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Autore: Dea Elisa    19/01/2011    1 recensioni
Era atrocemente fastidioso.
Strano, detto da te, che non riuscivi a sopportare una donna nemmeno vista col binocolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed io tra di voi

 

A Giunia





La vedi uscire dall’ascensore ridendo con un bambinello troppo cresciuto.

 

“Stanotte facciamo tardi” lo senti riferirle.

 

“Nooo, Daniele anche stasera no, non ce la posso fare” le appoggia una mano sulla spalla e te ne irriti.

 

“E daii…” si sporge verso di lei.

Voleva baciarla.

 

Ti nascondi dietro al muro che faceva angolo per non essere trovato, ma soprattutto per non vederli insieme.

Era atrocemente fastidioso.

Strano, detto da te, che non riuscivi a sopportare una donna nemmeno vista col binocolo.

Ti rifugi in sala medici, dove inizi a sbocconcellare una Macina dopo l’altra dal sacchetto in mezzo al tavolo.

Lo prendi con te e sprofondi sul divano, ingoiando il quarto biscotto.

 

“Tutta quella roba ti fa male.”

 

“Fa male anche fare le tre tutte le notti” le rispondi senza voltarti verso di lei, che presumi fosse ora in piedi in mezzo alla stanza.

 

“Cosa stai insinuando?”

“Che ti comporti come una ragazzina.”

Stacchi con i denti un altro pezzo di biscotto, sbriciolandoti addosso e sul divano.

 

“E tu guarda che disastro stai combinando” ti si avvicina.

Non aveva controbattuto al tuo commento sulla sua relazione con il poppante.

 

“Sto mangiando. Quando si mangia si sbriciola. Quando si ha finito di mangiare si pulisce.”

 

“Queste briciole rimarranno incastrate in mezzo ai cuscini. Dai, spostati, mettiti sulla tavola.”

 

Ora faceva anche la mammina.

“Ora fai anche la mammina? Quanto ai fatti, quello che avrebbe bisogno di una figura genitoriale è Guidi. Io sono grande e vaccinato.”

 

“E soprattutto geloso.”

 

La porta si apre.

Quando si dice lupus in fabula

 

“Ehm, Cristiana” esordisce il ragazzo, arrotolando su una mano il filo del fonendoscopio.

 

“Dottoressa Gandini” lo corregge lei stessa, ovviamente vista la tua presenza.

 

“Volevo chiederti… chiederle” si blocca di nuovo, poggiando lo sguardo su di te, che trangugiavi i biscotti in spasmi nervosi.

 

“Vai avanti, Guidi, non vorrai far attendere Cristiana” ed enfatizzi il suo nome. “Fate come se non ci fossi. Tenendo conto che siete in un ospedale, fatto che rende necessario un minimo di decenza.”

 

Continua a guardarti di traverso. “C’è un paziente… non riesco a capire cos’abbia” svela poi, dopo aver fatto credere che stesse crollando un’ala del pronto soccorso.

 

“Ma che novità” intervieni spudorato.

 

“Riccardo” ti riprende Cristiana, piegando da un lato la testa. “È qui per imparare.”

 

“Peccato che non disponiamo di lezioni serali, altrimenti sai quanto volentieri-”

 

“Riccardo!” esclama ancora. Si rivolge poi al bamboccio. “Mi puoi aspettare fuori?”

Daniele annuisce, ed esce dalla stanza pentito.

 

Si volta verso di te, che ancora evitavi di incontrarle gli occhi.

Le braccia ai fianchi, l’espressione non propriamente di chi ti vorrebbe dar fuoco.

 

Qualche passo nella tua direzione.

Una mano tesa ad afferrare il sacchetto della Mulino Bianco, che malamente va a finire in mezzo al tavolo.

 

“Stavo facendo colazione” tranquillo ti giustifichi.

 

“Stavi facendo colazione come se foste in dieci. Sbriciolando dappertutto.”

 

“Ti ripeti.”

 

“Mi ripeto perché con te gli argomenti di conversazione sono molto limitati.”

 

“Ora mi sento offeso.”

 

“Quando mai.” Affonda la mano all’interno del sacchetto delle macine. “Ce ne sono rimaste due! Il prossimo lo paghi tu.”

 

“Si dà il caso che anche questo l’abbia pagato io.”

Ti alzi in piedi e la raggiungi in due ampi passi.

“Quali sarebbero gli argomenti delle conversazioni con me?” cerchi di portarla sulla questione precedente.

 

“Mangiatene un’altra” ti porge il biscotto.

 

“Mi stai chiedendo implicitamente di tenere la bocca chiusa?”

 

“Possibilmente sì.”

Quel biscotto rimane a mezz’aria solo per alcuni secondi, perché ti sporgi verso di lei e lo stringi tra i denti.

Lei subito ritrae la mano.

 

“Che c’è, ti faccio paura, adesso? Non ti mangio mica, Gandini!” continui a masticare.

 

“Con la fame che hai, potresti esserne capace.”

 

Ti sbilanci con il capo nell’incavo tra la testa e il collo della donna. “Saresti molto appetitosa, con questo profumo che hai addosso. Te l’ha regalato Guidi?” si scosta, ma solo leggermente.

Noti il suo imbarazzo.

Noti quanto fosse agitata, sconquassata.

Noti come stesse entrando in iperventilazione più facilmente di quanto ti aspettassi.

Passi due dita sulle sue guance ora rosse, con una lentezza che le provocava persino il solletico.

 

“Anche Guidi ha il piacere di vederti così, quando tenta di baciarti, o è solo impressione?” la provochi, sorridendo.

 

“Tu non stai tentando di baciarmi” afferma, però titubante.

 

“Non ci sono certezze, a questo mondo” nichilisticamente dichiari.

 

Continui a delineare con le dita i contorni del suo viso.

Lei si appoggia al piano del tavolo, perché ormai era arrivata al capolinea dei suoi spostamenti.

 

La blocchi tra le tue gambe.

 

Lei socchiude la bocca e serra gli occhi, sperando che quel momento passasse il prima possibile.

 

“Hai paura, di nuovo.”

 

“Non ho paura” riapre gli occhi per mostrarti quanto resistesse a quella tortura psico-fisica.

 

“Invece sì. Di ammettere che sei attratta da me, che mi vorresti baciare, anzi, che vorresti che io ti baciassi. Hai paura di mollare Guidi, ultima tua riserva per rendermi geloso. Hai paura di perdere l’illusione di non potermi avere. E ora, qui, adesso, muori dalla voglia di avvicinarti di questi maledetti tre centimetri.”

 

Non rispondeva.

Forse eri stato troppo avventato, ma non potevi – non dovevi – lasciare che tutto corresse in quel modo, davanti ai vostri occhi, riempiti di ipocrisie su un cumulo di menzogne vuote.

 

“Dimmi solo se è vero” abbassi il tono. Cristiana sembrava una statua di marmo, con il solo fatto che la sua pelle era morbida e calda, e i suoi polmoni si espandevano in ricerca di ossigeno.

 

Un centimetro.

E si era avvicinata lei.

“N-non…”

 

“Sai qual è la cosa strana?” l’interrompi nel suo tentativo.

 

Scuote la testa.

 

Lasci che le tue labbra immobili passassero sulle sue.

La senti fremere.

 

“Che a me, le Macine, nemmeno piacciono.”








   
 
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