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Autore: KrisPattz    14/01/2011    3 recensioni
La osservava.
La guardava camminare, attenta ad evitare le numerose pozzanghere che affollavano i marciapiedi di Londra. La osservava, come tutte le mattine.
Non le si era mai avvicinato, ma lo sapeva: era lei.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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The Dark Side of the Moon

 

 

 

La osservava.

La guardava camminare, attenta ad evitare le numerose pozzanghere che affollavano i marciapiedi di Londra. La osservava, come tutte le mattine.

Non le si era mai avvicinato, ma lo sapeva: era lei.

Anche a metri di distanza la sentiva sbuffare, inevitabile. Con il suo udito sopraffino sentiva tutto: la canzone che usciva dalla radio della macchina che stava passando; il pianto di un bambino che abitava nel condominio sovrastante; lo squillo di un cellulare dall'altro lato della strada. Sentiva i passi delicati di Bella che battevano sul marciapiede. L'unica cosa che non sentiva erano i suoi pensieri. La sua mente gli era completamente estranea, non una voce usciva da quella testa. La lettura nel pensiero era un dono inutile per coloro che, come lui, non avevano molti rapporti sociali. I pensieri umani, però, lo distraevano dallo scorrere del tempo, gli rendevano la vita meno noiosa. Erano molte le volte che si fermava ad ascoltare gli insulsi problemi amorosi di una ragazzina, o i pensieri impuri di una qualsiasi donna che lo notava. Dopotutto, quando non c'era nulla da fare, quello era per lui un passatempo, come guardare una soap opera.

Prima di trovare lei, non aveva mai incontrato nessuno immune al suo potere. E questo gli confermava sopra ogni altra cosa la sua teoria: era lei.

Non le si era mai avvicinato: sapeva che non avrebbe potuto farlo, sapeva che l'odore del suo sangue l'avrebbe colpito come una lama alla gola, gli avrebbe fatto bruciare le vie respiratorie. Sarebbe stato irresistibile più di ogni altro odore umano che sentiva nei dintorni. E questo con una sola spiegazione: era lei.

Ma non era solo il sangue a bloccarlo dall'avvicinarsi. Aveva paura di ciò che avrebbe pensato notando i suoi occhi dorati. Non erano rossi, fortunatamente. Il sangue animale li rendeva più chiari e meno aggressivi. Ma lei avrebbe sentito comunque la sua pelle fredda e dura come il marmo, avrebbe notato il suo candore pallido. Ma ciò era inevitabile se eri un vampiro: gli occhi rossi, la pelle bianca e ghiacciata erano caratteristiche appartenenti alla sua natura.

Ecco cos'era. Ecco qual'era il mostro con il quale avrebbe avuto a che fare per il resto della sua esistenza: l'eternità. Costretto a vivere per sempre in un corpo di eterno ventenne, con un'anima dannata.

Riportò la sua attenzione su Bella: anche oggi era bellissima. La pelle chiara, quasi diafana, era in contrasto con i suoi occhi scuri, color cioccolato, profondi. I suoi boccoli mogano, ora coperti da un cappuccio, le ricadevano lunghi sulle spalle. Le labbra carnose ed il viso a forma di cuore la rendevano semplicemente perfetta.

Inutile negarlo: era lei. Era la sua cantante, la sua musa. Il suo sangue cantava per lui: così caldo e invitante scorreva nelle sue vene.

Non avrebbe potuto avvicinarsi: la sua resistenza era troppo debole. Certo, sarebbe stato sufficiente affondare i denti in quel collo fragile e avrebbe messo fine alle sue preoccupazioni. Ma non avrebbe potuto privarla della sua stessa vita. Non avrebbe sopportato vederla inerme tra le sue braccia, gli occhi chiusi, immobile. Allora si limitava a sorvegliarla. E da lontano la seguiva per le strade della capitale inglese, come ogni mattina.

 

* * *

 

Pioveva a dirotto quella sera. Come evitarlo. L'ottanta percento dell'anno era costituito da giornate piovose a Londra. Ma era abituata. A Forks pioveva 360 giorni su 365, il solo si vedeva raramente e la neve era protagonista di tutti gli inverni. La cittadina si era così conquistata il primato come paese più piovoso di tutti gli Stati Uniti. Odiava la pioggia., ma in quel momento non gliene importava nulla.

Era ferma. Seduta su una panchina di Hyde Park ad attenderlo. Sapeva che sarebbe passato. Ogni sera, mentre lei aspettava l'autobus, lui le passava davanti. Si, un po' aveva paura. Paura che fosse un maniaco, un malintenzionato. Ma la curiosità la logorava.

Eccolo, lo vedeva. Non faceva rumore; come sempre si muoveva silenzioso per le strade della metropoli. Il suo cuore cominciò a battere, forte, fortissimo. Ogni volta che incontrava quegli occhi dorati la prendeva una specie di tachicardia incontrollabile. Si schiarì la gola mentre lui ancora si avvicinava. Le sarebbe passato davanti come ogni sera e l'avrebbe guardata con il suo solito sguardo penetrante. Fece due respiri profondi. Eccolo, era davanti a lei.

« Cosa vuoi da me? »

Le parole le erano uscite come un sussurro, ma a lei sembrava di averle urlate. Tuttavia era certa che lui l'avesse sentita perchè si blocco e si voltò verso di lei.

Non credeva che la ragazza si fosse mai accorta dei suoi inseguimenti, ma a quanto pare si sbagliava. Poteva sentire i suoi sospiri profondi, il battito del suo cuore forte e veloce. Ma non i suoi pensieri. In quel momento avrebbe fatto di tutto per sapere cosa si aggirasse in quella mente.

La pioggia batteva insistente su di loro, ormai fradici.

Dal canto suo Bella aspettava ancora una risposta. Lo osservava. La pioggia non sembrava dargli alcun fastidio. Era sicura che non fosse un comune essere mortale. Troppo pallido, troppo silenzioso, troppo misterioso, troppo...bello. Durante i viaggi in autobus si era soffermata ad osservarlo, credendo di non essere vista. Oltre alla pelle praticamente bianca, anche gli occhi dorati erano fuori dal comune. Non aveva mai visto un ragazzo così affascinante nei suoi diciannove anni di vita. I capelli ramati facevano da cornice a quel volto da angelo: naso diritto e sottile, mascella squadrata, labbra perfette. Ed era sicura che, sotto il cappotto che lo ricopriva, anche il suo fisico non fosse niente male.

Non era esperta in campo di uomini. Jake, la sua unica storia, l'aveva lasciata quando lei da Forks si era trasferita a Londra per proseguire gli studi universitari. La sua città natale non le mancava. Aveva sempre detestato quel paese dove il fatto più eclatante era il ballo studentesco del liceo. Le sue poche conoscenze erano quei maschioni di La Push che crescevano tra falò sulla spiaggia e tuffi dalle scogliere. Jake era stato il suo unico vero amico, ma ora anche il rapporto con lui era a pezzi. Per questo aveva deciso di partire e lasciarsi tutto alle spalle.

Aveva sempre avuto un debole per l'Europa e soprattutto per l'Inghilterra; perciò aveva fatto domanda ad una delle più prestigiose università londinesi. Suo padre, inizialmente restio, le aveva dato il permesso di partire, mentre sua madre era troppo impegnata a godersi la luna di miele con il suo nuovo marito Phil per preoccuparsi del trasferimento di sua figlia. Si era trovata dunque da sola ad affrontare quella grande, bellissima città europea. Non aveva amici, né conoscenze. L'unica con cui avesse affrontato un discorso più lungo di 15 minuti era stata Angela, la proprietaria dell'appartamento che aveva preso in affitto a Soho. Aveva difficoltà a rapportarsi con il prossimo, era timida e non molto loquace.

Solo dopo molte settimane dall'inizio delle lezioni, aveva fatto caso a quell'uomo che l'attendeva tutti i giorni seduto su una panchina davanti l'uscio di casa. Ogni mattina si alzava e la seguiva, prendendo insieme a lei lo stesso autobus. Anche lì la fissava. Scompariva all'entrata dell'università per ricomparire poi al termine delle lezioni, quando Bella tornava alla fermata del bus. Proprio come in quel momento.

«Pochi» lui interruppe i suoi pensieri. La sua voce roca, calda, profonda celava un perfetto accento inglese in contrasto con quello americano di lei. Quella voce la fece tremare: mai aveva sentito un tono tanto provocante. «Pochi» continuò «hanno avuto la fortuna, come me, di incontrare la propria cantante».

Avrebbe dovuto capire? Quelle parole non avevano alcun significato per Bella. Aveva parlato di una 'cantante' e a quanto pareva si riferiva proprio a lei. Per quanto la riguardava non era mai stata portata per il canto né per la musica in generale. Ma non era questo che lui intendeva.

Edward la guardava. Studiava le sue reazioni: cosa avrebbe potuto dire una semplice umana, che ignorava persino l'esistenza dei vampiri?

«Io...credo che tu abbia sbagliato persona» disse lei, con quella voce bassa, tenue. Ai suoi occhi sembrava così delicata, fragile. Non avrebbe mai potuto prenderla, abbracciarla. La forza delle sue braccia l'avrebbe come minimo frantumata; lei con lui si sarebbe fatta del male. Per questo aveva sbagliato a fermarsi quando lei le aveva rivolto la parola: non avrebbe dovuto avvicinarsi.

Alle parole della ragazza Edward emise un ghigno: povera, ingenua umana. Come poteva lui sbagliarsi? Come poteva ignorare quel dolce, invitante liquido che scorreva nelle sue vene?

Bella intanto lo guardava sorridere leggermente. Era forse ridicola?

Si alzò lentamente, come se ad un minimo movimento brusco egli potesse scomparire.

Erano uno di fronte all'altra, i loro corpi separati da pochi centimetri. Lui si era bloccato, l'odore di lei fin troppo attraente. Lei lo scrutava in quelle pozze dorate. L'autobus era ormai passato e aveva ripreso la sua corsa senza di lei. Il suo sguardo si spostò su quelle labbra: tanto rosse, in contrasto con la candida carnagione. Ebbe voglia di sfiorarle, prenderle tra le sue. Si avvicinò, lentamente, gli occhi fissi su quella parte del viso. Il contatto delle labbra che ne seguì fu tanto intenso quanto breve.

Una folata di vento la costrinse a retrocedere e chiudere gli occhi. Li riaprì: lui non c'era più.

 

Guardò a destra, sinistra: scomparso. Sentì una mano spostarle i capelli, dei denti affondare nel collo scoperto.

Poi, il buio.*

 

 

* * *

 

Si svegliò di soprassalto, forse urlando. Era nel suo appartamento, a Soho. Come ci era arrivata? L'aveva sognato? No, di questo ne era certa. Sentiva il cuore battere nel petto, contro le costole, come se volesse uscire. Aveva il fiatone.

Accese la luce, si alzò, inciampando tra le coperte e corse in bagno, allo specchio. Aveva sentito quei denti affondare nella sua carne, proprio dove ora, guardandosi, non vedeva nulla. Eppure il ricordo dell'incontro era nitido, vivo nella sua mente. Tornò in camera, guardò la sveglia. Le 6:52. l'autobus sarebbe passato di lì a mezz'ora. Sarebbe andata. L'avrebbe rivisto.

Non badò a ciò che si mise: l'immagine dell'uomo stampata in testa. Quando si trovò di fronte all'uscio di casa, sul punto di aprire la porta per uscire, ebbe paura.

E se non ci fosse stato? Se non l'avesse più rivisto? Se lui non l'avesse più seguita? Se fosse stato tutto un fottutissimo sogno?

Era partita certa che ci fosse stato, ma ciò non era del tutto scontato: lei non sapeva chi fosse, cosa fosse, e cosa volesse. Non poteva essere certa di vederlo, lì. Aprì la porta, scoprendo di essere in ritardo.

Le sue paure erano completamente infondate: lui era lì, seduto sulla panchina, che l'aspettava. Si guardarono. Nessuno dei due era in grado di distogliere lo sguardo. Lui si alzò, lei rimase lì, ferma sul marciapiede. Con la coda dell'occhio notò che aveva qualcosa in mano, ma non seppe spostare lo sguardo dai suoi occhi per capire cosa fosse. Lui si avvicinava, sorridendo. Un sorriso sghembo che le fece bloccare il cuore per un attimo.

«Credo che tu non abbia fatto colazione» Le porse ciò che aveva in mano: un cappuccino, direttamente da Starbucks. Bella alzò un sopracciglio e quando lo prese in mano si accorse di avere una gran fame.

Era forse impazzita? No, era sicuramente impazzita.

Lui la guardava interrogativo, aspettando una sua risposta.

La sera scorsa, dopo averla portata nel suo letto priva di sensi, aveva deciso che l'avrebbe conosciuta, che le avrebbe parlato. Avrebbe sconfitto il mostro che bramava il sangue della ragazza e si sarebbe comportato da comune essere umano. E quando Bella avrebbe scoperto la sua natura, sarebbe stata lei stessa a decidere se rimanere o meno con lui.

Bella lo guardò, capì che qualsiasi cosa lui fosse stato, mai le avrebbe fatto del male, e sorrise. Il pullman che passava dietro di loro catturò per un attimo la sua attenzione: l'aveva perso anche stamattina.

L'università però poteva aspettare.

Riportò lo sguardo su di lui e, insieme, si avviarono verso Piccadilly Circus.

 

 

 

 

 

Rieccoci qui. Che ne pensate?

* La parte in corsivo è effettivamente un sogno di Bella. L'incontro e il breve dialogo sono veri, ma il morso sul collo è solo un sogno.

 

Sperando che vi sia piaciuta vi abbandoniamo :)

Risponderemo a eventuali recensioni nella parte apposita.

Baci

 

Mart&Lucy

 

   
 
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