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Autore: LivingTheDream    14/01/2011    6 recensioni
"Non posso andare avanti così.
Ho avuto tempo di riflettere,da quando ero stato chiuso in quel postaccio.
Ho capito che non ho sbagliato totalmente,che il mio non era uno scopo così assurdo.
Magari i mezzi non erano stati i più adatti,questo si.
Ho capito che non potevo stare lì a piangermi addosso,ma che dovevo reagire.
Ma soprattutto,ho capito che la persona che più stimavo,rispettavo,e,credo,amavo,non è quello che mi ha fatto credere di essere per tutti questi anni."
La prima di tante "X".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa storia FA parte della serie “Pezzi di un Futuro Perduto.”
 

 
Mi giro sul fianco destro,irrequieto in un letto che poi è una branda.
Volgo lo sguardo verso la finestra,che poi sono sbarre,ed osservo la luce della luna,che poi è quella del sole.
Mi strofino gli occhi,cercando di far passare quelle sottospecie di allucinazioni.

È la terza volta questa settimana.
Non posso andare avanti così.
 
Ho avuto tempo di riflettere,da quando ero stato chiuso in quel postaccio.
Ho capito che non ho sbagliato totalmente,che il mio non era uno scopo così assurdo.
Magari i mezzi non erano stati i più adatti,questo si.
Ho capito che non potevo stare lì a piangermi addosso,ma che dovevo reagire.
Ma soprattutto,ho capito che la persona che più stimavo,rispettavo,e,credo,amavo,non è quello che mi ha fatto credere di essere per tutti questi anni.
 
Alzo lo sguardo,agli strati di muffa che impregnano il soffitto,alle crepe,alla polvere,all'abbandono di quel posto.
All'abbandono della mia mente e della mia anima.
Credo sia Estate,fuori.
Secondo i miei calcoli,si.
 
Prendo delle foto dal cassetto dell'unico mobile ancora integro,in quel cubo di cemento.
Ci sono io,con i miei genitori natuali. Io,con i miei genitori adottivi.
Se mi vedessero così,in questo stato...
 
Mi avvicino allo specchio: ormai ho più che un'ombra di barba,sul mento,ma non me ne curo più di tanto.
Chi vuoi che venga a farmi visita?
 
Mentre poso quei foglietti,ne scivola un'altro dalla tasca di una mia vecchia giacca.
È un'altra foto.
Un uomo,alto,bello,composto ed elegante.
Un vero gentiluomo.
O almeno quello che facva credere agli altri. Ed anche a me.
Lui non aveva fatto altro che farmi credere di essere sempre lo stesso di quando mi aveva salvato dall'incidente.
Invece no.
Tante smancerie,tante sciocchezze,raccontate con dolcezza ad un cretino come me.
“Verrò a farti visita,spesso,non sentirai mai la mia mancanza!”.
 
Ed invece eccomi,con un gessetto in mano,che aggiungo un'altra tacca candida e farinosa sul muro,nero ed impenetrabile.
Alzo il gesso dalla parete,e dò un'occhiata al grafico: la mia mente razionale e logica,fino a quel momento,aveva ordinato i segni in file ben precise,così che sarebbe stato più facile contare quanti giorni erano passati. Praticamente più di quattro mesi.
Ma il segno appena messo è storto,fuori dagli schemi. Non è come gli altri.
 
Lancio il gesso a terra,e,lanciando un ruggito di rabbia,dò un pugno al muro,rimanendo con la guancia a contatto con la polvere scura di quella parete.
La mia pelle secca e rovinata,ad un tratto trova sollievo: dell'acqua,o meglio,delle lacrime,si formano e si sciolgono sulle mio viso,idratando quella pelle maltrattata ed ignorata.
Singhiozzo,scivolando sul pavimento.
Alzo di nuovo lo sguardo a quella tacca,segno che la mia mente non è più la stessa.
 
Rimango lì per un tempo interminabile,sentendo le lacrime scorrermi lentamente,ed inesorabilmente,giù,per il mento.
Poi le sento accartocciarsi sul mento,e cadere,sparendo tra le crepe del pavimento.
 
Quando finalmente riesco ad alzarmi,mi asciugo con la manica e vado verso l'angolo della cella contenente gli attrezzi:
pesi,una panca,un sacco. Sono poca roba,ma bastano al mio scopo.
Non ho mai amato i fisici scolpiti,sono sempre stato molto minuto e magro,ma in quel momento l'esercizio è la mia unica valvola di sfogo.
 
Sfilo la maglietta,rimanendo con la cannottiera,e torno vicino allo specchio.
Non mi piacciono le braccia così...grosse! Devo trovare un modo di camuffarle.
E così,un peso dopo l'altro,abbandono la logica per dedicarmi alla forza.
 
I pensieri,però,non mi abbandonano. Sono crudeli,sono bastardi.
Un peso dopo l'altro,tornano a galla,inesorabilmente.
 
“Sono io, Luke. Luke Triton”
“Lui è...il futuro me?"
“Ciò che le propongo è una sfida d'ingegno!"
“Ottimo lavoro,Luke Grande!”
“Qui qualcuno ha escogitato un piano più terribile del tuo. Ancora più terribile, Dimitri. E quella persona è lui!"
 
...Clive!”
 
Scuoto la testa,via,pensieri!
Non siete i benvenuti!
 
Ma rimbombano peggio dei gemiti che lancio,ad ogni peso che sollevo.
Ad un certo punto si affaccia anche la guardia,ma la fulmino con lo sguardo,e si dilegua in un attimo.
 
-Pft...fifone!- rido,amaro.
 
Dopo poco lascio gli atttrezzi,e,asciugandomi il sudore,mi dirigo alla mia scrivania improvvisata: l'ho creata dalla branda dell'altro carcerato,che è andato via dopo un paio di settimane di convivenza.
Quell'idiota diceva che io sono pazzo,e che ho una mente diabolica.
Solo perchè non accettavo ancora la sconfitta,e mi buttavo sugli enigmi.
Diceva che lo spaventavo.
Chissà se ha ancora paura,e se il naso ha smesso di sanguinare. Probabilmente,però,la cicatrice sulla guancia gli è rimasta. 
Gli ho fatto proprio male. 
Al pensiero della sua espressione terrorizzata,scoppio a ridere. Qui mi faccio credere quasi pazzo.
Meglio farsi odiare,che amare,in questo posto.
Qui mi temono,oltre ad essere forte,sono anche furbo.
Molto più di loro,che sono qui.
Si,lo so,sono qui anche io,ma per colpa di uno più furbo di me.
 
Ripesco le carte sparpagliate in giro,e dò un'ultima occhiata al mio piano.
Sarebbe stato stanotte.
Finalmente sarei scappato da quella prigione,avrei riavuto aria,libertà,potere...
Vendetta.
 
Semplicemente geniale. Ho studiato per tanto tempo questo posto,e sono pronto a scappare.
Nessuno mi vedrà,nessuno saprà niente.
Sono da solo in cella,nessuno darà l'allarme.
Si sente un po' di solitudine,qui,ma dopo quello che combinai a quel Josh,nessuno vuole dividere la cella con me.
Sorrido,al pensiero del sole sulla pelle,del vento,del dolce sapore della rivincita.
 
Scapperò.
In un altro paese.
In un altro continente.
Passerò a prendere,nella notte,i soldi seppelliti vicino casa mia. Nessuno mi vedrà mai più.
 
“Verrò a farti visita,spesso,non sentirai mai la mia mancanza!”
Un flash.
Mi ritorna alla mente,e,in uno scatto d'ira,quasi rovescio la scrivania. Mi risiedo a terra,ansimando.
Perchè non è mai venuto? Cosa lo ha trattenuto? 
Me lo aveva promesso...
Sento di nuovo gli occhi inumidirsi.
-Sei solo un bambino credulone,Clive!- mi dico,stingendo i pugni. Sento le unghie affondare nella carne,e mi rialzo,scuotendo la testa.
 
Lo avrei trovato.
-Ah,si...ti troverò,Hershel. Stanne certo.-
E,davanti a quell'ingenuo del tuo assistente e a quella buona a nulla di Flora,ti ucciderò.
Con queste mani! Piano,soffrirai come sto facendo io adesso!
Poi loro li lascerò andare.
Dovranno tenere  per sempre,nella mente,la visione del proprio adorato mentore che cade,sotto il peso della vendetta.
Il sangue gli rimarrà lì,negli occhi,fino a portarli al suicidio.
Moriranno per te,come sto facendo io adesso...
 
Ormai il piano è completo,non ci sono più dubbi al riguardo.
Sistemo le ultime cose,poi mi stendo su quella branda,ancora una volta.
-Ah,si...ti troverò,Hershel. Stanne certo.- sussurro,tra me e me,ancora in “tenuta” da esercizio.
 
Mi guardo intorno.
Adesso la branda è una branda,il colore del tramonto è il colore del tramonto,e quelle sbarre sono sempre lì.
L'idea della vendetta sta ristabilendo la mia mente,se ne stanno accorgendo anche qui.
Ormai sono mesi che faccio il bravo,non sto dando noie,e vogliono farmi uscire “per buona condotta”. Ma tanto chi ci crede?
-Bhè,tentar non nuoce. Meglio continuare a comportarmi da bravo bambino.- ridacchio,alzandomi. 
Tanto tra poco sarò libero.
 
-CLIVE! CI SONO VISTE! 
RENDITI DECENTE!- urla il secondino,quasi onorato di annunciare qualcuno.
 
-STAI SCHERZANDO,BILL?
PRENDI IN GIRO CHI NON TI CONOSCE!- ringhio,attraverso le sbarre,non riesco a soffocare le risate. 
 
Mi rigiro,spalle alle sbarre,verso il “calendario” di gesso. Lo sfioro,contando i giorni uno per uno.
 
Rumore di metallo,la cella è stata aperta. Sento Bill ansimare,in pratica,è stata aperta solo tre volte quella porta,esclusa questa: la prima,per farmi entrare:la seconda,per far entrare Josh,e la terza,per farlo uscire. 
Perso in questi pensieri,ridacchio,e mi giro,pulendomi le mani su uno straccetto.
 
Rimango congelato. 
Lì,davanti a me,c'è la mia prima visita.
Bill esce,e ci lascia soli.
-Mi fido di lei,rimanga pure!- dice il secondino all'uomo davanti a me.
 
Sento le sbarre richiudersi.
-Ah...ingenuo Bill...- sussurro,impercettbilmente.
-Il Professor Hershel Layton.
E il suo cane fedele,Luke Triton!- esclamo,quasi orgoglioso di quella situazione,osservando quelli davanti a me.
-EHI!- esclama il piccoletto,non più così piccolo. La voce ormai è quella di un uomo,anche se la faccia è quella di un bambino.
Ridicolo.
-Luke,ragazzo mio,lasciaci soli.
Va bene?- chiede dolcemente Hershel,sorridendo,e il ragazzo si allontana.
Poi l'uomo,trascinando la gamba destra,si siede sulla mia branda.
 
-Perché è qui? Potrei ucciderla,ora.- gli comunico,mentre mi rendo presentabile.Non sembra aver paura.
Non so perché sono imbarazzato dai miei muscoli,così estranei a me,e mi rimetto la maglietta.
Mi lavo la faccia,aspettando una risposta.
-Sono venuto a trovarla,come le avevo promesso.- risponde,ma la voce non è la sua.
È di un uomo sofferente,molto triste,ma sempre gentile e rispettoso.
E poi cos'è questo “lei”?
Poso lo straccio.
 
-Credo che sia un po' tardi,sa?- parto,calmo,poi alzo il tono senza nemmeno accorgermene.
-HO MARCITO IN QUESTA PRIGIONE PER QUATTRO MESI,SE NON DI PIU',ASPETTANDOLA...sa cosa vuol dire?- sbotto,indicando il “calendario”.
-E poi mi dia del tu,io...non sono un gentiluomo!- la voce mi si fa roca,e mi scappa una lacrima.
Lui mi osserva,poi mi fa cenno di avvicnarmi.
Si alza il pantalone,fino al ginocchio,rivelando una cicatrice lunga tutta la gamba.
Impressionante.
-Non sono potuto venire prima,mi spiace! Ho avuto un incidente,con l'auto,e sono stato a letto per...due mesi,credo.
Poi,la riabilitazione.- 
Io non riesco a togliere lo sguardo dalla ferita,ancora violastra in qualche punto,e mi alzo,dandogli le spalle a pugni stretti.
 
Stavo sbagliando tutto.
 
-Ti ho pensato ogni giorno,ero distrutto dal fatto di saperti qui,senza sole,e cibo vero...senza amici.
Figurati che...- ridacchia,con la voce spezzata. -Oggi il medico mi ha detto di restare a casa,eppure,sono qui!
Per te!-
Mi giro,a testa bassa.
-Come ti sei ridotto,ragazzo mio? 
Non sembri nemmeno più tu!- mi sorride,ed io mi lascio cadere vicino a lui.
-Io...io sono un grande cretino.
Questa prigione mi sta facendo impazzire,davvero.
Addirittura...- le lacrime ricominciano a rigarmi il viso. -L'ho odiata.
Volevo ucciderla,una volta uscito di qui.
Io,non sapevo...non immaginavo. Ho anche aggredito un ragazzo,ma lui diceva che...ero pazzo...io non sono pazzo...- le parole mi escono da sole,e stringo sempre di più i pugni.
-Ma...me lo merito...-
-Clive...-
Alzo la testa. O meglio,sono costretto dalla sua mano,che mi alza il mento. Vicini,i nostri sguardi si incrociano.
-...ho una buona notizia!
Durante questi mesi,nonostante tutto,ho parlato con diversi amici,e...ci sono riuscito. Ecco perchè sono venuto di persona!-
-Io...non capisco...cosa...?- chiedo,tirando su con il naso.
Sembro Sono un bambino impaurito. Forse è quello che sono stato finora.

-La libertà vigilata,Clive.
Sarai libero!- la bocca gli si curva in un sorriso,ed io,dopo un attimo di esitazione,mi butto tra le sue braccia,singhiozzando.
-Oh,grazie,Professore,grazie!-
 
-Ci vorranno ancora un paio di mesi,ma stai sicuro che ti verrò a trovare almeno cinque volte alla settimana,ed alla domenica ti porterò un dolce,si?- mi sussurra,con la voce rotta,come un padre. Anche a lui scappa qualche lacrima,e rimaniamo così per qualche minuto.
Mi batte una mano sulla spalla.
-Ogni domenica...non dovrai aspettarmi,sarò qui prima che tu ti accorga della mia assenza!-
 
 
-TEMPO SCADUTO!- urla Bill,dal fondo del corridoio,e il secondino e Luke entrano.
-Ah,vedo che non l'hai picchiato!- osserva l'uomo,e Layton mi guarda,sorridendo.
Luke,stranamente,mi si avvicina dopo essersi scambiato un cenno d'intesa con Hershel.
-Sei proprio uguale a me,lo sai?- mi fa notare,sorridendo,poi mi abbraccia.
È alto quasi quanto me,ed io ricambio facilmente l'abbraccio.
-Verrò anche io a trovarti,te lo prometto.-
 
Li osservo allontanarsi,con gli occhi ancora umidi.
 
Mi ero totalmente sbagliato.
 
Afferro tutte le carte,le strappo fino a farne coriandoli,e li getto nella spazzatura. Mi lavo,mi rado,poi sistemo la stanza.
Ancora due mesi.
 
Mi avvicino al muro,e cancello il segno di oggi. Riprendo il gesso,e,al posto di una tacchetta,disegno una “X”.
Farò così ad ogni visita,d'ora in poi.
Finisco di tracciarla,e rimango un attimo ad osservarla: perfettamente allineata alle altre.
 
La mia vita ricomincia ora,con questa prima di una lunga serie di “X”.
 
 
 
note dell'autrice:
   
 
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