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Autore: chiaki89    18/01/2011    12 recensioni
Il Natale è un momento di festa, di gioia, di aggregazione. È il giorno in cui i sentimenti migliori dovrebbero trovare il proprio culmine. Ma a volte il Natale è solitario. E, altre volte, può riservare inaspettate sorprese. Incredibilmente gradite.
Prima classificata al "Christmas Carol Contest" indetto da AliH e LilyBlack sul forum di EFP e vincitrice del premio giuria di AliH, del premio caratterizzazione e del premio stile.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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ANOTHER LONELY CHRISTMAS

 

 

 

 

Un gridolino di sofferenza spezzò la quiete dell’infermeria di Hogwarts.

“Signor Canon! Veda di trattenersi, per cortesia!”, sibilò Madama Chips, arrabbiata.

“Ma fa male!”, mugugnò Colin Canon, figlio di Dennis Canon, noto fotografo della Gazzetta del Profeta.

“La prossima volta imparerà a non farsi coinvolgere in una battaglia con palle di neve sottoposte ad un Incanto Piombatutto!”, lo rimbeccò severa, spalmandogli però con più delicatezza la Pomata Sgonfiabernoccoli. “Ora si sdrai e stia buono almeno per un quarto d’ora”.

Il ragazzino eseguì, obbediente, senza più fiatare. Madama Chips lo guardò un attimo, per accertarsi che rimanesse fermo come aveva ordinato, poi se ne tornò nel suo ufficio.

Con un lieve gesto della bacchetta spedì il bollitore sul fuoco, intenzionata a farsi un buon the. Sapeva che, tempo poche ore, sarebbero cominciati ad arrivare frotte di alunni affetti dalle più disparate malattie invernali: dal raffreddore –decisamente il più comune- all’Influenza Folletta fino ad arrivare, nei casi più rari, al Morbillo di Pixie.

Mentre l’acqua si scaldava, Madama Chips si apprestò a tirare fuori dagli ordinati armadietti le pozioni che sapeva le sarebbero servite, come tutti gli anni.

Le precedenti infermiere di Hogwarts la osservavano pigramente dai ritratti appesi nella stanza, borbottando di quando in quando qualche consiglio.

Il bollitore iniziò a fischiare. Con andatura leggermente strascicata –non era più una ragazzina, come si ripeteva spesso- si avviò verso il camino e tolse l’acqua dal fuoco. Attenta a non scottarsi, la versò nella tazza e vi immerse la bustina di the.

In genere preferiva non usare la magia per quei gesti quotidiani: fare con le proprie mani le riportava i ricordi della sua famiglia, ormai da lungo tempo perduta.

In pochi lo sapevano, ma Poppy Chips era una Nata Babbana. Non se ne vergognava assolutamente, tuttavia aveva sempre preferito non parlare troppo di se stessa.

Osservò il suo the diventare di un discreto colore rossastro; la tonalità che sua madre più apprezzava.

 

La mamma tolse la bustina dalla tazza e ci soffiò premurosamente sopra, poi la passò a Poppy. La bambina fissò il liquido, trattenendo a stento una smorfia: quando era così scuro a lei non piaceva. Ma la mamma, al contrario, lo adorava, quindi senza fiatare afferrò la tazza con le manine e si accoccolò davanti al fuoco, accanto alle gambe di suo padre.

Sorbì cautamente un sorso di the bollente, mentre la mamma si sedeva, sorridendole, sulla poltrona lì vicina. Poppy adorava i pomeriggi di Natale, così quieti e sonnacchiosi, riempiti solo dal rumore dei ciocchi che scoppiettavano nel focolare e dalle note raminghe dei canti natalizi.

Il suo volto si aprì in un sorriso innocente, mentre il sole tramontava sull’ennesimo Natale felice.

 

Ma all’epoca aveva solo nove anni.

Quelli erano momenti che non esistevano più, spazzati via dal tempo e dalla nuova casa che Poppy si era scelta: Hogwarts.

Bevve lentamente il suo the, assorta nei pensieri.

Poi si alzò per controllare il piccolo Colin. Per quanto fosse estremamente formale nel rivolgersi agli studenti, in cuor suo li chiamava sempre per nome, come se fossero figli suoi, anche se non lo erano. E lo sapeva.

Madama Chips non aveva una famiglia; nessun marito e nessuna prole. Si era dedicata così tanto al suo lavoro di infermiera che non aveva mai badato alla possibilità di avere dei figli: era sempre circondata da bambini e ragazzi, e questo le bastava.

Più o meno.

“Signor Canon, può tornare alla sua Casa, ora”.

Colin saltò in piedi, afferrò la sua borsa e corse fuori dall’infermeria, strillando allegramente “Grazie Madama Chips!”.

Lei sorrise, scuotendo la testa. Sarebbe andata a farsi un’altra tazza di the…

Ma non aveva tenuto in conto l’inizio dell’Invasione.

Dieci studenti erano appena arrivati, sostenendone altri tre; proprio non capiva la necessità di una tale scorta d’onore.

Con gesti rapidi e secchi guidò gli ammalati verso i letti e spedì fuori gli altri impiccioni perditempo. Sospirò di sollievo: era semplice raffreddore, in tutti e tre i casi.

Si avviò velocemente in ufficio e afferrò bicchieri e una bottiglia di Pozione Pepata; altrettanto rapidamente tornò dai moribondi –come tali si atteggiavano- e distribuì, con consumata esperienza, la medicina.

“Signorina Kennet, non faccia tutte quelle smorfie, non è così cattiva…signor Macmillan, non si azzardi a gettare la pozione nel vaso da notte! E lei, signorina Jordan, se non vuole far vedere che le sue orecchie stanno fumando, si metta dei paraorecchi! Tutta questa vanità…”, brontolò, in realtà lieta di potersi prendere cura dei ragazzi.

Stava efficientemente ritirando i bicchieri per lavarli quando uno squadrone degno dell’esercito fece il suo ingresso nell’infermeria. Madama Chips si irrigidì, infastidita terribilmente da tutta quella confusione che stava disturbando i pazienti.

Li osservò con più attenzione e riconobbe il celeberrimo –nonché folto- clan Potter-Weasley. L’avanguardia del gruppo era costituita da Dominique, Roxanne e Fred Weasley, che ostentavano un’aria preoccupata; appena dietro c’erano Albus Potter e Hugo Weasley, che sostenevano le rispettive sorelle, entrambe visibilmente pallide ed indebolite. James Potter, Molly, Lucy e Louis Weasley chiudevano il drappello.

Mai vista una famiglia così compatta, pensò Madama Chips, ed irrimediabilmente casinista.

“Lily e Rose stanno male!”, pigolò Albus Potter, chiaramente agitato. Il cugino Hugo si limitava ad annuire con aria d’importanza.

“Fatele stendere lì”, ordinò con piglio severo, facendo sistemare le due pazienti sui letti posti di fronte ad un finestrone, dal quale entrava a fiotti la luce del sole. Madama Chips si chinò ad esaminarle con attenzione. Mosse la bacchetta borbottando e, sotto gli sguardi angustiati ed impazienti del clan Potter-Weasley, se ne andò nel suo ufficio. Tornò indietro un attimo dopo, incurante delle undici paia d’occhi che aveva incollati addosso, portando due cucchiai ed una bottiglia nerastra.

“Signorina Weasley, signorina Potter, aprite la bocca”, disse, mentre versava nei cucchiai una generosa razione di un liquido verde e fumante. Le due ragazze la fissarono con sguardo apprensivo, ritraendosi impercettibilmente. Sorda alle loro mute proteste, Madama Chips le costrinse ad ingollare quella pozione dall’odore tutt’altro che appetitoso. Lily fece una smorfia. “Bleah. Sembra Puzzalinfa”.

Nove sospiri partecipi sottolinearono la sua affermazione. “Non dica sciocchezze, signorina Potter. Dubito che lei abbia mai assaggiato della Puzzalinfa e, comunque, la Pozione VerdeBileBrillante è a base di bile di drago, per essere precisi”.

Undici gemiti schifati. “Cosa pensavate? Che solo il sangue di drago avesse proprietà eccezionali?”.

I ragazzi trovarono opportuno non rispondere. Sia Rose che Lily si accasciarono sul cuscino, quasi contemporaneamente, distraendoli tutti. “Madama Chips…cos’hanno?”, chiese allarmato il giovane Albus Potter. “Non preoccupatevi, è semplice Influenza Folletta, come immaginavo. Tempo una settimana e saranno come nuove”. Lily starnutì, e dalle sue narici uscì un denso fumo nero. “Vedete? Quello è uno dei chiari sintomi dell’Influenza Folletta.”.

“E gli altri quali sono?”, domandò curiosa la bella Roxanne. Una violenta esplosione li indusse tutti a voltarsi verso Rose, che balbettava scuse a mezza voce. “Be’, quando la temperatura inizia ad alzarsi si generano delle bolle…”, ed indicò la ragazza, dalla cui testa stava sbucando una bolla multicolore e vagamente viscida. Quella poi si staccò dal suo cuoio capelluto, sotto gli sguardi sconvolti di suo fratello e dei suoi cugini, e scoppiò fragorosamente. “…ed esplodono, come potete vedere. Ma non è nulla di grave”.

Non parevano troppo convinti.

“E adesso, tutti fuori! Sciò, via! I pazienti hanno bisogno di riposo, intesi?”, sbraitò l’infermiera. Se la diedero tutti a gambe, sotto il suo sguardo severo ed irremovibile, ad eccezione di James Potter. Il ragazzo, armato di –autolesionista- coraggio Grifondoro, rimase fermo a guardarla. “Ebbene, signor Potter?”.

“Ehm, Madama Chips, domani possiamo venire a trovarle?”, chiese, solo leggermente titubante. Poppy alzò un sopracciglio, squadrandolo attentamente. Lui deglutì. “Solo negli orari delle visite, signor Potter. E non più di tre per volta, mi avete capito bene?”.

Con un ampio sorriso, il primogenito del Bambino Sopravvissuto annuì. Poi uscì di corsa insieme al fratello e ai cugini; la consueta quiete dell’infermeria venne ripristinata. Madama Chips si guardò intorno, soddisfatta, controllando un’ultima volta tutti i suoi pazienti.

 ***

Il mattino dopo i raggi del sole nascente illuminarono un paesaggio imbiancato e meraviglioso, di quelli che stringono il cuore per la loro bellezza accecante. La lastra ghiacciata che copriva il Lago Nero scintillava come cosparsa di minuscoli diamanti iridescenti ed era rotta, qui e là, da squarci scuri probabilmente provocati dalla leggendaria piovra gigante. Tuttavia Madama Chips riuscì a lanciare solo una fuggevole occhiata al panorama: con il suo passo leggero, frutto degli anni, entrò in infermeria ancora avvolta dalla vestaglia.

Controllò lentamente tutti i suoi pazienti, attenta a non svegliarli: rimboccò una coperta, sfiorò un paio di fronti, asciugò un po’ di sudore. Tutto con l’atteggiamento amorevole di una zia un po’ burbera. Alcuni di loro mugugnarono parole sconnesse nel sonno, ma non aprirono gli occhi neppure un istante. Per non disturbarli ulteriormente, Madama Chips tornò nel suo ufficio per sbrigare altre faccende.

Qualche ora dopo dei lievi cigolii segnalarono alle sue orecchie attente che i pazienti cominciavano a svegliarsi; si sporse appena dentro l’infermeria per controllare, notando che si stavano svegliando a vicenda. Storse il naso, per nulla contenta. Ma non poteva comunque strapazzare dei pazienti perciò, sospirando, uscì dal suo ufficio.

“Cosa volete per colazione?”, chiese con aria affaccendata. Un torrente di parole la sommerse: era inevitabile, si disse, quando si ha a che fare con adolescenti affamati e ammalati. Pazientemente ascoltò le richieste di tutti e le trasmise agli elfi domestici giù nelle cucine.

Un quarto d’ora dopo, l’unico suono che rompeva il sacro silenzio dell’infermeria era il masticare delle mandibole di cinque voraci ragazzini.

Confidando nella temporanea calma, Poppy Chips ne approfittò per andare a farsi la prima tazza di the della giornata. Mentre si godeva il benefico calore della bevanda, sentì che qualcuno aveva iniziato a chiacchierare.

“Rosie, tu quando torni dagli zii? Prenderai il treno con noi, vero?”, chiese una vocina acuta che l’infermiera attribuì a Lily Potter, Grifondoro, primo anno.

“Ma certo Lils! Cosa ti aspettavi, che mi Smaterializzassi? Per prima cosa, non ho ancora l’età per farlo, e secondo, devo ricordarti che non ci si può Materializzare né Smaterializzare ad Hogwarts? Pensavo che mia mamma te l’avesse detto almeno un milione di volte!”.

“Lo so, lo so! Mi chiedevo se avreste usato la Metropolvere. Alcuni camini sono collegati, mi pare”, chiese l’altra, leggermente infastidita.

“Preferisco fare il viaggio in treno con voi, Lils. E anche Hugo è dello stesso parere”, le rispose con voce ammorbidita. “Ma ci pensi? Non manca neanche una settimana a Natale! Non vedo l’ora di assaggiare la torta al rabarbaro di nonna Molly!”.

Era vero, mancava davvero pochissimo a Natale, rifletté Madama Chips. E lei sarebbe rimasta ad Hogwarts, come al solito. Strinse più forte la tazza con le sue dita rugose, mentre i ricordi riemergevano lenti dalle nebbie della sua memoria.

 

Il giorno di Natale si riconosceva dal profumo.

Madama Chips aprì le finestre dell’infermeria, approfittando dell’assenza di pazienti, e lasciò che l’aria frizzante ed odorosa di neve entrasse libera nell’ampia stanza. Osservò le tende e le lenzuola agitarsi lievi per la brezza, come sotto una carezza delicata.

Eppure il profumo del Natale persisteva. Dolciastro, fumoso, leggermente pungente. Penetrava in ogni angolo e si sposava perfettamente con l’atmosfera natalizia del castello addobbato a festa.

Eppure a Poppy Chips non piaceva.

Era il primo anno che non passava a casa con la sua famiglia: suo padre era morto anni prima, mentre sua madre se n’era andata durante quell’estate, sotto i suoi occhi impotenti. A cosa serviva essere un’abile e riconosciuta infermiera se non era neppure in grado di curare chi le stava più a cuore?

Scosse la testa, provando a liberarsi dai pensieri tristi che la stavano aggredendo con violenza. Mancava poco al banchetto di Natale, se non era già cominciato: l’odore delle pietanze preparate dagli elfi domestici ormai fluttuava liberamente per tutta l’infermeria solitaria.

Il delizioso profumino spinse Poppy ad uscire dal suo isolamento e scendere le scale, per dare almeno un’occhiata curiosa in Sala Grande.

Si sentiva un po’ sola, a dirla tutta. Era abituata a passare il Natale in famiglia, perciò l’essere ad Hogwarts, senza nessuno, era una sensazione…strana. Ai limiti dello spiacevole.

In realtà era stata lei a dire a Silente, con fierezza, che avrebbe preferito non partecipare al banchetto. Non era né una studentessa, né una professoressa: di conseguenza, non trovava opportuno sedersi accanto agli uni o agli altri.

Poteva sembrare un ragionamento contorto, eppure Poppy la pensava così. Non voleva intromettersi in qualcosa nel quale, in fondo, non si identificava. Madama Chips era l’infermiera, nulla più, nulla meno. Le era stato insegnato a stare al proprio posto, orgogliosamente, e di non vergognarsene mai. E lo stava facendo.

Immersa nei propri pensieri, intanto, aveva raggiunto la Sala Grande.

Sporse all’interno la testa, attenta a non farsi vedere, come una bambina colpevole che sbirci in anticipo i regali di Natale.

I pochi studenti rimasti ad Hogwarts, dopo l’attacco di Sirius Black ad Halloween, chiacchieravano allegramente davanti alle abbondanti pietanze, tutti riuniti alla stessa tavolata insieme ai professori.

Minerva stava parlando con un’indispettita Sibilla, della quale stava probabilmente smontando un’altra tragica profezia di morte e distruzione; Severus occhieggiava, sospettoso ed ostile, il copricapo di Silente, sormontato da un enorme avvoltoio impagliato. Tutti si stavano comunque godendo lo straordinario banchetto, straripante di ogni leccornia. Sui volti sorridenti ed assorti di ogni persona brillavano i riflessi dorati delle migliaia di candele bianche, rosse e verdi che fluttuavano nella Sala Grande. Il cielo grigio e nuvoloso che si scorgeva dal soffitto incantato non era cupo, al contrario sembrava una decorazione in più: un velo di seta increspata che spandeva un bagliore vagamente perlaceo sul banchetto. Era tutto perfetto.

Ma per Madama Chips quell’immagine non portava né serenità, né gioia, né spirito natalizio.

Portava un improvviso senso di solitudine, nulla più.

Si concentrò un istante sulla percezione dello stomaco che si chiudeva, in una morsa dolorosa d’invidia e di malinconia, e poi scappò via, con quell’immagine stampata nella mente.

Che non se ne sarebbe più andata.

 

Da allora, ogni anno era stato uguale. Madama Chips restava in infermeria, e il resto del castello festeggiava; persino Gazza con l’inseparabile –e apparentemente immortale- Mrs Purr, i ritratti nei quadri, Pix che si divertiva a reinterpretare i canti natalizi, i fantasmi che davano feste piene di cibi ammuffiti.

Poppy Chips invece restava nel suo ufficio, solitaria, mentre i ritratti delle precedenti infermiere di Hogwarts se ne andavano a far festa insieme ad altri occupanti dei quadri.

Un brivido di freddo la riportò al presente: posò la tazza sul tavolo, lenta. Si trascinò stancamente dentro nell’infermeria e si accorse, con disappunto, che durante la sua assenza erano arrivati altri visitatori.

James ed Albus Potter stavano ridendo, piegati in due e con le lacrime agli occhi per una battuta di Hugo Weasley. Le rispettive sorelle li guardavano ostentando un’aria di sufficienza ma, ad un’occhiata più attenta, si poteva notare che entrambe stavano trattenendo a stento un sorrisetto.

Nonostante la confusione portata da quei malandrini in miniatura, Poppy decise di ignorarli per controllare gli altri pazienti: d’altronde erano venuti solo in tre, come aveva imposto il giorno prima.

Perciò si dedicò, con perizia e pazienza, a Belinda Kennet, Cody Macmillan ed Eliza Jordan: tutti e tre, dopo una notte di sonno, si erano egregiamente ripresi dal raffreddore. Stavano già saltando in piedi –Eliza per prima- ma vennero bruscamente bloccati dall’inflessibile infermiera, che li obbligò a bere una tazza di amarissima Pozione Rinvigorente. Le loro smorfie fecero aggrottare la fronte di Madama Chips, che preferì, tuttavia, non dire nulla. Pochi istanti dopo l’orlo di svolazzanti mantelli e ringraziamenti urlati durante la corsa fu tutto ciò che rimase dei tre pazienti ormai non più raffreddati.

L’infermiera si concesse un sorriso, sinceramente contenta di vedere che si erano rimessi tutti perfettamente. Il suo sguardo poi cadde sui comodini accanto a Rose Weasley e Lily Potter, ancora circondate dalle chiacchiere dei loro fratelli. E il suo sorriso svanì immediatamente.

Lì, in vasetti improvvisati, facevano bella mostra dei fiori chiaramente ottenuti attraverso una Trasfigurazione un po’ maldestra. Dei gigli un po’ flosci per Lily, delle timide roselline per Rose: una grande fantasia, si disse Madama Chips, indispettita. Con passo marziale si avvicinò ai ragazzi, squadrandoli con uno sguardo severo del quale Minerva sarebbe stata fiera.

“Weasley, Potter e Potter! Le lezioni stanno cominciando, non vorrete arrivare in ritardo, spero!”. I ragazzi si fecero piccoli piccoli ed in un lampo, borbottando saluti e scuse insieme, filarono via dall’infermeria.

Poi la voce ed il cipiglio di Madama Chips si addolcirono. “Adesso dovete riposarvi e stare tranquille…quindi, signorina Weasley, via quei libri!”, la ammonì, mentre Rose, delusa, rimetteva giù Approccio alle Antiche Rune. “…e signorina Potter, non si azzardi a giocare a Gobbiglie qui, non voglio che l’infermeria puzzi fino a Natale!”. Lily, con una smorfia, obbedì. Poi parve che fosse colpita da un pensiero passeggero.

“Madama Chips, lei dove passerà il Natale?”, chiese curiosa. In quel momento Poppy vide nella giovane Lily molto di suo padre: altrettanto impicciona ed invadente, pensò con una punta di divertimento.

“Lily!”, sbottò Rose, severamente. “La scusi, Madama Chips, Lily non ha la minima idea del significato della parola ‘privacy’…”. Lily la guardò male, ma l’infermiera sorrise discretamente.

“Resterò ad Hogwarts come sempre, signorina Potter”, rispose, senza far trapelare quella tristezza mai sopita che le portava il Natale. Poi tornò in ufficio, strascicando leggermente i piedi.

Non si avvide dell’occhiata significativa che si scambiarono le figlie dei salvatori del mondo magico.

 ***

Il giorno dopo, alla luce del sole nascente, Madama Chips si intrufolò rapida nell’infermeria. Stavolta non per controllare i pazienti –che erano ovviamente aumentati, a causa dell’Invasione- ma per svolgere un compito della quale si era segretamente incaricata da molti anni. Si avvicinò al comodino di Lily e a quello di Rose e, con delicatezza, prese i fiori ormai terribilmente appassiti. Tornò poi nel suo ufficio, stringendo al petto quel piccolo mazzo, e trovò un vaso che faceva al caso suo. Vi versò dell’acqua, con movimenti un po’ impacciati a causa dell’età, e vi immerse i fiori. Ma sapeva che quello non bastava per farli riprendere perciò, come d’abitudine, prese la boccetta di Pozione Rinvigorente e ne versò una decina di gocce.

Un tempo era lo stesso Severus che le forniva quella pozione: in un modo che le era del tutto sconosciuto, il professore aveva capito che Madama Chips amava immensamente i fiori, e che era sempre dispiaciuta quando vedeva i visitatori portare margherite, primule e bocche di leone destinati ad appassire e a sfaldarsi crepitando. Perciò, ogni Natale, gliene preparava una boccetta nuova, senza dire nulla.

A Horace, il professore che era subentrato a Severus, Poppy non aveva avuto il coraggio di chiedere dell’altra Pozione Rinvigorente per il Natale seguente alla Battaglia di Hogwarts. Intristita, aveva dovuto buttar via tantissimi fiori, quell’anno.

Poi, parlando con una sua vecchia amica, Guaritrice del San Mungo, aveva scoperto che la somministrazione di Pozione Rinvigorente era stata da poco consigliata per evitare ricadute a seguito di malattie invernali. Così, aveva trovato la scusa per farsi dare della Pozione Rinvigorente da Horace, senza dover rivelare che la usava per far riprendere anche i suoi amati fiori.

Terminato quel piccolo lavoro, riprese le sue faccende da infermiera con il sorriso sulle labbra.

 ***

Il tempo era passato in fretta, nella frenesia dell’Invasione, ed infine era arrivato quel momento.

Poppy Chips si svegliò presto anche il giorno di Natale. Ormai era un’abitudine così radicata in lei, l’alzarsi insieme al sole, che persino quel giorno di festa si ritrovò ad aggirarsi per l’infermeria all’alba. Dopo aver controllato –inutilmente- che fosse tutto in ordine e pulito, lanciò un’occhiata d’insieme al desolante spettacolo dell’enorme stanza vuota. Il suono dei suoi passi echeggiava triste, rimbalzando da un muro all’altro. Era rimasta solo lei, come sempre.

Con un sospiro, si sedette su una sedia traballante, aspettando che anche quella giornata trascorresse, scandita dai soliti ritmi.

Verso le nove, si sentiva il cicaleccio dei pochi studenti rimasti ad Hogwarts che andavano a far colazione, parlando probabilmente dei regali che avevano appena ricevuto.

Alle dieci, il profumo delle pietanze che gli elfi domestici stavano preparando iniziava a penetrare nell’infermeria.

Madama Chips restava ferma, immota, abbandonata su quella seggiola e osservava le lancette della pendola nell’angolo che, con lentezza inesorabile, stavano per raggiungere l’una.

L’ora in cui sarebbe iniziato il banchetto; l’ora in cui Madama Chips avrebbe sentito calare addosso un manto pesante come piombo, che le ricordava la sua solitudine, le sue scelte.

Ricordi dei giorni di Natale belli, che si velavano dell’amarezza per ciò che non tornerà più; ricordi dei giorni di Natale brutti e solitari, più vividi e dolorosi che mai. Giorni di Natale senza famiglia, giorni di Natale privi della luminosa gioia del ritrovarsi, dello scartare di pacchetti e di sorprese che lasciano sorrisi pieni di assorta felicità.

Poppy Chips aveva scelto. Ma, come spesso accadeva, le scelte comportavano delle rinunce.

Sapeva che entro breve avrebbe sentito le voci aumentare di nuovo, mentre il banchetto in Sala Grande cominciava. Tuttavia, non si aspettava certo lo scalpiccio di passi che si stava avvicinando di corsa all’infermeria. Già pensava ad intossicazioni alimentari, malattie dell’ultimo momento o contusioni dovute alla fretta di raggiungere la Sala Grande.

Perciò rimase incredibilmente stupita nel vedere Lily Potter e Rose Weasley entrare come dei turbini in infermeria. Turbini perfettamente sani. I loro visi eccitati erano arrossati per la corsa e, prima che l’infermiera potesse aprire bocca, la fermarono.

“Aspetti un attimo, Madama Chips, stanno arrivando tutti! Non si muova!”, squittì Lily, sorridendo.

Tutti? Si chiese la donna. Tutti chi?

Un rombo si avvicinava all’infermeria. Poppy sfoderò la bacchetta, temendo –per un breve, terribile istante- il ritorno del Signore Oscuro.

Ma il suo cuore rischiò di crollare, schiantato dalla sorpresa, quando vide arrivare delle persone nell’infermeria.

Erano davvero tutti. E sgomitavano per entrare.

L’intero clan Potter-Weasley, insieme ad Harry Potter, Ron Weasley e sua moglie Hermione; i fratelli Weasley e le loro mogli e figli, i professori di Hogwarts, parecchi giovani studenti della scuola, Susan Bones, Ernie Macmillan,  Hannah Abbott, Anthony Goldstein, Michael Corner…farne un elenco era impossibile.

Sotto gli occhi scioccati di Madama Chips, si erano radunate quasi due intere generazioni di studenti di Hogwarts.

Rose Weasley si fece avanti, rossa in volto per l’imbarazzo ma determinata. “Ecco, Madama Chips, noi siamo qui perché vorremmo ringraziarla di tutto quello che fa –e che ha fatto- per noi”. Poi si interruppe, titubante. Harry Potter le mise una mano sulla spalla, sorridendo, e continuò a parlare.

“Per anni ci ha curato come se fossimo figli suoi, senza chiedere nulla in cambio. Ma non abbiamo dimenticato, Madama Chips. Siamo qui per darle il nostro regalo di Natale”.

Volti sorridenti e assensi sussurrati a mezza voce sottolinearono le sue parole.

Poppy Chips si mise le mani sul volto segnato dalle rughe e dalla vecchiaia, stupita e commossa come non mai. Neville si fece avanti e la prese sottobraccio con galanteria.

“Mi segua, Madama, il suo regalo la attende!”, disse allegro.

E la scortò, insieme a tutta la fiumana di gente vociante che li seguiva a breve distanza. Poppy Chips non sapeva davvero come si dovesse sentire. Fino a pochi momenti prima si sentiva sola, abbattuta, preda della desolante routine di un giorno di Natale indesiderato.

Nel giro di pochi minuti, tutto era cambiato. Era circondata da alunni, ex-alunni e professori; stava camminando nel parco del castello riscoprendo la bellezza della neve, bianca e scintillante come quella giornata inaspettata. Nonostante il freddo e l’età avanzata, sentiva il tepore avvolgerla e i suoi piedi volare.

Arrivarono alla serra numero sei, da anni in disuso. Madama Chips vide Neville estrarre la bacchetta per aprirla, quando fu bloccato da una voce tonante. “Ci devi far chiudere gli occhi!”, sbraitò Hagrid dalle retrovie. “Giusto, giusto”, approvò il professore di Erbologia. Poi puntò la sua bacchetta verso l’infermiera. “Mi scusi, Madama Chips, ma devo farlo. Che regalo sarebbe, altrimenti?”.

Un ridacchiare sommesso fece eco alle sue parole. “Obscuro!”, esclamò Neville, e subito una benda nera si materializzò sugli occhi sbiaditi ma intelligenti di Poppy Chips. Privata della vista, la donna si concentrò sui suoni.

Il brusio di più di un centinaio di voci eccitate, lo scattare di una serratura, il cigolio fastidioso di porte arrugginite che si aprivano. Due mani la afferrarono saldamente ma con delicatezza, facendola entrare nella serra.

Un profumo, intenso ma non soffocante, delicato e piacevole colpì immediatamente il suo naso, portandola ad inspirare ancora più profondamente. Sentì qualcuno borbottare un incantesimo e la benda si dissolse.

Dovette strizzare gli occhi, colpiti dalla luminosità del più bel giardino che avesse mai visto. Dopo la prima occhiata si corresse: non era un giardino, bensì un prato pieno di fiori variopinti, ognuno diverso dall’altro. Numerosi fuocherelli azzurri danzavano nell’aria, scaldando ed illuminando l’ambiente.

Madama Chips spalancò la bocca, sconvolta da tanta bellezza. Sentì gli occhi inumidirsi, ma cercò di inghiottire come poteva il magone. Si voltò indietro, guardando la folla sorridente assiepata sulla soglia della serra, e sussurrò: “Come?”.

Hermione Granger si fece avanti, scostando dal viso i capelli crespi per via dell’umidità. “Neville ha adattato la serra per poterci far crescere un prato e ha piantato i Semi a Crescita Ultra-Rapida. Poi ognuno di noi ha Trasfigurato un fiore, in modo che siano tutti unici. E io mi sono occupata del riscaldamento”, terminò, indicando i fuochi che fluttuavano vicino al soffitto.

“Le piace, Madama Chips?”, chiese la vocetta acuta di Lily Potter, incastrata tra sua madre e suo zio George.

Quella domanda fu troppo per il povero animo emozionato di Poppy Chips. Lente lacrime di commozione cominciarono a scendere dai suoi occhi, sotto gli sguardi inteneriti di tutti.

“Moltissimo, Lily. Moltissimo”, rispose con la voce spezzata dal pianto più gioioso della sua vita.

Voltando le spalle alla folla mise piede nel prato, osservando i fiori uno per uno, scorgendo in ogni corolla il frutto del suo amato lavoro di infermiera.

C’era un tulipano blu e arancione, una violetta con i petali multicolori, una margherita divisa in tre spicchi di diverse tonalità di rosa. E tanti, tanti altri, in un tripudio che avrebbe fatto sfigurare un arcobaleno. Persa nella rapita contemplazione del suo regalo di Natale, si accorse all’improvviso di un gruppo di una decina di fiori che erano, inaspettatamente, tutti uguali. Si chinò faticosamente per guardare meglio: erano gigli, candidi nella parte inferiore del petalo, rossi screziati di verde nella parte superiore. Tornò a guardare verso l’ingresso della serra e, ancora troppo emozionata per riuscire a parlare, indicò semplicemente i fiori.

“Li ho Trasfigurati io”, rispose Harry Potter, apparentemente imbarazzato, con gli occhi puntati a terra. “Mi sembrava di doverle un qualcosa in più, vista la mia presenza assidua in infermeria”.

Una risata sincera fu la risposta alle sue parole. Lo stupore fu grande, quando tutti si accorsero che la risata proveniva proprio da Madama Chips.

“In effetti, signor Potter, poche volte nella mia carriera ho avuto pazienti così affezionati all’infermeria”.

Altre risate cristalline si levarono verso il cielo, dal quale cominciava a cadere qualche sporadico fiocco di neve.

“Però non mi spiego…come avete saputo che…insomma, i fiori…”, balbettò Poppy Chips, di nuovo a corto di parole.

“Beh, ecco, quando io e Lily stavamo male e lei è venuta a prendere i fiori, io ero sveglia e l’ho vista. Non intendevo spiarla…”, disse Rose Weasley, diventando dello stesso rosso dei suoi capelli.

“E poi abbiamo chiesto alla professoressa McGranitt, e lei ci ha detto che passa sempre il Natale in infermeria…”, continuò Lily.

“…e visto tutto quello che ha fatto per noi, non ci sembrava giusto che questo giorno, così bello, lei lo passasse da sola”, spiegò Ron Weasley, sorridendo.

“Poppy, li hai curati tutti come se fossero figli tuoi. E loro adesso sono qui. Non puoi più dire di non avere una famiglia, non trovi?”, disse Minerva McGranitt, gli occhi lucidi dietro le lenti dalla montatura quadrata.

Un’altra lacrima scese sulla guancia grinzosa di Madama Chips.

“Questa serra è sua, Madama. Ci porti tutti i fiori che vuole, qui si riprenderanno velocemente grazie agli incantesimi che abbiamo imposto. Non sarà più costretta a piantarli al limitare della Foresta Proibita”, le sussurrò Neville, con aria saputa. Poppy Chips preferì non chiedere come avesse scoperto il luogo in cui trapiantava i suoi fiori, dopo averli curati. D’altronde il professor Neville Paciock aveva fatto parte, in giovane età, del gruppetto più impiccione ed invadente dell’intera storia di Hogwarts. Non era il caso di stupirsi.

“Adesso suggerirei di tornare al castello, c’è un banchetto che ci aspetta!”, esortò la McGranitt, vecchia ma ancora stoica.

“Giusto! E io ho una fame da lupi!”, esclamò una voce.

“Non avevamo nessun dubbio, Ronald”, lo redarguì la moglie, vagamente seccata.

 ***

Madama Chips aveva seguito la folla, dopo aver lanciato un’ultima, commossa occhiata al prato che ormai era suo. Si aspettava di andare nella Sala Grande tuttavia, con sua enorme sorpresa, tutti presero la via delle scale. Era circondata dalle chiacchiere dei suoi ex-pazienti, che la distraevano facendo domande su ogni cosa ipotizzabile, perciò si rese conto solo all’ultimo momento che stavano entrando nell’infermeria.

Si bloccò sulla soglia con gli occhi spalancati, mentre gli artefici della sorpresa la guardavano soddisfatti.

Dall’infermeria erano stati fatti sparire i letti, e al posto loro c’era un enorme tavolata a ferro di cavallo, straripante di ogni possibile pietanza natalizia; dappertutto, sulle pareti, erano state appese decorazioni colorate e scintillanti e, ai quattro angoli della stanza, troneggiavano altrettanti enormi alberi di Natale. Qualcuno era probabilmente rimasto indietro per allestire il tutto mentre Madama Chips e la maggior parte dei partecipanti ai festeggiamenti erano alla serra.

Nel frattempo la gente si stava sedendo intorno al tavolo e Hagrid, galante, accompagnò una tremante Madama Chips al centro.

L’anziana infermiera si guardò intorno: Luna Lovegood scacciava quelli che sembravano Gorgosprizzi dalla testa di un rassegnato Dean Thomas, Lavanda Brown e Calì Patil si abbracciavano, felici di ritrovarsi dopo tanto tempo. Oliver Baston stava parlando con Charlie Weasley, probabilmente tentando di convincerlo ad entrare in una squadra di Quidditch professionistico; la famiglia Malfoy era stretta in un angolo, un poco a disagio, ma c’era.

Con un sussulto dolce e doloroso insieme, Poppy Chips si rese conto che quello che stava vedendo era straordinariamente simile all’immagine che per tanti anni l’aveva perseguitata: quella del suo primo, solitario, Natale ad Hogwarts.

Sorrise. Era cambiato tutto, da quel giorno che sembrava così lontano, ormai sepolto sotto la realtà di un Natale luminoso e pieno di felicità. Era come se le fosse sorto un piccolo sole nel petto, che non poteva fare a meno di brillare e di scaldarla con la sua luce.

Si era sbagliata completamente quando aveva detto a se stessa di non avere una famiglia.

La sua famiglia era tutta lì, riunita insieme, nel più bel Natale della sua vita.

Tutti. I pensieri di Poppy Chips inciamparono nell’evidenza della situazione.

Come facevano a starci tutti nell’infermeria, anche se libera dai letti? Una domanda che l’infermiera fece a Hermione Granger Weasley, che le stava passando in quel momento una brocca di succo di zucca.

La giovane donna si illuminò, sfoggiando il bellissimo sorriso che in parte doveva proprio a Madama Chips. Poi si strinse nelle spalle.

“Incantesimo Estensivo Irriconoscibile”.

Naturalmente.

 

 

 

*Note dell’autrice*: questa one-shot ha partecipato al “Christmas Carol Contest” indetto sul forum di EFP da AliH e da LilyBlack. Con mia completa sorpresa si è classificata al primo posto, vincendo inoltre il premio giuria di AliH, il premio caratterizzazione ed il premio stile.

Non c’è molto da scrivere dopo questa lunghissima storia, se non che spero che possa emozionarvi almeno un pochino e farvi passare dieci minuti di lettura piacevole. Come vedete, non ho grandi ambizioni.

Critiche e commenti sono più che graditi, come sempre!

 

I commenti delle giudici:

 

Grammatica: 9,6

Stile e lessico: 9,4

IC: 10

Caratterizzazione del/i personaggi/o: 10

Originalità: 20

Giudizio personale: 5

Punti bonus: 4

Totale: 68

 

Giudizio di AliH:

Una storia incredibile, davvero. Non solo hai preso un personaggio pressoché sconosciuto e gli hai dato uno spessore, una vita precedente, dei ricordi quasi tangibili, dei pensieri e delle abitudini; ma hai sul serio creato, forse partendo quasi da zero, una Poppy Chips che rimane la stessa dall'inizio sino al finale della FanFiction.Il tuo personaggio è realistico in tutto ciò che fa, ciò che dice e che pensa: suscita una grandissima commozione mentre si scorrono le righe, mentre la lettura va avanti.Lo stile, poi, è veramente ciò che ho adorato di più. Nonostante la tua storia conti ben undici pagine, che sinceramente mi hanno terrorizzata, be', per quanto mi riguarda sono letteralmente volate.Io questa storia l'ho divorata in un solo boccone, tra risate, sorrisi e un po' di malinconia.Perché merita, questa storia, così come merita attenzione il personaggio che hai deciso di trattare e che, permettimi di dirtelo, hai trattato a meraviglia. Sei stata bravissima, e non a caso sei tu ad esserti conquistata il mio Premio Giuria.

Complimenti e grazie per aver partecipato.

 

Giudizio di Lilyblack:

Innanzitutto, grazie di aver partecipato, perché mi hai dato l'occasione di leggere un bel ritratto di donna, scrivendo su un personaggio di cui non avevo mai letto.

Hai preso Madama Chips e l'hai ricreata, in maniera piuttosto fedele, per quanto ovviamente si possa essere fedeli all'originale di un personaggio che, nella saga, viene trattato poco. Hai scritto di lei in un modo che risulta altamente credibile ed è sicuramente un gran pregio. Entriamo nella sua testa, ci commuoviamo e ci amareggiamo con lei, vediamo le sue stesse cose, viviamo i suoi stessi attimi. Sei stata aiutatain questo da una grammatica praticamente perfetta, fatto salvo di alcuni errorini stupidi e da uno stile e da un lessico veramente validi; l'unico problema che ho riscontrato, sono alcune frasi che si troncano 'all'improvviso', mentre sei presa dal discorso. Sono comunque undici pagine delle quali sentiamo poco il peso, in cui i prompt sono inseriti veramente in maniera soddisfacente.

Veramente Brava,

complimenti.

   
 
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