comincio io…”

Sto per ribattere, ma il calcio che Eva mi tira sullo stinco mi ferma.

“…allora, cosa fate voi Aesir?”

Domanda delicata.

“Siamo un corpo speciale dell’esercito. Facciamo… beh, di tutto, non abbiamo un ruolo preciso. Scelgono dove mandarci, caricano i programmi necessari nel simbionte, e via. Io sono un pilota di caccia, Eva lavora per la Sezione 66. E siccome in questo caso servivano due Aesir in una missione temporale… eccoci qui.”

In questo caso cosa siete qui a fare?”

“Te l’ho già detto. Controlliamo che la storia segua il suo corso.”

“E come fate a sapere cosa controllare, se non conoscete il futuro?”

“Questo non possiamo dirlo. Dovremmo spiegare leggi fisiche che verranno teorizzate solo fra tre secoli, e sarebbe un grosso problema per la sicurezza. Ti basti sapere che ci sono strumenti in grado di rilevare eventuali deviazioni dalla timeline originale con una certa precisione, permettendoci di intervenire quando è necessario.”

“E’ per questo che siete così attenti a Bella? Per questo l’avete difesa quando quel vampiro l’ha trovata nella radura?”

“L’incontro con la signorina Swan è stato del tutto casuale, e si può dire altrettanto del nostro… primo contatto. Stavamo svolgendo operazioni di routine che…”

“A proposito, si può sapere cos’é quella specie di cilindro?”

“E’ – era, visto come l’avete ridotto – una delle apparecchiature di cui ti parlavo. Serviva a determinare con precisione la fonte di eventuali anomalie.”

“Spiacente di aver rotto il vostro giocattolo. Non potete aggiustarlo?”

Lo guardo con un’espressione che spero sia sufficiente a fargli capire il livello di idiozia della domanda.

“Chiedevo”, mormora con noncuranza, con tutta probabilità ignorando il costo di un gruppo sensori. Sono sempre più convinto che la Novikova vorrà la mia testa… Forse questi due mesi di isolamento forzato non sono una cosa così brutta, tutto sommato.

Intanto Sam continua a rivestire con una certa convinzione il ruolo di inquisitore. “Quanti siete in tutto?”

“Io ed Eva, basta. Due Aesir bastano e avanzano per missioni del genere.”

L’esistenza di Dawson sarà il nostro personalissimo asso nella manica.

“In due a controllare tutta la storia?”

“Interveniamo attivamente solo su segnalazione diretta, come in questo caso. Non c’è bisogno di avere un esercito sparpagliato su cinque millenni di storia.”

“Sarebbe estremamente improduttivo”, puntualizza Eva.

Non c'è bisogno di fargli leggere il libro paga della CHRONOS.

“Beh, mi sfugge ancora il dettaglio più importante”, dice chinandosi in avanti. “Contro chi combattete?”

“Contro chi ha intenzione di violare l’ordine naturale degli avvenimenti, mi pare ovvio”, risponde Eva.

“Potrei sapere nello specifico di chi stiamo parlando, in questo caso? Continuavi a chiedere se eravamo sul libro paga di Alter, sono loro?”

“Altair”, lo corregge lei.

“Alter, Altair, quello che é.”

“Non… non lo so”, ammetto a malincuore.

“Non lo sai?”, sbotta incredulo. “Tu non lo sai? Mi pigli per il culo?”

“Vorrei, credimi. Altair era una delle nostre supposizioni… da mesi si vociferava che avessero completato un programma per ottenere supersoldati con cui contrastare noi Aesir. Tuttavia ci avete così gentilmente spiegato che si tratta di vampiri, quindi la nostra supposizione è bellamente andata in fumo.”

“Siete qui senza un’idea precisa di cosa dovete affrontare?”

“Siamo qui per preservare, e questo ci basta. Passiamo a te, invece… cosa fate voi licantropi?”, contrattacca Eva.

 “Proteggiamo La Push dai vampiri.”

Lo guardo aspettando che aggiunga qualcosa, ma mi rendo conto che è inutile. Dobbiamo tirargli fuori le informazioni una alla volta.

“Attaccano regolarmente la riserva?”

“No. Ogni tanto capita che qualche succhiasangue di passaggio vada dove non dovrebbe… in quel caso ci pensiamo noi.”

In testa mi si affollano idee confuse su come sia possibile che un’intera razza di assassini abbia mantenuto il segreto della propria esistenza per tutto questo tempo. Quanti omicidi irrisolti, quante sparizioni misteriose hanno dietro il loro zampino? E noi li abbiamo scoperti così, per puro caso. L’idea di essere nulla di più che una preda per questi tizi mi dà il voltastomaco.
E quanto sono coinvolti nella nostra missione?
No, direi che è il caso di evitare il panico da intrigo internazionale. Abbiamo già abbastanza problemi così…

“Quanti licantropi ci sono?”, chiede Eva.

“Noi siamo in sette, per adesso. Non è escluso che altri ragazzi possiedano il gene, e che si trasformino in un anno o due.”

Il gene. Sono certo che se riuscissi a portare dei campioni biologici alla Novikova probabilmente si degnerebbe di ascoltarmi… prima di sbattermi davanti alla corte marziale per inattitudine al comando e chissà quanti altri capi d’accusa. Chissà, magari chiuderebbe anche un occhio su quello che è successo. Uno solo, l’altro lo userebbe per accertarsi che io finisca in primissima linea nella prossima guerra.

“E… come si manifesta, questo gene?”

“Non è difficile da notare. Vi sarete sicuramente accorti che siamo più alti e più grossi dell’umano medio. In più abbiamo una serie di qualità… lupesche, diciamo. Sentiamo e vediamo molto meglio di chiunque altro. La nostra pelle è molto calda. Ed i più giovani hanno alcune difficoltà nel controllare le proprie emozioni, in particolare la rabbia.”

“Per questo continuavate a tremare, prima?”

Annuisce.

“Fra tutti, Paul è quello con meno autocontrollo, per quanto abbia avuto la mutazione parecchio tempo fa. Mi sono sorpreso non poco del fatto che non si sia trasformato quando l’hai colpito con la gamba del tavolo.”

“Io mi sono stupito che la sua testa non abbia fatto crac.”

“Paul ha la zucca dura”, ride quasi sinceramente, “ma in generale siamo parecchio resistenti. Vi consiglierei quindi di evitare gli scontri, per il vostro bene.”

Vediamo se resistete ad un proiettile calibro 80 in mezzo agli occhi, bestione?

No, non è l’atteggiamento giusto. Secondo il copione dovremmo essere spaventati e sottomessi. Certo, come no.

“Vi abbiamo già detto che faremo i bravi bambini”, interviene Eva, “Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.”

“Sarà meglio.”

“Passando a cose più pratiche…”, continua lei, “avremo un ospite a sbafo a colazione, pranzo e cena, tutti i giorni?”

“Esatto.”

“Spero che la voracità di Quil ed Embry sia un caso isolato. Non ho intenzione di sfornare roba a ripetizione solo per farvi mangiare… se al prossimo giro al supermercato dobbiamo prendere anche una scatola di croccantini extralarge dimmelo subito.”

“Chiederò ad Emily di preparare dei panini per loro, se la cosa vi scoccia.”

“Ecco, a proposito di Emily…”, domando, “…lei ha accettato senza fare storie che tu sia un canide gigante?”

“Non sono affari tuoi”, replica gelido.

“Era tanto per fare conversazione”, sbuffo, archiviando in un cassetto mentale la pianificazione dell’operazione rapiamo Emily Young e sistemiamo le cose.

“Non serve fare conversazione.”

“D’accordo, ce ne staremo muti e zitti a fare i bravi prigionieri. Contento?”

“A dirla tutta, sarei più contento se non vi foste fatti vedere da queste parti. Ci avreste risparmiato un sacco di problemi.”

“Credimi, comincio a pensare la stessa cosa”, sbuffo alzandomi e rimboccandomi le maniche per lavare i piatti.

“Ti do una mano”, dice Eva prendendo lo strofinaccio.

“Quando ve ne andrete?”, chiede.

“Non ne ho la più pallida idea. Sicuramente resteremo per un altro paio di mesi.”

“E se non vi volessimo?”

“Hai detto che il Consiglio ci permette di restare”, sorrido aprendo l’acqua. “Quindi…”

“Quindi un tubo, ho detto che forse potrete restare. E in ogni caso, voglio parlare con il vostro capo.”

“Questo temo non sia possibile.”

“Cercare di collaborare potrebbe esservi d’aiuto nel guadagnare un poco di fiducia.”

“Oh, cribbio!”, sbotto lasciando ricadere nel lavandino il piatto che avevo appena preso in mano e spostandomi in salotto, con gli occhi di Sam saldamente inchiodati sulla schiena.

“Comandante Matt D’Aquila”, recito nella stanza spoglia, mentre lo schermo olografico si materializza accanto a me, “autorizzazione Mike-Delta-Alfa-cinque-uno-Blu-Tango. Abilitare protocollo Mercury.”

“Impossibile eseguire. Anomalie nel flusso tachionico. Il protocollo non è stato abilitato.”

“Contento?”, mi volto e praticamente glielo ringhio in faccia.

“No. Cosa ha detto?”

Lo guardo perplesso, prima di realizzare che anche quello del computer è futurese. E’ ovvio che lui non capisca.

“Modificare i codici di comunicazione aggiornandoli a due-zero-zero-sei.”

“Modifiche effettuate.”

Ora che mi sono assicurato che anche Sam possa capire ripeto lo stesso comando, ottenendo lo stesso rifiuto.

“Visto? Non c’è verso di mettersi in comunicazione con la base.”

“Come mai?”

“Per farla breve, trasmissioni temporali e viaggi utilizzano lo stesso conduttore. Qualche giorno fa hanno fatto detonare una bomba che ha scombussolato il subspazio, rendendo impossibile spostamenti e comunicazioni per un paio di mesi. Perciò, non puoi parlare con la Novikova. La persona di maggior grado a cui puoi rivolgerti sono io”, concludo con uno dei sorrisi più falsi che abbia mai fatto.

“Ma che caso, eh? Cosa mi assicura che non sia un’altra frottola?”

“Il fatto che adesso tu e il tuo branco state ancora zampettando allegri per La Push ululando alla luna, invece di ritrovarvi stesi ciascuno con mezza dozzina di mitra puntati alla testa. In genere prendiamo piuttosto sul serio la faccenda della segretezza. Gli interventi in caso di falle sono estremamente rapidi ed efficaci.”

“Quindi dobbiamo aspettarci un vostro attacco da qui a due mesi?”

Impara in fretta, il ragazzo.

“Secondo te verrei a dirtelo?”

Lui sorride, avvicinandosi.

“Secondo te siamo disposti a correre un rischio del genere?”, mormora minaccioso qualche centimetro più in alto della mia testa.

“Bene, facciamo così: voi ci lasciate in pace, noi vi lasciamo in pace, nessuno si fa male. Fine della storia, tutti felici e contenti.”

“Credi davvero che vi lasceremo fare le vostre… cose così tranquillamente?”

Niente da fare, sarebbe più semplice provare a convincere un mulo.

“Sai, in teoria dovresti. Siamo i buoni, noi.”

“Sai, in pratica non penso di farlo.”

E Dawson mi chiedeva di collaborare?

“Per adesso teneteci d’occhio quanto volete. Chissà… potreste scoprire che i nostri interessi, come dire, coincidono”, gli dico senza troppa convinzione.

“Certo, come no.”

Collaborare. Con mostri che non vedono l’ora di tirarci il collo.

Figuriamoci.
 

- - -

 
“…I New York Blazers, in vantaggio per 4-2-3, sembrano in difficoltà ora che gli Aztecs hanno riorganizzato il proprio schema difensivo.”

“Andiamo, imbecille, passala! Noxton è libero, passa quella dannata palla!”

“Ottima azione di Kutov, che intercetta il lancio di Delcourt e porta i Glasgow Rockets all’attacco…”

“Magari non quando arriva l’attaccante… No ma dico, cosa fanno i difensori, dormono? Hey, sveglia, stanno per andare in porta!”

“Goal! Kutov segna per i Rockets, portando il punteggio a 4-2-4 e segnando la fine della partita!”

“Che squadra di rincretiniti”, borbotto seppellendomi sotto un cuscino. Dall’unica poltroncina sopravvissuta allo scontro con i licantropi, Eva se la sta ridendo di gusto.

“Oh, andiamo, cosa pensavi? Che i Blazers avrebbero vinto il match? Il risultato lo sapevi già...”

“Con quello che li pagano, sì. Avrei giocato meglio io.”

“Sport singolare”, commenta Sam, seduto sul pavimento con me. “Tre squadre che giocano insieme…”

“Quello non era giocare. Quello era girare in tondo sul campo”, mi lamento. “Non sono riusciti a portare a casa sei punti nemmeno stavolta.”

“Sì ma ripeto, il risultato avresti dovuto saperlo. Hanno giocato una settimana fa.”

“Ho evitato apposta la sezione sportiva dell’ologiornale. Forse se l’avessi saputo prima non avrei perso quaranta minuti per niente.”

“Bisogna saper perdere”, commenta con aria saputa.

“Sì, ma la squadra dovrebbe anche saper vincere. Quest’anno la finale ce la sogniamo.”

“Magari la prossima volta le cose cambieranno.”

“E devo aspettare due mesi per scoprirlo… sicura che fosse l’ultima partita che ci hanno mandato?”

“Vi hanno mandato?”, chiede Sam.

“Era una partita in differita. Quelle buonanime dei nostri superiori si preoccupano di non farci annoiare troppo in missione”, gli spiego. “Allora, cosa ne pensi dell’Honi?”

“Penso che è arrivato Seth”, risponde alzandosi. “Resterà con voi fino a stanotte.”

Il telecomando cigola in maniera poco rassicurante quando inconsciamente stringo la presa.

Moccioso. Quindici anni. Non è assolutamente il caso di abbassarsi al suo livello. Respira.

“D’accordo”, Eva si alza anche lei per accompagnarlo alla porta. “E’ stato un piacere, Sam”, sorride ironica.

“Piacere tutto vostro.”

“Alla prossima”, riesco ad articolare, conscio che probabilmente sono appena passato dalla modalità ‘tifoso arrabbiato’ a quella ‘Lurch Addams’.

“Ciao Eva!”, esordisce il rompiscatole con un sorriso a trentadue denti. La manata sulla nuca che gli tira Sam ha tutta la mia approvazione.

“Vedi di non combinare danni, tu…”, borbotta con un mezzo sorriso, passandogli accanto.

“Certo che no!”, risponde senza staccare gli occhi da lei.

Peccato aver sprecato la gamba del tavolo su Paul, prima. I denti di Seth sono un bersaglio molto più invitante… chissà se anche quelli sono resistenti?

Ok. Calma. Autocontrollo. Respira.

Perché accidenti sono geloso? Lei non ricambia. Figuriamoci. Ha sei anni in più, e lo sanno tutti che non si stringono relazioni del genere in missioni temporali.

Certo che se la piantasse di guardarlo sarebbe molto più facile crederci.

“Allora, vuoi entrare o intendi mettere radici lì fuori?”

“Oh… ciao, Matt”, risponde infastidito, come se si fosse accorto di me solo in questo momento.

“Ciao, Seth”, rispondo tra i denti quando entra, sfogando la mia frustrazione sulla maniglia della porta.

Respira.

Non mi è mai capitato di reagire in questo modo. Per motivi così futili, poi.

Non sono motivi futili!

Io… non lo so. Ho il timore che forse lui potrebbe eventualmente essere, magari, ricambiato. Nemmeno i politici ai talk show usano così tanti condizionali.

“Allora… dove vuoi andare oggi?”, le chiede, ancora una volta completamente dimentico di me.

“Credevo fossimo confinati in casa!”, esclama lei con finta innocenza. Cribbio, ragazzo, sei talmente cotto da fare invidia ad uno spezzatino, e te lo sto dicendo io. Ti sta raggirando come niente.

“No, basta che ci sia uno di noi vicino”, risponde con uno dei sorrisi che riserva solo a lei.

“Oh, bene, non ne potevo già più di stare barricata qua dentro. Che ne diresti di andare a Port Angeles a fare un giro nei negozi d’arredamento?”

Annuisce estasiato, come se l’avesse appena invitato a passare un weekend in montagna da soli. Per un breve istante quasi lo compatisco. Quando si tratta di reperire materiale, come dice lei, Eva è maniacale. Quasi. In amore e in guerra, tutto è lecito.

Imbambolato così mi ricorda quei cagnolini con le teste a molla... quelli che li schiacci e cominciano a dondolare allegri per mezz'ora.

“E come ci arriviamo a Port Angeles, genio?”, gli chiedo smontando la sua espressione felice.

“Non avete la macchina?”

“E’ guasta.”

“Ah.”

Resta pensoso qualche secondo, per poi tornare alla carica.

“Posso portarti io!”

Ovviamente, può portare Eva, lui. Io invece devo restare qui a prendere polvere, a quanto pare.

“Prego?”, domanda Eva scettica.

“Posso trasformarmi e portarti in groppa fino a Port Angeles! Lì poi pot…”

“Ed io, genio?”

Si volta nuovamente a considerarmi con la stessa espressione che riserverebbe ad un impaccio di poco conto.

“Beh…”

“No, prego, andate pure. Mi godrò un pomeriggio di solitudine standomene per i fatti miei.”

Sembra illuminarsi un attimo, prima di spegnersi definitivamente.

“Oh”, mugola deluso. “Non penso che Sam approverebbe… mi dispiace.”

Certo che non approverebbe, imbecille.

Stupido moccioso irriverente.
 

- - -

 
No!

Mi alzo di scatto dal letto, ansante, imbestialito e a dir poco terrorizzato, cercando disperatamente di riprendere il controllo, di dimenticare le immagini che vorticano ancora davanti ai miei occhi.

Ok, calma, non è nulla. Non è nulla. Non è nulla?

Bot, eseguire diagnostiche dei sistemi principali.

Attendere. Diagnostica in corso…

Calma. Controllo. Rilassati.

Diagnostica conclusa. Tutti gli impianti sono operativi.

E allora… come si spiega quello che ho fatto prima di svegliarmi così bruscamente?

Attendere. Ricerca definizione appropriata… Ricerca terminata. Definizione comune: sogno.

Sognavo?

L’ansia torna ad assalirmi. Sono malato. Io non posso sognare.

Negativo. Tutti gli impianti sono operativi.

Ma io non posso sognare!

L’ultima azione compiuta da questa unità è stata la rielaborazione di ricordi al fine di creare uno scenario plausibile per il futuro. L’azione ha causato uno squilibrio nei livelli di C19H28O2. Ciò ha interferito con la corretta elaborazione dello scenario.

E’ orribile avere una voce nella testa e non poterla zittire.Comunque avevo ragione io, c’è stato un conflitto di funzionalità.

Affermativo. L’elaborazione dello scenario è stata influenzata da fattori emotivi indipendenti dal controllo di questa unità.

Ecco spiegato il sogno. Non un sogno qualsiasi.

Ho sognato lei.

Sposto bruscamente le coperte, infilo le ciabatte e mi trascino in bagno per lavarmi la faccia, il più silenziosamente possibile in modo da non disturbarla, dato che sta ancora dormendo.

Mi sento a pezzi, come se avessi fatto chissà quale fatica. Beh, insomma, senza dubbio è stato stancante, ma… oh, lasciamo perdere.

L’acqua gelida aiuta a farmi riacquistare un poco di lucidità, quel poco che posso sperare di avere alle sei di mattina. Abbastanza per permettermi di fare chiarezza nei ricordi. Allora c’era lei e poi…

Digrigno i denti.

E poi quel moccioso che deve sempre rovinare tutto. Adesso me lo sogno anche di notte… bella roba, davvero. Non basta pensarci tutto il giorno, mi viene sbattuto davanti persino quando dormo.

Lui la guarda come Sam guarda Emily, come Jared guarda Kim.

Sbuffo ancora, cercando inutilmente di calmarmi. Non credo riuscirei a riaddormentarmi, quindi mi sposto in salotto e mi siedo alla pianola, regolandola al minimo e cominciando a cantare in un sussurro. Dopotutto gli psicologi avevano ragione… suonare uno strumento aiuta parecchio.

“I dream of rain, eley-elee…
I dream of gardens in the desert sand,
I wake in vain, eley-elee…
I dream of love as time runs through my hand…”


Credo di essere arrivato ad uno stadio preoccupante. Quella per Eva non è più attrazione… sta diventando sempre più un’ossessione. Non riesco a non pensare a lei, in qualsiasi momento della giornata, non riesco a fare a meno di lei. Lei invece sembra cavarsela benissimo senza di me.

“I dream of fire, eley-elee…
Those dreams are tied to a horse that will never tire
And in the flames, eley-elee…
Her shadows play in the shape of a man's desire”


Avrei dovuto sognare Vivianne, no? Sarebbe stato più… giusto. Invece no, Eva. Mi chiama a sé in un modo che Vivianne non ha mai saputo fare. E’ un… un qualcosa di completamente nuovo, ecco. Sensazioni mai provate.

O forse sì?

Poco importa. Per un gentile regalo dell’Alleanza non ricordo nulla della mia vita da umano, quindi è inutile scervellarsi su questo punto.

“This desert rose, eley-elee…
Each of her veils, a secret promise,
This desert flower, eley-elee…
No s
weet perfume ever tortured me more than this!”

Io sono attratto da lei, lei non è attratta da me. Fine. La situazione sembrerebbe abbastanza semplice, la risposta più razionale sarebbe spostare la mia attenzione su qualcuna più facilmente raggiungibile.
Bello. Mi ha detto no… basta, fine, giro l’interruttore Eva su off. Tanti saluti a casa, si tira avanti come se niente fosse, ed avanti la prossima. Disgraziatamente, quello che mi spinge verso Eva sembra essere completamente fuori del mio controllo. E visto che non posso averla nella vita reale, allora nel sogno io e lei…

Oh.

E’… è… imbarazzante, ecco. Censuriamo.
Però ero felice, questo me lo ricordo.

“And as she turns, eley-elee…
This way she moves in the logic of all my dreams,
This fire burns, eley-elee…
I realize that nothing's as it seems.”


Poi non ero più io, ma Seth. Incubo. Quello osava…
Ah, sorvoliamo anche qui, che è meglio.

Quello che mi fa stare peggio è che Eva era…

Sono talmente nervoso che sbaglio le note successive, troncando di netto la canzone.

Il peggio è che Eva era felice. Felice fra le braccia di quel moccioso quindicenne.

La rabbia ha il sopravvento. La rabbia cieca, quella che ti sale alla testa e non ti lascia più, quella che ti fa venire voglia di fare a pugni per i motivi più inutili, quella che senti come una seconda coscienza, che annulla i tuoi pensieri per tramutarli in istinti primordiali. Violenza, dolore, sangue, come se potessero davvero servire a qualcosa.

Aria. Mi serve aria.

Esco di casa, inspirando profondamente nella speranza che il gelo mattutino possa aiutarmi a riprendere il controllo. Per una volta non sta piovendo.

Non so, non capisco. Mi sto comportando in maniera irrazionale. Assurda, persino per i miei standard.

Ed ho paura.

Paura che quella di Seth sia ben più di una cotta momentanea. Sam e Jared… entrambi sono felicemente fidanzati. Non posso fare a meno di immaginarmi anche lui con una ragazza accanto. Una presa a caso, eh. Che magari ricambia pure.
Non ci voglio nemmeno pensare.

Direi che la diagnosi è semplice: sono innamorato, no? Quindi il mio più grande desiderio dovrebbe essere che lei sia felice.

Certo, assolutamente. E’ questo quello che voglio. Però con me, grazie tante, non con un altro.

Non con Seth.

Devo fare qualcosa, qualsiasi cosa che mi possa tenere occupato. Mi incammino verso la spiaggia, con le mani saldamente infilate sotto le ascelle. Una passeggiata alle sei di mattina con la temperatura prossima allo zero e nient’altro indosso se non la tuta - pigiama non è l’idea migliore che mi potesse venire, credo, ma non mi va di tornare in casa solo perché fa freddo. Non mi va di fare nulla.

Beh, a dire il vero mi andrebbe di prendere a badilate Seth.

Insomma, perché le cose devono essere così difficili? Doveva essere per forza Eva? Hey, tu lassù, sì, dico proprio a te! Costava troppo far fare un corso di mira a Cupido?

Un ringhio proveniente dal bosco mi riporta bruscamente ad una realtà in cui dal mio rapporto con lei non dipendono le sorti del mondo.

“Oh, che cavolo, sto solo andando alla spiaggia!”, brontolo rivolto agli alberi.

Il lupo dal pelo marrone che si fa lentamente avanti a tagliarmi la strada non sembra voler liquidare la faccenda così alla svelta.

Identificazione positiva. Unità Fenrir-03.

Grazie, bot, ma non mi serve adesso.

“Paul?”, domando. Il licantropo scuote la testa.

“Embry?”

Altro cenno di diniego.

“Jared?”

Stavolta muove il capo su e giù, prima di allungarsi in direzione della casa, quasi a volermi intimare di tornare dentro.

“Ma anche no”, mi rifiuto.

Scopre i denti, ringhiando ancora.

“Piantala, non ho intenzione di fare dietrofront. Non credo che succederà un disastro se mi lasci dieci minuti per i fatti miei.”

Non accenna a lasciarmi passare. Accidenti a Sam e alla sua idea di ‘sorvegliati a vista’.
Cerco di girargli intorno per poterlo sorpassare, ma vengo bloccato da una zampa sul petto.

“Dai, cosa ti costa!”

Mi indica ancora una volta la casa.

“E va bene, hai vinto”, sbuffo voltandomi e tornando sui miei passi. Lui trotterella al mio fianco, accompagnandomi fino alla porta, per poi fissarmi con aspettativa, probabilmente attendendo che torni dentro.

“No, Jared, ti ho già detto che non voglio rientrare. Io resto fuori, se vuoi stare qua con me…”

Incredibilmente si accoccola per terra e sbuffa rumorosamente, continuando a fissarmi. Non ha intenzione di sloggiare.
Mi siedo accanto a lui, ignorando il suo ringhio di protesta.

“Sei caldo, sai? Quasi meglio di un termoregolatore.”

Alza gli occhi al cielo ed appoggia la testa sul terreno, probabilmente aspettando la fine del suo turno di guardia. Chissà a cosa sta pensando.

Bah, la domanda non è così difficile. Nove su dieci a Kim, così come io sto pensando ad Eva. Con la piccola differenza che anche Kim lo starà pensando/sognando, mentre Eva… lasciamo perdere.
Com’è ingiusto il mondo.

Ottima scoperta, ragazzo. Adesso che ne dici di fare qualcosa di utile al suddetto mondo, invece di startene qua a lamentarti come una quattordicenne alla prima cotta?
Più tardi, magari.

Mi rannicchio fino a toccare le ginocchia con la fronte. Non devo pensare, non devo pensare…

Eva.

Ecco, appunto.
   
 
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