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Autore: Sophie Isabella Nikolaevna    16/01/2011    6 recensioni
Daniel è in ospedale dopo che il colpo della pistola di Fumero l'ha trapassato. Sarà l'ultima notte in cui vedrà Juliàn Carax, il misterioso scrittore dal passato tormentato e su cui aveva tanto indagato.
Genere: Dark, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Ombra della Notte




Ero stato faccia a faccia con la morte e, dopo una partita a scacchi durata sessantaquattro secondi, l'avevo sconfitta. Dopodiché, otto lunghi giorni di incoscenza, durante i quali avevo visitato luoghi lontani e inesistenti, visto il mio futuro e il mio passato. All'alba del nono giorno avevo riaperto gli occhi.

Fu un rumore di passi a svegliarmi, quella notte, nella mia stanza della clinica Corachàn.

Mi guardai intorno, e nel buio intravidi la sagoma di un uomo. Non avevo bisogno di accendere la luce per capire chi fosse: dopo che avevo tanto indagato su di lui e sulla sua vita, mi sembrava di conoscerlo da sempre, anche se in realtà l'avevo visto in faccia per la prima volta solo cinque anni prima - e ne ero stato terrorizzato.
Tentai di chiamarlo, ma non mi uscì alcun suono. Prontamente, lui mi aiutò a bere un bicchere d'acqua, dopo il quale mi sentii subito meglio.
"Daniel", disse con la sua voce roca.
"Sei venuto per dirmi addio", affermai.
"Sono venuto per chiederti di vivere per me. Non ci rivedremo più, Daniel", rispose lui, stringendomi la mano.
"Proprio ora che ci eravamo incontrati!", dissi.
"Ci eravamo incontrati già qualche anno fa".
"Ma io non sapevo che fossi tu. Ho cercato di saperne di più su di te a rischio della mia stessa vita, e ora che finalmente posso parlare con te, vieni per dirmi addio?".
"E' meglio così, Daniel, lo sai anche tu".
Lo sapevo, sì, lo sapevo. Ma non era giusto.
Mi voltai a guardare il soffitto.
"Resta qui almeno per questa notte", dissi a bassa voce, "voglio solo parlare con l'autore del libro di cui ho promesso che avrei avuto cura per tutta la vita".
Lo sentii sospirare.
"Va bene, per questa notte resterò", rispose infine.

La sua mano era ancora stretta nella mia mentre ripercorrevamo il cammino che, a mia insaputa, avevamo condiviso.
"Ti sei spaventato la prima volta in cui mi hai visto, vero?".
"Beh, avevo solo sedici anni", risposi, sentendomi un ipocrita. Come se quella fosse stata una degna giustificazione.
"Già". Il suo tono di voce era quello di una persona che sorrideva, anche se sapevo che lui non ne aveva più la possibilità da molto tempo.
Restammo in silenzio, a riflettere sui nostri momenti condivisi e su tutto quello che ancora non ci eravamo detti e, forse, non avremmo mai detto.
"Sai", ricominciai dopo qualche minuto, rompendo il silenzio, "quando Fumero mi ha sparato e tu sei venuto a soccorrermi, ho visto...".
"Che cosa hai visto?".
"Ho visto il tuo vero volto".
"Io non ho più un vero volto, ormai. Eri in preda al delirio, Daniel. Stavi morendo".
"Ma io l'ho visto, lo giuro... poi, un attimo dopo, è svanito... e sei tornato ad essere Laìn Coubert".
"Mmh. E adesso, chi sono?".
Strinsi più forte la sua mano e improvvisamente mi sembrò di vedere, proiettate sullo schermo nero della notte, delle immagini di fuoco e fiamme. In mezzo all'inferno più caldo e assassino, un uomo, a terra, tentava di muoversi, mentre il fuoco ardeva sul suo corpo.
Poi vidi una giovane Nuria Monfort con l'amore negli occhi, vidi la penna di Victor Hugo, vidi i libri. Tanti, tanti libri. Un ragazzo alto e magro mi puntava contro un fucile. La desolazione dell'abbandono. Il sorriso di un amico. Una cripta. Angoscia, perdita, rimorso, colpa.
Vidi un'angelo dal dolce viso di ragazza, una ragazza morta nel 1919.
Vidi l'amore eterno e sofferto.
Mi chiesi se anche lui, mentre era lì a guardare un punto non ben definito davanti a sé, stava vedendo ciò che i miei occhi avevano visto: il suo viso intatto mentre mi soccorreva, sempre lo stesso volto ma deturpato dal fuoco la notte del nostro primo incontro... le persone della mia vita... Bea...
"Sei Juliàn", risposi, "Juliàn Carax. Laìn Coubert è solo un demone dell'odio".

Improvvisamente mi accorsi che alla finestra iniziava a filtrare una luce azzurrina.
"E' già l'alba?", chiesi sgomento. Non pensavo fosse passato così tanto tempo... possibile che le immagini che avevo visto sulla vita di Juliàn fossero state un sogno?
"Già. E' tempo per me di andare, Daniel".
"Prendi almeno la penna di Victor Hugo. E' tua. E, ti prego, ricomincia a scrivere".
Mi lasciò la mano, che aveva tenuta stretta per tutta la notte, e fece per alzarsi.
"Devo andare".
"Juliàn!".
"Sì?".
Gli riafferrai la mano e alzai il busto a fatica, avvicinandomi a lui. Ricordo la strana sensazione che mi pervase il corpo quando baciai quelle che un tempo erano state le sue labbra, e che ora erano solo pelle dura, distrutta dal fuoco.
"Ti prego, non odiarti mai più così tanto", gli dissi a bassa voce.
Quando gli sfiorai la guancia con la punta di un dito, lui si ritrasse:
"Devo andare. Addio, Daniel. Non ti dimenticherò".
Uscì dalla stanza come vi era entrato qualche ora prima, mentre, portando con sé la marea di sentimenti che mi agitavano, il sonno mi rapiva.













Ok, questa è la mia prima "slash" ed è la mia prima su "L'ombra del Vento", che ho finito di leggere ieri. Inutile dire che Juliàn e Daniel li adoro entrambi, e dopo aver letto la scena di lui e Juliàn di notte in ospedale, ho pensato di, diciamo, rivisitarla in questa chiave. L'ho scritta molto di getto, e rileggendola la trovo un po', per l'appunto, "impusliva"... ma spero che sia piaciuta, e ricordatevi che le recensioni sono sempre graditissime!
Vostra Soph :)




   
 
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