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Autore: EliailE    18/01/2011    1 recensioni
Un racconto un po' diverso dalle solite storie di vampiri.
Un uomo colpevole.
Un grande sbaglio.
Un freddo scatinato.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guilty


Un'innaturale tranquillità aleggiava nella casa come una nebbia opprimente.

Sapeva che doveva succedere qualcosa, ne era certo.

Qualche giorno prima si trovava in una delle sporche locande della cittadina vicina, più precisamente nel retro-bottega.

Era chino su una ragazza. I lunghi capelli biondi le coprivano una spalla.

Pensava che la ragazza non avrebbe potuto dire nulla; si era sbagliato, si era sbagliato eccome.

Ma lui non aveva potuto parlare dell'accaduto né con Laura, sua moglie, né con qualcun altro.

Proprio per questo era rimasto sveglio quel caldo martedì di giugno, mentre tutti i componenti della sua famiglia erano caduti in un sonno profondo.

Le tende di tessuto pesante coprivano le finestre, nella stanza non penetrava nemmeno un flebile fascio di luce.

Laura dormiva al suo fianco, coperta solo da un lenzuolo.

Rimase ad osservarla per qualche minuto.

Poi un possente colpo alla porta. Un altro ed un altro ancora. Robert, così si chiamava l'uomo insonne, emise un gemito di paura. si alzò e cercò inutilmente di svegliare la moglie.

Era nel panico. Lo sapeva, lo sapeva che sarebbero arrivati, prima o poi!

La porta sbatté contro la fredda parete di pietra.

Non poteva più fare nulla per Laura e gli altri familiari. Non sarebbe riuscito a nascondere nessuno di loro, il passaggio segreto era troppo stretto.

E poi come avrebbe fatto? Come si sarebbe spiegato? No, li doveva abbandonare.

Con gli occhi gonfi di lacrime attivò una leva, invisibile ad occhi estranei, dietro ad un busto di pietra. Si aprì una fessura nel muro, una fessura abbastanza grande da far passare di profilo un uomo o una donna di costituzione magra o, più comodamente, un bambino.

Robert si infilò appena in tempo nel passaggio, volgendo un ultimo sguardo alla donna addormentata, al suo corpo sensuale, ai suoi lineamenti affilati, ai suoi lunghi capelli color della notte, poi chiuse la fessura, velocemente, senza produrre rumore.

Gli estranei erano ormai giunti al piano superiore, dalla donna.

Robert udì un rumore sordo, a cui ne seguì un altro, raccapricciante, come di ossa che si spezzavano e un breve gorgoglio di sangue. Un coro di grida stropicciò l'aria.

Si immaginava la scena: la moglie nel letto, come tutti gli altri, il sangue a coprire le pareti, gli intrusi con un sadico ghigno stampato in viso.

Altri rumori. Quei bastardi stavano infierendo sui cadaveri, ed era solo colpa sua.

Robert non riusciva più a muoversi. I muscoli erano contratti, irrigiditi dal dolore, solo la paura lo tratteneva dall'urlare.

Poi la parte razionale che alloggiava nella sua mente si riprese. Gli suggerì di muoversi in fretta, e Robert camminò spedito seguendo il tunnel di destra, che scendeva verso le cantine.

Dopo una trentina di metri il passaggio si allargava. Robert si mise a correre, mentre amare lacrime gli rigavano il viso.

Corse a lungo nel freddo corridoio, illuminato solo da piccole finestre che si aprivano poco sotto la linea tetto, ma non era stanco, anzi, provava un piacere perverso nel muovere le gambe a quella velocità, gli permetteva di non pensare a nulla, di sgombrare la mente.

Finalmente, dopo molta strada percorsa, giunse ad un portone di legno incastrato nella roccia nuda.

Lo aprì, si cacciò dentro e, accorgendosi di essere al buio, estrasse dei fiammiferi dalla tasca dei pantaloni sgualciti; trovò una scatola di candele azzurre, ne accese una e si guardò attorno: la stanza era circolare, il pavimento era coperto da un pesante tappeto polveroso.

La stanza era spoglia, fatta eccezione per un tavolo, una sedia e una mensola piena di libri e cianfrusaglie coperti di uno spesso strato di sporco.

La fredda camera era pregna di un odore terribile e pungente: un misto di muffa, polvere e animali in putrefazione. L'olezzo gli si appiccicava al naso e alla gola come una cappa gettata sui polmoni.

Sapeva di non poter più uscire.

Aveva sentito la casa crollare, aveva visto il passaggio occupato da enormi macigni, aveva sentito tremare la terra e la polvere infiltrarsi nella stanza.

 

Il tempo passò lentamente.

Robert era sempre più smunto ed emaciato, le candele erano quasi finite.

Le uniche cose che lo tenevano in vita erano i libri e i ricordi della sua vita, quella vita che lui stesso aveva rovinato.

Ma rileggere opere sulla quale gli occhi si sono posati troppe volte è dannoso; si finisce con l'uscire di senno, con il credere di essere un personaggio del libro, provare paura con lui, ridere con lui, creare un legame così forte da farti dimenticare il resto.

Tutto ciò era terribile: lui doveva tenere la testa sulle spalle, ragionare scientificamente, non poteva permettersi d'impazzire; ed i ricordi, così lontani eppure così tangibili nella sua mente, lo aiutavano a non uscire pazzo da quella situazione, a non abbandonarsi alla tranquillità movimentata della follia.

Ma era giunto il momento di finirla, la sua vita aveva perso di senso, rimanere lì ancora era inutile, non c'era scampo.

Una fredda eternità chiuso lì dentro o il caldo dolore dell'inferno? La seconda.

Avrebbe espiato le sue colpe, perlomeno.

Ma prima di compiere quel gesto disperato ricordò ancora una volta i loro visi, le loro torce, le loro grida di gioia.

Erano stati spietati, lui e la sua famiglia non chiedevano nemmeno molto! Cos'era per loro una figlia o un figlio in meno! Nulla! NULLA!

Era troppo tardi per pensare a tutto ciò e per pentirsi, aveva commesso un errore imperdonabile.

La stirpe che una volta aveva dominato il mondo, guidando gli umani come abili burattinai era ormai estinta. La sua famiglia era l'ultima sopravvissuta.

La sua dinastia, nata nella leggenda, vissuta nell'oscurità per un'eternità, eliminata definitivamente in una triste cripta, come la definiva sua moglie, con un gesto rude qual era quello che stava per compiere.

Un vile paletto nel suo cuore spento da decenni.

 

 

Fine.

 


Note:

 

Questa è il primo racconto serio che pubblico, spero vi sia piaciuto! Critiche e commenti (anche negativi) sono ben accetti!

Desidero poi ringraziare Kukiness per il grande aiuto che mi ha dato e vi consiglio vivamente di visitare il profilo (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=71992).

Grazie per aver letto, alla prossima!

  
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