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Autore: Il Saggio Trentstiel    18/01/2011    10 recensioni
Sembra facile, quando certe frasi vengono dette da altri, quando la situazione viene vista dall'esterno.
Sembra facile, quando non si ha stampato in mente lo sguardo triste ma deciso di lei, la sua figura scossa da brividi convulsi, le sue labbra -così perfette, così delicate- che pronunciano quelle parole brevi ed affilate come lame di ghiaccio:
"Non possiamo più stare insieme".

Questa one-shot fa parte della serie "In due" ^_^
DuncanXCourtney
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In due'
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"Non buttarti giù, vivi la tua vita, fattene una ragione".
Sembra facile, quando certe frasi vengono dette da altri, quando la situazione viene vista dall'esterno.
Sembra facile, quando non si ha stampato in mente lo sguardo triste ma deciso di lei, la sua figura scossa da brividi convulsi, le sue labbra -così perfette, così delicate- che pronunciano quelle parole brevi ed affilate come lame di ghiaccio:
"Non possiamo più stare insieme".
Non ho pianto, non mi sono disperato, non mi sono strappato i capelli.
Il mio sguardo sconvolto credo sia bastato a farle capire tutto, senza bisogno di lacrime ed inutili parole.
Ci siamo fissati per qualche istante, quasi completamente immobili, in perfetto silenzio, poi lei si è voltata e se n'è andata, con i lunghi capelli castani -quei capelli morbidi e sempre profumati, in cui affondare il viso dopo aver fatto l'amore- che ondeggiavano ritmicamente, seguendo il suo passo rapido, come se stesse fuggendo da lì.
Come se stesse fuggendo da me.
Adesso...
Adesso sono qui, su questo ponte deserto, a fissare l'acqua scura e fredda sotto di me.
Sembra facile, ma è proprio in quel momento che ti viene da chiederti se, effettivamente, ne valga la pena.
Sembra facile, ma i volti di tante persone che hai conosciuto, con cui hai condiviso qualcosa, i tuoi amici...
No, cazzo NO!
Io, Duncan, non ho amici.
Ne ho avuti, forse, al tempo dell'Isola, ma adesso nessuno di loro significa più nulla per me.
Quasi nessuno...
Ha cominciato a spirare un vento leggero ma freddo, che fa muovere appena la mia cresta smeraldina -cresta che lei criticava sempre, ma non poteva fare a meno di sfiorare delicatamente nei momenti di dolcezza-, pieno di immagini, suoni, odori troppo familiari, fottutamente dolorosi.
Appoggio le mani sul bordo dell'antico ponte e, facendo forza, mi tiro su: ora sono chino sopra di esso, più distante dall'acqua ma incredibilmente più vicino.
Con deliberata lentezza, come a voler assaporare tutta l'entità di quel movimento, mi tiro in piedi e guardo dritto davanti a me.
Buffo, quell'oscurità inframezzata da luci intermittenti, fisse, deboli, forti, bianche, variopinte, assomiglia terribilmente alla mia vita.
Piccoli crimini, riformatorio, una fama da duro e da delinquente, gli scherzi crudeli a certe persone...L'oscurità.
Le persone conosciute sull'Isola, la breve ed effimera fama, lei, lei, lei, LEI...La luce.
Una sola domanda mi riecheggia inarrestabile nella mente:
"Perchè?"
Perchè farla finita? Perchè mi ha lasciato? Perchè...
Sembra facile, invece certe domande lo rendono più complicato.
Sembra facile, invece, semplicemente, non lo è.
Il volto sempre troppo serio di lei mi esplode davanti agli occhi, e barcollo per un istante.
Alle mie spalle sento una voce acuta ed infantile
"Mamma perchè quel signore sta in piedi sul ponte?"
Mi volto lentamente, incrociando lo sguardo curioso di un bambino piccolo, biondo, aggrappato alla mano della madre.
La signora mi guarda spaventata, avvicina a sè il bambino -come se potessi fargli del male, come se potessi desiderare di trascinarlo con me- e con la mano libera fruga nervosamente nella borsa.
Mi giro del tutto, dando le spalle al fiume e al malinconico spettacolo della lotta tra la notte e le luci sfavillanti della città
"Non si preoccupi signora"
esordisco con un sorriso tranquillo, sornione, di quelli utilizzati per dichiararmi innocente, anche davanti all'evidenza
"Non sto per compiere l'insano gesto.
Sono un poeta, ed è così
che trovo l'ispirazione per le mie opere"
La donna non sembra convinta, ma smette di frugare come una forsennata nella borsa, mentre il bambino si mette a ridere
"Hai visto che capelli ha?"
A malincuore mi apro in un altro sorriso, mentre la madre trascina via il pargoletto che ora ha cominciato ad urlare che anche lui vuole fare il poeta e salire sopra i ponti.
Seguo madre e figlio con lo sguardo per qualche interminabile secondo, poi torno a dedicarmi completamente alla mia "opera".
In quello che ho detto prima c'era del vero.
Mi ero issato su quel basso muretto per cercare l'ispirazione.
Di certo non per scrivere un'ode, un carme o chissà cosa.
Quell'azione però sarebbe stata la mia personale poesia sulla storia tra me e...
Lei.
La sento, prima di vederla.
Non voglio tuttavia voltarmi.
Se lei è realmente alle mie spalle, non voglio che legga la disperazione nei miei occhi, non voglio leggere la paura nei suoi.
Sembra facile, purtroppo ci è sempre bastato uno sguardo per leggerci dentro e capirci.
Sembra facile, purtroppo lei è davvero lì.
Sento dei passi lievi, esitanti, e poi una voce, la sua voce
"Duncan..."
No, lei non è dietro di me, lei non sta chiamandomi con paura, tristezza, e un briciolo di...
Amore?
Non può essere lì, e basta!
Poi avverto un'altra sensazione.
Una mano, piccola, calda, stretta mille altre volte in un passato che mi sembra così remoto, si intreccia alla mia.
Non rifuggo il contatto, non stringo a mia volta la mano.
Resto in piedi sul bordo del ponte, sospeso in un limbo di emozioni e sensazioni in lotta tra loro.
Subito, la voce si fa sentire di nuovo
"Duncan, sono io..."
Inspiro profondamente e, con il cuore gonfio di tristezza e svuotato da ogni speranza, mi volto.
Lei è lì.
I capelli sciolti sulle spalle, preda dei capricci del vento, gli occhi lucidi e spalancati, la bocca appena socchiusa.
Meravigliosa, e malinconica.
Non ho mai visto nulla di così bello e così triste.
Come rispondendo ad un comando non dato, chino docilmente le gambe e, senza abbandonare la sua mano -la sicurezza, la connessione con la realtà, l'amore- scendo dal muretto e torno alla vita.
Le stringo la mano, mentre lei appoggia il capo sulla mia spalla
"Mi dispiace..."
esala, mentre calde lacrime cominciano a sgorgarle dagli occhi.
Sembra facile, eppure scusarsi e tornare indietro è un'impresa più ostica di quanto non sembri.
Sembra facile, eppure basta ben poco per farlo.
La stringo a me, come a volermi sincerare che ci sia, che sia davvero lei.
Rimaniamo stretti per chissà quanto tempo, poi le prendo il volto e delicatamente faccio in modo che torni a guardarmi negli occhi
"Mi dispiace..."
ripeto, sincero, prima di posare le mie labbra sulle sue.
E in un istante è beato oblio.
L'acqua del fiume continua a scorrere sotto di noi, incurante della disperazione, prima, e dell'amore, adesso.
Adesso, e sempre.
   
 
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