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Autore: Roxe    15/01/2011    14 recensioni
Il dottore cercò di sostenere quello sguardo più a lungo possibile, rinunciando a chiedersi il perché di quella sfida non verbale, finchè non perse la battaglia ed abbassò gli occhi sulla sua tazza di tè, portandola alla bocca e sorseggiandone qualche goccia, nell’inutile tentativo di sembrare distratto.
- Vuoi sposarmi, John?

[ Pairing: Sherlock/John ] [ Pre-slash, Azione ]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: I personaggi da me trattati appartengono in primis a Sir Arthur Conan Doyle, che ha avuto la grazia d'inventarli alla fine del 1800, in secundis alla BBC ed ai suoi ottimi sceneggiatori che hanno deciso di riadattare l’originale in chiave moderna, in terzis (non so e se esiste) agli attori Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, che hanno dato loro le fattezze e l’interpretazione che mi hanno ispirato questa storia.

NB I fatti narrati in questa storia sono grossomodo coevi a quelli della serie BBC, quindi nonostante la categoria 'slash' e l'introduzione decisamente strong, che potrebbe far pensare diversamente, tra Sherlock Holmes e John Watson non esiste alcun tipo di relazione sentimentale, sessuale o amorosa all'inizio della fic. I loro rapporti sono esattamente quelli che abbiamo visto nella serie TV.

 

 

Deduction I

 

 

TOC TOC

Il secco suono di due nocche ossute che sbattevano sul legno della porta rimbombò lungo le scale, seguito da una voce squillante e soffusa allo stesso tempo, nella quale si avvertiva già una sfumatura d’impazienza.

- Sherlooock! Lo sa che giorno è oggi vero?

Dall’interno dell’appartamento nessuna risposta.
Non che la cosa suscitasse alcuno stupore nella signora Hudson del resto, la quale ogni mese si avvicinava a quella porta conoscendo la sequenza degli avvenimenti con precisione minuziosa, pur senza avere la benché minima capacità deduttiva.

- Lo so che siete ancora in casa! Sarebbe molto cortese da parte vostra evitarmi problemi almeno questo mese!

John Watson fissò il suo coinquilino con aria rassegnata, poggiando la sua tazza di tè ancora fumante sul tavolo ed assaporando ancora per qualche secondo la sensazione delle sue membra intorpidite dal sonno adagiate sulla sedia della cucina, nella segreta e vana speranza che l’interpellato si decidesse a rispondere ai richiami della sua padrona di casa.
Vana speranza senza dubbio.
Sherlock Holmes non mostrò il minimo interesse per le lamentele soffocate che filtravano dalla porta, rimase seduto di fronte a lui, avvolto nella sua comoda vestaglia, le orecchie totalmente imperniabili, sorseggiando il suo tè senza staccare gli occhi dalla pagina di giornale che stava leggendo, come se al mondo non esistessero nient’altro che quel tè e quel giornale.

TOC TOC TOC

Il suono si fece più deciso ed aggressivo.

- Sherlock! Mi sto arrabbiando!

John Watson fece un sospiro, allungò le gambe sotto il tavolo e rilassò la schiena sulla sedia per una manciata di attimi, per poi chinarsi in avanti di colpo, poggiare le mani sul tavolo ed alzarsi con lentezza, pronto a tamponare l’ennesima falla nell’imperfetta vita di un genio.

- Siediti.

La voce di Holmes suonò fredda e priva d’inflessione, come sempre. Non staccò nemmeno per un istante gli occhi dall’articolo che stava leggendo.
Ed ovviamente lo stava leggendo.
Mentre parlava. Mentre ascoltava senza volerle sentire le urla educate della signora Hudson. Mentre intuiva senza sforzo le intenzioni di Watson.
La sua RAM reggeva una quantità di programmi aperti contemporaneamente senza grossi problemi.

- Oh andiamo! Vuoi lasciarla là fuori a strillare tutto il giorno? Tanto dovrai pagarglielo l’affitto prima o poi!

-Certo che dovrò pagarglielo. E voglio pagarglielo.

I suoi occhi attenti e vigili continuavano a restare fissi sul giornale, muovendosi da destra a sinistra velocemente.
- Ciò che non intendo pagarle è il mostruoso aumento che ha deciso d’infliggerci quest’anno senza nessuna concreta ragione.

John tornò a sedersi, corrucciando lievemente le sopracciglia, perfettamente cosciente che Holmes avrebbe comunque colto la sua espressione rassegnata, pur senza staccare gli occhi da quel benedetto giornale.

- L’inflazione c’è per tutti Sherlock, anche per la signora Hudson…

- La signora Hudson prende un affitto più che congruo per l’abitazione che ci offre, non ho nessuna intenzione di pagare un centesimo di più.

- Stai schermando vero? Ci fa pagare una miseria se consideri la zona in cui ci troviamo!

- Sciocchezze. L’altro giorno dal fruttivendolo ho incontrato una donna che-…

TOC TOC TOC

- Dal fruttivendolo?!...

- Sì, dal fruttivendolo. Questa donna mi ha raccontato-…

- Cosa diamine ci facevi tu dal fruttivendolo?!

- Stavo facendo un test sulla quantità d’arsenico che si può ricavare dagli ortaggi coltivati in alcune zone del Sussex, la smetti di fissarti su questioni del tutto irrilevanti? Il punto è che questa donna mi ha detto di pagare solo 478 sterline al mese d’affitto, e abita proprio qui in fondo alla strada.

-Sherlock Holmes! Apra subito questa porta!

- A-arsenico nella verdura?... Dobbiamo comunicarlo alla polizia?...

- Concentrati John. Quattrocentosettantotto sterline! È meno di due quinti di ciò che paga ciascuno di noi per la sua porzione d’appartamento, nonché soltanto tre decimi del tuo misero stipendio di medico del consultorio, che tradotto in modo che tu possa capirlo rende semplicemente un furto ciò che noi dobbiamo sborsare alla signora Hudson ogni mese.

- Ah… aspetta, in fondo alla strada hai detto? Non starai mica parlando della signora Chapman?...

-Non ho nessuna idea di quale sia il suo cognome. Bassa. Capelli biondo cenere schiariti con meches dozzinali. Soprappeso. 26 anni circa. Lieve strabismo all’occhio sinistro. Sposata da poco. Incinta da tre settimane. Ma non lo sa ancora.

-  Sì è la signora Chapman. C’incontriamo spesso quando vado a fare la spesa. È ovvio che paghi pochissimo d’affitto, lei e il marito sono una coppia appena sposata, ed hanno una serie di agevolazioni statali sull’affitto della prima casa.

- E va bene! Continui pure a far finta di non sentire! Ma non si libererà di me tanto facilmente!
Tornerò qui nel pomeriggio e guai a lei se non avrà pronti i soldi!

- VA BENE MRS. HUDSON! ALLE QUATTRO IN PUNTO!

L’urlo potente di Holmes rimbombò per tutta la casa, facendo sobbalzare John Watson sulla sedia, come sempre impreparato ai repentini cambi di rotta del suo imprevedibile coinquilino.

- Quindi mi stai dicendo che due persone solo perché sono sposate pagano una miseria d’affitto, mentre se vivono solo in coabitazione vengono liberamente vessate dai loro padroni di casa?

John cercò di darsi un tono, sollevando la sua tazza di tè ormai tiepido e portandola alle labbra, nel tentativo di non mostrarsi spiazzato dall’improvviso cambio di voce del suo interlocutore, che era passato senza soluzione di continuità da un urlo feroce alla consueta voce bassa e priva di tono.

- P-più o meno è così… sì…

Mentre Watson terminava di pronunciare la sua frase a mezza voce Sherlock abbassò di scatto il giornale, poggiando contemporaneamente la sua tazza di tè sul tavolo con un colpo secco che fece schizzare qualche goccia del liquido scuro sulla tovaglia color ocra. I suoi occhi si fissarono in quelli dell’amico, con un’espressione incredibilmente seria, e rimase immobile per svariati secondi, senza muovere nemmeno un muscolo in tutto il corpo.
Il dottore cercò di sostenere quello sguardo più a lungo possibile, rinunciando a chiedersi il perché di quella sfida non verbale, finchè non perse la battaglia ed abbassò gli occhi sulla sua tazza di tè, portandola alla bocca e sorseggiandone qualche goccia, nell’inutile tentativo di sembrare distratto.

- Vuoi sposarmi, John?

Per qualche ragione fisiologica l’epiglottide è la prima parte del corpo che cessa di funzionare correttamente quando il cervello è sorpreso da un’intensa emozione, e quelle poche gocce di tè che Watson aveva appena ingerito finirono inevitabilmente nel condotto sbagliato, portandolo a tossire furiosamente nel tentativo di espettorare la bevanda calda dai bronchi.
Una sorta di risata mista a tosse uscì dalla sua gola mentre cercava di non farsi soffocare dal tè.

- M-ma che… COUGH!... diavolo!... COUGH!

Tra un accesso di tosse e l’altro riuscì a sollevare lo sguardo verso Sherlock, guardandolo con espressione incredula, senza riuscire a smettere di ridere. E tossire.
Holmes continuava a fissarlo con la stessa espressione, nella stessa identica posizione.

- Sono serio.

- No, non lo sei! COUGH!

Continuando a ridere ed a tossire, John si diede un paio di pugni sul petto nel tentativo di riprendere il controllo del suo apparato respiratorio,  poi tornò a sollevare lo sguardo, aspettandosi che Holmes prendesse parte in qualche modo a quella scenetta ridicola.
Ma i secondi passavano e l’espressione di Sherlock non si era modificata in alcun modo.
Continuava ad osservare le sue goffe manovre perfettamente immobile, stringendo ancora la sua tazza di tè tra le dita.
La risata di Watson si spense lentamente. Soffocata.
Annientata da quello sguardo incomprensibilmente serio che restava fisso su di lui. Senza un movimento. Senza inspirare.
La tosse sparì all’improvviso.
Ma la gola si chiuse di nuovo, questa volta senza l’aiuto del tè.
Continuarono a fissarsi in silenzio per un tempo incalcolabile secondo le normali leggi della fisica.
Holmes cristallizzato in un momento nel tempo che sembrava protrarsi all’infinito.
John con la bocca lievemente socchiusa in un’espressione che si faceva ogni istante più incredula, finché dalla sua gola ancora irritata uscì un fioco suono gutturale involontario, che suonava quasi come una richiesta d’aiuto.

- Ah…

Driiiiiiiiin

Sherlock non mosse un muscolo.
Il telefono nella tasca della sua vestaglia iniziò a vibrare rumorosamente, tagliando il silenzio col suo squillo acuto e penetrante, senza provocare in lui la benché minima reazione.

Driiiiiiiiiin

John si scosse. Come risvegliato da quel suono.
Ma la bocca ancora socchiusa non riuscì ad articolare alcuna parola compiuta, gli occhi spalancati ed increduli fissi di fronte a lui.

Driiiiiiiiin

Holmes si alzò di scatto, spingendo con forza la sedia all’indietro ed allontanandosi dal tavolo a grandi passi, mentre frugava nella tasca alla ricerca del cellulare. Con un solo movimento del polso sollevò il telefono all’altezza del viso e lo aprì portandolo all’orecchio.

- Pronto?

Nessuna inflessione particolare nella voce, se non il fastidio di aver già intuito la ragione della chiamata.

- No.

L’ovvia e pronta risposta.
Qualunque fosse stata la domanda.

- No.

Troppo poco tempo tra un no e l’altro. Era ovvio che non provava il minimo interesse per qualunque cosa stessero dicendo all’altro capo dell’apparecchio.

- Assolutamente no.

La voce sempre bassa, intrisa di un senso di noia crescente che ne alterava impercettibilmente la tonalità.
John osservava la schiena di Sherlock, ascoltando il suono secco della sua voce, incapace di mettere insieme gli ultimi minuti della sua vita senza sentirsi pervaso da un vago senso di vertigine.
Gli capitava assai spesso ultimamente.
Era fin troppo facile lasciarsi improvvisamente sollevare dall’uragano Holmes per essere trasportato in uno dei suoi vorticosi processi mentali, tentando inutilmente di non farsi inghiottire dal vento, fino a quando l’inarrestabile forza centrifuga ti scaraventava fuori dal turbine lanciandoti in aperta campagna come la carcassa di un vecchio furgone.

- Va bene. Ci vediamo lì.

Conclusione atipica per una telefonata iniziata con una sequenza ininterrotta di ben tre no.
Sherlock girò su se stesso chiudendo il telefono con un rapido scatto, tornò nuovamente a sedersi al tavolo della cucina con un movimento brusco e puntò il dito indice verso Watson dall’altra parte del tavolo.

- Non te lo chiederò un’altra volta, John.

Cinque, sei, forse otto secondi.
Il dito puntato sul petto del dottore, appena sotto la bocca dischiusa dallo stupore.
Poi, veloce come si era seduto, Holmes si alzò nuovamente e si diresse a passo rapido verso la sua camera, abbandonando rapidamente vestaglia e pigiama in favore di un abbigliamento diurno.

-Datti una mossa e vestiti! Ci aspettano in centrale tra 20 minuti!

La risposta arrivò dopo svariati secondi, quasi impercettibile anche attraverso la porta spalancata.

- C-come?...

Un sonoro sospiro di rassegnazione uscì dal petto di Sherlock Holmes mentre si sistemava il colletto della camicia.
Scandì le parole una per una, come un insegnante infastidito che tenta di far entrare in testa un concetto semplicissimo al suo scolaro più lento.

- Ho detto… che l’ispettore Lestrade ci aspetta alla centrale. Vuole assolutamente propinarmi uno dei suoi insulsi e noiosi casi per i quali il mio contributo è totalmente e completamente sprecato, nonché superfluo.

Con enorme sforzo John riuscì a mettere insieme una risposta, ripetendola svariate volte tra sé e sé prima di riuscire a focalizzare compiutamente il contesto.

- Perché… l’hai accettato allora?...

- Perché mi servono i soldi per pagare l’affitto, ovviamente.

John Watson rimase immobile a fissare dritto davanti a sé ancora per qualche istante.
Poi si portò le mani al volto, rovesciò la testa all’indietro chiudendo gli occhi, e lasciò scorrere le dita verso il basso, molto lentamente.
Non appena la bocca fu libera dalla presa delle sue stesse mani dalla gola ancora roca uscì un flebile lamento.

- Oh dio…

 

 

 

 

Note:
1.  Il titolo della fic è la traduzione inglese di una frase della canzone Viva l’amor di Paola e Chiara, ovvero ‘voglio crescere nel tuo giardino’. La canzone non mi piace nemmeno granchè, e non sono una fan delle cantanti… >< Però quella frase mi è sempre piaciuta molto, al punto da sembrarmi quasi fuori luogo all’interno di una canzone pop dal testo piuttosto banale come quello.
Quando pubblicherò l’ultimo capitolo magari spiegherò anche meglio il significato che leggo in questa frase (farlo ora significherebbe spoilerare un po’ tutto il senso della storia… :P).

2. La fic è appena all’inizio… anche se è già tutta nella mia testa malata… XD Avevo anche pensato di finirla prima tutta e poi pubblicarla, ma poi ho pensato che probabilmente non sono nemmeno ad un quinto del tutto, il che mi ha fatto riflettere sulla possibilità di dividerla in capitoli, per la sanità mentale dell’eventuale lettore. XD 

3. L’intera scena della ‘proposta di matrimonio’ era apparsa nella mia mente in lingua inglese, ed una parte di me avrebbe voluto lasciarla com’era, visto che suonava meglio, e si adattava ovviamente di più al contesto. Poi però alla fine mi è parso ‘stonato’ lasciare solo quello scambio di battute in lingua ‘originale’ e scrivere tutto il resto in italiano… Anche perché non sarei stata in grado di fare altrimenti, essendo che io in realtà… non so l’inglese affatto! XD Solo che avendo visto l’intera serie in lingua originale mi sono abituata a sentir parlare inglese questi personaggi, e la fantasia lavora di conseguenza.
In ogni caso riporto il dialogo inglese originale così come mi è comparso nel cervello malato, visto che alla fine è stato lo spunto dell’intera fic:
-Would you marry me?
-What… COUGH…the hell! COUGH!...
-I’m serious.
-No, you’re not! COUGH!

4. Tra le varie fic ispirate a questa serie della BBC che ho letto sul sito (tutte molto belle devo dire, al punto di farmi tornare la voglia di scrivere… peggio per voi! XD), ho trovato particolarmente carina quella di Mikaeru, che illustrava anch'essa una proposta di matrimonio 'invertita' rispetto alla mia, tra l'altro in modo davvero intelligente e molto In Character secondo me. Devo qui ammettere di essere in parte debitrice di quella fic, perchè leggendo di sfuggita lo spezzone inserito nella pagina iniziale, dedussi (erroneamente... mica sono Sherlock Holmes io!) che la proposta era di Holmes a Watson, e da lì derivò la mia di idea. In realtà poi la fic e l'idea di Mikaeru erano completamente differenti, anche se altrettanto belle. Ma comunque la ringrazio per avermi ispirato!

5. È davvero un bel po’ di tempo che non scrivevo, quindi sono piuttosto arrugginita, abbiate pietà. :P

 

PS La richiesta dell'affitto da parte di Mrs Hudson, con relativa scarsa puntualità di Holmes nei pagamenti è quasi sicuramente una mia licenza poetica, perchè anche se nella serie BBC non si accenna mai alla questione, Arthur Conan Doyle racconta attraverso Watson che Sherlock Holmes paga una cifra astronomica di affitto alla signora Hudson, ed è questo il motivo per cui lei se lo tiene stretto come inquilino nonostante le sue molteplici stravaganze. Testualmente: "On the other hand, his payments were princely. I have no doubt that the house might have been purchased at the price which Holmes paid for his rooms during the years that I was with him."
Vista l'accuratezza della trasposizione BBC penso che la questione non sarebbe posta in termini diversi se dovesse saltare fuori. Ovviamente la mia era una esigenza di trama. XD

  
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