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Autore: Liy    16/01/2011    5 recensioni
Sarebbe stato forte anche per lei.
Doveva darle un motivo per poter vivere.
Lei doveva vivere. Con lui.
“... Ehi, chiudi gli occhi...”
[Spoiler ep8][BatoBea][Semi-AU]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Battler Ushiromiya, Beatrice Ushiromiya
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Trébuchet
Personaggi: Battler, Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Angst, fluff.
Avvertimenti: One-shot, semi-AU.

Note: Angst necessario post ep8! Ecco che cos'è questa fanfic, in poche parole.
Ho avvertito nell'introduzione ed avveritirò anche qui e ora: QUESTA FANFIC E' UNO SPOILER ENORME SU EP8. Non leggete, se non volete spoilerarvi.

Questa fanfic è ambientata in un presunto futuro in cui Battler e Beato sono fuggiti dall'isola e non è successo tutto ciò che è, invece, successo in ep8 (niente suicidio, drowning scene... dannata nice boat). Vabbeh, leggete e forse capirete.

Disclaimer: Umineko, Battler e Beatrice non mi appartengono... sennò Battler sarebbe riuscito a salvare Beato e sarebbero vissuti felici e contenti... più o meno. ;_;



Trébuchet

 

«Fu una sensazione improvvisa quella che pervase Battler in quel momento.

Sentiva che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, aveva un brutto presentimento.

Era sicuro di essere in salvo ora. Era fuggito da Rokkenjima, dall'esplosione... ed aveva con sé Beatrice. Erano scappati, sopravvissuti insieme.

Eppure, mentre la osservava – aveva lo sguardo lontano, fisso sul profilo dell'isola ormai alle loro spalle – quella sensazione che c'era qualcosa di sbagliato tornò a tormentarlo.

Era sicuro che sarebbero stati felici, ma l'espressione di Beatrice esprimeva solo rammarico e tristezza come se...

“Beato...”

… come se, in verità, non avesse davvero mai voluto lasciare l'isola.

La strega non s'accorse nemmeno che l'aveva chiamata.

Continuava a fissare il profilo di Rokkenjima, la tristezza sempre più evidente in quegli occhi.

E quando lei gli chiese come avrebbe vissuto, quella sensazione di inquietudine tornò a bussare nella mente di Battler, quasi come fosse un campanello d'allarme.

Sarebbe stato forte anche per lei.

Doveva darle un motivo per poter vivere.

Lei doveva vivere. Con lui.

“... Ehi, chiudi gli occhi...”

Quando le labbra di Beatrice toccarono le sue sentì il volto andargli a fuoco, e non resistette: aprì gli occhi di scatto, guadagnando solo un'espressione scocciata ed imbarazzata dalla donna che aveva così vicino.

“Aspetta! Non ti ho detto di aprirli!”

“Che sei, una donna delicata?”

“Non sono una donna delicata!”, la sentì sbuffare, sempre più in imbarazzo, “Non aprirli ancora, non aprirli ancora! Voglio baciarti di nuovo!”

Le labbra della strega si posarono sul suo lobo. Battler sentiva il volto bruciargli sempre di più.

Avrebbe tanto voluto fare l'uomo e prendere l'iniziativa... ma non riuscì. Era come se quella scena, improvvisamente, non la stesse più vivendo in prima persona.

La strega iniziò a ridere. Gli chiese se pensasse che lei era crudele.

“... Sì. La strega peggiore e più crudele.”

E senza accorgersene, qualcosa improvvisamente l'abbandonò.

Fu quando aprì gli occhi che s'accorse cos'era quell'improvviso freddo che aveva sentito: Beatrice non era più lì. Era solo su quella barca.»

 

“... -tler! Battler...!”

Acqua. Bagnato. Non respirava.

La fronte imperlata di sudore e le lacrime lungo il volto.

Qualcuno respirava affannosamente e lo teneva fermo a terra stando a cavalcioni sopra di lui.

… Terra?

No, la terra non era così morbida.

“Battler, svegliati!”

Una sberla.

“SVEGLIATI!”

Aprì gli occhi e scorse la figura che lo aveva appena schiaffeggiato.

Credeva di conoscerla...

“Beato...?”

I suoi occhi s'abituarono presto al buio di quella stanza e, mettendosi a sedere, riuscì a cogliere l'espressione che Beato aveva in volto: preoccupazione.

Abitavano insieme ormai da due anni ed erano sempre stati in grado di capir bene cosa passasse per la testa dell'altro anche solo guardandosi. Capivano subito quando c'era qualcosa che non andava per il verso giusto o quando l'altro stava mentendo – Beatrice, in particolare, aveva sviluppato un'innata abilità nel discernere le sue bugie dalla verità.

“Hai avuto di nuovo un incubo, Battler. Ultimamente accadono troppo spesso.”

Battler sospirò e aiutò Beato a sedersi meglio sulle sue gambe, per poterla guardare negli occhi.

… Occhi così azzurri, come quel mare…

“Battler”, gli accarezzò il volto, avvicinandosi un po', “cosa c'è che non va?”

“I-Io...”, fece una pausa, spostando lo sguardo dalla scollatura di Beato che fungeva quasi da calamita per i suoi occhi, “ho...”

La donna gli prese il volto con entrambe le mani e lo avvicinò al suo, la fronte di lei contro quella di lui e gli occhi di Beatrice fissi in quelli di Battler, un'aura di serietà in loro. Così vicini... e quel momento gli parve tanto un deja vu.

“... Ehi, chiudi gli occhi...”

Lui li chiuse lentamente, incapace di resistere a quella richiesta, e le labbra di lei toccarono le sue gentilmente. Un leggero bacio che placò l'animo di Battler per qualche istante...

“—Ngh!”

… E poi, senza alcun preavviso, sentì la testa esplodergli per il dolore. Si sentì sprofondare nell'acqua; gli facevano male le orecchie e non riusciva a respirare. Si sentiva sempre più soffocare, incapace di tornare in superficie o di annegare e finirla una volta per tutte.

Una mano stretta alla sua... che improvvisamente lo lasciò andare.

“Battler...! Battler!”

Le mani strette intorno al collo, gli occhi sbarrati e la bocca aperta in un vano tentativo d'afferrare un po' d'aria, di aggrapparsi alla barca che galleggiava sopra alla sua testa, avvolta da una luce che gli infondeva sicurezza.
“Battler!”

 

«Tornare a respirare fu doloroso.

La testa esplodeva ed il cuore batteva all'impazzata mentre la disperazione prendeva il sopravvento su di lui.

Doveva tornare da lei. Doveva riportarla lì, farla tornare a respirare...

Ogni secondo era prezioso, lo sapeva, e Battler si sentiva in colpa sprecando quel tempo pensando a cosa fare e a preoccuparsi.

Tuttavia, trattenere il fiato e tornare in acqua gli parve quasi normale e scontato.

Non sarebbe stato in grado di vivere senza di lei. L'avrebbe seguita, ovunque avesse deciso di andare.

La raggiunse velocemente e la strinse sé. Non l'avrebbe più lasciata andare.

Le loro lacrime si mescolarono all'acqua di quel mare crudele che aveva dato loro la speranza di poter scappare e poi, senza alcun preavviso, aveva deciso che non era destino che lasciassero vivi Rokkenjima.

… Sciocco d'un Battler... Sciocco d'un Battler...

Sorrideva. Fra le lacrime, sorrideva.

Se desideri l'inferno, allora cadrò con te.

Se quello è un mondo vuoto, allora sparirò con te.

Chiuse gli occhi e la strinse a sé con tutta la forza che ancora possedeva.

Ma finché non spariremo...

… Tu sei mia...

E insieme caddero all'inferno, stretti l'uno all'altra.»

 

 

Quando si svegliò la mattina successiva, Battler s'accorse di avere il volto rigato dalle lacrime.

Beatrice dormiva stretta a lui con le braccia intorno al suo busto e i lunghi capelli dorati sciolti e scompigliati. Aveva un'espressione calma e serena in volto e quel corpo caldo e morbido così stretto al suo fece solo sorridere Battler. Doveva averla fatta seriamente preoccupare se era arrivata al punto di stare abbracciata a lui per tutta la notte.

Cercò di scendere piano dal letto nella speranza di non svegliare Beato. Voleva lasciarla dormire; se lo meritava un po' di riposo e, inoltre, voleva andare a preparare la colazione per farle una sorpresa.

Tuttavia, non appena si mosse, la donna accanto a lui aprì lentamente gli occhi e strinse con ulteriore forza le braccia attorno a lui. Era ancora mezza addormentata, ma lo fissava negli occhi con grande intensità.

“E-Ehi, buongiorno, Beato.”

Un sorriso, sperando di convincerla che stava bene – perché Battler sapeva che lei di lì a poco glielo avrebbe chiesto in un modo o nell'altro...

“Battler...”

Lei si mise a sedere di scatto e, tirandolo per il colletto del pigiama, gli diede un bacio sulla bocca. Lo fissava ancora. Le labbra premute contro le sue e un'espressione dura in volto.

“Be-Beato!? Che stai facendo!!?”

La afferrò per le spalle, cercando di scostarla da sé.

Lei lo fissava ancora, le braccia ora incrociate e il broncio sul volto ancora gonfio dal sonno.

“Lo... Lo sai che ti puzza l'alito appena svegliata!”

“Sì, perché il tuo profuma, eeeh~”

“No-Non sono io quella che mi è saltata addosso e mi ha baciato!”

“Muu~”, il broncio sul volto di Beatrice si fece, se possibile, ancora più infantile, “volevo solo vedere una cosa...”

“Mh?”

“Stanotte...”, strinse la mani al petto e abbassò lo sguardo, “è successo tutto dopo che ti ho baciato. Hai iniziato ad urlare e ti graffiavi la gola... credevo fosse colpa mia.”

Rimasero in silenzio per qualche secondo – Battler non sapeva cosa dirle – e poi, anche se a bassa voce, la donna tornò a parlare.

“Credevo... fosse colpa mia... mi ha fatta... preoccupare, idiota...”, con la voce rotta dal pianto, continuava a fissare le lenzuola, la frangia che le copriva gli occhi e non permetteva a Battler di vederla bene in volto.

“Beato...”

Acqua. La barca lontana, sopra le loro teste. Un'oscurità profonda sotto di loro, che li attendeva ansiosamente.

I gabbiani piangevano in lontananza.

“Sc-scusa, Beato.”

Battler si sporse verso di lei e l'abbracciò stretta.

Non l'avrebbe mai più lasciata andare. L'avrebbe seguita, ovunque avesse deciso di andare.

Perché, infondo, lo sapeva... che non sarebbe stato in grado di vivere senza di lei.

Avrebbe preferito morire, piuttosto che esser condannato ad una vita in cui lei non era presente.

“Scusami.”

Una rosa dorata brillava debolmente sul fondo di quel mare crudele.

E là si fermò, sopra la piccola scatola per metà coperta dalla sabbia.

 

“P-Prendiamoci una vacanza, Battler... andiamo al mare!”

“No! Niente mare. Andiamo da qualche altra parte. Più in alto. Lontani dall'acqua.”

 

   
 
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