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Autore: DebDS    19/01/2011    1 recensioni
Sarebbe potuto venire con me, seguirmi, l’ho aspettato, non ho mai corso durante la mia strada, nemmeno quando pioveva, per arrivare in fretta ad un rifugio, una parte di me credeva che ci avrebbe ripensato, che sarebbe arrivato da me, che mi avrebbe presa per mano e avremmo corso ridendo di quella sciocca pioggia che credeva di poterci fermare.
Ma così non è stato.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Memi, la prima a leggere questa shot.

A So’, che ascolta sempre i miei sfoghi e le mie ‘confessioni’.

Vi amo !

 

 

 

Sembra incredibile, come una foto, una semplice immagine, possa farti tornare in mente un mondo, una vita che avevi sepolto, giurando di non pensarci più.

Ora sono qui, sul davanzale di questa finestra che guardo la pioggia bagnare le strade, senza però vederla davvero.

La mia mente sembra inceppata, immagini del suo viso mi passano davanti agli occhi, sento quasi le sue mani stringermi, la sua voce dolce e calma che mi rassicura, dicendomi che nessuno potrà mai dividerci, noi eravamo come fratello e sorella, potevamo litigare a volte, ma saremmo rimasti uniti, per sempre.

Così credevamo, beh, forse così credevo io, forse lui ha sempre saputo che ci saremmo separati, che saremmo arrivati ad un bivio, forse aveva già deciso da tempo che avrebbe scelto l’altro percorso, l’altra strada, quella che l’avrebbe portato lontano da me, lontano dalla mia vita.

Già, lui avrebbe potuto venire con me, seguirmi, l’ho aspettato, non ho mai corso durante la mia strada, nemmeno quando pioveva, per arrivare in fretta ad un rifugio, una parte di me credeva che lui ci avrebbe ripensato, che sarebbe arrivato da me, che mi avrebbe presa per mano e avremmo corso ridendo di quella sciocca pioggia che credeva di poterci fermare.

Ma così non è stato.

Ricordo ancora la prima volta che lo vidi, lui era lì, nel suo banco, aveva tredici anni, rideva con un suo amico, mi spaventava, era alto, bello, sicuro di sé, a volte anche arrogante, era intelligente, molto e io avevo paura di lui, non so cosa mi spaventasse davvero, forse il fatto che era sempre attorniato da ragazze stupende, temevo che non mi avrebbe mai scelto come sua amica, potendo avere altre così belle rispetto a me, temevo che non mi considerasse degna di lui.

Eppure lui mi aveva scelto, quel giorno, quel 27 novembre mi era venuto vicino e mi aveva chiesto se poteva sedersi sulla sedia accanto alla mia, non avrei mai immaginato che quel semplice gesto potesse rivelarsi così fondamentale da cambiarmi la vita.

Da allora divenne il mio compagno di banco, il mio migliore amico, il motivo grazie al quale mi svegliavo felice ogni mattina, sapevo che se ne avevo bisogno lui c’era, che se qualcuno mi avesse infastidito lui mi avrebbe protetta, mi avrebbe difesa ‘da questo mondo troppo crudele per un angelo come me’, così diceva lui.

Ricordo ogni battuta, ogni risata, ogni abbraccio.

 

Ricordo che un giorno, quando eravamo in secondo liceo, lui chiese alla professoressa di uscire, poco prima di chiudere la porta dell’aula disse ‘Ti aspetto qui fuori’.

Lo facevamo sempre, lui usciva e io lo seguivo, o viceversa, così da ritagliarci degli attimi di puro divertimento anche in quel carcere che sembrava la nostra scuola.

Una mia compagna di classe lo aveva notato e così si alzò prima di me e corse veloce fuori la classe, per impedirmi di precederla.

Dopo nemmeno due secondi tornò imbronciata in classe, mi guardò sprezzante e disse ‘Vuole te’. Risi, mi alzai e uscii dall’aula, lui mi aspettava fuori, seduto sulle scale d’emergenza, in un corridoio isolato dove eravamo soliti andare in quei fugaci momenti di libertà.

Lui si alzò e veloce mi spinse contro il muro. –Ciao, te l’hanno mai detto che sei proprio bona?-

Risi. –Te l’hanno mai detto che sei proprio scemo?-

-Ma come? Io ti dico che sei una figa pazzesca e tu te ne esci con queste frasi sciocche?-

Adoravo quando scherzava così. Gli diedi uno schiaffetto sul braccio.

Lui rise, mi si avvicino, mi diede un bacio sulla guancia e poi mi mostrò la sua, ad indicarmi che dovevo fare la stessa cosa.

Mi avvicinai e, invece di un bacio, gli diedi un morso.

Lui mi spinse. –Scema !-

Allora veloce scappai nel corridoio dov’era la nostra aula ridendo.

Lui mi raggiunse, mi prese per i fianchi e mi sollevò.

-Mettimi giù !-

-No !-

-Dai !-

-No !-

-Faccio tutto quello che vuoi !-

-Tutto tutto? Accetti anche proposte indecenti?-

Scoppio a ridere. –Dai !-

-E’ un ‘no’?-

-Sì.-

-Sì è un ‘no’ o sì è un ‘sì’?-

-E’ un ‘no’ !-

-Allora non ti met…-

-EHI ! Che stai facendo? Lascia stare quella ragazza !-

Ecco, era arrivato un segretario, attirato dalle voci.

Mi mise giù subito.

-Tornate in classe !- disse e tornò sulla sua strada.

-Entra prima tu !-

-No, scema, entriamo insieme.-

-No, dai.-

Allora mi prese per mano e mi trascinò quasi di peso in classe.

La prof guardò le nostre mani intrecciate e inarcò le sopracciglia. –Ragazzi, devo impedirvi di uscire dalla classe insieme? Guardate, l’ho notato che uscite sempre contemporaneamente !-

 

Il mio ricordo si conclude con uno scoppio di risate.

La sua risata, quanto la amavo.

Ripensando a tutti i nostri momenti felici mi chiedo come sia potuto finire tutto così, all’improvviso.

Io lo amavo, così come si può amare un migliore amico, lui mi ripeteva ogni giorno quanto bene mi voleva, l’idea che per lui fossero solo parole non riesce nemmeno a prendere forma nella mia mente, non si può fingere così bene.

Non so bene quando tutto è finito, ma sta di fatto che un giorno mi sono svegliata e il mio sorriso non c’era più, così come lui non c’era più, me lo sentivo, erano troppi giorni che era strano con me. Lo sapevo, ancor prima di varcare la soglia dell’aula sapevo che lui non ci sarebbe stato, sapevo che il suo posto sarebbe rimasto vuoto, quel giorno come quello dopo e quello dopo ancora, così come tutto quel mese, tutto quell’anno, per sempre.

Nessuno si sedette più al suo posto, nessuno riuscì a colmare il vuoto che aveva lasciato.

La classe sembrava spoglia senza di lui, persino le prof, che non facevano altro che rimprovararlo per ogni cosa avevano un’aria terribilmente triste nel guardare la sua sedia vuota.

Nessuno sapeva perché aveva cambiato classe, scuola, nessuno sapeva dov’era finito.

Ognuno provò a chiamarlo, ma lui non rispondeva, il suo cellulare squillava a vuoto. Alla fine si arresero tutti, solo io continuai a provare ogni singolo giorno, in ogni momento libero, finchè un pomeriggio, tornando a casa, trovai una lettera indirizzata a me, la aprii subito, le parole che lessi sembrarono allargare la voragine nel mio petto.

‘Lasciami in pace.’

Non c’era firma, ma io sapevo che era sua, avevo riconosciuto la sua scrittura, ma continuavo a non capire perché, perché sarebbe dovuto sparire così? Perché ci aveva abbandonati tutti senza una spiegazione? Perché aveva abbandonato me senza una spiegazione?

Ma non sono mai stata una ragazza che si deprime a lungo, così dal giorno dopo diedi inizio alla mia nuova vita, la mia nuova vita senza lui.

Dopo un paio di mesi trovai nella cassetta della posta un libro, era ‘Il tempo che vorrei’, di Fabio Volo, glielo avevo prestato la settimana prima della sua ‘fuga’.

Lo presi, lo portai in camera e senza aprirlo, lo gettai nello scatolo in cui avevo chiuso tutto ciò che mi faceva pensare a lui, le foto, i fogli con delle dediche, tutto.

Quella che ho trovato oggi deve essere l’unica foto che è sfuggita alla mia selezione per far in modo di non dover più vedere il suo viso, l’avevo messa nell’album di famiglia quando avevamo quattordici anni, lui non voleva, diceva che quello era un ‘album di famiglia’ e lui non faceva parte della mia famiglia, allora l’avevo zittito e, ignorando le sue proteste, avevo messo la sua foto lì, nello spazio che sarebbe dovuto essere dedicato a mio fratello e lui era l’unico ‘fratello’ che avevo.

Mi alzo e prendo lo scatolo dove c’è tutto ciò che riguarda quel ‘noi’ che ho cercato invano di dimenticare.

Inizio a sfogliare il libro, sarà che nessuno l’ha toccato da quando l’ho messo lì dentro, ma mi sembra di sentire il suo profumo tra quelle pagine, poi lo chiudo e me lo porto al petto.

Suona il campanello e, spaventata dall’improvviso rumore, faccio cadere il libro, che si apre.

Lo prendo, lo chiudo e lo poso nello scatolo.

Un bigliettino scivola da quelle pagine, ma io, troppo impegnata a correre per aprire la porta di casa, non lo noto.

Peccato, forse facevo bene prima, quando avevo preso la mia decisione di ‘non correre’ nella vita, magari se adesso avessi seguito ancora quell’idea avrei notato quel piccolo bigliettino, su cui sono scritte le parole che probabilmente, lette nel momento giusto, mi avrebbero cambiato la vita:


Scusami per la fuga, ma provo qualcosa più di un semplice affetto per te, non avrei sopportato di vederti ancora sapendo di non poter stare con te.

Ti amo.

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 

Questa shot  è pronta da circa un mese, mi è costato molto scriverla e forse le due sopraccitate (So’ e Memi) capiranno perché.

E’ più che altro uno sfogo romanzato.

Sarà che ‘i ricordi a volte fanno mancar l’aria’, ma a me davvero non vengono più le parole, quindi mi ritiro nel mio silenzio ad osservare cosa ne sarà di questa shot.

Se siete arrivati fin qui, vuol dire che vi siete sorbiti tutta la mia depressione, quindi grazie.

Grazie.

  
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