Apollo
e Dafne
Quanto
stuzzicante era il palato della promessa
sposa. Talvolta sapeva di papavero, talvolta sapeva di ambrosia.
Quanto
bramosia c’era ogni volta che il fruscio del
suo vestito candido risplendeva nella notte caliginosa.
E
quando l’odore del velluto occludeva la ragione,
come un gatto vagabondo, i sensi perivano a passo di danza, soggiogando
quegli
occhi alle volte turchini come il cielo, alle volte più neri
della pece.
Damon
percepiva il fiato di Katherine posarsi
leggero sulla vena più pulsante che possedeva. Si sentiva
avvolgere da un alone
di cupidigia verso il corpo di quel demone incarnato nelle vesti di una
fanciulla dagli occhi sperduti.
L’intimo
immacolato dell’amabile diavolo strisciava viscido
tra i polpacci possenti del ragazzo. Si insinuava lasciando tracce di
languido
desiderio di morte, assaporando le carni docili della preda.
Le
soffici lenzuola carezzavano la regina delle
tenebre, facendola parere come la donzelletta del crepuscolo ed i raggi
del
sole linciavano il seno nudo di Katherine e il corpo scolpito di Damon,
facendoli sembrare un “Apollo e Dafne”
macabro. Una scultura di malvagità putrefatta dal desiderio
di saggiare l’essenza
d’amore.
Il
sole giocava brutti scherzi, e a Katherine parve
di vedere la chioma d’orata del suo prediletto.
Dell’altro
fratello Salvatore.
Di
Stefan.