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Autore: samek    14/01/2011    5 recensioni
Una colazione atipica sul TARDIS.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Doctor - 10, Jack Harkness, TARDIS
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Doctor Who

Fandom: Doctor Who.

Pairing: Jack/Ten.

Rating: Pg;

Genere: Romantico.

Warning: Fluff, Missing Moment 3x13 – L’Ultimo Signore del Tempo, Song-Fic, Slash.

Words: 690 (fiumidiparole).

Summary: Una colazione atipica sul TARDIS.

Note: Scritta sulle note di Save the last dance for me” di Michael Bublè, le strofe in corsivo sono tratte dal testo tradotto, per il prompt 1. Palla, preso dalla mia cartella della Maritombola di maridichallenge.

Dedica: A koorime, perché sì <3

 

DISCLAIMER: Purtroppo Jack Harkness e il Dottore non mi appartengono, ed ovviamente a nessuno salterebbe mai in testa di pagarmi per i deliri che scrivo.

 

 

Save the Last Dance for Me

 

Tu puoi danzare ogni ballo con il ragazzo
che ti dà attenzione, permettigli di stringerti forte.
Tu puoi fare ogni sorriso per l'uomo che
stringe la tua mano sotto le luci di candela

 

La visione che il Dottore si trovò davanti, quella mattina, quando raggiunse la sala comandi del TARDIS, era qualcosa a cui nemmeno i suoi novecento anni l’avevano preparato.

Martha Jones dormiva insieme alla sua famiglia nelle stanze più remote della nave, mentre viaggiavano indietro nel tempo. L’aria profumava di caffè caldo e pancake allo sciroppo d’aceri, sulla poltroncina di fronte ai comandi era abbandonato  uno splendido cappotto reduce della seconda guerra mondiale e, con le maniche della camicia rimboccate sugli avambracci, il Capitano Jack Harkness apparecchiava un piccolo tavolo per la colazione, canticchiando ed accennando alcuni passi di danza sulle note di Save the last dance for me”. E… quella che pendeva dall’alto era un palla specchiata? Girava lentamente,  rifrangendo tutto attorno piccoli sfarlii di luce, grazie ai faretti della nave.

Era una scena tanto insolita e bizzarra da strappargli un sorriso, forse anche perché il Capitano aveva davvero una bella voce, oppure perché – dopo l’ultimo anno appena passato – sapeva d’insperata rinascita.

Non aveva nessuna idea di come Jack fosse riuscito ad attuare tutto quello, la sua nave aveva un carattere molto selettivo e quell’uomo era un paradosso vivente. Ma, a ben pensarci, il TARDIS aveva sempre avuto un debole per lui – chi non lo aveva? – inoltre Jack era originario del cinquantunesimo secolo, ci sapeva fare con la tecnologia ed aveva preso familiarità con i comandi fin dalla prima volta che aveva messo piede lì.

«Buongiorno, Dottore» lo accolse questi con un sorriso smagliante. «Vieni qui, avanti. Quando ti ho conosciuto sapevi ballare, fammi vedere che sai fare!» lo esortò e, nonostante le proteste dell’amico, il Capitano riuscì presto a trascinarlo con sé.

Jack si muoveva in modo così fluido da essere un piacere tanto guardarlo quanto condurlo, ed il Dottore si ritrovò a sorridere ancora di più, mentre l’altro uomo piroettava e rideva sommessamente.

Il profumo di quella tipica colazione americana gli solleticò il naso. Sapeva che il Capitano Jack Harkness non era davvero americano, era un’identità rubata, eppure aveva sempre avuto quell’inconfondibile accento.

«Non mi hai mai detto il tuo vero nome» considerò, tenendo strette le sue mani e scostandosi di un passo, prima di attirarlo di nuovo a sé.

«Ti dico il mio se mi dici il tuo»  l’ex-Agente del Tempo sorrise beffardo ad un soffio dal suo viso.

«Touché» concesse lui.

Il tocco di Jack lo faceva rabbrividire, ricordandogli in ogni momento quanto fosse sbagliato e lo spaventava, lo spaventava a morte. Non solo perché il Capitano era qualcosa che non sarebbe dovuto esistere, ma perché era probabilmente l’unica persona nell’universo in grado di stargli accanto per sempre, il solo che non lo avrebbe mai abbandonato.

In quel momento, però, sotto i barbagli di luce della disco ball, con quel profumo buonissimo nell’aria, non voleva pensarci. Era da tanto che non ballava ed era davvero troppo divertente per rinunciarci.

Si pentì di non aver portato mai nessuna delle sue compagne di viaggio a ballare. Magari avrebbe potuto andarci con Martha, dopo aver riportato a casa la sua famiglia. Avrebbero potuto imbucarsi ad una serata di Frank Sinatra – tipo simpatico! – o di Elvis Presley. Che diavolo, forse ci avrebbe portato perfino Jack!

Il Capitano continuava a cantare le parole della canzone ed, alla fine, coinvolse anche il Dottore, mentre volteggiavano attorno al tavolo – da dove lo aveva tirato fuori? – e alla piattaforma rotonda dei comandi. E, davvero, non si aspettava di potersi divertire tanto dopo l’avventura appena vissuta, dopo aver appena perso il Master, dopo essere rimasto di nuovo solo.

«Abbastanza bravo, per te?» domandò il Signore del Tempo, quando concluse con un elegante casquet.

«Molto bravo»¹ decretò lui, ancora appeso al suo collo.

«Lo so!» sorrise con quella lieve arroganza niente affatto immeritata e, quando lo rimise in piedi, l’amico posò morbidamente le labbra sulle sue.

«Jack…» lo ammonì il Dottore accigliandosi.

«Me lo dovevi, ti ho fatto il caffè» lo blandì il Capitano facendogli l’occhiolino.

«Be’…» ponderò lui, mentre lo seguiva al tavolo. «Che ne pensi di Sinatra?» cambiò discorso, mentre in lontananza le voci della famiglia Jones preannunciavano il loro arrivo.

«Tipo simpatico!» esclamò Jack, passandogli il caffè.

«Già!» convenne lui.

«Pensi di spegnerla?» chiese indicando la strobosfera.

«Nah! È carina» approvò il Dottore.

 

Ma non dimenticare chi ti porterà a casa
e in quali braccia ti troverai.
Quindi, tesoro, riserva l’ultimo ballo per me
.

 

FINE.

 

¹. “Molto bravo” è in corsivo perché ho immaginato che Jack lo dicesse in italiano, proprio come il Dottore adora dire “Molto bene!”. Inoltre “bravo” è una parola molto usata anche all’estero.

   
 
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